Plenitudine culturale, tradizioni musicali, tecnologie, sistemi digitali e mercati finanziari (prima parte)

Ricordiamolo: la promozione delle tradizioni musicali e delle culture locali  è segno di civiltà, la quale si alimenta grazie alle profonde radici prodotte dall’umanità. Come cittadini, abbiamo rilievo, ma siamo infinitamente piccoli nell’universo. Più poeticamente, Pessoa scriveva che “ognuno di noi è un granello di polvere che il vento della vita solleva per poi lasciar ricadere”. Nella plenitudine culturale terrena, riteniamo sia importante valorizzare le diversità espressive - le quali, in ambito comunitario, sono spesso efficaci propulsori di crescita spirituale, di sviluppo economico, di coesione sociale e di pace. Viviamo il presente, nutrendoci, in vario modo, di quanto ci hanno trasmesso i predecessori nel corso dei millenni, al contempo porgendo doverosa attenzione all’evolversi della tecnologia, ai mezzi di comunicazione di massa e alla cosiddetta (multiforme) “popular culture”. In un mondo sempre più interconnesso e in un’ottica “glocale”, tutte le tradizioni culturali potrebbero essere considerate (potenzialmente) patrimoni dell’umanità. Tradizione  deriva da “tradere”, che rimanda all’idea di trasmettere, dare o ricevere qualcosa da altri.  Le tradizioni musicali appartengono al passato ma vivono nel presente. Osservare e studiare il presente con interesse e spirito critico aiuta a intuire che cosa potrebbe riservarci l’immediato futuro che, verosimilmente, sarà sempre più caratterizzato da parole chiave come algoritmizzazione, robotizzazione e intelligenza artificiale: in una parola, dallo sviluppo esponenziale della tecnologia. In società concepite per il progresso e la pace, tecnologie e finanze dovrebbero essere utilizzate al servizio degli esseri umani, progettate a favore e per il bene delle popolazioni, quindi accessibili e ripartite in maniera funzionale e solidale. Tuttavia la realtà odierna sembra indicare altre direzioni. Anche restando ancorati al solo mondo contemporaneo dei “suoni”, è rilevabile che, in prevalenza, viene gestito e controllato da pochi soggetti o da gruppi societari (direttamente o indirettamente) legati a fondi di investimento multinazionali, i quali possiedono uno straordinario potere finanziario. Ciò permette di influenzare, in vario modo e secondo differenti livelli, l’andamento dell’economia musicale su scala planetaria. Sempre più spesso, si sente parlare di oligopoli digitali. In un sistema frammentato, dinamico e variamente articolato come quello contemporaneo, la realtà musicale risulta essere complessa e reticolare. Analizzarla secondo limitati criteri riduzionisti o di opportunità commerciale potrebbe aiutare, ma non porterebbe lontano. Olismo e interdisciplinarietà ci sembrano le due principali direttrici da seguire, per cercare di (meglio) comprenderla nella sua globalità.  Di seguito, integreremo la simbolica “Vision” artistica, con alcuni dati e spunti di riflessione, riferendoci alla fruizione e alla promozione della musica in relazione ai sistemi digitali, collegati alle (iper-controllate) reti informatiche e telematiche in continua evoluzione.  

Tradizione nell’era digitale e multimediale
Nella precedente “Vision&Music”, abbiamo scritto di un Vivaldi evergreen, dimenticato per secoli e poi riscoperto da scrupolosi studiosi. La diffusione della sua musica tramite le moderne tecnologie di riproduzione dei suoni ha permesso di valorizzarlo nel mondo. Se il compositore vivesse nei giorni nostri, gli introiti provenienti dal commercio musicale gli permetterebbero di condurre un’esistenza agiata che, purtroppo, non ebbe in vita.  I nostri tempi sono caratterizzati da sproporzionata concentrazione di capitali e da caotica infodemia mediatica, nella quale non è sempre facile trovare ordine logico. Tuttavia, alcune osservazioni generali e alcuni “numeri” potranno aiutare a meglio comprendere il panorama musicale attuale, italiano e internazionale. 
Vi sono statistiche che evidenziano come gli Italiani (principalmente in auto, a casa o nel tragitto casa-lavoro) ascoltino mediamente più di due ore di musica al giorno. I giovani preferiscono lo “streaming”, che permette l’accesso a milioni e milioni di esecuzioni di vario genere, gratuitamente o tramite un modico abbonamento. Una buona fetta di ascoltatori predilige l’uso della radio, altri usano lo “smartphone” o apparecchi simili, altri ancora il computer e, solo una minoranza, gli impianti hi-fi o altri congegni atti alla ricezione sonora. I generi più ascoltati? Il pop, il pop italiano, il rock, i cantautori. Hip-hop e trap sono generi graditi dai più giovani.  Oltre a questo quadro generale è bene evidenziare che, durante i due anni di epidemia, il mondo della musica ha sofferto. In particolare, hanno dovuto subire contraccolpi finanziari le etichette indipendenti e quei musicisti che si guadagnavano da vivere esibendosi principalmente in concerti dal vivo. Globalmente, però, il mercato musicale ha tenuto e vi è anche chi ha avuto la possibilità di ottenere lauti guadagni.  Rispetto ai dati del 2021, ad esempio, ha avuto risonanza la vendita dei cataloghi di musicisti come Bruce Springsteen e Paul Simon o di gruppi come i “Red Hot Chili Peppers”.  Si tratta di cifre considerevoli ma, da parte di alcuni produttori, tali acquisti pare siano funzionali all’andamento del mercato musicale nel medio-lungo periodo, verosimilmente in progressivo aumento (crescita annuale globale stimata di circa il 25%).  Negli ultimi anni, lo “streaming” ha particolarmente contribuito a tale aumento. I supporti fisici (vinili, cd o cassette e dvd) non attraggono più come un tempo, tuttavia, secondo i dati diffusi da “Discogs”, nel 2021, hanno registrato un aumento di circa il 40% delle vendite. Limitandoci ai dati italiani, tra il 24 febbraio 2020 e l’8 marzo 2021, spiccano i nomi di autori italiani, come Sfera Ebbasta, Ghali, Ernia e Rocco Hunt. Nel 2020, secondo i dati forniti dall’ “IFPI” (organizzazione dell’industria fonografica internazionale, la quale pubblica annuali “Global Music Report”), i ricavi complessivi ammontavano a circa 21,6 miliardi di dollari. Nello stesso anno, il mercato globale della musica registrata s’incrementava del 7,4%, segnando una crescita per il sesto anno consecutivo. Se ci spostiamo al 2021, dai dati FIMI (Federazione Industria Musicale Italiana)) del primo semestre 2021, possiamo rilevare che nelle sezioni “Album e Singoli” spiccano ancora titoli e autori italiani. Sangiovanni, Måneskin, Capo Plaza risultano in vetta agli ascolti. Da evidenziare che, nel primo trimestre del 2021, la vendita dei dischi è cresciuta del 121% rispetto allo stesso periodo del 2020, generando maggiori ricavi rispetto ai CD, che hanno segnato, invece, un calo del 6%. Il mercato è dominato dallo “streaming”, che raggiunge circa l’80% del fatturato italiano, mentre il vinile rappresenta solo l’11% di tutte le vendite musicali. Complessivamente, nel primo trimestre del 2021, il mercato musicale nazionale è cresciuto del 18,8%, nel quale continuano ad aumentare i ricavi da abbonamenti ai servizi “streaming”, cresciuti del 37%. Quando scriviamo di titoli italiani, è corretto osservare che cantanti e gruppi musicali di maggior successo usano nelle loro canzoni l’idioma nazionale, ma i generi musicali di riferimento sono da ricercare soprattutto oltre Manica e oltre Oceano. 
Gli esordi della “colonizzazione” musicale è riscontrabile almeno dagli anni Trenta del secolo scorso, quando i giovani iniziarono a essere ammaliati dalla musica americana (successivamente anche da quella inglese), nel dopoguerra sostenuta da consistenti promozioni discografiche, radiofoniche, giornalistiche e cinematografiche.  I dati legati al mercato musicale sono sempre ballerini (peraltro da noi non direttamente verificabili, se non attraverso le fonti citate) e lasciamo volentieri le analisi dettagliate agli specialisti del settore. Attraverso numeri orientativi, però, con spirito critico (poiché vi sono numerose zone d’ombra), possiamo cercare di intuire come i musicisti possano cercare di sfruttare al meglio le tecnologie e i mezzi moderni di riproduzione/diffusione per goderne al massimo dei benefici economici (spesso assai modesti) anche in termini di visibilità. Comprendere dove si sta dirigendo il mercato musicale, aiuterà inoltre a capire, negli anni a venire, gli inevitabili riflessi sullo sviluppo e sulla promozione della cultura tradizionale, summa di innumerevoli tradizioni locali, tra cui naturalmente quelle musicali. 

Paolo Mercurio

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