Suoni: Le Novità

Le novità discografiche segnalate da Blogfoolk...

Nuovo disco per la band italo-palestinese di Nabil Salameh e Michele Lobaccaro
Radiodervish: «Il nostro Cuore meridiano contro le guerre e i genocidi del presente»
Gli omaggi a Battiato, Area, Moustaki e Idir più l’inedito «Giorni senza memoria»
 
Dagli Area a Franco Battiato, passando per lo chansonnier franco-greco Georges Moustaki e il cantautore berbero Idir, i Radiodervish esplorano quattro loro autori di riferimento in «Cuore meridiano» (Cosmasola Edizioni Musicali), nuovo progetto discografico comprendente, inoltre, una rivisitazione in chiave più rock di «Giorni senza memoria», il brano inedito che aveva segnato l’incontro tra la formazione di Nabil Salameh e Michele Lobaccaro e Massimo Zamboni dei Cccp (poi Csi). Il disco, disponibile in digitale, sarà acquistabile in formato cd dal 28 giugno e in vinile dal 28 luglio. Gioiello musicale, «Cuore meridiano» comprende, dunque, quattro brani provenienti da autori mediterranei che hanno plasmato l'anima e la sensibilità della formazione pugliese e che per i Radiodervish rappresentano un messaggio necessario per la nostra epoca. La reinterpretazione delle loro composizioni, attraverso gli arrangiamenti realizzati con Alessandro Pipino e il contributo di Pippo D’Ambrosio, Andrea Senatore e Adolfo La Volpe, si carica pertanto di nuovi significati rispetto ai tempi attuali, a cominciare dalla rivisitazione di «Luglio agosto settembre (nero)», un pezzo progressive dall’album manifesto degli Area «Arbeit Macht Frei» che, attraverso la voce di un palestinese («Canto la mia gente che non vuol morire»), si arricchisce di nuovi rimandi rispetto al genocidio in corso a Gaza. I Radiodervish affrontano un classico del rock progressivo trasformando la versione originale, caratterizzata da una potente carica ritmica e da una complessità musicale, in una composizione che mantiene la propria intensità emotiva attraverso un filtro altrettanto potente, capace di esaltare il carattere politico e di denuncia civile del brano, tanto da far dire a Patrizio Fariselli, fondatore degli Area, «finalmente ascolto una versione personale e coraggiosa del nostro pezzo». Particolarmente emozionante risulta, inoltre, l’intervento del coro di voci bianche che campeggia sul finale con la frase «Giocare col mondo facendolo a pezzi» ripetuta come una filastrocca. Si ascolta anche un omaggio affettuoso a un classico della musica mediterranea nella cover di «Le temps de vivre» di Georges Moustaki, cantautore naturalizzato francese di origine italo-greca-egiziana. I Radiodervish hanno conservato intatta l'essenza poetica e nostalgica della canzone originale, aggiungendo un tocco personale e facendo in modo che ogni nota risulti scelta con cura per trasmettere quel messaggio di libertà e invito a vivere il presente contenuti nei versi «Nous prendrons le temps de vivre / D’être libres, mon amour» (Ci prenderemo il tempo per vivere/per essere liberi, amore mio). Con «La stagione dell'amore" arriva poi un gioioso e rispettoso tributo a Franco Battiato, da sempre faro nella produzione dei Radiodervish e presente in altri momenti di questo mini-album con una serie di echi. La band mantiene l'essenza del brano originale che recita «gli orizzonti perduti non ritornano mai» e lo arricchisce con il proprio stile unico e distintivo facendo confluire l’elettronica di partenza, chiaro rimando agli orizzonti perduti degli anni Ottanta, in un finale in cui la sonorità dell’orchestra classica si prende la scena. L’interpretazione di «Pourquoi cette pluie» del cantautore algerino Idir, esponente della cultura berbera della Cabilia, si propone, invece, come un’immersione profonda nelle sonorità mediterranee influenzate dalla world music. I Radiodervish catturano e rielaborano l’essenza che sprigiona il mix di folk algerino e chanson française di Idir, arricchendo il brano con un tocco particolare e un’intensa interpretazione vocale, tributo alla profondità lirica di un testo che esplora i temi della sofferenza e della speranza nel racconto del lungo e sanguinoso periodo della guerra civile algerina degli anni Novanta, che Idir esorcizza nei versi «Pourquoi cette pluie, pourquoi est-ce un message, est-ce un cri du ciel» («Perché questa pioggia, perché è un messaggio, è un grido dal cielo») con una metafora nella quale si possono vedere il pianto del cielo per la sofferenza causata dalla guerra ma anche un momento di purificazione collettiva. Inedita, infine, risulta la presenza fisica del brano «Giorni senza memoria», in passato uscito soltanto sotto forma di videoclip e qui riarrangiato in chiave rock ancora una volta con le chitarre elettriche di Massimo Zamboni, sempre più in primo piano. La canzone, scritta da Michele Lobaccaro e Nabil Salameh in forma di ballata, trova spazio in questo progetto per il suo contenuto estremamente attuale e diventa un invito a riflettere sui genocidi e i crimini contro l’umanità rimasti a differenza della Shoa «senza memoria», dallo sterminio dei nativi americani all’olocausto degli armeni, dalle centinaia di migliaia di morti causati dalle bombe atomiche sganciate sul Giappone alla follia criminale dei Khmer rossi, per giungere all’apartheid israeliano contro il popolo palestinese. «Ma oggi che i testimoni viventi di quel terribile genocidio perpetrato nel cuore dell’Europa stanno scomparendo, e ci si pone il problema di come non dimenticare senza cadere nella retorica - spiegano i Radiodervish - probabilmente la strada sarà proprio quella di allargare lo sguardo sul tema del male nella sua manifestazione multiforme, sempre presente e possibile, senza rischiare di cristallizzarlo e assolutizzarlo in un ben preciso evento, superando le visioni parziali e contribuendo alla costruzione attiva di una memoria viva e continuamente in dialogo con l’attualità, in un’ottica di speranza, come suggerisce il ritornello di “Giorni senza memoria” attraverso le parole “Per leggi incomprensibili dopo il buio sai nascerà una luce”». «Cuore meridiano - raccontano ancora i Radiodervish - è un piccolo ma per noi significativo progetto nel quale interpretiamo cover che testimoniano il continuo dialogo che c’è sempre stato tra le sponde del Mediterraneo. A nostro avviso è importante ricordarlo per farlo conoscere alle nuove generazioni, purtroppo figlie del clima avvelenato che si è prodotto, simbolicamente, dopo l’11 settembre, da quando è stata ufficializzata l’idea di  un mondo destinato ad una inevitabile guerra di civiltà». «Senza dover fare un salto indietro eccessivo nel tempo - proseguono i Radiodervish - possiamo constatare come negli anni ‘60, ‘70 e ‘80 del secolo scorso, numerosi artisti si siano mostrati sensibili alle sottili corrispondenze tra i popoli del Mediterraneo. Un’epoca in cui il battito del “Cuore meridiano” era udibile, ma che, purtroppo, è stato successivamente soffocato e annacquato in un innocuo folklore dall'egemonia culturale del neoliberismo affermatosi dagli anni '90 in poi. Pertanto, Battiato, gli Area, Mustaki e Idir emergono come avanguardia significativa di un mondo musicale e intellettuale che merita una riscoperta e all’interno del quale questi artisti, con la loro sensibilità, possono continuare in tempi di conflitto a offrire un contributo conoscitivo ed emozionale di inestimabile valore».
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Esce il 15 Maggio in CD e in digitale 
’NA STRADA ’MMIEZ ’O MARE
Napoli per Fabrizio De André
 
CRÊUZA DE MÄ ricantato in napoletano da Teresa De Sio; Francesco Di Bella; Gerardo Balestrieri; Enzo Gragnaniello con Mimmo Maglionico; Maldestro; Nando Citarella; Nuova Compagnia di Canto Popolare. A più di trent’anni dall’uscita, Crêuza de mä è stato tradotto in napoletano per due concerti andati in scena nel cortile del Maschio Angioino il 14 e il 15 settembre del 2015. Adesso, in occasione del quarantennale della sua uscita discografica, quanto registrato a Napoli in quell’occasione viene pubblicato su CD da Nota. Assecondando l’intuizione artistica di Teresa de Sio, che in Tutto cambia, disco del 2011, aveva ripreso Crêuza de mä traducendola in napoletano, Annino La Posta, scrittore e giornalista musicale, ha pensato di estendere questo importante processo linguistico a tutti i brani della scaletta musicale del disco, constatandone non solo la compatibilità ma anche l’arricchimento musicale che il napoletano conferisce alla fonetica delle canzoni. Questo spunto è stato condiviso con Dario Zigiotto, collaboratore di artisti come Fossati, Jannacci e dello stesso De André, nonché organizzatore di eventi e di festival. Sono, poi, stati coinvolti la Fondazione De André, la cui Presidente, Dori Ghezzi, ha accolto con entusiasmo l’idea, rendendosi disponibile quale consulente del progetto; il Club Tenco e il Comune di Napoli, che ha adottato il progetto con entusiasmo permettendone la messa in scena. Nel corso dei due concerti al Maschio Angioino sono state registrate le sette tracce dal vivo che ora sono contenute nel disco. “Il passaggio da un dialetto all’altro è avvenuto senza intermediazioni, giacché la presenza del dialetto esclude quasi sempre quella della lingua madre. Nel dialetto si nasce. Del dialetto si è, volente o nolente, figli. Il dialetto è la lingua del recondito che ci portiamo dentro anche quando non affiora alle labbra. L’italiano arriva dopo, quando per corrispondere con il mondo lo adattiamo alle nostre vite. Ma dentro l’italiano si nasconde sempre un accenno, una sfumatura, un fondo di dialetto che ci tiene legati alle nostre origini e non ci lascia andare mai completamente. Così, quando l’italiano suona, il dialetto echeggia profondamente. Finché in certi momenti, in certe circostanze della nostra vita, il dialetto ritorna con impeto e ci riporta di colpo dove siamo partiti. Se l’italiano, dunque, ci serve per andare incontro al mondo, il dialetto ci permette di ritornare a casa.”
Annino La Posta, dalla copertina del disco
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BEPPE GAMBETTA - TERRA MADRE
 
In uscita il 10 Aprile su tutte le piattaforme di streaming e download e fisicamente distribuito da egeamusic.com. Terra Madre è un progetto scritto, suonato e cantato in lingue diverse: una chiave di suoni per aprirsi a un mondo di racconti e sogni legati alle terre madri degli infiniti itinerari possibili, e alle grida di dolore che da esse si alzano.  Il lavoro, largamente cantautorale, trae energia da nuovi viaggi ed esplorazioni sonore nel vasto territorio creativo tra chitarra acustica, composizione e canzone d’autore, e per scelta consapevole è giocato più sull'intensità della musica e dei contenuti che sul puro virtuosismo. 
Terra Madre è un messaggio positivo in un momento storico in cui le classi politiche al potere nel Pianeta si abbandonano alla mera conservazione di sè stesse, e in cui le parole di speranza, invece, arrivano spesso da categorie pensanti e libere: filosofi, teologi, storici e scienziati, tra i quali è importante poter annoverare anche il contributo degli artisti meno legati alle mere logiche di mercato. Nel disco si intrecciano le esperienze e gli studi di oltre cinquant’anni di attività e il lavoro è arricchito dalla partecipazione di ospiti di caratura internazionale provenienti da generi musicali diversi, tra cui alcuni “padri” della musica acustica come l'icona del mandolino americano David Grisman, il padre della chitarra acustica Dan Crary e il cantautore Tim O'Brien. Proviene invece dall'avanguardia newyorchese il batterista/percussionista Joe Bonadio, dalla scena del jazz acustico l'armonicista Howard Levy e dal mondo delle “Jam Band Newgrass” il contrabbassista Travis Book. Concetto portante del nuovo CD è la rivendicazione del “diritto al sogno”, consolazione e rifugio da una realtà ostica e incattivita: non come evasione dalla realtà, ma fonte di speranza che aiuti a sopravvivere e inneschi positive motivazioni per andare avanti. beppegambetta.bandcamp.com
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Marcello Colasurdo, Pier Paolo Pasolini, l'apprezzato brano Jesce Sole e molto altro nell'ottavo album del gruppo formato da Cristina Vetrone, Lorella Monti, Chiara Carnevale e Fulvio Di Nocera. Tradizione, innovazione, amore verso il suonare insieme in dieci brani. Inediti, editi e omaggi ad Avitabile, D'Angiò e De Simone a cura di tre voci e un contrabbasso elettrico a generare ponti di umanità.

'O ‘mbruoglio: il nuovo disco di Assurd
Abbiamo scelto i brani che ci piace suonare e cantare insieme.

“Cercando sul vocabolario della lingua napoletana, abbiamo scoperto che con la parola “’mbruoglio” ci si riferisce anche ad una ricetta campana molto antica che consiste nel mischiare tutte le verdure di stagione che si hanno, con una proteina che può essere una salsiccia, un po’ di baccalà, i fagioli… insomma è il mix di quello che uno trova per potersi alimentare in maniera molto saporita. Come la ricetta campana, il disco nasce dalla collaborazione di tutti noi, tutti e quattro gli Assurd, ognuno di noi ha messo i propri ingredienti, lo ha arricchito con una varietà di alimenti, sperando di renderlo un piatto gustoso, sano e pacifico”. Così le Assurd presentano 'O ‘mbruoglio il nuovo album, l'ottavo della loro discografia. “Il brano ‘O ‘mbruoglio, che dà anche nome al nostro nuovo disco, è nato dalla suggestione del vento e della sua possibilità di portare la musica che, girando e diffondendosi nel mondo, ha anche la forza di annientare la guerra. Questo era un concetto espresso sempre da Marcello Colasurdo che, non a caso, dà inizio al pezzo con una fronna, il brano è dedicato a lui, in particolare quando dice “a musica gira e a guerra po’ more” e ripeteva spesso “meglio na tammurriata che na guerra”. La tammurriata è proprio la danza che gira, la danza del cerchio per eccellenza che viaggia allontanando la guerra. L’incontro con Marcello diventava lo ‘mbruoglio’ (l'insieme) delle nostre ‘Voci’. E diventava, così una preghiera per tutti”. Cristina Vetrone, Lorella Monti, Chiara Carnevale e Fulvio Di Nocera dopo una intensa attività concertistica e dopo un anno dal video-singolo Jesce Sole – presente nell'album - lanciato in anteprima da il Corriere, hanno sentito l'esigenza di scrivere e registrare “è stato interessante lavorare in studio cercando di mantenere quella carica sonora raggiunta dal vivo. In quest'ultima fase ci siamo divertiti arricchendo i brani con innesti sonori elettronici senza però snaturare il cuore “popolare“ delle canzoni. Abbiamo rivisitato molti dei brani che appartenevano al nostro vecchio repertorio grazie alle nuove sonorità e al bagaglio personale che Fulvio e Chiara hanno apportato al gruppo. Nel 2022 è stato il centenario della nascita di Pier Paolo Pasolini, ci sembrava doveroso dover dedicare un brano a questo poeta meraviglioso, il brano si chiama Spurcato e scuorno perché per noi la sua morte è stata una vergogna, mentre Tarantella oi mamma ca mo vene è presente un featuring con Zubin Kalhor e Omri Hason, due fantastici musicisti che abbiamo avuto il piacere di conoscere al Lucerna Festival 2023. Gli innesti sonori elettronici sono stati inseriti con molto rispetto nella musica “popolare”; abbiamo un enorme bagaglio musicale da cui attingere e ci piace identificarci con il mondo musicale da cui proveniamo, ma con lo sguardo rivolto ad un linguaggio innovativo. Il disco si presenta in copertina con otto mani sporche di terra che insieme evocano il mandala, un anelito all’armonia tutta da trovare e da praticare interiormente e verso l’altro. Sul retro - invece - l’armonia delle otto mani si rompe in un richiamo alla confusione del nostro tempo. All’interno c'è un campo neutro di terra appena lavorata, pronta per essere seminata; un richiamo alle origini, una carta bianca, una nuova possibilità per scegliere cosa seminare per il domani.
Le "ASSURD" nascono nel ’93 e riprendono i canti e le musiche delle tradizioni popolari del sud Italia. Il gruppo è formato inizialmente da tre donne, Cristina Vetrone, Lorella Monti ed Enza Prestia. La loro formazione avviene per tramite diretto da vecchi cantori e si avvale delle registrazioni esistenti sull’argomento, fondendo così la metodologia della cultura contadina con le ricerche della più moderna etnomusicologia. E, a tal proposito, si veda il materiale raccolto, dal secondo dopoguerra in poi, da Alan Lomax, Diego Carpitella, Ernesto De Martino e Roberto Leydi... Da queste fonti, le Assurd, hanno ripreso, tra l’altro, le tammurriate (canti e danze della tradizione campana), le pizziche (legate al fenomeno del tarantismo pugliese), le tarantelle, i canti di protesta legati al mondo del lavoro e all’emigrazione, e le serenate. Negli anni – continuando a calcare palchi di tutta Europa - il repertorio si è ampliato e arricchito con composizioni originali, fornendo un senso di continuità e costante movimento alla tradizione. Nella formazione attuale, (Lorella Monti e Cristina Vetrone) si è aggiunta la cantante e percussionista Chiara Carnevale, e – per la prima volta nella storia del gruppo – una presenza maschile: quella del contrabbassista Fulvio Di Nocera. Un innesto giovane e fresco che permette al progetto ‘Assurd’ di essere senza tempo. Ad oggi, Lorella e Cristina continuano a collaborare con Enza Pagliara e Enza Alessandra Prestia per le coreografie "Cantata" e "Alice"di Mauro Bigonzetti in tour con le più importanti compagnie di Danza Contemporanea.
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BabelNova Orchestra
Esce il 30 maggio
MAGMA
L’album di debutto della formazione che celebra i suoni dal mondo

I ritmi e i suoni di ogni latitudine trovano casa a Roma per rinascere in un magma sonoro originale che racchiude la sensualità del funk, l’esotismo delle sonorità mediorientali, l’impasto timbrico del Sud America, la ruvidità del rock e l’immediatezza del pop. Dopo il prestigioso debutto sul palco dell’ultimo Festival di Sanremo, nella serata dei duetti con Dargen D’Amico in un omaggio al Maestro Morricone, e dopo la pubblicazione dei primi singoli Ama La Tierra e Safi Safi, esce giovedì 30 maggio Magma, album di debutto della BabelNova Orchestra, prodotto da Pino Pecorelli e coprodotto da Emanuele Bultrini e Duilio Galioto per Maladisco e Ipe Ipe. Nuova formazione composta dagli ex musicisti dell’Orchestra di Piazza Vittorio, 12 elementi provenienti da ogni parte del mondo, la BabelNova Orchestra è testimone ed erede di una delle più affascinanti e pionieristiche storie della musica world in Italia degli ultimi 20 anni, e che oggi vive una nuova era. I musicisti arrivati più di 20 anni fa, ormai completamente inseriti nel tessuto culturale italiano, si reinterpretano e rileggono questo diverso magma culturale in cui la musica è cambiata ma soprattutto è mutata la relazione fra le sonorità dei loro paesi d’origine e l’attuale scena italiana. Inoltre con l’inserimento in organico di alcuni musicisti più giovani, di seconda generazione, anche l’espressione musicale si è rinnovata con nuove influenze. Con Magma, fin dal titolo, la BabelNova Orchestra vuole celebrare in dieci brani la molteplicità dei suoni dal mondo, le differenze e le influenze reciproche con una propria rilettura alla luce di questi cambiamenti. Cumbia, esplosioni mariachi, reminiscenze sufi, fiati jazz, chitarre rockeggianti, ritmi dub e pop creano un esaltante vortice generato dall’incontro fra lo scirocco e il meltemi, l’hurricane e lo zephiros. Una musica che vuole essere globale, contemporanea e controtendenza rispetto ai tentativi di oggi di ritornare a vecchi schemi culturali per approdare verso nuovi preoccupanti nazionalismi. L’uso di lingue diverse (arabo, spagnolo, una lingua inventata) e i temi che emergono nell’album ne rispecchiano l’anima cosmopolita. I testi raccontano di rispetto per la Terra, amori lontani per donne e uomini dei Paesi che ci si è lasciati alle spalle, sentimenti non corrisposti, desiderio di pace e libertà ma anche ironia verso i poteri forti. L’ album si apre con Ama la Tierra, una scrittura corale in cui gli strumenti e le sonorità del sub Sahara si incontrano con l’afrobeat, i codici musicali della disco music degli anni ’70 e la lingua spagnola. Una canzone che riempie il dancefloor e allo stesso tempo non smette di ragionare sul nostro tempo: un invito a risvegliare le coscienze per immaginare un futuro più sostenibile. Il secondo brano Safi Safi, cantato in arabo, racconta di un amore non corrisposto in un vorticoso incedere di ritmi percussivi nordafricani e strumenti del Medio Oriente che si mischiano alle sonorità elettroniche di una drum machine Roland 808 e alla strumentazione della musica da ballo dell’Occidente. Turuturu, al contrario, è una dichiarazione d’amore attraverso un viaggio nel mondo dei songwriter afroamericani degli anni ’70, in chiave araba, da Bill Withers e Al Green. I ritmi diventano più giocosi in Negra Candela, divertissement in chiave tradizionale di musica popolare sudamericana, genere che è nel DNA di buona parte dei componenti di BabelNova.   Un riadattamento di un brano del gruppo italotunisino A.T.A (Acoustic Tarab Alchemy) è Habbitek Men Soghri, viaggio tra le sonorità caraibiche, dal reggae passando per la dub fino allo ska, ma che guarda anche a certe forme strumentali del cinema italiano degli anni ‘60 e ‘70. Il disco prosegue con Tubarè, brano che più rappresenta il mondo sonoro di Magma, tra intrecci ritmici funk, riff incessanti, lingue inventate, melodie che si alternano, suggestioni della vocalità araba ed echi di musica brasiliana. Un invito corale a buttarsi dietro le spalle il dolore e a guardare avanti, conservando intatto il ricordo di un amore dato e ricevuto. E ancora, Obi Bi è un incrocio tra melodie che hanno echi della musica del deserto subsahariano e il rock di matrice americana, in chiave araba. Una danza circolare e ipnotica, scandita da una ritmica costante e da uno sfondo elettronico. Africa Romana è un omaggio ai generi e agli stili della musica africana che strizza l’occhio al sound dei Weather Report. Ci si sposta su altri confini con Linda Cholita, dove il Sahara incontra le Ande: uno Huayno, genere popolare andino tipico delle popolazioni peruviane, accompagna una dichiarazione d’amore in un momento di festa e allegria. Chiude il disco Un cantante Sufi, surf music alla tunisina: se Chuck Berry fosse nato a Tunisi, il rock suonerebbe con darbuka, batteria e oud. Un brano che con ironia si prende gioco dei poteri forti, di uno stato di polizia che limita la libertà e i diritti delle persone.
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BIAGIO GUERRERA - CASA MUNNU

Ieri 10 luglio 2024 in apertura alla XV edizione del Marranzano World Fest è stato presentato il  CD Casa Munnu ultimo progetto del poeta e cantore Biagio Guerrera insieme con Puccio Castrogiovanni (Lautari, Eleonora Bordonaro, etc) e Riccardo Gerbino (già con Dounia). Il lavoro, già presente sulle principali piattaforme, è pubblicato dai i tipi di AME (Associazione Musicale Etnea) storica Associazione concertistica catanese che da diversi anni promuove e produce artisti della vivace scena musicale siciliana Casa Munnu è stato registrato nelle campagne di Gangi, nell'amato agriturismo Capuano, Madonie, Sicilia interna. Cibo e accoglienza speciale quella di Totò e Angela in un luogo voluto da Salvo Noto, il tecnico del suono, che crede che la musica debba essere registrata in luoghi reali, vivi, risonanti...  una filosofia discografica perfettamente in linea con lo spirito del progetto. Tutte le registrazioni sul campo, i suoni naturali che si possono ascoltare in Casa Munnu fanno parte di questa apertura al mondo che è allo stesso tempo fisica e spirituale. Piccoli spazi, dialoghi intimi, vicinanza, emozioni e insieme agli ampi pascoli ventosi, i campi fioriti di sulla. Sono 10 le tracce del lavoro a cavallo tra poesia sonora e canzone d’autore, in quel luogo al confine tra oralità e canto che è il tratto distintivo dell’esperienza poetica di Guerrera. Casa Munnu è un progetto che sperimenta forme diverse: prima è venuto il libro, l’ultima raccolta di poesie di Guerrera pubblicata dalle edizioni Mesogea nel 2021; poi il progetto musicale e performativo con un piccolo tour per  paesi, borghi e contrade siciliane dove gli artisti hanno presentato poesia e musica «per offrire e condividere in amicizia la nostra arte» in cortili, piazzette, ville storiche e luoghi naturali speciali. Il tour è stato anche un'occasione per mettersi in ascolto... per arricchire il racconto letterario e audiovisivo dell’ isola, con le sue storie i suoi paesaggi e le persone che lo abitano. Ora ultimo nato questo CD.
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ASSAMANÙ
 IL NUOVO ALBUM DI INEDITI DI SETAK
In uscita martedì 7 maggio 2024

Un'immersione emotiva nelle profondità della propria storia personale, tracciata dalle corde di una chitarra che abbraccia i suoni globali e proietta le radici verso il futuro, dall’Abruzzo all’infinito. "Assamanù" è il nuovo album del chitarrista e cantautore abruzzese Setak, nome d'arte di Nicola Pomponi, in uscita martedì 7 maggio. "Assamanù" è il culmine di una trilogia musicale iniziato con il suo acclamato disco di debutto "Blusanza" nel 2019 e proseguito con "Alestalè" nel 2021. Un’opera che suggella un percorso interiore che vede ciascun album raccontare le tre fasi più importanti della vita di Setak: infanzia ("Blusanza"), adolescenza ("Alestalè") e infine, oggi, la maturità. Ad accompagnare l’artista fra queste pagine di diario che prendono la forma di canzoni c’è ancora una volta la sapiente produzione di Fabrizio Cesare: un vero e proprio sodalizio artistico iniziato anni fa in una casa di campagna e che non a caso ha portato Setak a riappropriarsi delle proprie radici, intraprendendo un progetto che ha i piedi saldamente legati alla propria terra d’origine e lo sguardo proiettato in avanti. Anticipato dal singolo "Curre curre" (guarda il videoclip realizzato in collaborazione con Medici senza frontiere), il terzo album dell’artista abruzzese è un gioiello che testimonia la sua abilità unica e personalissima nel saldare il dialetto della propria regione al blues, al folk d’oltreoceano e a tutte quelle musiche che hanno segnato la sua formazione emotiva di ascoltatore e musicista. Setak usa la propria tecnica sopraffina di chitarrista al servizio della scrittura di canzoni universali, setacciando nella propria storia più intima e nei suoi gusti per selezionare solo gli elementi più preziosi, come faceva anticamente lu setacciar, figura della tradizione agricola abruzzese nonché soprannome della sua famiglia, da cui Nicola Pomponi ha preso ispirazione per scegliere il suo pseudonimo. Come per il nome d’arte, a dare il titolo all’album c’è un’altra parola abruzzese (termine che non appartiene al dialetto di Penne, ma a quello della provincia di Teramo), "Assamanù", che significa "in questa maniera": una dichiarazione di identità, un atto liberatorio che rivendica la scommessa che l’artista ha saputo vincere lungo la sua trilogia discografica, mettendo al centro l’anima più sentimentale del dialetto per “dire cose normali condivisibili da tutte le persone del mondo”. Attraverso le undici tracce dell'album, Setak esplora tematiche profonde come il tempo, la storia, la memoria e l'importanza di setacciare dentro sé stessi, esponendo un rapporto con la propria terra d’origine che sa essere anche critico e che non ha nulla di campanilistico o folkloristico. Perché “conoscere e fare sintesi del passato e della memoria ha un senso solo se serve per guardare al futuro”. "Assamanù" è costituito da un mix eclettico di sonorità che, nel solco dello spirito global di Paul Simon, riescono a spaziare sapientemente dal country statunitense all’indie-folk di Iron & Wine, dalla tradizione blues del Delta del Mississippi di Ry Cooder al desert blues dei Tinariwen, dalla cultura sudamericana alle lezioni meno scontate della canzone italiana. Un viaggio musicale sconfinato dove addirittura la chitarra sahariana di Ali Farka Touré incontra con naturalezza il qawwali pakistano di Nusrat Fateh Ali Khan e il senso mantrico della musica popolare indiana, il tutto reinterpretato con l'originale sensibilità dell’artista originario di Penne, una perla di 11.000 anime in provincia di Pescara, tra i “borghi più belli d’Italia”.  Le significative collaborazioni con Simone Cristicchi, Luca Romagnoli (Management) e Angelo Trabace arricchiscono ulteriormente il tessuto sonoro di questo terzo lavoro: puntuali, sapienti e mai invadenti, comprovano la capacità di Setak di creare connessioni autentiche e profonde con altri talenti artistici. A completare il quadro delle collaborazioni, si è aggiunta la figura di Matteo Cantaluppi che si è inserito con eleganza e grande coinvolgimento dando un fondamentale apporto al progetto. In "Assamanù" ogni canzone svela un aspetto peculiare della sfaccettata esperienza di vita e di pensiero di Setak, creando ponti e collegamenti anche con i suoi dischi precedenti. Il brano di apertura "Lu ride e lu piagne" tratta con ironia le credenze culturali radicate della sua terra d'origine, mentre "La fame e la sete" affronta con critica l'effimera esistenza della sua generazione, sempre più creativamente retromaniaca. "L’erba ‘nzì fa pugnale" riflette invece sull'importanza del rispetto per la natura, simulando il suono della kalimba con la chitarra. Con la sua immediatezza pop, "Di chj ssi lu fije?" rappresenta una riconciliazione personale con le dinamiche di paese. Emergendo come una ballata sussurrata, "Curre curre" offre invece dolcezza contrastante con un testo amaro. La title-track, "Assamanù", si impone come una dichiarazione audace di identità e individualità e nei cori ospita la voce del talentuoso pianista Angelo Trabace (collaboratore di Baustelle, Dimartino, Tommaso Paradiso). Un riferimento indiretto al capolavoro letterario di John Fante dà il titolo al country arioso di "Chiedo alla polvere", in cui Setak racconta con commozione il distacco definitivo dalle persone care. "Figli della storia" esplora invece l'importanza della memoria, con la partecipazione del sensibile contributo di Simone Cristicchi. Sollevando domande sull'oblio e sul futuro, "Troppe parole" offre uno sguardo riflessivo. "A ‘mme" celebra l'accettazione lucida e amorevole delle imperfezioni, con la collaborazione di Luca Romagnoli dei Management alla scrittura e alla voce nel ritornello. Infine, "Sono felice (Vincenzino)" rende omaggio al maestro dell’artista, Vincenzo Tartaglia, arricchendo il pezzo con un tocco mistico e riconoscente che pesca da “Guantanemera” e dalla musica sudamericana.  Le influenze di Setak, che spaziano da Paul Simon a Peter Gabriel, da John Lennon a Bon Iver, si fondono in un mix unico e al contempo eterogeneo, conferendo a ogni canzone un'anima e una ricchezza di stili diversa. Ogni collaborazione e influenza contribuisce a comporre un quadro emozionale e concettuale più ampio ma sempre personale, regalando un'esperienza di ascolto ricca e mai banale. All’apice di un percorso che si distingue per la sua autenticità e la sua sperimentazione continua, con "Assamanù" Setak riesce nell’intento di lasciare un'impronta indelebile e riconoscibile sulla scena musicale italiana. 
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ANDREA SATTA
ESCE IL 1 DICEMBRE “NIENTE DI NUOVO TRANNE TE”
IL DEBUTTO SOLISTA DEL CANTANTE DEI TÊTES DE BOIS
(Etichetta: Santeria / Distribuzione: Audioglobe)

“Niente di nuovo tranne te” è il titolo del primo album solista di ANDREA SATTA, in uscita il prossimo 1 dicembre.  Satta è il cantante dei Têtes de Bois e, ogni giorno, fa il pediatra nella periferia romana. Questo mondo di cose concrete, bellissime, a volte difficili, gli ha consentito di mantenere un rapporto con la vita reale che ne caratterizza l’opera e la fantasia. Con i Têtes ha vinto tre Targhe Tenco Interpreti (2002, 2007 e 2015), pubblicato nove album in studio, compiuto migliaia di performance che sono andate dai festival di strada al palco di Sanremo (con l’attore Paolo Rossi nel 2007), realizzato collaborazioni artistiche con nomi prestigiosi come Francesco Di Giacomo, Daniele Silvestri, Joan Baez, così come progetti artistici tra i più affascinanti e visionari (uno su tutti, il Palco a Pedali). Come autore di libri ha scritto I riciclisti (Ediciclo, 2009), Ci sarà una volta (Infinito, 2011), Officina Millegiri (Sinnos, 2016), Mamma quante storie! (Treccani, 2016), libro ispirato alla Giornata delle  Favole che Andrea organizza da anni nel suo ambulatorio, Pise e Pata - dialoghi tra bambini sulle cose del mondo (Rrose Sélavy), La fisarmonica verde (Mondadori Ragazzi). Artista con la “A” maiuscola, pediatra in bici della periferia romana, funambolo del pensiero e della parola, arriva con un disco pieno di bellezza e di passione, come tutto quello che ha realizzato nel corso della sua vita artistica e professionale. “Niente di nuovo tranne te” è una raccolta di storie di vite normali, come tante, persone qualunque alle prese con gli amori, i problemi quotidiani, il lavoro che sfibra o che manca, i ricordi del proprio passato, coppie di innamorati che lasciano spazio alla routine di una donna solitaria, la malinconia di un amore passato che si mescola alla perplessità di un bambino che vede per la prima volta un clochard sulle strade di Roma. La scrittura evocativa e delicatamente incisiva di Satta, è sostenuta da un tessuto musicale contemporaneo fatto di salite e discese emotive, metafora di vita e di pedali. Le dodici canzoni sono influenzate sia dagli amori per gli chansonnier francesi e i grandi autori italiani che da un sound apolide grazie alla produzione artistica del polistrumentista Giorgio Maria Condemi (Motta, Spiritual Front, Giovanni Truppi). con il cuore e le parole piantate nel mondo di oggi e nei sentimenti di sempre, trasformando questi racconti di quotidianità in piccole gemme musicali.  Tanti gli ospiti d’eccezione presenti nel disco, da Giovanni Truppi in “Abbi pazienza” a Daniele Silvestri nel brano “Maddalena” a Paolo Benvegnù su “Suonano le sirene”, senza dimenticare ovviamente i Têtes de Bois, fratelli più che sodali artistici, presenti “in “Io amo te” prezioso contributo in questo primo viaggio da solo di Andrea Satta.  Una menzione speciale merita l’illustrazione della copertina, opera di Alice Pasquini in arte Alicè, artista contemporanea le cui opere sono esposte sulle superfici urbane, nelle gallerie e nei musei di centinaia di città in tutto il mondo. Dal disco è stato estratto il singolo e video di “Bellissima”, pubblicato lo scorso 9 novembre. Il brano “Coupon” è divenuto un corto cinematografico col titolo “Coupon – Il film della felicità” con protagonisti l’ex segretario del Pd Pier Luigi Bersani che recita accanto a Milena Vukotic, la poetessa Maria Grazia Calandrone e l’attore Paolo Lombardi. Il corto, diretto da Agostino Ferrente, verrà presentato in anteprima al 41esimo Torino Film Festival il prossimo 29 novembre.
 
“NIENTE DI NUOVO TRANNE TE” – IL DISCO
Parlando dell’album, Andrea Satta dichiara: “Niente di nuovo tranne te”, sono semplicemente canzoni, il mio sguardo tra periferia e provincia, il tempo che conosco bene. Nessuna situazione estrema, apparentemente, solo quotidianità sfibrante che inesorabilmente travolge, in cui nascono e finiscono amori e ipotesi di domani. Storie vere, vissute, intercettate da un balcone o alla fermata di un bus o forse nel mio ambulatorio. Ogni tanto sorrisi. Della mia vita ho avuto la possibilità di fare cose tante cose bizzarre e appassionanti, ho suonato nella vasca delle otarie allo zoo, per anni su un vecchio camioncino-palco, ho ideato il Palco a Pedali, ho fatto l’inviato al Tour de France e al Giro d’Italia e tanti concerti nelle stazioni abbandonate, nelle gallerie, sulle scale mobili, al centro di rotonde stradali, nelle fabbriche che sputavano amianto.  I Têtes per i nostri 30 anni mi hanno concesso una licenza-premio, ho preso la mia carta d’imbarco e scelto un altro suono, per navigare nel mare che ho in testa. Ho scritto le mie canzoni e non dimentico l’amore e la rivolta.
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TARTAGLIA ANEURO
Esce il 22 marzo il nuovo album del gruppo Tartaglia Aneuro dal titolo “Dove Voglio Stare”
Il 21 marzo in anteprima presentazione dal vivo presso le Officine San Carlo di Napoli

Il gruppo flegreo Tartaglia Aneuro - capitanato da Andrea Tartaglia - annuncia per il 22 marzo la pubblicazione del suo terzo album intitolato "Dove Voglio Stare". L'attesa per questo nuovo lavoro discografico è palpabile e il gruppo non vede l'ora di condividere con il pubblico la propria musica. L'album, composto da 11 brani, è pubblicato dall'etichetta Full Heads Records, con il sostegno del Ministero della Cultura e di SIAE nell'ambito del programma "Per Chi Crea". Questo è un importante riconoscimento che testimonia la qualità e l'impegno artistico della band. Il primo singolo estratto dall'album è stato “Pazzià” (uscito il 5 marzo) accompagnato da un emozionante video musicale (guarda il video). Questo brano vanta la collaborazione speciale di Lucky Salvadori, chitarrista di fama internazionale noto per far parte della band di Manu Chao.  Il secondo singolo, che esce a supporto dell’album, è intitolato “Le pale eoliche” un brano con tematiche ambientaliste dal sound spiccatamente reggae e ska. Anche questo brano viene pubblicato sotto forma di videoclip di prossima uscita. "Dove Voglio Stare" è un lavoro che si distingue per le sue atmosfere e ritmi world music che permeano l'intero album. Partendo dalla musica popolare napoletana, inizia un viaggio che attraversa i mondi del cantautorato, reggae, ska, patchanka, conferendo a ogni brano un'identità unica e coinvolgente. L'album è una fusione di generi musicali, un viaggio attraverso i suoni del mondo. Per celebrare l'uscita del nuovo disco Tartaglia Aneuro terranno un esclusivo showcase il giorno 21 marzo ore 20 presso le prestigiose Officine San Carlo nell’ambito della rassegna Sounds of Tomorrow. L'evento promette di regalare al pubblico una serata indimenticabile, ricca di ospiti speciali e sorprese. L’ingresso è gratuito previa prenotazione al seguente link. Con questo lavoro il gruppo torna ad affacciarsi nel panorama musicale dopo l’enorme successo della canzone Le Range Fellon’ (con Daniele Sepe nel progetto Capitan Capitone) che, con oltre due milioni di streaming totali, ha proiettato Tartaglia nel circuito nazionale posizionandolo al primo posto della classifica “Viral 50 Italia” di Spotify Italia e trainando l’intero album fino alle finali delle targhe Tenco 2016. Le tracce dell’album toccano diversi generi musicali come il folk napoletano ed inglese, reggae, rap, musica popolare, cantautorato e cumbia, il tutto in un crossover di mondi lontani ma vicini. La nascita dei brani si è sviluppata negli ultimi anni grazie agli svariati viaggi ed incontri di Andrea Tartaglia con artisti e persone comuni che lo hanno particolarmente ispirato. I brani sono stati arrangiati dall’intera band in un apposito ritiro di due settimane ad Ischia nel marzo del 2023, in una casa vicino al mare, dove l’ispirazione si è amplificata. L'intero album - invece - è stato registrato presso il Soul Fingers Studio di Vincenzo Rizzo, storico tecnico del suono e produttore che ha collaborato con artisti e gruppi di fama internazionale come Mano Negra, Manu Chao, Massive Attack...
Tartaglia Aneuro, nascono nel 2012 per affermarsi poi rapidamente nella scena musicale napoletana. Il cantante e frontman Andrea Tartaglia riunisce attorno a sé il chitarrista e compositore Paolo Cotrone, il bassista Mattia Cusano, il percussionista Salvio La Rocca e il batterista Federico Palomba, dando vita a una band estremamente eclettica che ha saputo distinguersi nella fervida scena partenopea e ha saputo conquistare il pubblico grazie all'intensa attività live in ambito nazionale e internazionale nonché collaborazioni artistiche e open act di 99 Posse, Manu Chao, Vinicio Capossela, Daniele Silvestri, Le Luci della centrale elettrica, Calcutta, Iosonouncane, Salmo, Clementino...
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ENZO GRAGNANIELLO  
IN USCITA IL 19 GIUGNO 
“L’AMMORE È NA RIVOLUZIONE” 
IL NUOVO ALBUM DI INEDITI 

Si intitola “L’AMMORE È NA RIVOLUZIONE” il nuovo album di ENZO GRAGNANIELLO in uscita il 19 giugno, a tre anni di distanza dal precedente disco “Rint’ ‘O Posto Sbagliato”.  “L’Ammore è na Rivoluzione" è un viaggio profondo nell’animo umano, narrato con la forza e la passione della lingua partenopea: un omaggio alla speranza, alla pace interiore e al valore delle relazioni autentiche.  In un mondo spesso caotico e doloroso, l'album ci ricorda che la vera ricchezza risiede nell'amore, elemento che unisce tutti noi come onde in un vasto mare. Un lavoro intriso di perseveranza e speranza, colmo di gratitudine, che sottolinea come la bellezza e la felicità siano sufficienti per dare senso alla vita.   Attraverso una serie di brani toccanti, Gragnaniello esplora diverse sfaccettature emotive e sociali, celebrando valori come la ricerca della felicità e il sostegno reciproco, e mettendo a punto un inno ai sentimenti capaci di illuminare l'esistenza e dare un nuovo significato alle cose.  Con "L’Ammore è na Rivoluzione" Enzo Gragnaniello trova un'ulteriore strada per tradurre in musica sentimenti profondi e imprescindibili, ennesima testimonianza del suo talento e della sua capacità di raccontare l'anima della sua città e la vita.  L’album si inserisce nella lunghissima carriera del musicista, autore e compositore, che da decenni incarna la voce profonda e appassionata della Napoli più autentica e che nel 2019 ha vinto la sua quarta Targa Tenco per il miglior album in dialetto con “Lo chiamavano Vient’ ‘e terra”. Legato visceralmente alla sua città, anche quest’ultimo lavoro discografico nasce nell’intimità della sua casa nei Quartieri Spagnoli di Napoli.  L’album è stato anticipato il 1° marzo dal singolo omonimo, “L’Ammore è na Rivoluzione”.  Enzo Gragnaniello parla del disco: “In una società sempre più disorientata e priva di emozioni, sommersa dall’odio e dalla sopraffazione non ci resta che urlare l’amore. Un amore puro. Un amore rivoluzionario. Si perché l’amore è l’unica vera rivoluzione che ci rimane da fare, l’amore è la vera rinascita che può risvegliare le coscienze, avvicinarle alla vera realtà e al sentimento perché come dice il testo “Tutto il resto è’ solo un’illusione "Amore Amore mio l’ammore overo è quann’ servi a Dio”.Accanto al tour estivo di presentazione di “L’Ammore è na Rivoluzione", continuerà quello di “Neapolis Mantra”, l’opera multidisciplinare ideata dal regista e coreografo italo-africano Mvula Sungani che combina la potenza espressiva della physical dance dell’étoile Emanuela Bianchini con la vibrante voce black del maestro Enzo Gragnaniello, sul palco insieme ai solisti della Mvula Sungani Physical Dance, alla propria band e all’attrice Federica Totaro. 
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Dal 31 gennaio 2024 disponibile Gradisca
Il primo lavoro discografico del trio pugliese Brancaleone Project, che rende omaggio ai grandi maestri del cinema italiano

È un omaggio ai grandi maestri del cinema italiano il primo lavoro discografico del trio pugliese Brancaleone Project composto da Giorgio Distante alla tromba, Giuseppe Spedicato al basso tuba, Rocco Nigro alla fisarmonica. Gradisca, disponibile dal 31 gennaio 2024 per etichetta Ipe Ipe, realizzato con il Contributo di NUOVOIMAIE, crea un mondo sonoro poetico, visionario e a tratti onirico ispirato alle pellicole di Federico Fellini e alla musica da cinema di Nino Rota. Le composizioni, tutte originali, sono ispirate da scene di film immaginarie ed il nome del trio è un riferimento esplicito alla rocambolesca “armata Brancaleone” di monicelliana memoria, in cui la figura dei cavalieri di ventura è trasfigurata nel viaggio sonoro dei musicisti. Melodie che sembrano venire fuori da un vecchio grammofono, il mondo delle bande, atmosfere fiabesche, la poesia della fisarmonica. Tutto questo confluisce in Gradisca,  progetto capace di mescolare “alto e basso” e di raggiungere ed emozionare grazie alla bellezza di musiche evocative. La presentazione dal vivo di Gradisca è in programma sabato 24 febbraio al Teatro Comunale di Novoli e a seguire è previsto un tour che toccherà varie città tra le quali Lecce, Roma, Palermo e Napoli. Brancaleone project è un ensemble formato da Giuseppe Spedicato al basso tuba, Rocco Nigro alla fisarmonica e Giorgio Distante alla tromba, tre musicisti pugliesi, che con i loro strumenti hanno affiancato alcuni tra i più rappresentativi progetti musicali nati in Puglia negli ultimi anni. Rocco Nigro, fisarmonicista e compositore (ha collaborato con Vinicio Capossela, Cirque du Soleil, Antonio Castrignanò, Redi Hasa, Maria Mazzotta, Nabil Salameh dei Radiodervish, Rachele Andrioli, Giro di Banda e molti altri) partendo dalla tradizione del Sud Italia ha esplorato diversi territori in una costante ricerca che lo ha portato fino alla musica contemporanea, ha inoltre composto musica da film e cortometraggi. Giuseppe Spedicato, compositore e musicista (basso elettrico ed acustico, ukulele basso e basso tuba), ha collaborato tra gli altri con BandAdriatica, Antonio Castrignanò e Balletto del Sud esibendosi in concerti in tutto il mondo.  Giorgio Distante è un virtuoso della tromba che, dopo essersi diplomato in tromba a Napoli, ha ottenuto una borsa di studio al Berklee College of Music e si è laureato con il massimo dei voti in musica elettronica. In continua ricerca ed esplorazione di mondi sonori sconosciuti scrive i propri software esplorando le possibilità di nuove tecnologie audio e video applicate a strumenti acustici. I tre musicisti hanno convogliato le loro esperienze e le loro capacità in questo nuovo progetto originale dalla strumentazione inedita (basso tuba, fisarmonica e tromba) che, pur essendo nato da poco, è stato capace di interessare sin da subito il coreografo e danzatore Fredy Franzutti che ha voluto le loro musiche inedite in “La luna dei Borboni” una coreografia originale del Balletto del Sud ispirato all’omonima opera di Vittorio Bodini. Lo spettacolo è stata presentato in anteprima al Teatro Apollo di Lecce, ha replicato con successo in diversi festival e teatri nazionali e in Spagna.
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PS5
Pietro Santangelo 5tet
Esce oggi per Hyperjazz records il secondo album del collettivo ethno-jazz

A poco più di due anni da “Unconscious Collective”, il poliedrico musicista napoletano Pietro Santangelo è tornato in studio per registrare e produrre dieci nuove tracce inedite. Con il moniker di PS5 il nostro è accompagnato, come al solito, da Paolo Batà Bianconcini, Giuseppe Giroffi, Vincenzo Lamagna e Salvatore Rainone. Sempre nel solco della musica strumentale di elezione jazzistica, i brani inclusi in “Echologia” [pubblicato dalla label Hyperjazz records] proseguono il percorso intrapreso da Santangelo già dai primissimi Slivovitz e mai accantonato negli anni a seguire: la ricerca multiculturale resta il suo principio compositivo.  Ogni brano di Echologia trae ispirazione dall’idea di biodiversità : come i diversi agenti biologici contribuiscono all’equilibrio della biosfera così gli elementi musicali di diverse culture mirano a creare un sistema musicale fertile ed in costante evoluzione. La coesistenza e l’avvicendamento di elementi musicali multiculturali mira a stabilire un equilibrio ritmico solido sul quale si intrecciano le suggestive trame melodiche dei due sassofoni. “Echologia” ed i lavori precedenti sono rami dello stesso albero ed il gioco di parole sottolinea la passione del musicista e produttore per gli echi analogici vintage usati in fase di missaggio in maniera creativa, alla maniera dei pionieri giamaicani maestri dell’arte del dubbing. La copertina di Sabrina Cirillo si ispira al mito della ninfa Eco, l’oreade condannata da Giunone a potersi esprimere ripetendo solo le ultime parole del suo interlocutore, morì consumata dal dolore e di lei non rimase altro che la voce.
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Il più autorevole interprete della tradizione musicale calabrese
MIMMO CAVALLARO
DAL 5 LUGLIO È DISPONIBILE IN DIGITALE IL NUOVO ALBUM
“MIRJIU”
UN OMAGGIO ALLA CALABRIA E ALLE SUE MERAVIGLIE
 
Dal 5 luglio, sarà disponibile in digitale “Mirjiu”, il nuovo album del più autorevole interprete della musica popolare calabrese Mimmo Cavallaro. “MirjIu”, album prodotto da Mimmo Cavallaro e distribuito da iCompany, vede lo stile che ha sempre contraddistinto Cavallaro, caratterizzato dall’utilizzo in chiave moderna degli strumenti etnici calabresi, raggiungere la fase più matura, riducendo al massimo le contaminazioni e puntando sulla sperimentazione di tutto ciò che rimanda esclusivamente alla sua identità musicale e culturale. “Mirjiu” parla della Calabria e dei suoi personaggi, celebri solo alle persone del posto, che non sono mai diventati famosi ma che nell’immaginario collettivo sono rimasti dei miti. Descrive i luoghi che omaggiano la sua straordinaria bellezza ma anche quelli più anonimi, come le contrade dove Cavallaro è cresciuto. «Sono veramente contento di questo disco che arriva dopo sette anni dall’uscita di “Calanchi” – racconta Mimmo Cavallaro – I brani rappresentano una successione di sensazioni ed emozioni connessi a personaggi, storie della mia infanzia e luoghi che parlano di quella piccola parte di Calabria che ho vissuto con la mia famiglia. Lo spopolamento e l’abbandono lasciano segni indelebili nell’anima di chi ne ha vissuto i profumi, i suoni ed i momenti; contadini e pastori che ne hanno rispettato e amato ogni essere e ogni cosa». Il disco, che contiene undici brani in dialetto calabrese e uno in italiano, vede la partecipazione di diversi artisti con i quali ha duettato nell’arco del suo percorso artistico. La voce di Davide Van De Sfroos in “Una storia mille storie”, la voce di Marcello Cirillo in “Tarantella di lu Sciorru”, il violino di Jamal Oassini(Tangeri Cafè Orkestra) in “Giamba u violinista”, e la voce di Antonella Ruggiero in “Ninna oh”, danno all’intero lavoro un respiro nazionale. Insolito per il genere, ma estremamente singolare, è l’intervento rap di Kento nel brano “Mirjiu”, dove gli strumenti popolari, il testo in dialetto e il sound dub si sposano perfettamente dando luogo ad una sonorità quasi onirica. Questa la tracklist dell’album: “La simenza di la vita”, “Serpi nigra”, “L’ardalora”, “Una storia mille storie” (feat. Davide Van De Sfroos), “Tarantella di lu sciorru” (feat. Marcello Cirillo), “Ninna oh” (feat. Antonella Ruggiero), “Bella figghiola balla”, “Mirjiu” (feat. Kento), “Giamba u violinista”, “Vinni ‘mu cantu”, “Chianalea”. Mimmo Cavallaro è, attualmente, il più autorevole interprete della tradizione musicale calabrese. Nato e vissuto a Caulonia in Calabria, ha da sempre condotto una sua particolare ricerca attraverso “indagini sul campo”, analizzando e registrando la varietà dei connotati stilistici che caratterizzano i diversi luoghi della Calabria. Il cantato in dialetto e l’utilizzo di strumenti della tradizione, come la lira calabrese, uniti a testi e armonie originali, lo rendono tra i principali autori della musica popolare italiana. Il suo progetto artistico nasce ufficialmente nel 2009, con la pubblicazione del primo disco “Sona Battenti”, prodotto da “Taranta Power” sotto la guida di Eugenio Bennato, che si aggiudica il premio come miglior disco di musica popolare al Festival della Cicala di Napoli. La sua musica e la sua tradizione musicale, finora relegata all’ambito locale, viene sdoganata con esibizioni live in diversi festival di rilievo in Italia (Primo Maggio di Roma, Musicultura, Folkest, Notte della Taranta, Roma incontra il Mondo) e all’estero (Stimmen festival, Sfinks festival, Toronto Tarantella Festival). Nel 2011, Mimmo fonda il gruppo “TaranProject”, col quale realizza l’album “Hjuri di Hjumari”. Un’idea artistica che, a partire dal linguaggio della musica tradizionale, si espande verso orizzonti spiccatamente world music. Nel 2012 viene nominato direttore artistico del “Kaulonia Tarantella Festival”, all’interno del quale duetta, nelle varie edizioni, con Antonella Ruggero, Davide Van De Sfross, Cristiano De Andrè e Marcello Cirillo. Nel 2013 pubblica il terzo lavoro discografico con i “TaranProject” dal titolo “Sonu” (candidato al premio Tenco come miglior album dialettale). Nel 2015, partecipa all’Expo con il videoclip “Lu cantu di lu marinaru e un seminario”, in veste di relatore al convegno sulla musica popolare calabrese all’interno dello stand della Regione Calabria. Nel 2017 Esce “Live in studio”, una compilation con i suoi brani più rappresentativi e sempre nello stesso anno realizza il videoclip “Europa che danza”, presentato in anteprima al concerto del Primo Maggio a Roma. Nell’aprile del 2018, Mimmo si si esibisce con la sua band a Buenos Aires al “BA celebra Brasil 2018” facendo ballare più di 30.000 persone nella splendida cornice di Plaza de Mayo. L’anno seguente, oltre ai numerosi concerti nelle principali piazze calabresi e italiane, si esibisce in importanti tappe all’estero tra cui “Bous nel land” del Saarland (Germania), nei “Grandi Magazzini Hankyu”, ospitato dall’Istituto Italiano di Cultura di Osaka (Giappone) e in alcune delle principali città dell’Australia come Melbourne, Sidney e Adelaide.
 
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Materiali Sonori
Le novità

FLAME PARADE - CANNIBAL DREAMS
CANNIBAL DREAMS è il nuovo album dei Flame Parade. Un viaggio nella testa di chi sogna a occhi aperti, nell’esistenza del daydreamer che vive sollevandosi nell'aria in una continua lotta tra il surreale e la concretezza. Un percorso raccontato da 10 tracce dall'atmosfera onirica, liquida e dilatata, attraverso sonorità dream-pop e shoegaze. Ricordi sbiaditi, speranze e desideri, promesse. Sogni vividi, affamati e insaziabili che divorano il legame con la realtà. Grazie anche alla collaborazione con la cantautrice, producer e sound engineer Matilde Davoli, le narrazioni eteree e sognanti dei lavori precedenti della band evolvono in questo album verso nuovi percorsi artistici. Quello che prende vita è un prodotto legato all’identità della band ma profondamente influenzato dalle nuove sperimentazioni. Il primo singolo estratto, “One of These Days I’ll Steal Your Heart”, esprime alla perfezione il nuovo universo ricercato dei Flame Parade, segnando con fermezza una nuova naturale evoluzione della band toscana.

INSIEME, 1975 feat. MARCO LAMIONI. FRANCESCO MACCIANTI. NICOLA VERNUCCIO. DANIELE TRAMBUSTI
Era il 1975, a Firenze, quattro liceali con la passione del Jazz-Rock si trovavano i pomeriggi a suonare e a confrontarsi in interminabili e accese discussioni su quale fosse la “vera” musica. Il loro nome era già un progetto: Insieme. C’era anche tanto studio e voglia di fare e le interminabili jam partorirono questa sintesi musicale che riuscirono a immortalare grazie alle apparecchiature di Franco Falsini e dei Sensations' Fix, un importante gruppo di prog fiorentino dell’epoca. Un disco rimasto nel cassetto in tutti questi anni (mentre quei quattro ragazzi diventavano apprezzati jazzisti, compositori o importanti produttori) e ora pubblicato solo in vinile. 

MILITIA, macdara(s)
Dopo circa 12 anni di lavoro, euforia, riflessioni, ripensamenti, gioie e infiniti dolori… l'avanguardia sperimentale dei Militia e va avanti e vede finalmente la luce "MACDARA(s)", un'opera multimediale che si compone di un film/lungometraggio di taglio artistico realizzato da Promovideo e Accademia di Belle arti di Firenze (già selezionato in alcuni festival internazionali), un disco (CD, doppio vinile in edizione limitata, e digitale in tutto il mondo pubblicati ancora una volta da Materiali Sonori) e un libro a cura della Volumnia Editrice. Il progetto getta uno sguardo sulla poesia “possibile” nel 21° secolo e lo fa attraverso gli occhi e la sensibilità di uno dei più autorevoli poeti irlandesi dei tempi moderni, Macdara Woods, che ha letto alcuni dei poemi da lui composti nel nuovo millennio, dialogando con le musiche originali dei Militia e le immagini assemblate dal video-artista Massimo Rossi. L'opera può essere vissuta come un sentito omaggio all'importante autore irlandese, che dà titolo e origine a tutto: aveva scelto Panicale, in provincia di Perugia, come seconda casa, raccontando i paesaggi del Centro Italia ("Kavanagh in Umbria"), ed è scomparso nel 2018; i suoi versi nell'album si susseguono, si frammentano, si riverberano, si sovrappongono. Fra le tracce compare poi la voce di sua moglie, la poetessa Eilèan O'Chuilleanain. I due artisti, Woods e Rossi, con cui il gruppo ha a lungo condiviso questo lavoro ora non ci sono più e in loro ricordo l’opera è stata portata a termine, con la collaborazione di oltre 100 persone tra musicisti, attori, tecnici audio e video e video-artisti provenienti da tutto il mondo, questi ultimi riuniti sotto la prestigiosa sigla della Accademia di Belle Arti di Firenze. Alle musiche originali hanno collaborato (in ordine alfabetico): Nicola CAPPELLETTI, CORO delle Voci Bianche del Conservatorio Morlacchi di Perugia diretto dal Maestro Franco RADICCHIA, Gianfranco DE FRANCO, FAST ANIMALS and SLOW KIDS, Paolo FRESU, Simone FRONDINI, Giovanni GUIDI, Serse LUIGETTI, MASTER FREEZ, Eilèan NI CHUILLEANAIN, RALF, Francesco “BOLO” ROSSINI, Umberto UGOBERTI, VESPERTINA. E, ovviamente il trio storico di Militia formato da DARIO BAVICCHI, FABRIZIO CROCE e GIOVANNI ROMUALDI con voci, chitarre, tastiere, percussioni e sonorità elettroniche. A valorizzare il carattere multimediale dell’opera ciascun supporto realizzato nell’ambito del progetto contiene una Card che consente di scaricare gratuitamente tutti gli altri contenuti. "Con queste premesse, una prefazione di elettronica, noise e distorsioni dà il via a un intenso viaggio nello spoken music, attraversato da ogni sfumatura possibile: il rock, il dark, i cori e il canto di Mending, i glitch, la voce roca di Displacements, gli inserti orientaleggianti che diventano brano pop (Blessed Thomas of Prague), i toni epici (Song), i suoni da videogame (The welder embracing silence), i cerchi dentro i cerchi attorno ad altri cerchi (Circles), le atmosfere di un'isola in cui il poeta sembra quasi cantare tra i serpenti (Clare island, Snake), fino a Big top music, un brano vero e proprio a chiusura della tracklist”. 

I SOLISTI  DELL’ORCHESTRA MULTIETNICA DI AREZZO -  IN ARTE SON CHISCIOTTƏ
musiche originali per lo spettacolo scritto da Samuele Boncompagni
(ispirato a Don Chisciotte della Mancia di Miguel de Cervantes)
con Elena Ferri, Luisa Bosi e I Solisti dell’OMA
Non poteva che essere attraversata dalla musica la nuova prova teatrale a firma Officine della Cultura del fantasioso nobiluomo della Mancia, cavaliere errante, disfacitore di offese, raddrizzatore di torti Don Chisciottə. In otto quadri di una contemporanea “ensalada” spagnola, contemporanea come la ə che porta nel titolo, come i piani di lettura offerti dalla ricerca della compagnia di attori e musicisti, I Solisti dell’Orchestra Multietnica di Arezzo errano tra le pagine fattesi pentagramma del Capolavoro di Cervantes vibrando in un intreccio di melodie libere di rincorrersi e di sovrapporsi tra mulini a vento e giganti. All’immaginazione dell’ascoltatore viene lasciato il compito di ricomporre in una trama coerente i quadri del racconto. Meglio se a pancia vuota o col vento nella testa. I Solisti dell’Orchestra Multietnica di Arezzo: Luca Roccia Baldini basso, cajon, voce; Massimo Ferri chitarra, oud, mandolino; Gianni Micheli clarinetti, fisarmonica; Mariel Tahiraj violino;  Daniele Berioli percussione; voci di scena di Elena Ferri e Luisa Bosi

ENRICO FINK & ORCHESTRA MULTIETNICA DI AREZZO, Cosa Nostra spiegata ai bambini 
Le musiche originali composte da Enrico Fink per l’omonimo spettacolo scritto da Stefano Massini con Ottavia Piccolo e i Solisti dell’Orchestra Multietnica di Arezzo. Un disco delicato che si fa scoltare anche senza il supporto delle immagini: suggestioni mediterranee, evocative, fra minimalismo e musica etnica.

HECTOR ZAZOU - Sonora Portraits 2
Nuove edizione: CD “Strong Current” + Mini Book 96 pagg + 4 cartoline d’arte (dalle immagini di John B. Root). Con Laurie Anderson, Jane Birkin, Melanie Gabriel, Lori Carson, Caroline Lavelle, Sarah Jane Morris, Chaterine Russell, Nicola Hitchcock, Emma Stow, Lisa Germano, Nina Hynes, Irene Grandi. Fra i musicisti: Ryuichi Sakamoto, Stefano Bollani, Orio Odori, Archaea Strings. Con i suoni di Lorenzo Tommasini e Peter Walsh. Progetto di Hector Zazou & Giampiero Bigazzi.

HECTOR ZAZOU - Geographies
Dopo la ristampa di Made To Measure Vol.1 e prima dell'uscita del nuovo album di Nova Materia, la Crammed Discs continua la campagna di riattivazione della storica collana Made To Measure con la ristampa in vinile di questo album molto speciale del compositore e produttore francese Hector Zazou. Noto per molti album e collaborazioni innovative, compresi gli LP firmati Zazou/Bikaye, in questa suite orchestrale -originariamente pubblicata nel 1985 - mette in mostra alcuni dei lavori compositivi più originali, fondendo un ensemble da camera, alcune voci classiche e pop, una produzione non ortodossa e un'ironica e affettuosa rivisitazione dei classici del primo Novecento (pensate a Satie e altri). Con titoli di canzoni evocative come Cine Cittá e Sidi Bel Abbès, e persino un'orecchiabile melodia folk (Vera C.), questo album è un viaggio giocoso nel tempo e nello spazio. 

FRANKIE CHAVEZ & PEIXE, Miramar II 
Anche se provengono da diverse esperienze musicali, i portoghesi Frankie Chavez e Peixe sono uniti dal loro originale approccio con la chitarra. Peixe da più di venti anni sulla scena innovativa del rock portoghese con molteplici collaborazioni, e due sorprendenti dischi da solista “Apneia” e “Motor” nei quali esplora le innumerevoli possibilità del suo strumento musicale preferito. Sin dal suo debutto nel 2010, Frankie Chavez ha costantemente dimostrato di essere uno dei musicisti più innovativi della sua generazione. Ispirato dal folk, dal blues, così come dal classic rock, ha portato la sua musica sempre più lontano, sia con la band che come one-man-band, in completa simbiosi con lo strumento che c’è stato fin dall’inizio: una chitarra.

LETIZIA FUOCHI - ”Zing”
Effetto Zing o sull’inevitabile… Il progetto 2022 di Letizia Fuochi segna un cambio di passo nella scrittura musicale e nell'interpretazione vocale della cantautrice fiorentina. Il titolo curioso e inusuale, emblematico e bizzarro, nasce da una suggestione metasemantica, onomatopeica: ZING. ZING è un suono, è il suggerimento acustico di un evento stravolgente capace di trasformare noi stessi nel giro infinito di un attimo. Energia pura e incontrollabile che ci lascia senza parole, ZING rappresenta il cambiamento, il fatto (o il Fato) inevitabile in grado di illuminarci, contaminarci, di renderci consapevoli e fragili, meravigliosamente arresi di fronte alla nostra personale verità. ZING è anche il rumore di un solenne e maestoso colpo di fulmine che spiega in un istante tutto quello che fino a quel momento non eravamo riusciti a comprendere.  Dieci canzoni improntante sull'inevitabilità dei sentimenti, dei ricordi e delle occasioni; dieci canzoni crepuscolari scritte e abitate nel passaggio serale dalla luce del giorno al buio della notte, verso un risveglio completo del cuore. Dieci canzoni eteree e carnali fatte di suoni puri, caldi, ritmati, tersi e profondi, scuri e limpidi, intrecciati con le parole, quelle antiche che trovano in questo disco il loro significato più autentico. “Non solo canzoni, non solo un disco, ma un contenitore di idee rivolte ad un presupposto fondamentale: a questo servono libri e canzoni, prima ci spiegano il mondo e poi ci consolano. La cultura come strumento di consapevolezza, come possibilità di passare dalle emozioni alla curiosità di conoscere, come inevitabile passaggio per scoprire chi siamo e quanto possiamo trasformarci nell'incontro e nel confronto. La musica d'autore possiede una forza evocativa sempre attuale capace di fornire sguardi e intuizioni che hanno fatto crescere e sognare intere generazioni e che ancora oggi può parlare ai giovani con la stessa forza illuminante”.

immagini di Lucia Baldini - musica di Arlo Bigazzi & Flavio Ferri 
"Alfabetiere Majakovskij!" è un altro tassello del progetto transmediale (e anche transeditoriale) ideato da Arlo Bigazzi e dedicato al poeta futurista. Inizialmente concepito come un reading musicale con e per l'attrice Chiara Cappelli - che ha curato le traduzioni dal russo - è poi diventato il doppio album "Majakovskij! Il futuro viene dal vecchio ma ha il respiro di un ragazzo" (Materiali Sonori), che comprende un CD con la sequenza teatrale in cui hanno preso parte, tra gli altri, musicisti come Blaine L. Reininger, Mirio Cosottini, Mirko Guerrini e Guido Guglielminetti, e un altro CD con versioni strumentali di alcuni brani. Successivamente è stato pubblicato il libro "Majakovskij! Cantata per Vladìmir Vladìmirovič" (Editrice Zona), contenente il testo dell'opera, brevi saggi su Majakovskij di autori come Francesco Forlani, Luciano Del Sette e Mirco Salvadori, due graphic novel disegnate da Riccardo Cecchetti e Monica e Zeoli, e cinque poesie non incluse nello spettacolo. Come altri pezzi di questo lavoro in continua evoluzione, sono stati realizzati otto video pubblicati sul web e persino due t-shirt e sei stampe d'arte delle graphic novel. Con la partecipazione della fotografa Lucia Baldini, l'"Alfabetiere Majakovskij!" nasce per Silentes, intrecciando il progetto originale di Bigazzi con gli Alfabetieri edito dalla fotografa: vere e proprie creazioni d'arte autoprodotte per la sua “casa editrice domestica”, In Alto Edizioni, libri d'artista prodotti in tiratura limitata, numerati e firmati. La caratteristica di queste originali opere editoriali è che ogni titolo è costruito sulla sequenza di un alfabeto dove ad ogni lettera che lo compone, è associata una parola o una breve frase che dialoga con un'immagine non immediatamente chiara. In questo caso, però, con Chiara Cappelli, i personaggi sono stati definiti ed espressi non nella successione dell'alfabeto cirillico ma creando una sequenza diversa, facendo corrispondere le singole lettere con le quali inserite nel verso della poesia "Ascoltate!". Per questo volume, le foto sono state scattate utilizzando vari modelli di smartphone Samsung, utilizzando un'app modificata. Se l'alfabeto fotografico di Lucia Baldini è liberamente costruito sui versi del poema di Majakovskij, la musica è stata creata decostruendo cinque brani del doppio CD, dove - intervenendo liberamente sulla musica di Bigazzi - Flavio Ferri ha rielaborato e costruito nuovi e inaspettati percorsi sonori. Vista l'armonia nata durante il processo creativo, i due sono andati ancora oltre, creando "L'Alba del 28 Febbraio" e "Poeti Estinti". Come scrive Mirco Salvadori - che contribuisce al progetto con un approfondito prologo - «la musica che emerge è purezza che contamina e allo stesso tempo seduce. I passaggi musicali che attraversano le traiettorie del sogno sono impregnati della sostanza che lo supporta e si espande all'infinito in un'esperienza di ascolto che mirerebbe ad essere illimitata.

ARLO BIGAZZI feat. FLAVIO FERRI & MIRIO COSOTTINI - Short Pieces For Short Movies
Diverse anime e provenienze caratterizzano i brani che compongono questo nuovo album di Arlo Bigazzi, realizzato insieme al trombettista Mirio Cosottini e Flavio Ferri (produttore, compositore, co-fondatore del gruppo pop Delta V, polistrumentista e collaboratore di Gianni Maroccolo e Edda). I suoni originali e alcune parti strumentali che compongono i sette brani sono colonne sonore di cortometraggi: uno proviene dal primo e sperimentale video del regista Pierfrancesco Bigazzi, due dalla colonna sonora – realizzata originariamente con il solo Mirio Cosottini – del suo cortometraggio Dove noi non siamo; altri tre dal corto On The Other Side! di Margarita Bareikyte; mentre uno, totalmente inedito, proviene da una collaborazione, mai concretizzatasi, richiesta ad Arlo dal tastierista Luca Olivieri (a lungo collaboratore degli Yo Yo Mundi). 

a cura di DANTE PRIORE - Grano grano non carbonchiare
Ristampa in CD di un disco storico per la Materiali Sonori, pubblicato nel 1978, il quarto prodotto della neonata etichetta indipendente. Contiene la ricerca sul campo realizzata dallo studioso Dante Priore (1928-2022) sul canto popolare contadino del Valdarno Aretino. Originali informatori che cantano e raccontano ottave rime, zinganette, stornelli, canzoni. La produzione fu curata da Luciano Morini, Sergio Traquandi, Giampiero Bigazzi. L’edizione digitale è stata curata da Arlo Bigazzi e Lorenzo Boscucci.

ORIO ODORI feat. HARMONIA ENSEMBLE - I sogni di Federico 
Un disco che ripropone il lavoro di uno dei progetti più importanti della storia della Materiali Sonori: Harmonia Ensemble, il gruppo “new classics” prodotto da Giampiero Bigazzi e composto da Orio Odori (clarinetto), Damiano Puliti (violoncello), Alessandra Garosi (pianoforte) e, successivamente, Paolo Corsi (percussioni). "I sogni di Federico” raccoglie cinque composizioni di Orio Odori e si apre con l’omonimo brano, già pubblicato come intro originale a “Prova d’orchestra” di Nino Rota nel disco di Harmonia “Fellini”, da molti anni sigla di apertura del programma “Le Meraviglie” su Rai Radio 3 e RaiPlay Sound. Gli altri quattro brani sono inedite composizioni sempre di Orio Odori registrate nel 1996. Il risultato stilistico è come una sintesi dell’arte musicale di Odori, come modelli della sua ormai lunga attività di compositore ed esecutore della propria musica: eclettica, contemporanea e classica, romantica, post-rock, “massimalista” e minimale allo stesso tempo. Post-moderna.

FLAVIO FERRI - Lost In The Inbetween 
Flavio Ferri, milanese di nascita ma catalano d’adozione è musicista, produttore, compositore e sound designer. Personaggio multiforme e instancabile, fonda i Delta V nel 1995, gruppo electro-synth pop dai tratti raffinati e con i quali raggiunge un buon successo con i singoli di Se telefonando e Un’estate fa. Con Lost In The Inbetween riprende le sue sperimentazioni strumentali proponendo una suite di 29 minuti e 53 secondi dal sapore onirico e intimista, avvalendosi della presenza della violista Sara Francesca Molinari.

prossime uscite

ORIO ODORI, Silvana
JOTC OPEN ORCHESTRA, Mo’ Joe - The Music of Joe Henderson
ARLO BIGAZZI-ELENA M. ROSA LA VITA, D’altronde sono sempre gli altri
ROEDELIUS, Piano Piano
HULRICH SANDNER, Home
ORIO ODORI, Silvana . CD Materiali Sonori . 99164 - 8012957991647
ROBERTO DEL PIANO, Saluti da casa 2
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Esce "Verso Bisanzio" il nuovo album di Valerio Billeri con Fabio Mancini
Esiste la luce e esistono le tenebre, cosa succede una volta passata la soglia, qualsiasi soglia?
Suoni che evocano il mediterraneo pur mantenendo una struttura cara al blues

Esiste la luce e esistono le tenebre, cosa succede una volta passata la soglia, qualsiasi soglia? Tra la vita e la morte, tra il giorno e la notte, oltre le linee notturne del sonno. A questa atavica domanda cerca di rispondere Verso Bisanzio, il nuovo album del cantautore romano Valrio Billeri con Fabio Mancini, in uscita oggi 15 marzo per Moonlight Record, distribuzione Ird. "Le antiche culture del bacino mediterraneo, assenti dalle sovrastrutture scientifiche per quanto giuste o giustificabili di questi ultimi 300 anni - spiega Billeri - hanno cercato di dare una spiegazione, un volto a questa fenomenologia, al vuoto, al dolore e allo smarrimento davanti alla morte o all'altrove, qualunque esso sia, anche un confine con una nuova terra. Per questo i suoni di questo disco sono radicati nei suoni del mediterraneo e, pur mantenendo una struttura cara alla musica blues, diventano spigolosi con una luce bronzea grazie al violino arabeggiante. Negli scorsi anni, avevo cercato con i due album tratti dai sonetti del Belli di dare un volto alla natura terrena, sulfurea, fatta di una bellezza che sprofonda nella vita. Roma era la città giusta, il Belli il poeta adatto, perfetto con il suo girone dantesco, la sua città Buia popolata da demoni, streghe, prelati, popolani in balia della natura e di un dio terreno di sangue e fiume. Ora, se vogliamo pensare che questa sia una trilogia, la città diventa "Bisanzio" e il poeta cardine Yeats. Ma ora la città diventa intangibile, sommersa da nebbie di un altro mondo, l'oro e le pietre preziose sostituiscono il bronzo e il fango, luci soprannaturali sostituiscono le candele. Siamo di fronte a una città divina e a un sogno lungo un'eternità e i personaggi che si muovono nel disco, chi attraverso la morte, il sogno o la brama di un ritorno a casa o di una nuova terra, la scorgono per un attimo... meravigliosa, accecante, un miraggio". Il disco esce accompagnato dalle note di copertina di Andrea Monda, giornalista e direttore dell' Osservatore Romano. che, che lo descrive così: "Un album anti-illuminista si potrebbe dire, perchè fatto di materia, carne e sangue e di un lavoro di lima che riduce tutto all' essenziale, per far splendere il "marmo" di queste canzoni ruvide, aspre e levigate. Viene in mente l'album Nebraska di Springsteen, o The Boatman's call di Nick Cave. O forse qualcosa ancora più folk, scritto oggi ma che risale a millenni fa, contemporaneo di qualche aedo greco o profeta veterotestamentario, e tutto sta insieme, passato e presente, concentrato in pochi semplici accordi e nell'abbraccio fatto di parole/pensieri/ricordi di Maria, la Mater che tiene e trattiene "attimi e anni"
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MUSTRAS
Il nuovo album di Andrea Ruggeri
secondo capitolo del progetto dedicato alle Città Invisibili di Italo Calvino in uscita venerdì 12 luglio per la Da Vinci Jazz
 
Dopo Musiche Invisibili (2022), Mustras è il nuovo progetto di Andrea Ruggeri, in uscita venerdì 12 luglio per la Da Vinci Jazz su Cd e digitale. L’album, che verrà presentato ufficialmente il 28 luglio al Seuinmusica, uno dei più importanti Festival di musica indipendente, si conferma ancora nel solco del tributo a Le città invisibili di Italo Calvino, ma con un’importante metamorfosi. Con questo secondo “capitolo”, infatti, il batterista e compositore sardo si emancipa dalla dedica esclusiva per dare spazio a elementi di novità, seppur non estranei all’opera di Calvino. Il titolo stesso è già un segnale chiaro di questo affrancamento: sas mustras (sa mustra al singolare) sono decorazioni tessili sarde che raffigurano scene di vita quotidiana. Ecco allora che tutti i brani - la maggior parte dei quali anche questa volta intitolati come le città calviniane - sono delle mustras che raccontano di nuove suggestioni e visioni, di fili come relazioni, relazioni come fili. Altri elementi di novità, i testi inediti scritti in diverse lingue (italiano, friulano e inglese) e il canto di tutti i musicisti. Anche la formazione cambia, ridotta rispetto alla versione large del precedente album (13 musicisti), una rappresentanza di quello che è l’ensemble/strumento completo che Andrea Ruggeri ama ridisegnare in base alle esigenze narrative: un quartetto che mantiene l’essenza orchestrale ed evocativa, rivelando un inedito carattere “power quartet” di forte impatto emotivo, con elementi ritmici e dinamici intensi e un importante e organico apporto dell’elettronica. A rappresentare la perfetta sintesi tra continuità e novità in questo nuovo lavoro discografico è Maurilia Reloaded, brano “ripescato” dall’album precedente e riadattato al quartetto, un ulteriore filo che Andrea Ruggeri ha voluto tessere tra i due lavori per consolidare il personale tributo a Italo Calvino e raccontare una nuova fase creativa. Batterista, compositore, arrangiatore e didatta con oltre 40 dischi incisi come leader e sideman, Andrea Ruggeri ha iniziato a suonare la batteria all'età di undici anni, perfezionandosi prevalentemente da autodidatta e partecipando a vari seminari, master class e laboratori di ricerca (Conservatorio G. P. Da Palstrina di Cagliari, Siena Jazz University, Nuoro Jazz). Attivo in ambito jazz, libera improvvisazione e world music, collabora con numerosi artisti nazionali e internazionali, suonando in solo e in ensemble in diversi Festival e rassegne in tutto il mondo. È tra i migliori nuovi talenti e il suo ARE Andrea Ruggeri Ensemble è tra le migliori formazioni del Top Jazz 2023, referendum indetto ogni anno dalla rivista Musica Jazz.
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In a New World
Il nuovo album di Marco Tiraboschi
con ospiti Marc Ribot e Javier Girotto, missaggio di Alessandro Asso Stefana e masterizzazione di Taketo Gohara
 
Esce martedì 2 aprile “In a New World” per la Da Vinci Records, il nuovo album del chitarrista Marco Tiraboschi, tra composizioni cosmopolite e un melting pot di sonorità provenienti da tutto il mondo. Numerosi gli ospiti eccellenti che Tiraboschi ha coinvolto in questa sua seconda fatica discografica: Marc Ribot, Javier Girotto, Alessandro “Asso” Stefana, che ha curato la registrazione e il missaggio e, infine, il produttore, sound engineer e arrangiatore Taketo Gohara per la masterizzazione. Echi dal sud America, Medio Oriente, Africa ed Europa: nelle 11 tracce dell’album, il trio, completato dal violinista Daniele Richiedei e dal contrabbassista Giulio Corini, esplora con forza ed eleganza tanti e variegati stili musicali provenienti dalle più diverse parti del mondo; un “nuovo mondo” in cui si fondono composizioni originali e coinvolgenti, amalgamate in un flusso di sonorità dallo stile ben definito. Per Marco Tiraboschi la musica, infatti, è una continua ricerca nell’ottica della world music, lontana da tentativi di occidentalizzazione o di appropriazione di linguaggi delle diverse culture. Nella sua ricerca, “l’altro” viene approcciato con un sincretismo libero da stereotipi e per arricchirsi così di tutta l’improvvisazione di matrice jazz, di cui Tiraboschi e il suo trio sono maestri. Quella tracciata da “In a New World” è una nuova via che va in parallelo con le nuove strutture sociali: l’artista vuole arrivare a una fruibilità di ascolto senza nascondersi in facili intellettualismi. In questa ricerca, non c’è limite all’ispirazione: anche un brano come “Frame by frame” del gruppo progressive-rock King Crimson diventa stimolante paradigma di alchimie tra musiche tradizionali e composizioni colte contemporanee. Il viaggio tra Europa e Africa di “Natus”, un incontro tra antiche tradizioni e la ricerca di una voce nuova, ma anche la riflessione sulla nascita come nuovo inizio, una nuova opportunità per l’umanità. Quel posto sicuro che è “An empty garden”, un luogo che fa stare bene. L’omaggio al mondo della musica latina di “El suadente”, che non rinuncia alla seduzione del jazz e a un tocco di oriente. L’album ha iniziato a prendere forma nel 2020 durante il primo lockdown, quando l’incertezza del futuro imponeva quasi la necessità di credere e sperare per forza in un rinnovamento, un mondo migliore del precedente. In quel periodo Marco Tiraboschi inizia a comporre “Un respiro”, un brano empatico costruito sul ritmo cadenzato e ossessivo dei ventilatori polmonari utilizzati per i malati di COVID. Poi è arrivato “Past change” sul tema del cambiamento e dell’apertura verso il futuro. Da qui in poi il progetto ha iniziato a prendere una forma ben definita con la composizione di nuovo materiale e il riarrangiamento di brani composti anni prima. “In a New World” è un disco ricco di citazioni, riferimenti, collaborazioni. Quella con Javier Girotto, con cui Tiraboschi condivide il saper entrare in profondità nelle composizioni con energia e vena melodica. La straordinaria chitarra di Marc Ribot, caposcuola di correnti musicali innovative, considerato uno dei musicisti più influenti al mondo. Il missaggio di Alessandro “Asso” Stefana, musicista di spicco della scena italiana che con la sua visione contribuisce ancora di più alla coesione dell’opera. E poi Taketo Gohara, produttore discografico, sound engineer e arrangiatore. Da segnalare l’immagine in copertina dal titolo “Denuncia alla guerra”, opera originale di Federica Jeanne de Luca, artista particolarmente sensibile al dialogo sinergico tra musica e immagine. Un fluire interrotto dalla tragica scomparsa dell’amico di Tiraboschi, il musicista Simone Prando al quale dedica il brano che intitola l’album. Un set vario e ben strutturato sul confine tra la world music e il jazz, cucito sul suono della chitarra, dell’oud, del violino e del contrabbasso, fatto di sapori e colori a volte tenui, a volte decisi e contrastanti, che cercano di integrare vari linguaggi “mondiali” in un unico coerente discorso potenzialmente comprensibile a tutti.
Musicista eclettico, prendendo elementi della musica contemporanea, dei Balcani, del Medio Oriente e jazz, Marco Tiraboschi persegue un'idea basata sulla fusione multiculturale che trascenda stili e tecniche, per focalizzarsi sulla formazione di un linguaggio d'arte personale ed emotivamente comunicativo. Diplomato al conservatorio di Brescia, dal 2019 è anche direttore artistico del Festival di world music Etno-Tracce in Franciacorta e nel 2023 ha pubblicato il metodo per chitarra «una chitarra a colori» per l’editore DOREMIDOLARE.
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Il Cielo è Pieno di Stelle un omaggio a Pino Daniele il nuovo album di Fabrizio Bosso e Julian Oliver Mazzariello
In uscita il 21 giugno per la Warner Music su cd e digitale 
 
“Il Cielo è Pieno di Stelle” è l’omaggio di Fabrizio Bosso e Julian Oliver Mazzariello alla musica di Pino Daniele, un nuovo album in uscita su cd e digitale il 21 giugno per la Warner Music, con un nuovo tour in tutta Italia a partire dal 29 giugno. Una delle più grandi coppie del jazz italiano, quella formata da Fabrizio Bosso alla tromba e Julian Oliver Mazzariello al pianoforte, con le interpretazioni originali di brani del grande repertorio del cantautore napoletano. Il “tandem” dei due musicisti ripercorre le diverse traiettorie musicali di Daniele, cercando di restituire un ritratto inedito del cantautore napoletano, puntato soprattutto sulla musica. L’intenzione non è una semplice rilettura, bensì (ri)vestire una musica già grande ma con colori nuovi e autentici, facendo risuonare melodie straordinarie con la timbrica e la poesia di due eccezionali protagonisti del jazz contemporaneo. Il tour di questo nuovo progetto vedrà impegnati Bosso e Mazzariello in tutta Italia, a partire dal 29 giugno alla Baita Motti di Domodossola (VB), per il Domobianca in Jazz. A seguire, il 30 giugno al Caltagirone Jazz Festival (CT), il 1 Luglio al Catania Summer Fest, il 3 luglio al Moro Summer Tour di Cava de’ Tirreni (SA), il 18 luglio al Naturalmente Pianoforte di Poppi (AR), 26 luglio alla Rassegna Green Note di Foresta Umbra (FG), l’alba del 28 luglio al Riccione Jazz Festival (RN), 2 agosto al Muntagninjazz di Pescocostanzo (AQ), il 3 agosto al FestivAlContrario di Castelvecchio Rocca Barbena (SV), il 29 agosto all’Ischia Piano e Jazz Festival di Lacco Ameno (NA) e l’8 settembre al Festival I Concerti Nel Chiostro di Soleto (LE). La musica e la poetica di Pino Daniele - afferma Fabrizio Bosso - hanno influenzato generazioni di musicisti, me compreso. Nelle sue melodie non c’è mai una nota fuori posto e non c’è solo il blues, il rock o il funky ma anche tantissimo jazz. Tutti abbiamo cantato Pino Daniele nella nostra vita. Anche nella vita di Julian, che condivide con Fabrizio un’amicizia e un sodalizio artistico ventennale, la musica di Pino Daniele ha segnato un momento importante: Ero appena arrivato in Italia dall’Inghilterra, con la mia famiglia, a Cava de’ Tirreni, e ho sentito da casa mia la città che cantava. Era il concerto di Pino Daniele allo stadio, quello del ’95 con Pat Metheny. Il repertorio di “Il Cielo è Pieno di Stelle” abbraccia un’ampia rosa di brani, dall’immancabile Napule è (1977) alla trascinante Je so’ pazzo (1979), la magia di Quanno chiove (1980); ma anche le più recenti Quando (1992) e le due perle del 1993 Allora sì e Sicily, quest’ultima registrata all’epoca con il jazzista americano Chick Corea, autore della musica alla quale Pino Daniele aggiunse le parole. L’album, il cui titolo prende spunto da Mal di te, contiene una dedica a Ernesto Assante, che nel luglio del 2022 invitò Fabrizio e Julian a suonare, per la prima volta dal vivo, questo tributo a Pino Daniele in una rassegna musicale da lui curata al Museo MAXXI di Roma. “Dedichiamo questo album a Ernesto Assante, grande giornalista ma soprattutto uomo gentile e appassionato, che considerava la musica una condizione indispensabile per vivere. Abbiamo condiviso con Ernesto la prima esecuzione di questo tributo in una serata magica e sentiamo che questo album in qualche modo gli appartiene. Avremmo tanto voluto darglielo di persona, dicendogli ancora una volta grazie. “ È proprio da quella serata, dalla quale è tratta la suggestiva ultima traccia “Se mi vuoi”, che ha preso poi il via il live “Il Cielo è pieno di Stelle”, che i due musicisti hanno poi proposto in numerosi concerti in Italia e all’estero, fino alla registrazione dell’album, avvenuta allo storico Splash Recording Studio di Napoli, lo scorso aprile.
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Jazz d’autore: Ottaviano, Gallo e Faraò  omaggiano il sassofonista Steve Lacy 
 con l’album “Lacy In The Sky With Diamonds”

È un tributo al genio creativo di Steve Lacy, uno dei più importanti sassofonisti nella storia del jazz, l’album “Lacy In The Sky With Diamonds”, inciso da Roberto Ottaviano (sax soprano), Danilo Gallo (contrabbasso, banjo, chitarra) e Ferdinando Faraò (batteria, percussioni) per l’etichetta Clean Feed Records e uscito il 28 giugno scorso: undici tracce (sette affascinanti rivisitazioni e quattro pezzi originali, rispettosamente riverenti) in cui Ottaviano, Gallo e Faraò giocano alla pari sulle musiche del grande artista americano, sperimentatore incrollabile e infaticabile esploratore del suono con il suo sax soprano, scomparso vent’anni fa. Disponibile sulle principali piattaforme digitali e in formato fisico, il disco è stato registrato presso il Crossroad Recording Studio di Cologno Monzese (Mi) lo scorso settembre. Il titolo dell’album (“Lacy In The Sky With Diamonds” è un ironico riferimento alla celebre canzone dei Beatles) allude alla musica che si deforma e si disperde in un continuo rompersi e ricomporsi, come accade alla luce che si rifrange e si diffonde attraversando un diamante. Proprio come quella, appassionata e risolutamente esplorativa, di Lacy. «I brani del disco sono stati scelti casualmente - spiegano Ottaviano, Gallo e Faraò - sulla base delle nostre preferenze. Ai pezzi originali ne abbiamo aggiunto altri per così dire estemporanei, improvvisazioni che hanno preso spunto grazie al clima che si è creato in sala di registrazione». Continua Ottaviano: «Lacy è stato uno degli ultimi jazzisti mosso da un’autentica curiosità nel costruire un mondo non autoreferenziale. Basta guardare le sue partiture: sono come un misterioso cruciverba che comprende testi provenienti da ogni dove… Una cartolina ricevuta da un amico africano, un antico haiku zen, un vecchio diario di bordo e così via. Per non parlare della stravagante architettura della sua scrittura musicale, che spazia dal piccolo carillon per bambini ai temi del teatro musicale brechtiano. Il gioco di trasfigurazione visionaria di Lacy-Lucy nel cielo, visto attraverso la rifrazione di un diamante multifaccia, è naturale. A vent’anni dalla sua scomparsa si sente più che mai la sua mancanza». In “Lacy In The Sky With Diamonds” Ottaviano alterna con il suo sax soprano melodie flessibili e sinuose a dissonanze giocosamente frastagliate, Faraò alle percussioni e alla batteria si prende la sua dose di libertà creativa, mentre Gallo è un po’ il jolly del gruppo, affiancando al contrabbasso l’utilizzo della chitarra e persino del banjo, ricavandone suoni nervosi e indisciplinati. I tre musicisti porteranno in tour dal prossimo autunno questo progetto con una serie di concerti in via di definizione. Il sassofonista Roberto Ottaviano ha suonato e inciso con alcuni tra i più importanti musicisti americani ed europei ed è uno dei jazzisti più stimati della scena italiana, come testimoniano i premi che si è aggiudicato (tra cui il Top Jazz 2022 della rivista Musica Jazz come musicista dell’anno), riconoscimenti di un lavoro che l’ha portato a far quadrare il cerchio delle sue passioni e delle sue curiosità musicali, coniugandole con una ricerca di suono e linguaggio che unisce libera improvvisazione, grande tradizione del jazz e radici culturali. Musicista onnivoro, ecclettico e trasversale, Danilo Gallo partecipa a numerosi progetti che spaziano dal jazz alla musica etnica fino all’improvvisazione radicale. Ha suonato in tutto il mondo al fianco di artisti del calibro di Uri Caine, Marc Ribot, Trilok Gurtu, Hamid Drake, Rob Mazurek, Ralph Alessi, Bob Mintzer e Benny Golson. In ambito pop/rock si ricordano, tra le altre, le collaborazioni con Cristina Donà, Bruno Lauzi e i Tenores di Bitti. Compositore e direttore d’orchestra (ha fondato la pluripremiata Artchipel Orchestra), Ferdinando Faraò è uno dei batteristi italiani più noti e apprezzati. Nel corso della sua carriera si è esibito, tra gli altri, con Lee Konitz, Claudio Fasoli, Massimo Urbani, Giorgio Azzolini, Tony Scott, Enrico Rava, Paolo Fresu, Gianluigi Trovesi, Tiziana Ghiglioni, Sal Nistico, Steve Grossman, Franco Ambrosetti, Franco D’Andrea, Charlie Mariano, Steve Swallow, Karl Berger, Ingrid Sertso, Keith e Julie Tippett, Mike e Kate Westbrook e lo stesso Lacy, solo per citarne alcuni.
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Simone Alessandrini Storytellers
il nuovo album Circe
Parco della Musica Records/giugno 2024
 
Circe è il nuovo album del sassofonista Simone Alessandrini, terzo e ultimo capitolo della trilogia Storytellers. Alla guida di un ensemble di dodici elementi, Alessandrini continua a utilizzare la musica come veicolo narrativo, per raccontare conflitti, brame e sublimazioni del genere umano. Dopo l’omonimo Storytellers (2017), dove tra mito e storia, aveva rievocato alcuni personaggi comuni, ma allo stesso tempo leggendari, sullo sfondo della Seconda Guerra Mondiale, e Mania Hotel (2021) dedicato al tema della follia, in questo nuovo album, in uscita su cd e digitale venerdì 14 giugno per la Parco della Music Records, Alessandrini rappresenta in musica tematiche quanto mai attuali dello stato di natura dell’uomo, rispetto allo stato di cultura. Qui nel ruolo di Ulisse, al sax alto e flauti, Alessandrini ha riunito attorno a sé una formazione eterogena, composta da dodici musicisti, con Laura Giavon alla voce nel ruolo di Circe, Federico Pascucci, sax tenore, clarinetto turco e caval, nel ruolo del vitello; Antonello Sorrentino, tromba e flicorno, nel ruolo del cavallo; Mariasole de Pascali, flauto traverso, ottavino, nel ruolo della serpe; Federico D’Angelo, sax baritono, clarinetto basso, tuba, nel ruolo del leone; Giacomo Ancillotto, chitarre, nel ruolo della cerva; Marcella Carboni, arpa, nel ruolo della lepre; Nazareno Caputo, vibrafono, marimba, nel ruolo dell’ostrica; Simone Pappalardo, elettronica e strumenti autocostruiti, nel ruolo del cane; Riccardo Gola, contrabbasso, basso elettrico, nel ruolo della talpa; Riccardo Gambatesa, batteria, percussioni, nel ruolo del capro. L’ispirazione per il terzo capitolo di Storytellers gli viene dalla “Circe” di Giovan Battista Gelli, un libro poco noto, composto da dieci dialoghi di contenuto morale, pubblicato per la prima volta nel 1549 a Firenze. Nel testo, l’autore riprende il celebre episodio dell’Odissea e immagina che Ulisse ottenga da Circe la facoltà̀ di conversare con i suoi greci trasformati in animali, i quali inaspettatamente si pronunciano a favore della propria condizione ferina e oppongono un netto rifiuto all’offerta di recuperare le fattezze umane, sostenendo la superiorità̀ etica degli animali rispetto alle debolezze, ai vizi e alle miserie che caratterizzano l’esistenza degli uomini. Nasce, quindi, l’idea di un’operetta nella sua forma, ma con il suono del jazz contemporaneo e allo stesso tempo un andamento ciclico e tribale, che veste e denuda l’approccio colto occidentale. Nell’opera, ogni musicista rappresenta un animale che si racconta in maniera astratta, con le incursioni di Circe, il cui ruolo è assunto dal canto, come unico veicolo narrativo. L’ensemble muta di brano in brano, passando da momenti densi come l’overture, a sezioni minimali, parti di improvvisazione radicale contrapposte a sezioni di scrittura verticale fitta e rigorosa. L’intento è di dare più dimensioni alla sceneggiatura musicale, rappresentando gli stati d’animo dei vari animali, mentre raccontano i vari malesseri del genere umano. Simone Alessandrini rilegge un’opera concepita come un oracolo, che spiega in maniera surreale quello che può accadere agli uomini se dimenticano di alimentare la fiamma accesa dell’anima. Una metamorfosi che può essere vista sia come punizione, che come dono. Un dialogo in musica per comprendere il rapporto dell’uomo con la propria natura bestiale, e tramutare il conflitto in sublima unione ultraterrena.
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GREG BURK - SUN UP

“Sun Up”, il nuovo disco del pianista e compositore Greg Burk, è la seconda uscita del suo quintetto romano. Nato nel Michigan e cresciuto musicalmente dalla scena jazz di Detroit, la musica di Burk è ben documentata nelle sue 22 registrazioni come leader, in numerosi formati tra cui solo, duo, trio, quartetto e ottetto. Il quintetto di Burk, tuttavia, segna un nuovo capitolo nella sua offerta artistica. Concentrandosi sulle composizioni più melodiche di Burk e sull'interazione rigenerante ed energica degli straordinari musicisti del gruppo, “Sun Up” è  ad oggi l'album piu immediato del pianista  statunitense. Il quintetto di Burk è composto da alcune delle voci più originali e profonde della scena musicale italiana:
Greg Burk Quintet: Daniele Tittarelli: soprano and alto saxophone; Andrea Molinari: electric and acoustic guitar; Greg Burk: piano and compositions; Jacopo Ferrazza: acoustic bass; Reinaldo Santiago: acoustic and electronic drums.
“Sun Up” è un ulteriore passo nell'evoluzione del sound del gruppo dopo il debutto “Simple Joys”, pubblicato anch'esso da Tonos Records nel 2021. “Sun Up” mette in luce la peculiare visione compositiva di Burk, unendo il suo profondo legame con la tradizione jazzistica con brani come “B Blues”, “Peace Everlasting” e “We'll Be Together Again in Time” a canzoni impregnate delle atmosfere del suo Michigan natale come “Peace for Vanessa” e “Sun Up”. Burk vive in Italia dal 2004 e questo ha influenzato la sua visione compositiva, come si può sentire in “Petals On the Water”.
Greg Burk, pianista e compositore di Lansing Michigan, USA, tra i più raffinati della scena jazz contemporanea, proviene da una famiglia di musicisti classici: il padre era un direttore d’orchestra e la madre, di origine italiana, una cantante lirica. Dopo i suoi primi esordi da giovane pianista su la fertile scena musicale di Detroit, Burk ha proseguito con i suoi studi jazzistici all’Universita del Massachussets ed al New England Conservatory, con maestri illustri (Paul Bley, George Russell, Archie Shepp, Yusef Lateef, Danilo Perez) elaborando un suo linguaggio originale nel quale si colgono echi della sua formazione classica. Nel 2002 comincia la sua produzione discografica in qualità di compositore e leader di varie formazioni, con prestigiosi etichette discografiche come Soul Note. (Italia), 482Music (USA), JazzWerkstatt (Germania) è SteepleChase (Danimarca). Nel 2019 Burk fonda la Tonos Records. Ad oggi, Burk vanta 23 dischi pubblicate al proprio nome. Celebrato dal pubblico e dalla critica per il suo stile originale, profondamente radicato nella tradizione del jazz ma caratterizzato da composizioni innovative e audaci improvvisazioni, Burk continua ad affascinare il pubblico con le sue esibizioni in trio, quintetto e pianoforte solo dopo 20 anni su la scena internazionale. www.gregburk.com
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ALESSANDRO LANZONI TRIO feat. FRANCESCO CAFISO
Reverse Motion

Un incontro tra quattro dei maggiori talenti che il jazz italiano ha espresso negli ultimi 15 anni. Questo è Reverse Motion, il nuovo album di Alessandro Lanzoni, in uscita il 26 luglio per Jam/Unjam (distribuzione Universal). L’album sarà preceduto dal brano Mad Bog a firma del pianista il 19 luglio.. 
 Il disco è registrato con il trio composto da Matteo Bortone al contrabbasso ed Enrico Morello alla batteria, formazione che accompagna Lanzoni da 12 anni dopo che i tre si erano conosciuti a Siena Jazz durante l’esperienza dell’International jazz master, con un ospite speciale come Francesco Cafiso al sax alto. L’intesa cementata dal trio di Lanzoni in questi anni è così profonda che i 9 brani inediti, composti principalmente dal pianista toscano ma con contributi da parte degli altri musicisti, pur con stili compositivi estremamente differenti convergono in una medesima direzione con una coerenza e ad un amalgama di suono sorprendenti. La collaborazione con Cafiso è più recente anche se i due musicisti si conoscono e stimano da molti anni. Il pianista ed il sassofonista condividono anche un percorso parallelo molto simile, entrambi hanno iniziato a suonare giovanissimi e negli anni hanno mantenuto le promesse mostrate fin dall’inizio. Dopo il primo incontro al premio Massimo Urbani le loro strade si sono incrociate saltuariamente e senza continuità fino a che poco più di un anno fa Lanzoni ha deciso di chiamare Cafiso per una serie di concerti. Dopo due tour di successo i 4 hanno deciso di entrare in sala di incisione per registrare Reverse Motion. La forte intesa tra i quattro e la naturalezza con la quale affrontano ogni brano è esemplificata in uno dei possibili significati del titolo dell’album: far risultare immediata e naturale una musica estremamente complessa ed articolata, come i brani di Reverse Motion. 
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EMANUELE PRIMAVERA - AROUND THE FIERY FUTURE

Batterista e compositore siciliano, Emanuele Primavera pubblicherà il nuovo album Around the Fiery Future il 12 luglio per l’etichetta Jam/UnJam (distribuzione Universal). 8 nuove composizioni a firma del leader registrate col consolidato quintetto composto da Alessandro Presti alla tromba, Nicola Caminiti al sax alto, Alessandro Lanzoni al piano e fender e Carmelo Venuto al contrabbasso. È lo stesso quintetto che aveva registrato il precedente Above the Below, 5 musicisti legati da solida amicizia, e sul quale il batterista siciliano ha deciso di puntare per dare continuità e sviluppare il suo discorso musicale, che in questo album, potendo contare sulla collaborazione ormai pluriennale, si fa ancora più nitido e completamente a fuoco. I brani raccontano una visione a tratti amara e cupa sul presente del mondo, alla quale fa da contraltare una musica per la maggior parte contemplativa e avvolgente segnata da un profondo lirismo, come un balsamo e una speranza per affrontare una realtà che si trasforma in maniera imprevedibile e che può lasciare sgomenti.
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JESPER LINDELL - BEFORE THE SUN

Before the Sun è il nuovo album di Jesper Lindell, astronascente del rock svedese. Il sound è potente e anni settanta, grazie anche all’uso di amplificatori e strumenti dell’epoca e Jesper è ancora una volta affiancato dagli amici di sempre. Alla batteria c’è Simon Wilhelmsson, al basso suo fratello Anton Lindell; Jimmy Reimers suona la chitarra elettrica e il violino e poi ci sono ben due tastieristi: Carlos Lindvall, pianoforte, e Rasmus Fors che suona una vecchia Crumar con tanto di Leslie, che forgia il sound della band evocando suggestioni soul che portano a The Band e Rolling Stones. La ciliegina sulla torta è la sezione fiati diretta dallo stesso Rasmus e composta da Christer Falk (sax), Mimmi Anterot (tromba) e Markus Ahlberg (trombone). Jesper Lindell e i “suoi ragazzi” arrivano tutti da Ludvika, città svedese operaia a nord-ovest di Stoccolma. All’età di 13 anni, Jesper era il giocatore di calcio più talentuoso della sua città, ma in seguito a un brutto infortunio di gioco fu costretto a trascorrere un lungo periodo sulla sedia a rotelle. Anton, suo fratello maggiore, per consolarlo gli insegnò qualche accordo sulla chitarra aprendogli la porta su quello che sarebbe stato il suo futuro. Jesper fonda le sue prime band e poi arriva la svolta con l’incontro con il produttore Benkt Söderberg, padre dell'acclamato duo di sorelle indie folk svedesi First Aid Kit e viene alla luce il suo primo album, Little Less Blue, con il contributo delle stesse sorelle Söderberg, Klara e Johanna. Il suono soul-rock retrò del disco ottiene un grande riscontro presso il pubblico svedese.  Nel 2019 pubblica Everyday Dream, nato dalla collaborazione con il bassista dei Blues Pills, Zack Anderson, con un’impostazione musicale che mescola rock /blues e soul in stile Van Morrison. 
Con una nuova casa discografica americana alle spalle, il disco viene distribuito a livello internazionale, ottenendo recensioni entusiastiche. Il singolo Whatever Happens consegue un grande successo di vendita e critiche tanto in Svezia quanto negli Stati Uniti, dove viene inserito anche nella serie TV americana The Council Of Dad. Jesper prosegue la collaborazione con la famiglia Soderberg e le First Aid Kit, partecipando all'acclamato tributo a Leonard Cohen, presso il prestigioso teatro Dramaten di Stoccolma che diventa un disco di culto. Jesper Lindell è in corsa verso il successo ed è pronto a girare il mondo con la sua band quando arriva la pandemia ma soprattutto una grave congenita disfunzione renale che lo costringe in dialisi tre giorni alla settimana in attesa di un trapianto. Jesper torna nella sua città, Ludvika, apre un proprio studio di registrazione, ritrova i vecchi amici e l’immagine di quel ragazzo timido amante del calcio, ancora una volta seduto su una sedia a rotelle nella stessa stanza, con una chitarra in grembo.  Il trapianto del rene donato dal padre stesso di Jesper fa finalmente superare i momenti bui che si trasformano in un disco meraviglioso, Twilights, distribuito a livello mondiale da Red Eye. Lo scorso luglio Jesper è in tour in Italia e partecipa a una serata dedicata a Fabrizio De Andrè, Bob Dylan e Leonard Cohen collaborando con Dori Ghezzi e Scarlet Rivera. Nel gennaio del 2024 Jesper Lindell è in tour in Scandinavia con la leggendaria violinista di Dylan e della Rolling Thunder Review per presentare l’ep Windows Vol. 1, un album dal sapore elettro acustico, antipasto dell’attesissimo Before The Sun che uscirà il prossimo 1 marzo.
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Il musicista tarantino, noto per la militanza nei Leitmotiv e la collaborazione con Amerigo Verardi, debutta da solista con Nos Records. Otto canzoni d'autore tra Serge Gainsbourg, gli anni '60 e '70 e il pop italiano
Amore senza fretta: le storie di Iucca!

AMORE SENZA FRETTA
IUCCA
NOS Records | Believe Music
(8 tracce | 26.54 min.)

«Racconto storie d’amore universale. Sono stato sempre affascinato da quelle figure un po’ fuori dagli schemi. Uomini emarginati, cortigiane che amano senza fretta, che hanno paura e voglia di cambiare. Gente che scappa dalla o verso la propria terra, lasciando un amore o magari cercandolo. Una Terra che non è contenta, che si ribella. Una Terra che abbraccia il mare, che ama e odia un essere umano che non la rispetta più. C’è la natura, il mare, la luna, i luoghi del cuore». Sono storie d'amore universale, storie senza fretta, quelle narrate da Iucca in Amore senza fretta, il suo disco d'esordio da solista. Il pubblico conosce bene il musicista tarantino – al secolo Dino Semeraro – per la sua lunga militanza negli storici Leitmotiv, e con il nome Iucca è tornato in studio, stavolta per il suo primo Lp in proprio. Dopo la pubblicazione di tre singoli apripista, NOS Records presenta Amore senza fretta, otto brani freschi, frizzanti, ideale colonna sonora per un'estate d'ascolto con canzoni pop/rock d'autore raffinate e sincere, filtrate da moderni arrangiamenti elettro-pop e suggestive melodie di genuina ispirazione anni 60/70, cantate con tono caldo e confidenziale. «Crescendo, se la banda non riesce ad essere l’unica fonte di sostentamento, è difficile tenerla in piedi a pieno regime e conciliare gli impegni di tutti. Così abbiamo deciso di prendere una pausa con i Leitmotiv. Ma non sono riuscito a fermarmi, è amore! Pur facendo un altro lavoro, da solo puoi gestire meglio il tempo, fare le cose senza fretta. Così, insieme a Simone Prudenzano abbiamo dato vita a Iucca e Amore senza fretta». Come per i primi tre singoli, anche per il suo LP Iucca si è avvalso della produzione artistica di Simone Prudenzano (Lola and the lovers, A morte l’amore), che insieme a lui ha suonato un pop d’autore che strizza l’occhio a Serge Gainsbourg, tutto filtrato da moderni arrangiamenti, lontani dai cliché. Gli otto brani scorrono tra batterie sature, riff esotici di chitarre e vecchie tastiere analogiche, con un sound fresco e attuale. "Amore" e "Fretta" sono le parole chiave nella stesura del lavoro. Apprezzare la noia che alimenta il desiderio, sentire il bisogno di rallentare il ritmo e riprendere a sognare. Con gli occhi puntati sui luoghi d'infanzia, luoghi del cuore. Le battaglie nello stomaco per i primi amori e la paura di cambiare. Una certa empatia per uomini emarginati e personaggi universali; il mare, la campagna e lo sguardo perso sulla Luna. Su Spotify e su tutte le piattaforme digitali dal 7 giugno, distribuito da Believe Music. Dino Semeraro vanta un curriculum ultraventennale, tutto all’interno della scena alternative-rock italiana: già alla fine degli anni Novanta è tra i fondatori dei Leitmotiv, band di culto nel tarantino, con cui ha registrato 2 Ep e 4 LP e suonato in centinaia di concerti in Italia e all’estero, partecipando alla Biennale dei Giovani Artisti del Mediterraneo a Skopje, Macedonia. Ha tenuto numerosi concerti dal vivo e collaborazioni in studio con il cantautore Amerigo Verardi, padre nobile dell’underground musicale italiano e neo-Direttore Artistico di NOS Records. Semeraro ha anche suonato e inciso un LP con la band Elius Inferno and Magic Octagram, esibendosi allo Sziget Festival di Budapest. Realizzatore di colonne sonore per il cinema e per il teatro, è stato co-fondatore dell’agenzia Pelagonia, curando la direzione artistica di numerosi live-club pugliesi.

Parole e Musica: Dino Semeraro
Produzione artistica: Simone Prudenzano
Suonato, arrangiato e registrato da Simone Pudenzano e IUCCA al “Chidro Studio” di Manduria (TA)
Cori in “Cuore Vivo”, “Librari”, “Cinematografo 2000”: Moinè; Voce special in “Due corpi”: Larò;
Gtr slide in “Occhiali da sole”: Natty Lomartire.

Iucca:
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Teho Teardo e Blixa Bargeld
doppio album dal vivo Live in Berlin
in uscita venerdì 8 dicembre su doppio vinile, doppio cd e digitale
nel 2024 nuovo album di inediti + tour europeo
 
Esce venerdì 8 dicembre su doppio Cd e doppio Vinile “Live in Berlin”, il nuovo album di Teho Teardo e Blixa Bargeld, registrato dal vivo al Sonic Morgue di Berlino il 6 dicembre 2022. L’album, che contiene la scaletta completa del concerto, è la sintesi della loro produzione discografica che comprende “Still Smiling” (2013) e “Nerissimo” (2016). Annunciata invece per l’autunno del 2024 l’uscita del terzo album di inediti, a cui seguirà un tour europeo. Il concerto Sonic Morgue, aperto da Nerissimo, fa parte di una serie di date europee culminate nella serata berlinese. Una sorta di ritorno a casa per il duo che ha fatto dell’asse Roma/Berlino una membrana continuamente attraversata da suoni e parole in italiano, tedesco e inglese. Continua ad emozionare l’accoglienza riservata in ogni parte del mondo a canzoni come Mi Scusi, nonostante sia cantata in italiano. A Quiet Life, originariamente scritta per il film “Una vita tranquilla”, ha scisso una parte del legame che aveva con il film perché ormai molti la associano con l’episodio finale di Dark, la serie Netflix di grande successo. Da molti anni Teho e Blixa suonano dal vivo con Laura Bisceglia al violoncello e campane, Gabriele Coen al clarinetto basso e, per il concerto di Berlino, il quartetto d’archi Oriel Quartett con Anna Eichholz e Kundri Schafer al violino, Robin Hong, viola, Alice Dixon, violoncello. L’immagine in copertina del disco è una tecnica mista realizzata da Blixa Bargeld e intitolata Aldebaran. Attualmente, Teho Teardo è impegnato in una lunga tournée teatrale con Elio Germano con ben due spettacoli di parole e musica dal vivo: Il Sogno di una cosa, liberamente ispirato all’omonimo romanzo di Pier Paolo Pasolini, e Il Paradiso di Dante, una rappresentazione originale di recitazione, musica e installazioni multimediali del XXXIII canto della Divina Commedia. Inoltre, sue sono le colonne sonore di due film presentati alla Festa del Cinema di Roma: “Palazzina Laf”, di Michele Riondino, uscito il 30 novembre e di “Fela, il mio Dio Vivente” di Daniele Vicari in uscita a febbraio 2024.
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Enrico Rava
il nuovo album Fearless Five
in uscita su CD e digitale venerdì 5 luglio per la Parco della Musica Records
 
Esce venerdì 5 giugno “Fearless Five” il nuovo album di Enrico Rava, pubblicato dalla Parco della Musica Records su cd e digitale. In questo nuovo progetto, Rava è alla guida di un quintetto “senza paura” composto da una nuova generazione di musicisti, che mette insieme energie giovani e creative, insieme all’enorme esperienza del band leader. Registrato a febbraio 2024 negli studi della Casa del Jazz di Roma, Fearless Five sarà presentato in concerto il 9 luglio alla Casa del Jazz di Roma, il 14 luglio a Pisa Jazz Rebirth, il 19 luglio a Perugia per Umbria Jazz, il 1 agosto a Sogliano (LE) per il Locomotive Jazz Festival e il 7 settembre all’Open Jazz di Ivrea. Ancora una volta, Rava è riuscito a dare vita a una formazione fresca ed eccitante. Fearless Five schiera, infatti, una serie di giovani musicisti di grande spessore: Matteo Paggi al trombone (l’ultima sorprendente scoperta di Rava, scovato ai seminari di Siena Jazz), la spinta propulsiva del contrabbasso di Francesco Ponticelli, la straordinaria batterista e cantante Evita Polidoro e la conferma dell’indispensabile chitarrista Francesco Diodati, già al fianco di Rava da una decina di anni e vero e proprio baricentro di questo quintetto di jazzisti impavidi e “senza paura”. Con questo gruppo - racconta Rava - mi sento come su un’isola ideale, dove ognuno dà e ognuno ricevere quello di cui ha bisogno. C’è grandissima libertà ma rispetto reciproco, ognuno è in ascolto dell’altro, come in una democrazia perfetta che solo il jazz può rappresentare. I musicisti hanno tutti questa grande capacità, quasi telepatica, di ascoltare e interagire agli input. Ma ci vuole anche coraggio per stare su quest’isola. Circondata a volte da un mare minaccioso, a volte meno, visti i tempi così difficili che stiamo vivendo, rimane pur sempre la mia isola ideale dove amo vivere e suonare”.
Enrico Rava è sicuramente il jazzista italiano più conosciuto ed apprezzato a livello internazionale. Da sempre impegnato nelle esperienze più diverse, creative e stimolanti, è apparso sulla scena a metà degli anni ’60, imponendosi rapidamente come uno dei più convincenti solisti del jazz europeo. Fondamentali nella sua affermazione anche le sue esperienze in America, dove ha vissuto per diversi anni (partecipando a molti importanti gruppi ed esperienze discografiche al fianco di Gato Barbieri, Steve Lacy, Carla Bley, Cecil Taylor, Archie Shepp, Lee Konitz, Pat Metheny, John Scofield, Michel Petrucciani e moltissimi altri) per poi girare il mondo. La sua schiettezza umana ed artistica lo pone al di fuori di ogni schema e ne fa un musicista rigoroso ma incurante delle convenzioni.
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Lo splendore della musica italiana: esce con Warner Music il nuovo album di Stefano Di Battista “La dolce vita” 
Tre anni dopo il suo primo album per Warner Music “Morricone Stories”, esce venerdì 3 maggio il nuovo e brillante disco di Stefano Di Battista “La dolce vita”, dedicato allo splendore della grande musica italiana, con reinterpretazioni di celebri e meravigliosi brani di Paolo Conte, Lucio Dalla, Nino Rota, Domenico Modugno, Nicola Piovani, Armando Trovajoli, Piero Umiliani, Ennio Morricone, Renato Carosone, Bobby Solo, Lucio Quarantotto.

Venerdì 3 maggio 2024 esce con Warner Music il nuovo album di Stefano Di Battista, uno dei sassofonisti di punta della scena nazionale ed europea, con collaborazioni prestigiose tra le quali brillano i nomi di Michel Petrucciani, Elvin Jones, Jacky Terrasson, Jimmy Cobb, Richard Bona, Fabrizio Bosso, Flavio Boltro, Rita Marcotulli e, in ambito pop, Claudio Baglioni, Renato Zero, Adriano Celentano, Jovanotti e Tiromancino. Disponibile in vinile, cd e digitale (streaming e store), La Dolce Vita arriva tre anni dopo la dedica al Maestro Ennio Morricone con il disco Morricone Stories: con il nuovo lavoro discografico, Di Battista torna a omaggiare la musica italiana più bella, reinterpretando meravigliosi brani di grandi artisti come Paolo Conte, Lucio Dalla, Nino Rota, Domenico Modugno, Nicola Piovani, Armando Trovajoli, Piero Umiliani, Ennio Morricone, Renato Carosone, Bobby Solo, Lucio Quarantotto. La dolce vita non è solo il titolo del film di Fellini che dà nome al nuovo disco, ma la porta di ingresso a un intero mondo. Un mondo fatto di fantasie cinematografiche ma anche di vita, passioni, eleganza, desiderio, bellezza e sogni che hanno preso vita in un periodo particolare della storia italiana e che si sono riverberate per i decenni seguenti arrivando fino a noi. Stefano Di Battista ha voluto farsi illuminare da quel riverbero, e ha deciso che era giunto il momento di realizzare un nuovo disco che mettesse insieme lo splendore della grande musica italiana di un tempo e la necessità di mantenerla viva, brillante, eterna: “Ho voluto esplorare una parte del grande e bellissimo repertorio italiano dagli anni della “dolce vita” in poi e portarlo all’attenzione del pubblico internazionale di oggi. Sono musiche che rappresentano al meglio la cultura italiana, le capacità dei nostri grandi compositori, non solo in quella che senza dubbio è stata “l’età dell’oro” del nostro Paese ma anche nell’eredità di quegli anni che ancora ci portiamo dentro”. Così, accanto alla splendida composizione di Nino Rota che offre il titolo all’album e immediatamente ci proietta in un mondo fantastico e senza confini, troviamo Paolo Conte con la sua Via con me, Nicola Piovani con la leggendaria La vita è bella, canzoni pop come la sorprendente Una lacrima sul viso portata al successo da Bobby Solo ma scritta da Iller Pataccini con testo di Mogol, e l’eco dell’opera nella ormai classica Caruso di Lucio Dalla. Il tutto, tenuto insieme da un sentimento unico e forte, dal suono perfetto di una band meravigliosa formata da Matteo Cutello alla tromba, Fred Nardin al piano, Andrea Sorrentino al contrabbasso e André Ceccarelli alla batteria, ma e soprattutto dalla capacità di Stefano Di Battista di trasformare ogni brano in qualcos’altro, accompagnando chi ascolta in un magico altrove che in questo caso è del tutto italiano.
“Lavorando a questi brani mi sono trovato in un mondo bellissimo”, dice ancora Di Battista, “e ho pensato che il modo migliore per affrontarli era quello di lasciarsi guidare dalle melodie, di entrare nelle matrici melodiche e trovarne il cuore per improvvisare. Non brani con degli assolo, ma tutt’uno: esposizione e improvvisazione legati insieme”. Alcune delle scelte di Di Battista possono apparire singolari, come Con te partirò scritta da Francesco Sartori e Lucio Quarantotto, portata sul palcoscenico mondiale da Andrea Bocelli, che nelle sue mani diventa una sorta di magico portale tra passato e presente; o come la “consumatissima” Volare (Nel blu dipinto di blu) di Domenico Modugno e Franco Migliacci, che Di Battista porta fuori dell’ovvio e fa rinascere cogliendo in pieno lo spirito ‘surrealista’ della canzone.
“Proporre brani come questi magari è una scommessa”, dice il sassofonista, “ma io ho sempre amato farle. Alla fine, mi sono reso conto che proprio questi, forse, erano i brani più interessanti dell’album”. Ma non basta: definire “eclettico” il percorso di Di Battista all’interno dei meccanismi melodici del grande repertorio italiano è insufficiente a spiegarne la ricchezza. Da bravo bandleader il musicista guida i suoi compagni in territori molto diversi tra loro, e in sentimenti altrettanto distanti: dalla brillante ironia di Tu vuò fa l’americano di Renato Carosone (https://www.youtube.com/watch?v=3Sif0lacQt8), dove le matrici americane e napoletane si perdono nell’improvvisazione senza confini della band, alla malinconia sottile di Sentirsi solo firmata da Piero Umiliani per il film Audace colpo dei soliti ignoti: “Un brano che io non conoscevo”, sottolinea il sassofonista, “tratto dalla colonna sonora di un film interpretato da Chet Baker. Ha un clima incredibile, non ha una melodia lunga da canzone: è “sparsa”, ha un’atmosfera che ti porta in quel mondo “blue” che è proprio dell’universo di Baker, vicino a quel suo demone che ha l’affascinante sapore del mistero”. Ma l’elenco dei capolavori contenuti nell’album è ancora incompleto: c’è la magia di Roma nun fa la stupida stasera dell’inarrivabile Armando Trovajoli e della coppia Garinei e Giovannini, c’è il fascino inaudito della memoria con l’Amarcord felliniano trasformato in musica da Nino Rota, c’è l’arte sopraffina dell’Ennio Morricone de La Califfa, in un equilibrio sottile tra passato - le composizioni - e presente - le interpretazioni di Di Battista e della sua band. “Il confronto con il passato ci ha fatto sentire molto piccoli”, conclude Di Battista, “c’è un livello di arte in quelle musiche che oggi sembra difficile da raggiungere. Ma è proprio nel riproporre queste musiche, nel farle vivere nell’oggi, che troviamo soddisfazione. Quindi voglio godermele: quando suono più mi diverto e più sono felice, e queste musiche mi danno la possibilità di navigarci dentro, mi lasciano spazio per improvvisare, di inventare, di essere legato alle mie radici, alla mia cultura italiana, ma di guardare anche oltre, perché non erano provinciali, non avevano confini anche quando sono state scritte, con le loro melodie, con i loro cromatismi affascinanti, con la loro gioia”.
Stefano Di Battista - Nato a Roma, Stefano Di Battista si è avvicinato al jazz attraverso i dischi di Art Pepper e Cannonball Adderly. Incoraggiato a trasferirsi a Parigi dal pianista Jean-Pierre Como, che lo ascoltò dal vivo nell’estate del 1992 al Calvi Jazz Festival, si ambientò rapidamente nella capitale francese. Tra i suoi lavori più acclamati ci sono Round About Roma per la Blue Note, con un’orchestra sinfonica diretta dal Maestro Vince Mendoza, “un lavoro squisito di musica che coinvolge la mente così come il cuore” (All About Jazz). Di Battista ha realizzato altri due album per la Blue Note Records: un omaggio a Charlie Parker intitolato Parker’s Mood e il virtuosistico Troubleshootin. Di Battista è un maestro del suono e della melodia, virtuoso nelle sue improvvisazioni e appassionato nel suo approccio alla canzone. Tre anni dopo il suo primo album per la Warner Music, Morricone Stories, torna ora con La Dolce Vita. 
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Esce il nuovo album di Fabio Zeppetella in quartetto con Dado Moroni, Ares Tavolazzi e Fabrizio Sferra: “Jazz Masters”
Giovedì 30 novembre esce il nuovo disco del grande chitarrista e compositore, prodotto da Jando Music – Via Veneto Jazz. Presentazione live la stessa sera alla Casa del Jazz di Roma.

Esce giovedì 30 novembre Jazz Masters, il nuovo album del grande chitarrista e compositore Fabio Zeppetella: un nuovo progetto prodotto da Jando Music – Via Veneto Jazz, che nasce dalla collaborazione con uno dei più importanti pianisti della scena italiana e internazionale: Dado Moroni. Presentato live la sera del 30 novembre stesso alla Casa del Jazz di Roma, Jazz Masters ha una forte connotazione jazz, con brani originali firmati da Zeppetella che mantengono uno sguardo fisso sul lirismo tipico della sua poetica compositiva e si avvalgono di due ulteriori eccellenti strumentisti, nonché storici punti di riferimento del jazz italiano: il contrabbassista Ares Tavolazzi e il batterista Fabrizio Sferra, che più volte hanno collaborato con Zeppetella, sin dal primo album Moving Lines (1995) registrato insieme a Kenny Wheeler. Swing e groove sono i fattori dominanti di questo nuovo progetto, dove l’energia che si sprigiona dalla pulsazione ci riporta ai valori e alla forza del jazz tradizionale, e ai maestri a cui è dedicato il disco: tra loro Miles Davis, John Coltrane, Charlie Parker e Thelonious Monk. 
I biglietti per il concerto del 30 novembre alla Casa del Jazz sono acquistabili al botteghino e in prevendita su Ticketone al link https://bit.ly/tickets_JAZZMASTERS. Tra i migliori chitarristi e compositori italiani, Fabio Zeppetella si è affermato nella scena jazz nazionale ed europea grazie alla sua tecnica ineccepibile e alla sua sensibilità musicale, con cui ha sviluppato un linguaggio e un suono unico e personale, passando dalla tradizione e dalla musica di maestri come Charlie Christian e Wes Montgomery all’evocazione del be-bop e dell’hard-bop degli anni ’60.  Nel suo fraseggio si scoprono gli aspetti dominanti di un linguaggio mai scontato, a volte virtuoso a volte dolce ma sempre essenziale, dimostrando una particolare attenzione al significato delle singole note e delle “linee in movimento” che da esse vengono prodotte. Le sue caratteristiche dominanti sono costituite dalla freschezza e dalla forza insite nel modo originale di interpretare la musica, e da un particolare lirismo nel quale appare evidente la volontà di ricercare un legame tra poesia e musica. Il suo dinamismo e la sua poliedricità si concretizzano nell’adesione a numerosi progetti musicali che vanno dal jazz puro alle contaminazioni con il funk e l’R&B. Numerose le collaborazioni con Kenny Wheeler, Lee Konitz, Tom Harrell, Enrico Rava, Paolo Fresu, Aldo Romano, Joey DeFrancesco, Roberto Gatto, Danilo Rea, Steve Grossman, Javier Girotto, Nicola Stilo, Stefano Bollani, Rosario Giuliani, Fabrizio Bosso, Gegè Telesforo, Stefano Di Battista, Maurizio Giammarco, Gianluca Petrella, Fabrizio Sferra, Ares Tavolazzi, Ramberto Ciammarughi, Heyn Van De Geyn, Emmanuel Bex e molti altri.
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Andrea Grossi Blend 3 + Jim Black - AXES
 
Axes, gli assi, gli strati ma anche le asce, per colpire e tagliare. Lavoro che abbraccia l’energia muscolare del jazz di frontiera così come l’introspezione delicata e onirica. I riferimenti musicali sono l’America di Tim Berne ma anche l’Europa di Marc Ducret - la polifonia e la pulsazione ritmica dell’ambiente urbano. Ma i legami, anche se non propriamente musicali affondano lontano; “Axis: Bold as Love” di Jimi Hendrix e “AlasNoAxis”, album d’esordio di Jim Black. Più Axis, Axes.
Manuel Caliumi, sax contralto, clarinetto basso; Michele Bonifati, chitarra elettrica; Andrea Grossi: contrabbasso, clarinetto in Bb, basso elettrico, lahuta albanese; Jim Black, batteria
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Filippo Ieraci
 Trust the Process
(artesuono 2024)

“Trust the Process” è un invito e un promemoria di avere il coraggio di intraprendere il proprio percorso personale della vita. Tendiamo a cercare riparo e conforto nell’ideale di vita che osserviamo attorno a noi, ed è sempre più difficile sfuggire agli inevitabili inviti a paragonarsi col mondo che ci circonda. Il titolo di questo disco è stato un monito che continuava a tornare in mente durante la realizzazione di questo lavoro in particolar modo nei momenti in cui si trovava a confrontare il suo lavoro a altra musica o altra arte non tanto dal punto di vista tecnico quanto funzionale a ottenere fantomatici traguardi di carriera. La sua ricerca, dal punto di vista musicale, si basa sul cercare un punto di incontro tra la musica jazz che lo ha preso per mano e gli insegnato tutto quello che sa a proposito di composizione, arrangiamento e improvvisazione e la musica rock-pop che Ieraci sente essere quello che risuona in modo più forte. Per questo motivo i brani sono stati scritti e arrangiati cercando un connubio tra riff di chitarra elettrica e beat molto quadrati della batteria e momenti di improvvisazione libera, armonia più raffinata e interplay. Filippo Ieraci (chitarra e composizioni) Simone Serafini (contrabbasso) Jacopo Zanette (batteria). Il disco è stato registrato nello studio artesuono di Stefano Amerio il 7 e 8 giugno 2023 ed è pubblicato da arteuono.
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Michelangelo Scandroglio
GENTLY BROKEN

Il contrabbassista toscano fa il bis con Auand Records, alla ricerca della perfetta sintesi tra composizione e produzione. Appena rientrato da una residenza artistica in Messico e impegnato proprio in questi giorni in un tour in India, il giovane contrabbassista toscano Michelangelo Scandroglio, a pochi anni dal suo primo album come leader e compositore “In the Eyes of the Whale” (Auand Records, 2020), aggiunge un nuovo e cruciale tassello al suo lavoro. «Con questa band e questo album – racconta Scandroglio – ho cercato di coniugare i miei vecchi valori con i miei interessi più recenti, provando a capire come la produzione musicale possa inserirsi nel meccanismo dell’improvvisazione e della composizione. C’è quindi un leggero allontanamento rispetto al precedente disco e all’improvvisazione intesa come momento solistico, come pure uno scostamento dalla melodia vista come centro focale della composizione. Credo che la caratteristica principale di questa nuova incisione sia la ricerca della “sintesi”, sintesi che si rispecchia anche nella durata delle tracce, insolitamente molto breve rispetto ai consueti brani jazz. Ho cercato di ricreare dei “micro-mondi", brevi discorsi autonomi che poi si ricongiungono, apparentemente distanti musicalmente tra loro ma che in realtà procedono verso una comune destinazione». Proprio per queste ragioni la band che accompagna Scandroglio riunisce personalità forti di una esperienza sia nel mondo della musica improvvisata che della produzione musicale. Oltre al leader (basso elettrico, contrabbasso) troviamo Luca Zennaro (chitarra), Rupert Cox (piano, synth) e Luiz Vinoza (batteria, elettronica) oltre a un nutrito gruppo di ospiti tra cui spiccano Francesco Pianconesi (sax tenore), Liselotte Östblom (voce) e Christos Stylianides (tromba). ”Gently Broken”, pubblicato da Auand Records nella serie fluid, sarà disponibile in ANTEPRIMA su Bandcamp già l'8 Gennaio 2024, oltre due mesi prima rispetto all'uscita ufficiale sulle maggiori piattaforme ma è già possibile ascoltare online i primi due singoli Premonition e Extraction e il terzo è in arrivo questa settimana! «Il processo con cui è stato concepito questo album – spiega Scandroglio – è molto affine e simile a ciò che compie uno scultore quando si avvicina a un blocco di marmo. Da esso l’artista estrapola il concetto e la materia, con scalpello e sudore. Similmente, a registrazioni in studio grezze è seguito un processo di lavorazione volto a estrapolare il cuore pulsante della musica. Si tratta dunque di un processo di sottrazione. La scultura, o come in questo caso, la musica, esiste già ed è compito dell’artista estrarla e modificarla durante il processo creativo. Un lungo percorso che include sempre qualche cambio di programma e di rotta. Ho cercato di ricreare, nel mio piccolo, un po’ il processo con cui Pablo Picasso o i Beatles creavano le proprie opere. Non esiste, a mio parere, alla base di una creazione un’idea definitiva “a priori”, l’opera, piuttosto, subisce tutta una serie di trasformazioni a partire da un’idea che è sempre in divenire, che dal suo concepimento l’accompagna fino alla definitiva realizzazione e prosegue, in un processo di continuo cambiamento, attraverso lo sguardo mutevole e il peculiare stato d’animo dell’osservatore, o dell’ascoltatore nel nostro caso».
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RAMBERTO CIAMMARUGHI
Intramontes 
il nuovo album in uscita il 21 giugno 2024
solo in digitale per Saint Louis Music Production

Lungo un intenso viaggio, compositivo e concertistico, partito negli anni ’80, Ramberto Ciammarughi, si è guadagnato a livello internazionale la reputazione come uno dei talenti più originali della sua generazione. La sua musica inaudita si avventura in territori sonori inesplorati, quasi a sfidare l’ascoltatore verso un altrove di cui si intuisce la presenza. Con il suo ultimo lavoro Intramontes continua a spingersi in un percorso oltre i confini della percezione. La montagna, citata nel titolo, rappresenta la metafora delle barriere fisiche e sensoriali da scavalcare. Come lui stesso spiega “Intra montes in latino significa tra i monti, ma anche attraverso i monti e, per esteso, al di là dei monti. Cosa c’è oltre quella consueta ma imponente barriera di pietra che sembra delimitare il nostro orizzonte, ma anche lo sguardo e, a volte, anche il pensiero?  Ma non l’immaginazione e la nostra capacità di creare al di fuori del 'frequentato e del prevedibile'. Nella nostra storia, in quel limite è sempre stato nascosto il senso del non raggiungibile. Eppure, verso quell’ignoto continuano a camminare tutti quelli che non si accontentano del visibile e che considerano la ricerca come parte essenziale di una vita ricca e significativa”. Emblematica in questo senso la collaborazione col genio musicale poliedrico e visionario di Paolo Fresu, altra icona del jazz contemporaneo. Attraverso la fusione di influenze multiformi, dalla tradizione classica al jazz sperimentale, dal folklore mediterraneo alle sonorità contemporanee, i due maestri plasmano un linguaggio musicale universale e senza tempo.  La tromba di Paolo Fresu "regala una dimensione lirica e, al tempo stesso, sperimentale e innalza il progetto a un livello espressivo ancora superiore", chiarisce lo stesso Ciammarughi, che sottolinea anche il ruolo fondamentale degli altri compagni di viaggio, presenti in questo disco: "Intramontes è un’opera che non sarebbe stata realizzabile se non con un insieme di amici-musicisti-collaboratori. Mi riferisco ai gruppi coinvolti nel progetto e che sono stati presenti in tante mie imprese musicali e teatrali, come le percussioni del quartetto Tetraktis e gli strumenti vari dell’Ensemble Novamusica, centrato sul suono delle chitarre e del basso elettrico. E poi ci sono le tante voci che, riunite nel progetto AdCantus, preparato e diretto da Francesco Corrias, cantano frammenti di testo che parlano, appunto, del nostro ignoto, del nostro sognare, del nostro inconosciuto, di quello che tutti, prima o poi, osiamo domandarci... ". Di grande suggestione i testi, composti da brevi estratti da un libro sacro come la Bibbia o dalla Commedia di Dante, da Shakespeare e da Leopardi, fino ad arrivare al Novecento di Celine e Mario Luzi. “Si tratta di frasi provenienti da tempi e culture diverse, ma che esprimono concetti a noi ancora molto vicini. Frammenti manipolati e rimontati, accostati tra di loro con molta libertà e senza una logica storica o temporale. Questa tecnica, lontana da pretese filologiche e cronologiche, mi ha consentito di utilizzare scritti di ogni tipo con valenze, a volte, diverse e di proporre l’esplorazione di significati che si rivelano, con una qualche novità, nel rapporto con la materia musicale”, spiega Ciammarughi. Le parole e la musica, anzi i pensieri della musica espressi in modo magistrale, come una confessione recondita e segreta, nascosta tra le note. Perché questo è un disco di palpiti e di attraversamenti, di un’immaginazione che vuole andare oltre il prevedibile e il consueto. Tredici brani che son un corpo unico con cui celebrare la libertà, un invito a esplorare nuovi orizzonti sonori, a lasciarsi trasportare dalle emozioni.
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MARCELLA CARBONI TRIO plays the Music of Enrico Pieranunzi Special Guest: Gabriele Mirabassi - MIRADAS

Sin dagli anni 70 il Jazz Italiano nel mondo ha avuto un ambasciatore d’eccellenza, Enrico Pieranunzi. Marcella Carboni con la sua arpa elettroacustica vuole omaggiare il jazz italiano contemporaneo rinterpretando le musiche di Enrico Pieranunzi. Per questo speciale progetto Marcella Carboni ha coinvolto uno dei maggiori interpreti della musica di Enrico Pieranunzi, il virtuoso e poetico clarinettista Gabriele Mirabassi. L’album, dal titolo ‘Miradas’ è in uscita il 3 maggio su etichetta Giotto Music. La collaborazione tra Enrico Pieranunzi e l'arpa di Marcella Carboni è iniziata nel 2010, quando il pianista le ha affidato il brano inedito "Remoti Mattini Mediterranei" per il disco “Trame”, che si è rivelato perfettamente adatto alle sonorità dell'arpa. Da allora, è nata un'amicizia artistica caratterizzata da consigli e incoraggiamenti, culminata nell'idea di registrare un album che omaggia la sua musica. Per questo progetto Carboni ha quindi effettuato una difficile scelta tra le numerose composizioni del pianista romano, molte delle quali sono diventate veri e propri standard suonati e registrati da musicisti di tutto il mondo e sono state pubblicate nei prestigiosi “New Real Book” statunitensi. Carboni ha scelto di chiudere l’album con una citazione poetica del brano Silence, a firma di Charlie Haden, che dà il titolo ad un celebrato album del contrabbassista statunitense con Chet Baker e lo stesso Pieranunzi. 
Marcella Carboni trio: un trio jazz atipico, che vede un’arpa al posto del pianoforte o della chitarra. Marcella Carboni con la sua arpa elettroacustica chiama al suo fianco due colonne del jazz italiano, Paolino Dalla Porta al contrabbasso e Stefano Bagnoli alla batteria. Un trio che mette l’arpa in condizione di andare oltre gli stereotipi legati al suo strumento. La caratteristica primaria del trio è un continuo scambio di ruoli, arpa, contrabbasso e batteria si fondono ora in un solo suono, ora in tre dialoganti solisti, ora in un perfetto interplay per sottolineare melodie o graffianti groove.  “Questa non è sicuramente l’arpa angelica, magica e rilassante, che ritroviamo nell’immaginario collettivo.” Dichiara la musicsta, “E allora questa non è un’arpa: è la mia voce, il mio suono. È uno strumento che sa graffiare, sa avere ritmo, groove. È straniante ma a volte anche morbida e dal suono rotondo.”
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SIMONA SEVERINI DANIELE RICHIEDEI GIULIO CORINI feat. PEO ALFONSI E FULVIO SIGURTÀ - FEDRA
data di uscita 23 febbraio

Fedra nasce da un’idea di Simona Severini (voce e chitarra), Daniele Richiedei (violino e viola) e Giulio Corini (contrabbasso). La passione per la musica antica e la canzone contemporanea li fa incontrare e li porta a fare una ricerca attraverso le radici della loro cultura italiana ed europea. E’ un gruppo con un approccio alla musica creativo e libero da etichette, che esplora la soglia tra jazz, musica antica e canzone d’autore, con un repertorio che abbraccia 600 anni di storia della musica. Rileggono arie e madrigali di Monteverdi, Purcell, Orlando Di Lasso con un approccio attuale che passa attraverso il jazz e l’improvvisazione. Il dialogo tra passato e presente si articola in una scaletta composta da brani rinascimentali e canzoni contemporanee. E così Place to be di Nick Drake si lega ad Henry Purcell e la sua aria da Didone ed Enea.Europa di Daniele Richiedei si lega ai madrigali di Orlando di Lasso, “Lei è l’amore” di Simona Severini a “L’Orfeo” di Monteverdi. Seguendo un filo rosso che parte dalle arie per voce e basso continuo e arriva fino alla canzone contemporanea. Il gruppo è arricchito dalla presenza di Peo Alfonsi e Fulvio Sigurtà che ne completano il suono come idea di una sintesi tra quintetto jazz e musica da camera. Fedrà verrà presentato il 25 febbraio con un concerto nella Cappella Paolina al Quirinale e trasmesso in diretta su Radio 3 Rai.
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L’île noire
L’arcipelago umano in musica dei Fil Rouge Quintet
(Alfamusic, distrib. Egea)

Esce per AlfaMusic (distrib. Egea) L'île noire, secondo album a firma Fil Rouge Quintet, il progetto di Manuela Iori, pianista e compositrice, e Maria Teresa Leonetti, autrice e cantante, che condividono il palco e il viaggio musicale con Charles Ferris, tromba flicorno ed effetti, Michele Staino, contrabbasso, e Ettore Bonafé, batteria e percussioni (djembé, tabla, kalimba, congas, anklung). Sette brani di cui sei composti e arrangiati da Manuela Iori su testi scritti da Maria Teresa Leonetti sia in italiano che in francese, cantati e recitati. Infine una cover densa di significati: Alexander Platz di Franco Battiato. Special Guests due mitici protagonisti del panorama italiano e soprattutto internazionale: il raffinato Javier Girotto con il suo sax tenore in Tango romanesco e Badara Seck, griot e interprete dalle mille sfumature, con grandi collaborazioni in ambito musicale e cinematografico, in Les villes cachées, racconto struggente della drammatica esperienza del viaggio in mare dei migranti. Un lavoro ricco, di una ricerca musicale profonda e sofisticata, mai scontata, anche a livello strutturale, giocata in un delicato dialogo tra sezioni strumentali scritte e momenti di improvvisazione. Centrale l’attenzione sul ritmo: l'amore per i tempi dispari (dove le tabla la fanno da padrone), stacchi ritmici e cambi di tempo repentini che creano un sound sempre inaspettato. La ricerca armonica si è lasciata ispirare dalle musiche dal mondo: dal jazz etiope di Mulatu Astatke, dal trio onirico di Avishai Cohen (non a caso il contrabbasso è spesso grande protagonista nei vari brani), dalla musica africana ma anche dai grandi della musica classica come Mussorgsky. L'île noire è un album introspettivo ed evocativo. Nasce dall'idea che ogni persona è un arcipelago, composito e dalle mille sfaccettature come la vita, come le esperienze umane, e la loro ‘isola nera’ ne rappresenta le tante parti. Come ci spiegano direttamente le autrici: “L'idea era di rappresentare questa isola nera come simbolo di salvezza per chi è alla deriva nel mare della vita. Ma l'isola è anche una delle tante sfaccettature dell'essere umano, tenendo presente che ogni persona è un arcipelago, cioè un insieme di isole. Il messaggio che tenevamo a trasmettere con l'immagine dell'isola, anche attraverso il progetto grafico, è questo: nel nostro mondo così pieno di futilità e brutture è fondamentale riconoscere ciò che c'è da salvare e che vale la pena proteggere, ovvero gli affetti, le tante parti buone di noi, la nostra essenza più intima e, in definitiva, la vita stessa.”

Le illustrazioni dell’album
Lavoro artistico nel lavoro artistico, la copertina dell’album è firmata da Zodanzo, illustratore francese che è partito proprio dal concetto dell’arcipelago e delle isole che lo compongono. “Condivido l’idea che ogni persona è un arcipelago e le isole che lo compongono sono un tesoro: i nostri valori possono contribuire a salvare il mondo, a mitigare le sue disgrazie e i suoi orrori.” Altro importante aspetto è quello dei due temi ricorrenti all’interno dell’album: la Vita e la Morte.  “Sono partito abbastanza rapidamente con l'idea di personificare un'isola; accanto a essa ci sono delle scogliere che sono sì pericolose per la navigazione ma che al contempo rappresentano rifugio e fonte di vita per molti uccelli, animali e vegetazione. Volevo un'illustrazione poetica, come le canzoni dei Fil Rouge: questa donna-isola, meditativa, abbraccia una barca come si fa con un bambino, o con un oggetto appartenuto a una persona cara, ormai scomparsa. Nel libretto, questa barca ci conduce di canzone in canzone." Zodanzo. Diplomato alla Scuola Nazionale Superiore d'Arte di Nancy (Francia) e in seguito specializzato presso la Scuola Superiore d'Arte di Strasburgo, realizza illustrazioni in cui la ricerca del senso conta tanto quanto l'estetica. Nel lavoro su carta stampata o nella creazione di locandine, trasforma le sue idee e i suoi valori in immagini di critica sociale, interrogando la natura umana ed evocando la sensibilità e la poesia della vita. Grande amante della musica e attento alle questioni sociali, è anche impegnato in ambito associativo per la promozione di musicisti emergenti e nell'azione sociale.

Track by track
L’île noire, il primo brano che dà il titolo al disco, parla dell'esperienza personale della solitudine. Una solitudine che si fa collettiva ne Les villes cachées,  dove si parla del viaggio in mare aperto e delle solitudini dei popoli migranti che continuano a vivere e lottare, anche dopo la morte, nelle città nascoste di un mare che li ha ingiustamente trascinati nei suoi abissi. L’album prosegue con un tango malinconico e disincantato, Tango romanesco, che ricorda l'amore paterno e le passeggiate domenicali di una bambina insieme a suo padre nella Roma di quarant'anni fa. Si passa poi alla freschezza e leggerezza di un falò estivo alimentato da Le vent de la mer, il vento del mare, che strizza l'occhio a Couleur Café di Serge Gainsbourg. A seguire un’ Alexander Platz tutta in stile Fil Rouge, chiaro omaggio al maestro Franco Battiato che si ispira all'eleganza dell'interpretazione di Milva. Gli ultimi due brani sono uniti dal tema del non esserci più, almeno fisicamente. In La sauterelle,  si racconta di una cavalletta, un essere forse abitato dall'anima di qualcuno che abbiamo dovuto salutare "di corsa, di corsa". La cavalletta si è annidata sulla finestra di casa di una donna che ha dovuto dire addio a sua madre, inaspettatamente "presto" e in tempi pandemici, per ricordarle che ancora vive intorno a lei e che forse un giorno, come dice il testo, "ti cercherò, ti troverò, ti rivedrò." A seguire La suite des promeneurs solitaires costruita su quattro storie: quella di un bambino diventato angelo; di una signora elegante, sola e fragile nella sua malattia e arrivata in cielo su una carrozza di nuvole aranciate dalle luci del tramonto; quella di una ragazza che si interroga sul senso della vita; e infine di una donna ormai consapevole della caducità dell’esistenza e giunta a una conseguente quiete interiore.

La registrazione
L’album è stato registrato presso lo ‘Studio Elettra’ di Rita Marcotulli, alle porte di Roma, con Pasquale Minieri e Sandro Marcotulli. Il lavoro è proseguito poi presso lo ‘Studio Olga’ di Ettore Bonafé nel Chianti e da ultimo hanno lavorato al mixaggio e al mastering presso ‘Jambona Lab’ con Antonio Castiello e Aldo De Sanctis, sempre in Toscana, a Livorno. Uscirà a fine giugno per l'etichetta AlfaMusic.
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“All’Opera” con Igor Caiazza: l’Ouverture de Il Flauto Magico anticipa l’uscita dell’album
Nel suo terzo disco del batterista e percussionista reinterpreta la musica di Mozart, Puccini, Mascagni, Bizet, Gershwin e Lehar con l’ensemble formato insieme a Fabrizio Bosso, Nico Gori, Claudio Filippini, Tommaso Scannapieco e con la collaborazione dei Professori d'Orchestra del Teatro di San Carlo di Napoli.

Venerdì 22 dicembre esce l’Ouverture de Il Flauto magico di W.A. Mozart secondo il batterista, percussionista e compositore Igor Caiazza, che anticipa l’uscita del suo nuovo album All’Opera, co-prodotto insieme all’etichetta discografica AlfaMusic (il link per ascoltare il brano in streaming). L’album vede la presenza di un ensemble eccezionale: il trombettista Fabrizio Bosso, Nico Gori al sax tenore e al clarinetto, il pianista Claudio Filippini, il contrabbassista Tommaso Scannapieco,  e i Professori d'Orchestra del Teatro di San Carlo di Napoli. In uscita a fine gennaio 2024, All’Opera è il terzo disco in ambito jazz per Igor Caiazza, dopo le esperienze discografiche in ambito orchestrale con Decca, Sony, Deutsche Grammophone e RAI. Nella tracklist, alcune tra le più belle melodie tratte dal repertorio operistico (Puccini, Bizet, Lehar, Mascagni, Gershwin), elaborate e arrangiate sapientemente con linguaggio jazzistico, raffinatezza e sensibilità da Caiazza, che vanta una carriera sinfonica di altissimo livello come percussionista, con i più grandi direttori d’orchestra come Muti, Abbado, Boulez, Maazel, Barenboim e Dudamel, e con compagini importanti come l’Orchestre de l'Opéra National de Paris, Orchestra e Filarmonica del Teatro alla Scala, Orchestre National De France, Wiener Symphoniker, Philhamonia Orchestra di Londra. A Berlino è stato per sei anni il Principal Percussionista della Mahler Chamber Orchestra diretta da Claudio Abbado, con cui ha suonato alla Philharmonie di Colonia, alla Philharmonie e al Musikfest di Berlino. Ha insegnato all'Orchesterzentrum NRW di Dortmund e attualmente è docente di Strumenti a percussione al Conservatorio di Potenza. È inoltre endorser per Yamaha Music Europe, Zildjian Cymbals e Vic Firth. Nella sua carriera spiccano le molteplici collaborazioni con grandi artisti come Bobby McFerrin, Placido Domingo, Lang Lang, Stefano Bollani, Mika, Zucchero, Elio, Andrea Bocelli e, in ambito jazz, Fabrizio Bosso, Javier Girotto, Julian Oliver Mazzariello, Nico Gori, Alessandro Lanzoni, Mauro Ottolini, Giovanni Amato. Igor Caiazza: “Questo disco è un esperimento che desideravo osare da molto tempo, in cui due mondi, ai nostri occhi così lontani - l’opera e il jazz - si sposano e si uniscono per dare vita a un’unica musica.”
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BJ JAZZ GAG - FIGURA

Muovendosi tra jazz, rock e free improvisation, Biagio Marino, Luca Bernard e Massimiliano Furia indagano le possibilità interpretative offerte da un repertorio di brani originali alternando, a delle fasi ben definite, momenti di improvvisazione e/o composizione collettiva estemporanea. La scelta stilistica del trio prevede un uso creativo di specifiche tecniche strumentali (fingerpicking, uso “esteso” dei rispettivi strumenti, ecc.) e di effetti elettrici ed acustici. Il progetto nasce nel 2018 e, dopo una prima fase di scambio d’idee e riflessioni, culmina in una serie di concerti e nella registrazione del primo disco “Somestring Else” (2020 Fonterossa Records). Bj Jazz Gag si evolve pian piano, divenendo una sorta di laboratorio in cui, dalla costante frequentazione e pratica dell’improvvisazione collettiva, prendono vita nuove idee. Dopo una serie di concerti, nel Maggio 2023, il trio registra del nuovo materiale che confluirà in “Figura”, disco in uscita il prossimo Ottobre, ancora per Fonterossa Records. Biagio Marino – chitarra elettrica, effetti; Luca Bernard – contrabbasso, basso elettrico; Massimiliano Furia – batteria, percussioni
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THUNDER TIGER - CRUNCH

Thunder Tiger è un trio dalla matrice fortemente elettrica, formato nel settembre 2022 dal bassista e compositore Nicola Govoni.Il linguaggio della band si muove in molte direzioni, sempre legate tra loro. Jazz, Funk, Hip Hop e Rock si mescolano in un flusso sonoro continuo ed esaltante che allarga i confini delle convenzioni musicali creando una propria cornice chiara e coesa. Thunder Tiger è un laboratorio aperto che riscopre l’essenza del piano trio e lo proietta ai massimi livelli della contemporaneità. A giugno 2023 Thunder Tiger registra il suo album di debutto intitolato “CRUNCH”, prodotto dall’etichetta “Carta Vetrata” (ed. Brutture Moderne). Il disco cattura l’anima e l’essenza del loro stile riflettendone la personalità, individualmente e collettivamente. “CRUNCH” racchiude 10 brani originali, selezione di un più ampio e ricco repertorio che la band propone dal vivo. É complicato classificare il suono dei Thunder Tiger in un unico genere, ma è proprio questo che li rende unici ed affascinanti. Le escursioni tastieristiche di Giulio Stermieri, le linee di basso energetiche di Nicola Govoni ed i ritmi incalzanti di Fausto Negrelli si fondono insieme come un unico organismo, muovendosi con grazia tra composizioni che sfidano il genere ed improvvisazioni espansive su un groove implacabile.
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Tǔk Music
presenta

PAOLO FRESU - LEGACY
(Tǔk 069 – 2024)
(next) LEGACY
(Tǔk 511 – 2024)

“Il passato e il presente” Ho iniziato giovane a fare musica e questa è diventata la mia vita. Mi sento fortunato e ho il privilegio di avere trovato nel mio cammino persone e artisti straordinari con i quali ho potuto condividere molte cose. Se ciò è accaduto è grazie a coloro che sono stati in ascolto e che hanno osservato il mio sentire dando forma ai sogni e alle aspirazioni che continuo a spartire con loro e con tanti altri. LEGACY è pertanto una eredità da tramandare. Un lascito per il domani e un dovere verso me stesso e verso chi verrà dopo di me.  “Improvvisi”, “Impromptus” e “Repens” sono tre opere discografiche totalmente improvvisate. A dimostrare quanto il tempo e lo spazio siano preziosi nel sostenerci e supportarci attraverso un dialogo che esiste da quarant’anni con il Quintetto, ventidue con Uri Caine e venti con il Devil Quartet. Se la musica ci muove verso la luce sono le relazioni a disegnarne lo spiraglio libertario che oggi sembra mancare.

Cosa è Legacy? 
Svelare il significato di quest’opera non è cosa semplice. Come scrive Paolo, il termine “Legacy” significa essenzialmente eredità, lascito, retaggio. Ma, specialmente in senso culturale, ci sarebbero almeno una decina di interpretazioni diverse. Una di queste, sembra indirettamente connessa addirittura al jazz poiché quando si parla di “modal legacy” s’intende proprio la donazione modale o il legato modale che è facile collegare al mondo musicale di Miles Davis & soci. LEGACY è però ed anche un “progetto-anniversario” per festeggiare tre importanti compleanni di progetti di Paolo Fresu (lui stesso assai vicino al mezzo secolo di attività): i 40 anni del suo storico Quintetto, i 20 anni con il Devil Quartet e i 22 anni in duo con Uri Caine. È composto da tre lavori totalmente improvvisati a rimarcare quanto la libertà la si guadagni con tanti lustri di musica, di stima, di amicizia e di vita comune artistica e umana. Sono solo sei i brani “scritti” e composti da Barbara Strozzi, George Gershwin, Giacomo Puccini, Alice Cooper, Vincenzo Bellini e Domenico Modugno. Tre di questi sono presenti quali “ghost track” nei tre CD (alla fine degli album e dopo un minuto e mezzo di silenzio a rimarcare la diversità rispetto ai brani improvvisati) mentre altri tre andranno invece nei tre vinili (stavolta non in forma di “ghost track” ma come brani conclusivi delle rispettive facciate B).  Il brano di Alice Cooper “Only Women Bleed” è da sempre la sigla finale dei concerti del Quintetto ed è stato registrato la prima volta nell’album “Qvarto” e poi in un paio di dischi dal vivo tra cui “Live in Montpellier”. Alcuni ulteriori brani sono stati già incisi in altri contesti mentre diversi di questi sono stati registrati per la prima volta, in particolare “Tu si ‘na cosa grande” di Domenico Modugno.
Il progetto editoriale di questo peculiare lavoro consta di:  LEGACY: un cofanetto contenente tre CD, ognuno con una formazione diversa (IMPROVVISI con Uri Caine, IMPROMPTUS con i Devil e REPENS con il Quintetto) e in alcuni casi con ospiti. In IMPROMPTUS partecipano in due brani Roberto Cipelli e Tino Tracanna e in REPENS si unisce invece in diversi titoli Bebo Ferra. Tutti i brani dello stesso disco si intitolano in egual modo con una numerazione crescente che prende spunto dal titolo dell’opera e ogni CD ha esattamente dodici pezzi + il ghost track. (next) LEGACY: un bauletto contenente tre vinili in edizione colorata trasparente e numerata a mano da 1 a 1000 che contiene altri brani originali improvvisati non contenuti nel triplo CD e che mischia in maniera apparentemente casuale il nuovo materiale tra Quintetto, Devil e Uri Caine. I brani si chiameranno sempre “Improvvisi n. ___”, “Impromptus n. ___” e “repens n. ___”, ma stavolta in numero crescente dal numero tredici in poi. Ogni facciata dei 3 LP (totale di sei) conterrà una lettera che compone la parola L - E - G - A - C - Y. DIGITALE: sul digitale saranno pubblicati solo i brani che fanno parte del triplo CD oltre alle sei “ghost track”. Tutti i brani improvvisati avranno sul digitale un titolo alternativo che rimanderà alla tavolozza dei colori. La pubblicazione dei brani contenuti nel triplo LP sarà divulgata successivamente. VIDEO: sono quattro i video preparati da Alessandro Sanna (Fresu-Caine), Daniela Bellu (Quintetto), Stefano Campus (Devil) e Roberto Minini Merot (dietro le quinte e backstage). I primi tre sono classici videoclip (ognuno con tecnica e poesia differenti) e il quarto documenta il lavoro in studio girato in occasione delle tre sedute di registrazione da Ferdinando Vicentini Orgnani e montato appunto da Roberto Mini Merot. La cover principale del triplo CD che del triplo LP è una composizione di tre opere dell’artista americana Liz Nielsen; ognuna sarà svelata all’interno del booklet dei CD e del bauletto che contiene gli LP. I titoli delle opere dell’americana Liz Nielsen, realizzate tutte con la tecnica “Analogue Chromogenic Photogram on Fujiflex” e in unica copia, sono rispettivamente Acceptance del 2017, Beyond the Horizon del 2020 e Double Horizon del 2020. Le fotografie sono il primo documento fotografico che attesta la nascita di ognuno dei progetti (Gianpietro “Elettro” Grossi, Paolo Soriani e Roberto Cifarelli) con alcune foto odierne concepite con l’ausilio dell’IA (Roberto Cifarelli).

Quando le radici sono profonde non c’è motivo di temere il vento.
Proverbio africano
  
LEGACY è stato registrato, mixato e masterizzato fra il 2022 e il 2023 all’ ArteSuono Studio di Cavalicco (Udine) da Stefano Amerio www.artesuono.com (next) LEGACY è stato masterizzato nel 2024 da Andrea “Pelle” Pellegrini al Larione10 Recording Studio

EMANUELE SARTORIS con ROBERTO CIFARELLI - INQUADRATURA DI COMPOSIZIONI
 
"Inquadratura di composizioni" è un progetto multimediale che nasce dall’incontro tra il pianoforte di Emanuele Sartoris e l’obiettivo di Roberto Cifarelli, un lavoro di sinestesia tra immagini e suono, una fusione tra arte visiva e musica. Il progetto è in uscita il 29 marzo per la Tǔk Art, sezione della Tǔk Music dedicata alle forme del figurativo.  Si tratta di un vero e proprio lavoro a quattro mani che prevede quattro brani commissionati da Sartoris a Cifarelli e quattro idee fotografiche che Cifarelli ha assegnato a Sartoris. Ogni commissione è stata estremamente libera facendo si che ognuno potesse far suo e personale lo sguardo sull'argomento scelto. "Riflessioni Sonore", è stato il punto di partenza dell’opera, la prima foto sulla quale Sartoris ha iniziato a lavorare. Più che uno scatto si tratta di una vera e propria composizione pittorica in cui la foto sembra passare attraverso lo specchio per dare vita a qualcosa di totalmente nuovo. Con negli occhi l'impressione di questo scatto Sartoris ha realizzato un brano che passasse attraverso lo specchio, qualcosa che fosse sé stesso ma che terminasse capovolto come se il riflesso lo avesse distorto generando qualcosa di totalmente innovativo. In questo passaggio i suoni e le armonie cambiano, la stessa voce di Roberto che inizialmente enuncia il pezzo, al termine del brano risulta capovolta. Nella creazione dei vari brani talvolta si è partiti da elementi semplici come nel caso di "Sympatheia" per il quale Cifarelli ha selezionato per Sartoris alcuni dei suoi meravigliosi scatti dedicati a Wayne Shorter, artista amato da entrambi scomparso da poco più di un anno. Talvolta invece la costruzione è scaturita da un processo più complesso, come per esempio  la richiesta di rappresentare visivamente il vento in Zefiro, l'anima con Archè o Il tempo con l'omonimo brano. Per contro Cifarelli ha chiesto a Sartoris di lavorare su alcune tecniche  spesso utilizzate come i celebri "mossi" nel brano" Immobile" dove la composizione descrive la frenesia di questa tecnica fotografica attraverso cambi ritmici ed armonici repentini. Da un incontro avvenuto per caso in un noto locale milanese in occasione di un concerto grazie all’amico comune Massimo Bernardini, Sartoris riceve l’invito a visitare l’Atelier “Atmysphere” di Cifarelli dove scatta la scintilla che porterà alla collaborazione tra i due artisti che decidono di creare insieme un'opera d'arte totale che potesse unire in maniera profonda le abilità artistiche umane e creative. Da questo incontro fortunato nasce " Inquadratura di Composizioni", un lavoro nuovo nel modo in cui vengono fuse ed incluse le due arti, in cui il disco ed il CD non sono solo utili a sentire ma anche e soprattutto a vedere la musica, motivo per cui l'oggetto fisico Vinile e CD, dotati di QR code che portano a contenuti multimediali, diventano necessari per poter entrare ed immergersi non solo nella visione artistica degli autori, ma in un mondo nuovo in cui senza immagini non ci sarebbero suoni e viceversa.

DINO RUBINO - SOLITUDE

Solitude è il settimo album di Dino Rubino pubblicato a suo nome dalla Tǔk Music di Paolo Fresu.
Il disco è in uscita il 26 aprile. Si tratta di un’opera imponente in 3 cd: due volumi di brani composti in questi ultimi anni dal pianista siciliano, e il terzo quasi interamente di standard. Per questo album Rubino torna a registrare in trio dopo oltre 10 anni: l’ultimo disco con questo tipo di ensemble è Zenzi, uscito nel 2011. Una formazione che gli permette di affrontare la musica con uno spirito diverso dalle altre, quasi una formula magica che si rinnova ogni volta. I musicisti che accompagnano Rubino in questo viaggio sono Stefano Bagnoli alla batteria, con cui collabora da moltissimi anni, e Marco Bardoscia al contrabbasso, una frequentazione più recente nata dall’esperienza di Tempo di Chet, e cementificata in questi anni con altre collaborazioni sempre al fianco di Paolo Fresu (da Musica da Lettura a Ferlinghetti, entrambi nel catalogo della Tǔk ). Un trio capace di affrontare repertori diversi con la necessaria maestria e subito interessante per incisività ritmica, colori e spirito. Capace di dialogare tra sé in interplay, donarlo con fascino al pubblico e spaziare entro un repertorio immenso di alta caratura interpretativa e stile sia nella più avvolgente ballad che nei momenti ricchi di swing. Ma è ovviamente l’amalgama che colpisce e, alla fine di un concerto di questa formazione, ci si rende subito conto di cosa possano significare la profondità delle composizioni e l’eleganza espressiva di esposizione. I brani originali, dei quali due sono accompagnati da video realizzati dall’illustratrice e animatrice Erica Meloni, sono caratterizzati da una cantabilità, aspetto questo che il trio riesce ad esaltare, e un senso melodico che sono ormai la cifra stilistica di Rubino, accompagnati spesso da una nota dolente; a questi fa da contraltare il tono più lieve con cui il trio si dedica agli standard, con la musica che afferma nuovamente la propria valenza rigeneratrice. Significativa da questo punto di vista anche la scelta di dare al disco il titolo del famoso standard di Duke Ellington. L’opera in copertina è firmata da Andrea Ucini, illustratore freelance che vive in Danimarca, e che ha già lavorato con l’etichetta in occasione del disco NOWHERE di Vincenzo Saetta. Ucini è nato in Italia e si è diplomato in pianoforte classico e composizione all'Accademia di Musica di Firenze. La musica è stata la sua prima fonte in una nuova forma di espressione. Il disegno è stato per lui una ricerca più profonda per scoprire i diversi modi in cui un concetto o un'emozione possono essere decodificati. Tra i suoi numerosi clienti ci sono The New York Times, The Guardian, The Economist, The Washington Post, National Geographic, Royal Academy of Art, Oprah Magazine, The Wall Street Journal, The Sunday Times, The Time, Rolling Stone e molti altri ancora.
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PAOLO PERUZZI
SONGS FROM THE PAST AND THE HOLY SPIRIT
  
Songs from the past and the Holy Spirit è il primo lavoro da leader del vibrafonista veronese Paolo Peruzzi. L’album contiene otto brani originali a firma del leader composti negli ultimi anni tra l'Italia e il Nord America, ed è suonata da un gruppo che condivide una visione di musica come forza trainante.  L’incontro con gli artisti che hanno suonato quest'album, avvenuto durante il suo periodo trascorso negli States, ha permesso alla musica di essere schietta, spontanea e immediata, il naturale punto d'incontro tra intelligenza emotiva e pensiero creativo. Tutti i brani sono stati scritti per essere messi a completa disposizione della musica, e come un canovaccio goldoniano sono stati analizzati, esplorati e riletti con la consapevolezza di un gruppo di musicisti dall’interplay magnetico. La musica che ne nasce è fatta d’improvvisazione, l’improvvisazione di ascolto, l’ascolto di fiducia, la fiducia di empatia - empatia delle anime che si sono incontrate. Questo lavoro non nasce da un'analisi o un progetto; è piuttosto l'inizio istintivo del viaggio del musicista veronese verso il suo futuro, come un pedone che si muove in avanti di un balzo aprendo di fronte a sé una partita tanto meravigliosa quanto attesa.
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SILVIA VALTIERI TRIO - AMENITA’

“Amenità” è il primo disco del Silvia Valtieri Trio, composto da Nicola Govoni al contrabbasso, Giacomo Ganzerli alla batteria e Silvia Valtieri al pianoforte, voce e composizioni. L’album è nato dalla ricerca su Dave Frishberg, compositore statunitense, finissimo pianista bebop che ha trascorso gli anni Sessanta a New York a suonare coi migliori musicisti della scena, da Al Cohn e Zoot Sims a Betty Carter e tanti altri; era anche un cantante dallo stile molto personale, e ha sempre cantato le sue canzoni rifacendosi alla tradizione Tin Pan Alley, con liriche sempre ironiche, argute, a tratti comiche. Lo studio dei brani di Frishberg è diventato fonte di ispirazione per il trio, diventando in prima battuta un progetto dal vivo interamente composto dai suoi brani. In poco tempo si sono aggiunti al repertorio alcuni brani che Silvia Valtieri aveva scritto tempo addietro, contraddistinti da uno stile in linea con lo spirito del compositore americano: ad esempio “Morire”, la quinta traccia dell’album, registrata con la partecipazione di John De Leo come ospite speciale, o anche “Orabuca”, strumentale. Successivamente, nuovi brani sono stati composti ad hoc e aggiunti al repertorio, come ad esempio “Avvinami”, dedicata al vino e composta in seguito a una degustazione a Radda in Chianti, dove il sommelier suggeriva di non cambiare né sciacquare il calice in quanto “già avvinato”. “Avi”, traccia di chiusura dell’album, si distingue dagli altri originali per il suo carattere più malinconico; una prima stesura, per piano e flauto cinese, fu pubblicata nel 2021 come colonna sonora di una video-animazione di illustrazioni su ceramica, una commissione per il ceramista Mirco Denicolò. Dalle esperienze dal vivo si è riscontrato che le liriche di Frishberg non potevano essere apprezzate dal pubblico italiano, e questo riduceva di molto l’impatto dei suoi brani; così Silvia ha cominciato un lavoro di traduzione dall’inglese all’italiano per portare a completezza la fruizione del repertorio di Frishberg. Quanto alla storica contrapposizione crociana “bella e infedele, brutta e fedele”, la traduzione ha, in questo caso, adattato creativamente i testi alla cultura italiana mantenendo, più che altro, le idee fondanti dei brani in questione. “Tempo per noi” è in origine “Quality Time”, sulla impossibile organizzazione delle vacanze di una coppia di lavoratori compulsivi; “Blizzard of lies” (letteralmente, “tempesta di bugie”) è diventata “Mai più”, dove si raccoglie una lista delle menzogne che quotidianamente ci si sente raccontare, con riferimenti anche alle storiche bufale intorno al fascismo. “My Attorney Bernie” è diventata “L’avvocato”, descrizione dello stereotipo di un avvocato di successo dai contorni vagamente truffaldini. Dei quattro brani non originali presenti nell’album, solo uno non è stato tradotto: è “Zoot Walks In”, musica di Gerry Mulligan (originariamente “The Red Door”) su cui Dave Frishberg scrisse un testo dedicato a Zoot Sims, tenorsassofonista dall’aura magnetica con cui aveva suonato nel suo periodo newyorkese. L’arrangiamento è stato rivisto a quattro mani con Nicola Govoni, contrabbassista del trio dalle ottime doti di compositore e arrangiatore. Il disco è stato registrato presso il “Duna Studio” di Russi (Ra) da Andrea Scardovi, il quale ha anche curato la masterizzazione. Il mixaggio è stato affidato a Giacomo Scheda. Il primo singolo è “Avvinami”, in uscita sulle piattaforme il 20 Ottobre 2023, e corredato di un videoclip, la cui regia è di Riccardo Calamandrei, girato presso il Clan Destino di Faenza, con la collaborazione della cantina Leone Conti. L’album uscirà il 27 Ottobre 2023 per l’etichetta “Carta Vetrata”, sezione di “Brutture Moderne” dedicata al jazz. Si potrà trovare in digitale su tutte le piattaforme di streaming e in formato fisico su cd. Verrà presentato dal vivo il 29 Ottobre al Torrione Jazz Club di Ferrara.
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MAURO OTTOLINI - NADA MAS FUERTE
 
“Nada Mas Fuerte” è il nuovo album di Mauro Ottolini, realizzato con gli archi dell’Orchestra Filarmonica Italiana. L’album è in uscita il 15 marzo per Azzurra Music, anticipato dal brano “Alma Mia” che sarà disponibile sulle piattaforme digitali l’8 marzo. ascolta il brano: https://youtu.be/Bt-v967OUzo. "Nada Màs Fuerte" è un progetto jazz che prende vita dalla suggestione della musica popolare, musica in cui il contatto esistenziale con il valore della vita e dell'esperienza si fa intenso e quasi fisico, riverbera quella potenza delle voci antiche di quei primi inesperti compositori: i più grandi interpreti della musica popolare messicana, peruviana, libanese, portoghese, criolla, cubana. La forza sconvolgente di Chavela Vargas si unisce alle voci della compositrice María Grever, messicana nata nel 1894, di Victoria Eugenia Santa Cruz Gamarra, compositrice afro-peruviana nata nel 1922 o di Maria Teresa Vera e Celia Cruz (cubane) e il viaggio raggiunge sonorità commoventi della regina del fado: Amalia Rodrigues, o la voce libanese di una modernissima Fairouz. La forza rigeneratrice dello spirito del Jazz si sprigiona dal calore di quelle voci isolate che si levavano in un canto, rivolgendosi ad una comunità elettiva, fatta di altre voci cantanti che rispondevano in coro con grande pathos all'esposizione del Blues, in il silenzio del crepuscolo dopo un lavoro estenuante. C'è una visione, raccontata da interpreti latinoamericani, che si spinge oltre lo spirito del blues e lo conduce fino a noi, oggi. Attraverso composizioni sia originali che tradizionali, avvolte in un nuovissimo arrangiamento d'archi, il geniale ed originalissimo Mauro Ottolini con la collaborazione intellettuale e musicale della straordinaria cantante Vanessa Tagliabue Yorke, e dei bravissimi musicisti Marco Bianchi e Thomas Sinigaglia che hanno collaborato agli arrangiamenti di alcuni brani, ci ricorda come la canzone sia di per sé un oggetto artistico che non bisogno di essere nobilitato musicalmente, ci guida invece a riscoprirne la bellezza e la poesia attraverso queste forme semplici e dirette che esprimono apertamente la profondità dell'animo umano di fronte al mistero dell'esistenza. Il progetto nasce in collaborazione con alcuni straordinari musicisti italiani, tra cui Vanessa Tagliabue Yorke: una delle voci più interessanti del jazz italiano, autrice dei testi sulla musica di Ottolini con la partecipazione dell'ensemble degli archi dell'Orchestra Filarmonica Italiana Tutta la musica è stata registrata presso lo studio Artesuono (Cavalicco, Udine) dallo straordinario tecnico del suono Stefano Amerio.
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Nicole Johänntgen
Labyrinth
Data di uscita: 15 settembre 2023
 
Nel suo nuovo album “Labyrinth“, la sassofonista Nicole Johänntgen incontra il tubista Jon Hansen e il percussionista David Stauffacher. La registrazione è stata effettuata in pubblico davanti a un pubblico della Radio Svizzera SRF 2. I nuovi brani di Nicole Johänntgen risultano potenti.”Per noi tutto è estremamente fresco“, così la musicista descrive l‘atmosfera della sessione di registrazione. Labyrinth è groovy, sperimentale, a volte malinconico e qua e là si sente il fascino dell‘era Motown degli anni ‚70. Quando la sassofonista crea musica, le piace guardare in profondità. Con lei, tutto ha a che fare con il sentimento e la riflessione sulla vita. La title track ”Labyrinth“ simboleggia esattamente questa mobilità interiore, quando la band lascia che un terzo motivo vaghi attraverso molti livelli armonici. “Canyon wind“ trasporta un sottile groove in 6/8. Tutti si muovono in trance. “Goodnight my Dear“ presenta una sofisticata struttura polifonica e in “Get up and Dance“ la tuba e le percussioni creano una sorta di ritmo da discoteca. Ancora di più: la tuba stessa diventa uno strumento a percussione e in due composizioni si può persino sentire un secondo strumento di basso. Nicole ha invitato il sousafonista francese Victor Hege come ospite speciale per due canzoni. L‘album contiene molte belle sorprese. La „Little Song for Nenel“ è una deliziosa ballata che Nicole Johänntgen ha dedicato al suo bambino. Qui Nicole Johänntgen alterna sassofono e voce senza band. Qualche mese prima, il padre della Johänntgen aveva regalato alla figlia il suo amato microfono di Elvis Presley. Si tratta di una nuova versione del vecchio e noto Shure Unidynes 556. “Labyrinth“ è il jazz come lo intende Nicole Johänntgen. È l‘arte di risolvere le contraddizioni. Tutto suona come se fosse stato creato da qualche parte all‘esterno, spontaneamente durante una sessione. Ma dietro c‘è molto di più. La strumentazione non convenzionale di sassofono, tuba e percussioni offre nuove e inaspettate possibilità. Nicole Johänntgen è una musicista esperta che suona il suo sassofono in modo sensibile ed espressivo con tutti i tipi di trucchi tecnici virtuosi e, soprattutto, naturali, fino a una sorta di tecnica slap. Nicole Johänntgen ha registrato finora 25 album, ha ricevuto numerosi premi e ha ricevuto il Saarland Art Prize 2022 a gennaio e il Lichtenburg Prize 2023 a maggio. www.NicoleJohaenntgen.com
La musicista jazz tedesca Nicole Johänntgen è sassofonista, compositrice e conduttrice di workshop. Nicole è attualmente impegnata in numerose tournée come solista o con i suoi gruppi. La sua attenzione si concentra sul suonare dal vivo, sulla registrazione in studio e sull’insegnamento per tutte le età. Dal 2022 conduce workshop di jazz nell'Oberland bernese e insegna a giovani e adulti sia online che in loco. Nicole Johänntgen si impegna per i giovani talenti e nel 2015 ha fondato il "Kids Jazz Club", che offre ai bambini una facile introduzione al mondo della musica. Nel 2013 ha avviato il workshop di music business SOFIA (Support Of Female Improvising Artists) per le musiciste jazz. La carriera musicale di Nicole Johänntgen è iniziata 35 anni fa. Ha iniziato a suonare il pianoforte classico all'età di sei anni e anni dopo si è avvicinata al sassofono e al jazz. La sassofonista jazz ha suonato in America con le Sisters in Jazz (2003). È stata membro della European Swinging Jazz Orchestra e della IASJ International Association of Jazz of Schools. Nicole Johänntgen è stata scelta più volte come direttore artistico per comporre le band dei festival a cui lei stessa ha partecipato. Ad oggi ha prodotto 25 album e ha fondato la sua etichetta "Selmabird Records". La musicista jazz ha ricevuto numerosi riconoscimenti, tra cui il Premio d'arte 2022 del Saarland e il Premio Lichtenburg 2023. Nicole Johänntgen ha studiato jazz/musica popolare all'Accademia Statale di Musica di Mannheim e dal 2005 vive in Svizzera con la sua famiglia.
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Michele Bonifati Emong

Emong, quartetto composto da Evita Polidoro alla batteria, Manuel Caliumi al sassofono, Michele Bonifati alla chitarra e Federico Pierantoni al trombone, è il primo progetto da leader di Michele Bonifati. L’album di esordio “Three Knots” è in uscita questa settimana su nusica.org. Il nome del progetto deriva da un particolare modello di aquilone (passione che Michele coltiva da anni, pur praticando in zone caratterizzate dalla costante mancanza di vento) in grado di volare in condizioni di vento flebile, quasi assente. Al vento infatti si sostituisce, o meglio si integra, la forza impressa dall'aquilonista sul filo. I suoi gesti trasmettono all'aquilone la direzione, inducono il movimento che lo porterà a planare; un volo lento e calibrato fatto di movimenti ondivaghi e circolari, diverso dal librarsi a grandi altezze. Una scelta dunque, che valorizza il tempo lento, la volontà di restare vicino e presente, di calarsi in profondità piuttosto che prendere le distanze, ma senza rinunciare al gesto di alzare la testa verso il cielo. Aspetti che vengono sottolineati attraverso il titolo del disco, in uscita nel 2023: "Three knots”. I tre nodi, intesi come unità di misura del vento, nella quantità necessaria a permettere a un Emong di compiere un volo ampio, librato a diversi materi dal suolo ma lento e costante nelle sue evoluzioni, come la strada che ha condotto il gruppo alla creazione di questo primo disco. Il gruppo suona musiche originali composte da Michele Bonifati ad accezione di due canzoni, una di John Lennon e una dei RATM, cantate da Evita Polidoro, scelte per completare l’orizzonte narrativo e sonoro del gruppo. La scelta della formazione, insieme a quella del repertorio, valorizza la mobilità del ruolo dei membri del gruppo per creare un suono unitario e coeso e contemporaneamente fluido e sfuggente che spazia tra le tante influenze che hanno contribuito a formare l’identità musicale di questi musicisti: jazz, musica elettronica, rock, folk americano e tanto altro.
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Tra canzone d'autore, Medioriente, Mediterraneo, Sudamerica e spiritualità il disco d'esordio del giovane musicista salentino. Una raffinata e emozionante ricerca umana e artistica, con la produzione di Valerio Daniele
Il santo sforzo di capire cosa sia l'amore: il debutto di Samuel Mele!

IL SANTO SFORZO DI CAPIRE COSA SIA L’AMORE
Samuel Mele
Nauna Cantieri Musicali, 2024
(9 tracce | 38.38 min.)

«La parola “sforzo” è centrale nel titolo di questo disco, perché svela la nostra condizione di dormienti attraverso cui viviamo la vita, per cui qualsiasi tentativo di rompere il sonno della nostra coscienza diventa uno sforzo, perché ci vuole tanta energia e determinazione. “Santo” perché muoversi verso una versione di sé stessi migliore, desiderare di portare luce anche nel mondo intorno a noi, è una cosa santa. Tutto questo è una forma elevata di “amore” per sé stessi e per l’altro da noi». Ecco svelato il significato del titolo Il Santo Sforzo di capire cosa sia l'Amore, disco d'esordio di Samuel Mele pubblicato da Nauna Cantieri Musicali. Un debutto nel quale il seme della forma-canzone si arricchisce e acquisisce radici tradizionali, folk, world: un personalissimo primo album con il quale il musicista salentino distilla armonie sudamericane, sonorità mediterranee e in particolare mediorientali provenienti da strumenti inconfondibili come oud e ney. Una canzone capace di superare le vicende ordinarie della vita e di ritornare al contatto con un amore divino, un amore per la vita, per sé stessi.  Nato nel 1995 nella Grecìa Salentina, Samuel Mele è una figura di estremo interesse: studente di Etnomusicologia e Musicoterapia, autore, compositore e suonatore di oud, ney, chitarra e altri strumenti a corde pizzicate del mediterraneo e del medioriente, ha intrapreso viaggi e studi tra Italia e Grecia per trovare senso e direzione per la propria musica. Allievo di alcuni dei più importanti insegnanti di musica modale come Ross Daly, Kelly Thoma, Peppe Frana, Christos Barbas e Lamia Yared, ha scoperto l'amore per la musica cretese e la composizione modale, parallelamente a un percorso di approfondimento interiore con la International School of Self Awareness. Ha vinto la sezione Musica del bando Per Chi Crea promosso da SIAE per la produzione del suo primo disco, ha anche vinto il bando per la Promozione Progetti Discografici dal Vivo promosso da Nuovo Imaie, a cura di Claudio Prima.  «In questo disco, come in ogni altra cosa che esca dalle mie mani, la componente principale è la spiritualità intesa come una ricerca imprescindibile per l’essere umano. Una spiritualità che metta fin da subito radici nella materia, facendo fiorire concretamente la vita di chi decide di guardarsi dentro, di conoscersi e di migliorarsi. Da un punto di vista artistico questa è solo una prima parte di altri lavori che volgono ancora di più lo sguardo alle musiche tradizionali colte e popolari del Mediterraneo e del Medioriente, sempre mediante un approccio contemporaneo, inedito e personalissimo». Samuel Mele presenta il suo lavoro come una vicenda umana e artistica di ricerca, scoperta e rivelazione di un'esperienza fuori dall'ordinario, ovvero la possibilità di avvertire un legame tra l'umano e il divino. Per farlo Mele ha utilizzato gli elementi della forma-canzone in una chiave intima ma al tempo stesso universale, aperta al dialogo con il jazz, la world music, la musica sudamericana e ovviamente il grande amore per i suoni del bacino mediterraneo e del Medioriente, con strumenti provenienti dalla musica sacra turca, persiana e non solo come il ney, un flauto di canna che simboleggia il canto dell'anima a Dio e l'uomo come canale e l'oud, un liuto che nel mondo arabo ed ottomano collega i differenti livelli psicofisici dell'umano alle dimensioni cosmiche dell'universo. Queste influenze confluiscono in una forma canzone autoriale che mantiene una sua radice nella musica pop. Il Santo Sforzo di capire cosa sia l'Amore è un’opera di gruppo, con la partecipazione di numerosi musicisti, con produzione e arrangiamenti di una delle personalità più intriganti della nuova musica di frontiera italiana come Valerio Daniele: «Lavorare con Valerio credo possa risultare scomodo per alcuni, perché è una persona molto sincera. Con me lo è stato da subito ed io ne sono stato felicissimo. Ho capito che era la persona giusta con cui raffinare il mio lavoro. Così è stato. Ha creduto molto nella validità di questo disco, ha rispettato tanto il mio lavoro autoriale e compositivo e si è proposto di scrivere gli arrangiamenti per ottoni che nel disco sono suonati da Giorgio Distante. Sono presenti anche la sua chitarra baritona ed alcune parti di elettronica che sono il suo segno distintivo e che aggiungono un ulteriore gusto contemporaneo al disco» Il Santo Sforzo di capire cosa sia l'Amore è scritto e composto da Samuel Mele, prodotto e arrangiato da Valerio Daniele, con la produzione esecutiva di Claudia De Ventura ed è edito da Nauna Cantieri Musicali. Con il sostegno del MIC - Ministero della Cultura, e di SIAE, nell'ambito del programma Per Chi Crea. 
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Zàkynthos  
Francesco Bruno firma la sua danza con il Mediterraneo sui ritmi del sound latinoamericano 
AlfaMusic (2023)
In uscita sui Digital Store il 7 luglio per AlfaMusic e presentato l'8 luglio in anteprima a Jazz&Image Live@Colosseo 2023.

“Il linguaggio del jazz non conosce confini geografici e temporali, è il più forte dei venti che conosco, capace con la sua forza di attraversare le culture di tutto il mondo, spazzando via ogni dogma o  pregiudizio, rimanendo vivo e rinnovandosi da sempre proprio grazie a questa libertà espressiva che amo e che ha sempre ispirato i miei progetti.”

Esce sui digital stores il 7 luglio (nei negozi da settembre) per AlfaMusic e verrà presentato in anteprima a ​​Jazz&Image Live@Colosseo 2023 l’ 8 luglio Zàkynthos,  il nuovo progetto del chitarrista e compositore Francesco Bruno: otto composizioni originali che attraversano le suggestioni del bacino del mediterraneo e della musica Latino Americana, con uno sguardo attento alle infinite contaminazioni  che rendono vivo il linguaggio del jazz moderno. L’ispirazione parte proprio da lì, dai racconti immaginari portati dai venti del mondo: che soffiano e si raccolgono iconicamente sull’isola di Zàkynthos (Zante), in Grecia e al centro del mediterraneo, proprio dove nelle prime mappe geografiche campeggiava la rosa dei venti. Al fianco di Francesco Bruno il batterista Marco Rovinelli e il contrabbassista Andrea Colella coinvolti in un affascinante interplay con le note della chitarra di Bruno. Con loro, in occasione della data dell’8, ci sarà Maurizio Giammarco al sax, nome storico del jazz italiano. Il progetto ruota attorno alla scrittura melodica che da sempre contraddistingue le produzioni di Francesco Bruno e, oggi, ha scelto di lavorare sulla poesia e la delicatezza  della dimensione minimale del trio acustico jazz. La chitarra, ovviamente, è al centro di questa narrazione e affonda le radici nel lessico jazzistico tradizionale per poi evolversi in nuove forme espressive senza mai abbandonare comunicazione ed empatia con l'ascoltatore.
Tracklist
1. Jaloque  (Scirocco). È Il primo brano scritto per questo progetto, scelto per aprire questo nuovo viaggio immaginario, ci sono i colori caldi della musica latina, del mediterraneo, il jazz afroamericano e ancora la melodia per prendere per mano l’ascoltatore e portarlo in una terra senza confini, quella della fantasia!
2. Zàkynthos  (Isola di Zante/Zàkynthos). Ho pensato a questo brano come una scrittura per chitarra classica che si evolve in una parte armonica strutturata per l’improvvisazione. Quello della chitarra classica è un universo che da sempre mi affascina e che trovo possa convivere magicamente con la dimensione chitarristica  propria del jazz.
3. Briza  (Vento delle coste del Sud America). La musica Latino Americana è da sempre per me fonte di ispirazione, trovo una vicinanza  con questo universo fatto di passioni, di colori forti misti a sfumature malinconiche talvolta struggenti, il  brano viaggia attraverso queste suggestioni.
4. Etesii (Vento delle coste della Grecia). Un brano caratterizzato da elementi compositivi ispirati in parte dal mondo classico e ancora da quello della musica mediterranea e latina in genere. ‘E affascinante viaggiare attraverso il linguaggio del jazz tra questi  infiniti colori, perdendosi in un territorio senza confini.
5. Bayamo  (Vento di Cuba). Un tema solare, ispirato alla musica Afro Cubana, per aprire allo spazio solistico. La sfida insieme ai musicisti è stata quella di creare un crossover stilistico tra tradizione e modernità, discostandosi da un’ interpretazione oleografica della musica latino americana.
6. Africo  (Libeccio). Una  ballad scritta pensando ad una melodia pervasa di dolcezza e malinconia, con la  brezza di una  notte d’estate  a fare da cornice immaginaria alla chitarra che racconta una storia insieme al contrabbasso e la batteria.
7. Zonda (Vento  Argentino). Il mio amore per il jazz afroamericano, il mainstream, l’hard bop,  in questo brano nel cui tema ci sono anche richiami al mondo sud americano. C’è tutta la gioia di suonare insieme in questa take nella quale c’è spazio anche per uno spontaneo solo di batteria, proprio come in un live!
8. Aeràki (Brezza). Ho scelto di concludere questo progetto con una ballad che potesse racchiudere in se le emozioni che lo hanno animato: il mio  amore per il jazz nelle sue infinite declinazioni, per la melodia, il calore dei popoli Latini e il mio sguardo al pianeta a volte malinconico, più spesso pieno di speranza, nonostante la stagione.   
 
Note di copertina 
Vivo da molti anni in un posto di mare, credo sia un dono ricevuto quello di poter sedere a volte su un tronco portato dal mare sulla spiaggia ed ascoltare in solitudine il suono del vento. Quante storie il vento sembra raccontare con il suo cammino, attraversando continenti a volte con violenza e distruzione, a volte con dolcezza, regalando un abbraccio in una calda notte d'estate. In fondo il vento è anche il racconto di noi tutti esseri umani capitati in tempi e luoghi diversi in questo viaggio misterioso che è la vita. Credo dovremmo tutti provare ad ascoltare le storie portate dal vento, con tenerezza ed empatia, cercando di capire quanta  bellezza potremmo riceverne in cambio. Io ho provato con la mia musica a raccontarne alcune, immaginando come ho fatto anche nei miei lavori precedenti, sentimenti, emozioni non solo della mia terra ma anche di altre più lontane. Ho scelto per raccontarle la dimensione minimale del trio, suonando insieme al batterista Marco Rovinelli e il contrabbassista Andrea Colella, due musicisti con i quali ho l’onore di collaborare da tempo che hanno  impreziosito questo lavoro con la loro grande sensibilità. Il linguaggio del jazz non conosce confini geografici e temporali, è il più forte dei venti che conosco, capace con la sua forza di attraversare le culture di tutto il mondo, spazzando via ogni dogma o  pregiudizio, rimanendo vivo e rinnovandosi da sempre proprio grazie a questa libertà espressiva che amo profondamente e che ha sempre ispirato i miei progetti. Un sentito ringraziamento va agli amici Fabrizio Salvatore e Alessandro Guardia di AlfaMusic che hanno nuovamente abbracciato un mio progetto con grande passione, alla graphic designer Nerina Fernandez, capace con la sua arte di interpretare in maniera unica i miei viaggi musicali e a tutte le persone che amano la mia musica e la sostengono da sempre con sincera passione.
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MARCO LUPARIA -  masnä
masnä «bimbo». Di provenienza masnada «famiglia, prole» (dal latino medievale mansionata, derivato dal latino mansionem «dimora») 
Dizionario Etimologico del dialetto piemontese - D. Bisio 

San Martino di Rosignano è un piccolo borgo ai piedi delle Alpi tra il Piemonte italiano e la Savoia francese. Dopo diversi anni all'estero, durante la pandemia, il batterista piemontese ha finalmente trovato il tempo per tornarvi e in questo periodo di ritiro ha composto la musica del disco. Le immagini di questo luogo bucolico, immobile, desolato ma al tempo stesso adorno di memorie e manufatti che testimoniano un’infanzia altrimenti dimenticata si riversano in una ricerca del tempo proustiana. Questo sestetto ibrido, composto da tre musicisti italiani e tre francesi, si è incontrato per la prima volta in vista di questa sessione di registrazione. L’interesse per le tradizioni millenarie, in particolare il Gagaku Giapponese, il gamelan indonesiano, la musica carnatica indiana e la musica sacra europea, si riflette nella scrittura musicale che contrasta con l'attitudine improvvisativa radicale del gruppo. L’omonimo disco masnä viene pubblicato il 20 Gennaio 2023 da L’Autre Collectif Label. Tutti i brani sono stati composti da Marco Luparia tranne étude campanaire di Sol Léna--Schroll e wuh di Federico Calcagno. Progetto vincitore del bando Chantiers des Détours de Babel 2022
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ROBERTO DE NITTIS - MAE’

Il pianista e compositore foggiano Roberto De Nittis pubblicherà il secondo album Maé il 10 marzo. Lo stesso giorno De Nittis, vincitore del Top Jazz 2019 nella categoria Nuovo Talento, presenterà il disco con uno speciale concerto presso l'Auditorium del Conservatorio U. Giordano di Foggia. Il disco, pubblicato da Caligola Records e prodotto in collaborazione con il Conservatorio, si ispira al compositore foggiano Umberto Giordano e al suo controverso rapporto con la città, che abbandonò nel 1892 dopo che ad un suo concerto per festeggiare il successo dell’opera Malavita al teatro Dauno si accorse che il pubblico era del tutto disattento; la riconciliazione con la città avvenne 36 anni dopo nel 1928. In Maé De Nittis prova a immaginare le sensazioni e le emozioni che Giordano proverebbe tornando oggi nella sua città natale. Da qui sono scaturite 9 immagini, sotto forma di 9 composizioni originali, raffiguranti persone e situazioni che legano -direttamente e non-, la vita del noto compositore di fine ‘800 alla città.  Il connubio tra l’ensemble classico, l’Orchestra Sinfonica Young del Conservatorio diretta dal Maestro Andrea Palmacci, ed il trio jazz riflette la carriera artistica di Roberto De Nittis, qui nella doppia veste di compositore ed esecutore, e al tempo stesso rappresenta la contaminazione di stili e linguaggi che si riscontra nella stessa città di Foggia, a livello storico, artistico, sociale.  L’ascoltatore è accompagnato in un viaggio sonoro, che ha protagonista Umberto Giordano. Attraverso nove brani originali, riconducibili a nove precise immagini, l’ascoltatore entra in contatto con atmosfere e reminiscenze che sono frutto della libera e personale interpretazione del compositore.  Bancarelle, Struscio, La Banda Colta e La Ballada di Giordano strettamente legate alla città di Foggia rimandano a tradizioni locali o luoghi della città. Madìa, Don Gaetano, Umbè e Napoletana raccontano la sfera familiare e affettiva di Giordano mentre Maè, abbreviazione di “Maestro”, rappresenta una vera e propria istantanea ritraente il M° Umberto Giordano mentre gusta la propria vita passata consapevole di non essere fatto di materia.
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ANTONIO FUSCO TRIO - SETE

SETE è il nuovo album del batterista e compositore Antonio Fusco, in uscita per Da Vinci il 31 marzo. L’album rappresenta un viaggio nel mondo artistico del musicista che utilizza la melodia, l'interazione e la ricerca del suono per esplorare l'interconnessione dell'esperienza umana. Attraverso la ricerca e la sperimentazione, Fusco approfondisce le complessità armoniche e melodiche di ogni brano, rivelando le verità più profonde della condizione umana. La sua visione creativa e artistica esprime la convinzione del potere dell'autenticità e dell'espressione di sé, ed è attivamente impegnato a difendere l'idea che la musica possa agire come forza unificante, avvicinando le persone in un'esperienza emotiva condivisa. La musica è un riflesso dei vari momenti sociali ed economici che hanno caratterizzato tutto il 2020, tra cui Quarantine, Waves e Pilgrim, brani che rappresentano un segmento storico significativo dell'esistenza umana, esplorando temi di isolamento, comunità e trascendenza. I brani mirano a connettersi con l'ascoltatore attraverso l'esplorazione di queste esperienze umane universali, portando a una più profonda comprensione di sé e del mondo che ci circonda.
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GIOVANNI BENVENUTI - AN HOUR OF EXISTENCE

Giovanni Benvenuti pubblicherà il nuovo album il 2 dicembre per AMP Records. An hour of existence, un’ora di esistenza, prende l’idea del titolo da un racconto di fantascienza nel quale uno dei protagonisti, che per varie ragioni non esiste più come persona fisica, torna a materializzarsi per solamente un’ora all’anno. Cosa faremmo se avessimo a disposizione solamente così poco tempo? Lo utilizzeremmo per compiere azioni eccezionali o semplicemente per goderci la semplicità dei gesti quotidiani? In un incrocio tra storia e fantascienza, due delle principali fonti di ispirazione del sassofonista, i brani di questo disco prendono spunto e raccontano di personaggi straordinari di un passato storico o di un futuro immaginato che si trovano alle prese con episodi ordinari, che in qualche modo li rendono persone più vicine a noi e meno irraggiungibili. Episodi che in qualche modo ci mostrano come eroi della storia o della nostra fantasia siano persone come noi: così possiamo riuscire a comprenderli meglio e comprendere meglio noi stessi e il nostro presente. Da un re che vediamo in forma di statua in ogni città italiana che litiga per tutto un viaggio in treno con un suo ministro che trova i suoi baffi ridicoli (King’s mustache) a il più grande poeta della galassia che in un lontano futuro impara a esprimersi con le pochissime parole che un incidente al cervello gli ha lasciato facoltà di usare. Per la realizzazione di questo disco Giovanni Benvenuti ha scritto musiche dove le composizioni, dalle strutture molto articolate, lasciano ai musicisti piena facoltà di esprimere la loro personalità. Pur facendo utilizzo di materiali complessi, come armonie contemporanee e metri e ritmi dispari, la forte importanza data all’immediatezza della melodia vuol portare l’ascoltatore a dimenticare gli aspetti tecnici e ad abbandonarsi al flusso musicale ed al racconto in musica. I musicisti scelti sono persone con le quali Benvenuti ha una affinità musicale di lunga data: il pianista tedesco Christian Pabst, il contrabbassista Francesco Pierotti (con il quale ha registrato numerosi precedenti lavori) ed il batterista Dario Rossi, presente anche nel precedente disco Paolina and the android.
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QUIET QUARTET

Il gruppo Quiet Quartet nasce nel 2019 a Firenze, ed è composto da Giulia Bartolini, cantante e compositrice, col pianista Alessio Falcone, il bassista Luca Giachi e il batterista Simone Brilli. L’omonimo album Quiet Quartet, uscito il 10 marzo per l’etichetta norvegese AMP records, è il primo disco dell’omonimo gruppo e contiene 7 brani originali in italiano, nati dall'unione tra jazz moderno e musica cantautorale. Il filo conduttore che trapela silenziosamente in tutto il disco è il tema della dualità e dell'incontro tra due opposti. La maggior parte dei brani nasce infatti dall’idea di due diverse “anime” appartenenti alla stessa persona, che cercano in ogni modo di ricomporsi. Queste due parti, differenti e spesso in contraddizione, talvolta riescono a incontrarsi come in Unione o in Verso noi due. Altre volte l'incontro non è possibile e le due anime non riescono a conciliarsi, come nel brano Se verrà, oppure come in Con nostalgia. Alcune canzoni sono ispirate da un inconscio più astratto, come Sogno lucido o Tempo di partire. Musiche e testi sono scritti da Giulia Bartolini, ma ogni membro del gruppo apporta le proprie idee e la propria originalità. Da questo lavoro collettivo nasce il brano finale, arrangiato e strutturato dall’insieme di voci che compongono il gruppo. Il gruppo ha partecipato a diverse importanti rassegne tra cui il Flower Jazz Festival al Piazzale Michelangelo di Firenze, Jazz Prime in Sala Vanni (Firenze),  nel 2021 partecipano come finalisti al Contest Mediterrani nell'ambito del Festival JazzAlguer ad Alghero e nello stesso anno  partecipano alla rassegna Jammin' 2021, organizzata dal Saint Louis College of Music presso la Terrazza del Gianicolo a Roma.
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Digressione Music
presenta

COPLAS A LO DIVINO

L’idea di Coplas a lo Divino è esplorare i contrasti che si creano tra poli opposti, uno difronte all’altro. Le liriche di Juan de la Cruz, con la loro costante ambiguità tra scritto sacro e poesia mistica, con la frequente evocazione dell’amor humano, rappresentano il cuore pulsante della nostra ricerca, l’ispirazione giusta a dirci quanto vicine possono essere la bellezza sacra e la profana. C’è molta sacralità in questo lavoro, ma l’ispirazione non è religiosa: le immagini sacre delle liriche ci agganciano alla sacralità dell’arte del passato magicamente espressa da pittori, scultori e musicisti che certamente religiosi non erano. Gli antichi Tenor gregoriani e i bassi ostinati rimpiazzano i moderni pattern del jazz in un gioco al contrario tra gli stereotipi della musica antica filtrati dall’approccio non-accademico e puro di musicisti jazz di oggi: e l’improvvisazione è un altro comune campo di gioco.

Claudio Astronio, organ; Maria Pia De Vito, vocals, electronics; Michel Godard, serpentone, tuba
Paolo Fresu, trumpet, flugelhorn, electronics
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Anatomy of the Sun
Il nuovo album di Elena Paparusso
in uscita venerdì 19 aprile per la Parco della Musica Records
 
Esce venerdì 19 aprile Anatomy of the Sun per la Parco della Musica Records, il nuovo album della cantante Elena Paparusso. Un paradigma di stile, 9 tracce di puro jazz cantautoriale, che vede la firma dell’autrice nel testo, nella musica e negli arrangiamenti. L’album, che vede la collaborazione di Domenico Sanna al pianoforte, Francesco Poeti alla chitarra, Giuseppe Romagnoli al contrabbasso, Matteo Bultrini alla batteria e Francesco Fratini alla tromba, verrà presentato in concerto giovedì 2 maggio alla Casa del Jazz di Roma. In Anatomy of the Sun, Elena Paparusso interpreta variazioni sul tema attraverso uno sguardo che è al tempo stesso rivolto all’universo ma anche al centro di se stessa, alla continua ricerca di un punto fermo, di gravità ed esistenza. Il linguaggio del jazz si fa universale, tra colori, espressioni, idiomi che l’artista può utilizzare per esprimere e raccontare qualcosa di inafferrabile. Nasce così la sua Anatomy Of The Sun, un disco che è il naturale continuum della sua opera precedente, un progetto profondo e personale, che racchiude composizioni che sono state scritte in questo periodo di pausa e che appartengono proprio nelle tematiche a riflessioni più intime.  Un lavoro che vede ancora più in evidenza la fusione tra la tradizione del jazz e un percorso di ricerca compositiva e sonora tutta personale dell’artista. Il riferimento al sole, stella madre e antica, prende ispirazione dalle Cosmicomiche di Italo Calvino, storie del Sole, stelle e galassie: come tutti i cosmonauti, anche Elena Paparusso investiga in parallelo i propri sentieri emotivi attraverso suggestioni musicali ricche ed eterogenee. La sua è una scrittura che affianca le varie influenze della canzone afroamericana a un gusto che tende alla contemporaneità. “Stiamo navigando nel Sole, all’interno dell’esplosione solare dove non contano bussole né radar” scriveva Calvino. E in questa metafora di visioni emotive e trasversali, la musica e il jazz sono la colonna sonora di questa continua esplorazione. Originaria di Noci (Bari), oltre ad insegnante di canto al Conservatorio, Elena Paparusso lavora da diversi anni anche nel mondo della danza contemporanea, sia come docente, che come organizzatrice di eventi, sempre nell’ottica di una collaborazione di linguaggi e forma artistiche più sperimentali. In Anatomy of the Sun, infatti, non solo la danza è presente in due titoli, ma il movimento dei corpi e le loro relazioni sono argomenti che trovano forma e spazio, come in un continuo e reciproco rispetto di “pesi”, orbite, consistenze, realtà.
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ROBERTO OTTAVIANO & PINTURAS
A CHE PUNTO È LA NOTTE

Prosegue la collaborazione tra l'etichetta discografica salentina Dodicilune e il sassofonista barese Roberto Ottaviano. Dopo "Un Dio Clandestino" (2008), "Arcthetics. Soffio Primitivo" (2013), "Forgotten Matches. The Worlds of Steve Lacy" (2014), "Astrolabio" (2015), "Eternal Love" (2018), i due dischi dell’anno per Top Jazz (referendum indetto dalla rivista Musica Jazz) "Sideralis" (2017) e "Resonance & Rhapsodies" (2020) e il più recente  “Charlie’s Blue Skylight” (2022), venerdì 30 giugno esce “A che punto è la notte”. Nel nuovo progetto discografico, distribuito da distribuito in Italia e all’estero da IRD e nei migliori store on line da Believe Digital e prodotto nella programmazione Puglia Sounds Records 2023 della Regione Puglia (FSC Puglia 2014|2020 - Patto per la Puglia - Area di Intervento IV "Turismo, Cultura e Valorizzazione delle risorse naturali"), il musicista e compositore torna con un progetto tutto pugliese: Roberto Ottaviano & Pinturas. Il quartetto guidato dal sassofono di Ottaviano è completato dalla chitarra di Nando di Modugno, dal contrabbasso di Giorgio Vendola e dalla batteria e dalle percussioni di Pippo D’Ambrosio. «Dopo anni di progetti realizzati insieme ad artisti provenienti da varie parti del nostro pianeta, non è un caso se una quindicina di anni fa questo nuovo quartetto è nato nella mia terra. Il jazz diventa qui il “pennello” veloce con cui rappresentare paesaggi e storie immaginarie, i colori sono una infinita tavolozza costituita da tutte le musiche che amiamo profondamente e che rappresentano ancora oggi, e nonostante tutto, l’idea di un messaggio nella bottiglia. Ecco come si compone Pinturas, un affresco dinamico e proiettato verso il futuro ma tuttavia profondamente radicato nell’archetipo del Sud». Il disco propone otto composizioni originali firmate dai tre musicisti – “The Moon is Hiding Beyond Your Mouth”, “Boo”, “You and the Night and the Words (Like Clouds)”, “Like Tears From The Sky (to Rino Arbore)” di Ottaviano, “Hermes” di D’Ambrosio, “Pinturas” di Vendola e “Notturno Indiano” firmata da Di Modugno -  e le riletture, che aprono e chiudono il disco, di “O Silencio das Estrellas” della cantante e compositrice brasiliana Fatima Guedes e “Avalanche”, brano del cantautore canadese Leonard Cohen, inserito nell’album “Songs of love and hate” del 1971. Il disco è dedicato alla memoria del chitarrista e compositore pugliese Rino Arbore, "la cui trasparenza ha rischiarato molte notti altrui ma che per una beffa del destino non e riuscito da illuminare la sua".
«"A che punto è la notte", racconto di Fruttero e Lucentini, è in realtà solo un buon titolo che, confesso, ho usato strumentalmente perché può racchiudere in sé molte altre atmosfere e richiami, come quelli contenuti in diversa letteratura, come ne "Il buio oltre la siepe" di Harper Lee, o "Non andartene docile in quella buona notte", poesia di Dylan Thomas, "Il lungo sonno" di Raymond Chandler o ancora "Tenera è la notte" di F.S. Fitzgerald, solo per citarne alcune», sottolinea Ottaviano nelle note di copertina. «La notte come momento topico in cui riescono a disporsi in uno spazio indefinito ed in un momento sospeso, una serie di teorie, interrogativi, memorie, come costellazioni lontane e che pure ci attraversano come nodi gordiani dell'esistenza. "A che punto è la notte" è una domanda che qui si traduce in singoli haiku musicali a riguardo di temi che investono il singolo come la moltitudine: il naufragio di una generazione, la cronaca di un amore, la denuncia della seduzione del denaro e la confessione dell’inevitabile sconfitta della sensibilità, l’incapacità di salvarsi non solo come uomini dotati di troppo talento o troppo sensibili, ma anche di molti fra i migliori di una intera generazione tradita da falsi miti, la paura di ciò che non si conosce e la presunta ineluttabilità di una scelta. E così che Pinturas scrive il suo "Noir" originale, dopo due lavori dedicati alle interpretazioni di un vasto songbook universale, "Un Dio Clandestino" (Dodicilune, 2008) e Change The World (Nel gioco del jazz, 2017). Tuttavia anche qui riesce a far proprie due storie di altre firme che si inseriscono come una piccola lanterna in questa meditabonda attesa o ieratica ricerca di chi è andato via, nel buio».
Attivo sulla scena jazzistica internazionale da oltre quarant’anni, Roberto Ottaviano (Bari, 21 dicembre 1957) ha suonato e inciso con alcuni tra i più importanti musicisti americani ed europei a cavallo tra diverse generazioni. A cinque anni prende lezioni di clarinetto al Conservatorio “Niccolò Piccinni” di Bari poi studia sassofono classico a Perugia con Federico Mondelci, armonia e composizione classica con Walter Boncompagni, Giacomo Manzoni e Luigi Nono. Un fortuito incontro con Steve Lacy lo spinge ad approfondire lo studio del sax soprano. In America studia composizione jazz e arrangiamento con Ran Blake, Bill Russo, George Russell collaborando con Buck Clayton, Ernie Wilkins, Benny Bailey, Sal Nistico; poi è membro dell'orchestra di Andrea Centazzo, collabora con Gianluigi Trovesi, Theo Jörgensmann, Franz Koglmann, Carlo Actis Dato, Radu Malfatti, Carlos Zingaro, Franz Koglmann, Georg Gräwe, Ran Blake, Tiziana Ghigl ioni. Nel 1983 pubblica il suo primo album ("Aspects") con Giancarlo Schiaffini, Paolo Fresu, Carlo Actis Dato. Nel 1986 costituisce un quartetto con Arrigo Cappellatti. Nel 1988 fonda l'ensemble di ottoni "Six Mobilies", nel 1988 incide un omaggio a Charles Mingus (Mingus - portraits in six colours ), nel 1990 incide "Items from the old earth". Dal 1979 collabora con numerosi musicisti jazz come Dizzy Gillespie, Art Farmer, Mal Waldron, Albert Mangelsdorff, Chet Baker, Enrico Rava, Barre Phillips, Keith Tippett, Steve Swallow, Irene Schweizer, Kenny Wheeler, Henry Texier, Paul Bley, Aldo Romano, Myra Sant'agnello, Tony Oxley, Misha Mengelberg, Han Bennink, Mario Schiano, Trilok Gurtu, Samulnori, Pierre Favre. Suona in moltissimi jazz festival europei e americani. Si esibisce in Germania, Austria, Svizzera, Belgio, Francia, Danimarca, Norvegia, Inghilterra, Spagna, Portogallo, Jugoslavia, Albania, Romania, Russia, India, Giappone, Messico, Tailandia, Marocco, Algeria, Costa d’Avor io, Senegal, Cameroun, Stati Uniti, Canada, ed ha inciso per Red, Splasc(h), Soul Note, Dodicilune, Hat Art, Intakt, ECM, DIW ed Ogun. Da didatta ha tenuto corsi a Woodstock N.Y., nei conservatori di Città del Messico, Vienna, Groningen, presso le istituzioni culturali di Urbino, Cagliari, Firenze, Roma, Siracusa. Ha fondato il corso Musica Jazz nel Conservatorio Niccolò Piccinni di Bari e di cui è coordinatore da quasi 30 anni. È autore del libro, "Il sax: lo strumento, la storia, le tecniche” (Muzzio editore, 1989). Per Dodicilune ha pubblicato, con varie formazioni, "Un Dio Clandestino" (2008), "Arcthetics. Soffio Primitivo" (2013), "Forgotten Matches. The Worlds of Steve Lacy" (2014), "Astrolabio" (2015), "Eternal Love" (2018), i due dischi dell’anno per Top Jazz (referendum indetto dalla rivista Musica Jazz) "Sideralis" (2017) e "Resonance & Rhapsodies" (2020), “Charlie’s Blue Skylight” (2022) e  “A che punto è la notte” (2023). È stato eletto musicista italiano dell'anno per Top Jazz 2022, referendum annuale indetto dalla storica rivista Musica Jazz.

MANUELE MONTANARI  feat. GABRIELE MIRABASSI 
MOVIE MEDLEY. Il GRANDE JAZZ A CINECITTÀ

Prodotto da Dodicilune, distribuito in Italia e all’estero da IRD e nei migliori store on line da Believe Digital, sabato 1 agosto esce "Movie medley. Il grande jazz a Cinecittà" di Manuele Montanari. Affiancato dal clarinettista Gabriele Mirabassi e da una big band composta da importanti nomi della scena jazz nazionale, il contrabba ssista propone quattordici composizioni tratte da colonne sonore di celebri film italiani come "I soliti ignoti", "La notte", "Il sorpasso", "Il vangelo secondo Matteo", "Jazz Band", "7 uomini d’oro", "Ultimo tango a Parigi", "La leggenda del pianista sull’Oceano" e altri ancora. L'organico è composto da Simone La Maida (sax alto/soprano), Antonangelo Giudice (sax alto e clarinetto), Filippo Sebastianelli e Milo Lombardi (sax tenore e clarinetti), Marco Postacchini (sax basso e baritono, clarinetto, flauto), Leonardo Rosselli (sax baritono), Luca Giardini, Giacomo Uncini, Michele Samory e Mattia Zepponi (tromba e flicorno), Massimo Morganti (trombone, euphonium), Luca Pernici (trombone), Carlo Piermartire (trombone basso), Diego Donati (chitarra), Tommaso Sgammini (piano), Lorenzo Marinelli (batteria e tam-tam). La presentazione ufficiale, proprio nel giorno dell'uscita, sarà ospitata dall'Ancona Jazz Festival nella Mole Vanvitelliana del cap oluogo marchigiano (info a questo link urly.it/37bx5). «La passione per il Jazz e per il Cinema mi ha portato ad omaggiare la musica di impronta jazzistica che ha fatto da sfondo a film italiani di alto rilievo. Capolavori del grande schermo riconosciuti tali anche grazie alle loro colonne sonore», sottolinea Manuele Montanari nelle note di copertina. «C'è infatti un importante filo conduttore che accomuna tutti i lungometraggi dai quali ho attinto il materiale musicale per la realizzazione di questo progetto. È quel connubio sempre presente tra grandi registi e grandi compositori: Monicelli-Umiliani, Risi-Ortolani, Visconti-Rota, Bertolucci-Barbieri, Tornatore-Morricone solo per citarne alcuni», prosegue il musicista. «Cimentarsi  con  opere  piuttosto note e composte per film celebri  ha fatto emergere fin da subito la necessità di  riproporre ciascuna composizione in chiav e leggermente diversa. Ho abbracciato, perciò, l'idea di organizzare gli arrangiamenti in forma di Medley, unendo i vari brani in assenza di una vera e propria soluzione di continuità. In modo da ottenere un'unica colonna sonora, formata da composizioni provenienti da autori e da film differenti. Con l’augurio di riportare all’attenzione del grande pubblico alcuni tra i maggiori  capisaldi del jazz italiano, rivisitati nell'insolita veste Suite-Medley». 

VINCENZO CARUSO
SIRENE A CADAQUÉS

Prodotto da Dodicilune, nella collana Confini, distribuito in Italia e all’estero da IRD e nei migliori store on line da Believe Digital, martedì 22 settembre esce "Sirene a Cadaqués" di Vincenzo Caruso. Il progetto discografico nasce dall'incontro tra la musica del pianista e compositore campano e la poesia di Pina Varriale convergenti nell'interpretazione vocale di Annalisa Madonna.  «La linea artistica del disco, partendo dalla scelta di usare esclusivamente voce e pianoforte, è quella di un linguaggio essenziale ma ricercato e la brevità dei brani asseconda la volontà di non dire più di quello che sia necessario», sottolinea Caruso. «Pur essendo un musicista di formazione classica sono sempre stato affascinato dalle potenzialità della fo rma canzone alla quale mi avvicino perseguendo l’ossimoro di una song “popolare-colta”, una sorta di lied moderno basato sulla “canzone d’autore”. Il disco prende vita da due raccolte di poesie della scrittrice Pina Varriale intitolate rispettivamente “Sirene” e “Olé”, raggruppate nel titolo del disco Sirene a Cadaqués», racconta. «La raccolta “Olé” (esclamazione di Salvador Dalì alla notizia della morte di F. Garcia Lorca per via di uno squadrone franchista) è in pratica la sintesi poetica del saggio biografico: "Dalì, Alchimie di un genio", scritto a quattro mani con Serena Montesarchio e Cadaqués è il paese catalano dov'è nato Dalì nonché teatro di momenti spensierati vissuti insieme al poeta Federico Garcia Lorca, suo grande amico e compagno di studi alla “Residencia de estudiantes”. Di tale amicizia si è discusso tanto», prosegue il pianista, «molti biografi parlano di essa più come una storia di amore impossibile, e lo stesso saggio della Varriale approfondisce bene gli aspetti psicologici di questa relazione, tuttavia, l’intenzione del disco è quella di superare la natura sensazionalistica della vicenda trovandola più che altro perfetta per esprimere il concetto di "impossibilità in amore" e di “sofferenza per amore” sublimato nel corso dei secoli nell'arte dei più grandi artisti», continua. «La seconda parte, “Sirene”, invece, cedendo al fascino che il mito delle sirene fin dall’antichità ha esercitato sugli uomini, affronta un tema che, da Omero a Kafka, grazie agli spiccati contenuti metaforici si presta a svariate interpretazioni psicologiche, dall’illusione alla disillusione nell’amore e nell’arte. Nel nostro caso i testi puntano i fari sull’equivoco “Donna-Sirena”, due ruoli che si confondono e si mescolano».

MIRABASSI – DI MODUGNO  - BALDUCCI
TABACCO E CAFFÈ 

A distanza di quasi sei anni dal precedente "Amori sospesi", torna con un nuovo progetto discografico il trio che riunisce il clarinettista Gabriele Mirabassi, il chitarrista Nando Di Modugno e il bassista Pierluigi Balducci. "Tabacco e Caffè" sarà disponibile da martedì 30 marzo in Italia e all’estero distribuito da Ird e nei migliori store digitali da Believe Digital, prodotto - come il precedente - dall’etichetta salentina Dodicilune e promosso con il sostegno di Puglia Sounds Record 2020/2021 della Regione Puglia (FSC 2014/2020 - Patto per la Puglia - Investiamo nel vostro futuro) e il supporto di Quarta Caffè. I tre musicisti proseguono, dunque, il loro viaggio evocativo e suggestivo dal Mediterraneo all’America del Sud, su una rotta - tra tabacco e caffè - in cui si intersecano jazz, folklore ed echi della tradizione classica. Il nuovo disco propone nove brani: quattro composizioni originali di Mirabassi ("Espinha de truta"), Di Modugno ("Salgado") e Balducci ("Tobaco y cafè" e "La ballata dei giorni piovosi") e cinque riletture di brani di Toninho Horta ("Party in Olinda"), Henry Mancini ("Two for the road"), Egberto Gismonti ("Frevo"), Guinga ("Ellingtoniana") e della conclusiva "Choro bandido" firmata da Edu Lobo e Chico Buarque.
«Tabacco e caffè: c'è chi li chiama vizi, e sicuramente una parte di ragione ce l’ha, ma più di tutto sono modi di stare insieme. In Italia poi, veri fondamenti della cultura nazionale. Posso offriti un caffè? Ci vediamo per un caffè? Così si prendono appuntamenti e si ricevono ospiti da noi», racconta Mirabassi. «Eppure quella tazzina contiene un pezzo di mondo. Partito dall'Africa il caffè ha costruito nazioni in Asia e in Sud America. La città di San Paolo del Brasile senza di esso sarebbe un paesino, e non la megalopoli di oltre 20 milioni di abitanti che è oggi. Il caffè è un compagno quotidiano, un segno di pace, di amicizia, l'odore del risveglio in tutte le nostre case, eppure è anche un selvaggio indigeno delle foreste tropicali, che abbiamo trasformato in simbolo stesso di accoglienza e convivio!», prosegue. «Il tabacco invece ce lo hanno regalato direttamente i nativi americani, eppure anch'esso, soprattutto sotto forma di sigaro toscano (mia grande debolezza e passione) si è lasciato trasformare in un pezzo di storia nostrana. Entrambi invitano alla ritualità, alla socialità, fino alla meditazione. La musica che condividiamo qui con Pierluigi e Nando è nata nella cordialità delle cucine delle nostre case, appunto tra un caffè e un sigaro, raccontando e suonando mondi lontani ed esotici,  trasformandoli in rifugio casalingo e in amicizia. Tabacco e caffè, moka sul fuoco, volute di fumo, essenze selvagge, profumo, esotico, domestico». Ogni concerto di questo trio diviene un’esperienza coinvolgente, capace di trasmettere l’emozione e il pathos che nascono dal ‘sentire’ il profondo ed ancestrale significato della Musica, come arma della comunità per sconfiggere il buio di ogni solitudine individuale.

MAG COLLECTIVE
BIRTH, DEATH AND BIRTH 

Prosegue la collaborazione tra MAG Collective e l’etichetta pugliese Dodicilune. Dopo l’esordio del 2 018 con “Song For Joni”, disco che rileggeva in chiave jazz alcuni fra gli episodi più incisivi del songbook della cantautrice canadese Joni Mitchell, domenica 26 giugno - distribuito in Italia e all’estero da IRD e nei migliori store on line da Believe - esce Birth, Death and Birth. Il nuovo progetto discografico parla di condivisione della vita, morte e rinascita: un percorso ciclico in continua evoluzione, senza inizio e senza fine. Il collettivo toscano formato da Giulia Galliani (voce), Giovanni Benvenuti (sax), Andrea Mucciarelli (chitarra elettrica), Marco Benedetti (basso, contrabbasso) e Andrea Beninati (batteria, violoncello) e ampliato dalla partecipazione di Alessandro Lanzoni (piano), Tommaso Rosati (electronics), Anete Ainsaar (violino), Valentina Gasperetti (viola), Lorenzo Cavallini (arrangiamento archi) e, in un brano, arricchito ulteriormente dall’hammond di Matteo Addabbo propone undici composizioni originali frutto del lavoro di questi anni. Dopo l’ottima accoglienza di “Song For Joni” e numerosi concerti in festival e club, i musicisti del collettivo decidono, infatti, di collaborare alla composizione originale di nuove canzoni, scrivendo musiche e testi, lavorando agli arrangiamenti tra jazz e sperimentazione, ampliando il proprio organico e collaborando con Music Pool, associazione attiva in tutta la Toscana da oltre 35 anni nella produzione, organizzazione e gestione di eventi. Il disco sarà presentato ufficialmente domenica 26 giugno (ore 21:30 – info e biglietti bit.ly/YJazz_EF22) al Teatro Romano di Fiesole nella settantacinquesima edizione dell'Estate Fiesolana, in un concerto organizzato proprio da Music Pool che ospiterà anche LAD Jazz Ensemble, gruppo formato dagli studenti dell’Istituto di Istruzione Superiore “Alberti-Dante”. «Una piacevole ossessione, perché non c’è bellezza senza mistero: questo sarà per voi “Birth, Death and Birth”. Quattro anni lo separano dal precedente disco “Song for Joni” (Dodicilune)», sottolinea nelle note di copertina Davide Ielmini. «E gli anni hanno portato ancora più forza, chiarezza e vigore. Perché per questo gruppo non conta ciò che si consuma in fretta (must della società contemporanea) ma ciò che resta. Da qui una musica che nasce, rinasce e si prende cura del tempo. E alla quale non interessa consacrare l’esistente, ma svelare una mappa dei suoni nascosti. Anche quelli di una morte che è un sipario tra le parole nascita e rinascita. Un mood che Giulia Galliani usa per detonare l’angoscia e far brillare quella lucentezza che ondeggia, o palpita, a seconda delle necessità narrative. Allora la vocalità diventa richiamo fonetico, sasso o piuma, dove l’altalena intervallare dell’armonia si presta ad una pungente teatralizzazione del vissuto interiore», proseguono le note. «Una compiutezza che racconta, in modo flessibile e dinamico, l’approccio serio e divertito del MAG al continuo gioco di incontri/scontri tra timbriche e dinamiche, modernismo e tradizione, presa tematica e sperimentazione, virtuosismo solistico e suono d’insieme. Digeriti i diversi linguaggi jazz - i fraseggi agli strumenti rivelano un’ampia padronanza tecnica – il gruppo definisce un mondo fatto di nuovi mondi»,  spiega il pianista, giornalista e critico musicale. «Con una musica che sembra dividersi tra acqua e aria: da un lato si immerge (la suite “How to Breathe Underwater”) nei colori di un Crepuscolo accarezzato dalle meccaniche dei circuiti el ettronici (come battiti d’ala) e, dall’altro, si alza mettendo d’accordo evanescenza e solidità della forma. È una verticalità che procede per combustione – l’iterazione di quattro note, tra voce e sax, nelle prime battute di “Lucid”; la ballad a fil di pelle “Marlh”; la marcetta che apre “Tombeau for a young eagle” – per poi esplodere in una vivacità corroborante fatta di assoli vertiginosi (le frasi che si allungano alla ricerca dell’infinitezza sul sax di Giovanni Benvenuti in “The time we were together”); le fughe in avanti del basso di Marco Benedetti in “Happiness”, la sintesi stilistica al piano di Alessandro Lanzoni e all’organo di Matteo Addabbo in “Write your name in the sand”. Musica trasformativa e dialogante che riserva momenti inaspettati, come accade in “Lullaby”, dove il solo quartetto d’archi sembra deambulare su una melodia da requiem. Ma la morte può attendere. Ancora».

ADRIANO CLEMENTE
THE COLTRANE SUITE AND OTHER IMPRESSIONS
PERFORMED BY DAVID MURRAY AND THE AKASHMANI ENSEMBLE FEAT. HAMID DRAKE

Prosegue la collaborazione tra l’etichetta leccese Dodicilune e il pianista, polistrumentista, compositore e arrangiatore Adriano Clemente, salentino d’origine e napoletano d’adozione. Dopo "The Mingus Suite" (2016), ritratto jazz in sette movimenti ispirati dalla musica di Charles Mingus, e le composizioni originali tra stili e tradizioni della musica cubana e latin di “Havana Blue” (2017) e "Cuban Fires" (2018), martedì 23 maggio - distribuito in Italia e all’estero da Ird e nei migliori store on line da Believe Digital - esce “The Coltrane suite and other impressions”.  Il doppio cd propone ben venticinque composizioni originali scritte e arrangiate da Clemente, che suona piano, tromba, arpa, kundi, kalimba, balafon, flauto, shawm, sax soprano/alto, bowed cümbüs, affiancato nelle registrazioni dal suo The Akashmani Ense mble. La rodata formazione nata nel 2011, che comprende Marco Guidolotti (sax baritono/tenore, clarinetto, clarinetto basso), Daniele Tittarelli (sax alto), Antonello Sorrentino (tromba), Massimo Pirone (trombone, trombone basso), Ettore Carucci (piano) e Francesco Pierotti (contrabbasso), è impreziosita dalla presenza di due grandi musicisti statunitensi. Al sax tenore c’è infatti David Murray, artista che dagli anni ’70 in poi ha collaborato con Fred Hopkins, James Newton, Stanley Crouch,  John Hicks, Hugh Ragin, Jack DeJohnette, Henry Threadgill, Olu Dara, Butch Morris, McCoy Tyner, Ed Blackwell, Steve McCall, solo per fare qualche nome, tra i fondatori del World Saxophone Quartet con Oliver Lake, Julius Hemphill e Hamiet Bluiett, è stato nominato nel 1980 "musicista del decennio" da The Village Voice e nel 1989 ha vinto un Grammy Award nella categoria "m iglior interpretazione jazz strumentale di gruppo". Alla batteria si siede invece Hamid Drake, un grande strumentista che riesce a trasmettere in modo autentico le caratteristiche poliritmiche del drumming africano e vanta collaborazioni con Don Cherry, Borah Bergman, Peter Brotzmann, William Parker, Toshinori Kondo, Marylin Crispell, Pierre Dørge, Georg Gräwe, Herbie Hancock, Misha Mengelberg, Pharoah Sanders, Wayne Shorter, Malachi Thompson, David Murray, Archie Shepp, Bill Laswell, Nicole Mitchell, Michel Portal e, in Italia, al fianco di Pasquale Mirra, Antonello Salis, Paolo Angeli. Ospiti in alcuni brani anche Fabrizio Aiello (congas), Alessio Buccella (piano), Michelangelo Scandroglio (contrabbasso), Michele Lanzini (violoncello), Michele Makarovic (tromba).

LES TROIS LÉZARDS - GLI UOMINI POETICI
CONTROVENTO by DODICILUNE

Prodotto dall’etichetta Dodicilune (nella collana editoriale Controvento), distribuito in Italia e all’estero da Ird e nei migliori store on line da Believe Digital, mercoledì 27 giugno esce “Gli uomini poetici” dei  Les trois lézards. Il quartetto formato dal fisarmonicista, compositore e cantante francese ma da molti anni attivo nel Salento Emmanuel Ferrari (già anima del progetto Les Troublamours) e dai tre pugliesi Giovanni Chirico (sax alto e baritono, voce), Giorgio Distante (tuba, tromba, euphonium, voce) e Roberto Chiga (tamburello, grancassa, voce) propone dieci canzoni originali di musica popolare dell’ipoetico paese della Tadjiguinia. «In questo stato di spirito non si parla tadjiguino ma italese, franciano, l’altro-salentino, il gattico, i l melodico… e soprattutto si suona», raccontano i quattro musicisti.  «Ci vive un principe non-principe, Ninour il vagabondo principale. Ninour ha tante storie tadjiguine da raccontare, come quella d’amore con Carmelina o il viaggio di Gino, l’emigatto. Ninour narra l’ubriacatura oceanica di Théodule il funambolo e l’inscontro con Magda la trapezista, la passione per le erbe aromatiche di Leone il nano saggio e l’innamoramento infelino di Gino. E poi spiega, a chi sa ascoltare, perché in Tadjiguinia non ci sono uomini politici ma uomini poetici».  I brani sono dinamici e ritmici. Improvvisazione e assoli fanno parte del gioco e portano l’ascoltatore a essere sempre al centro della musica come accerchiato dalle note e dagli strumenti. Che sia valzer o quadriglia, che sia ska o funky, la voglia è sempre quella di ballare. Gli strumenti utilizzati sono semplici, acustici e non hanno ausilio di macchine digitali e sequencer ma il suono che ne vi ene fuori potrebbe far pensare il contrario. Le linee di basso guidate dai fiati di Giovanni Chirico e Giorgio Distante e le ritmiche sul tamburello di Roberto Chiga viaggiano insieme compatte, richiamano atmosfere funk, disco-music, house, techno e hip-hop; le melodie di Emmanuel si intrecciano ad esse tra il romanticismo del valzer francese e i ritmi dispari di Grecia e Balcani.  “Gli uomini poetici” sarà presentato ufficialmente martedì 27 giugno (ore 21:30 | ingresso libero | info e prenotazioni 3381200398), nel giorno dell’uscita, all’Art&Lab Lu Mbroia di Corigliano d’Otranto.

KRISHNA BISWAS - MANIGLIE E POMELLI

Prosegue la collaborazione tra l'etichetta discografica Dodicilune e il chitarrista Krishna Biswas: dopo il cd in solo “Maggese” (2020) e “Piccola impresa irregolare”, in duo con il pianista Giovanni Vannoni, martedì 5 settembre esce “Maniglie e pomelli”. Nel nuovo progetto discografico, distribuito in Italia e all’estero da IRD e nei migliori store on line da Believe Digital, il musicista e compositore toscano, nato e cresciuto a Firenze da madre statunitense e padre indiano, propone dieci brani originali (Resina, Antica ruggine, Tramonto aureo, Salotto celtico, Tè nero, Patna, Acero, Wanderer, Lupacchiotto e Cannella) eseguiti con la chitarra acustica. «“Maniglie e pomelli” potrebbe essere il titolo di un racconto per bambini. Ma così non è. Krishna Biswas sa bene che la fatica della narrazione è figlia di un impulso determinato e inarrestabile. Un’estenuante ricerca del sé che ricompone esperienze di ascolto, e di azione, per demolire certezze tecniche ed espressive», sottolinea nelle note di copertina il musicista, giornalista e critico musicale Davide Ielmini. «Nato da madre statunitense (folk e blues li si percepisce anche in quest’ultimo lavoro, seppur sfumati) e padre indiano (i Raga sono sempre un buon esercizio di improvvisazione meditativa), da sempre in bilico tra Oriente (“Patna”) e Occidente (“Salotto celtico”), questo giovane recupera il significato più intimo e pieno del fare musica: uscire dalla propria essenza per scoprirne un’altra. Sempre diversa e migliore. Sensibile oltremisura, Krishna si stacca dalla ritualità contemporanea – devota alla velocità, a lla rissa verbale e alla conferma del pensiero unico – per osservare, attraverso un suono arcaico e moderno nello stesso tempo, i propri rituali: estetici ma non scenici, liberi dalla spettacolarizzazione, imprevedibili», prosegue. «E liberi nel muoversi in un flusso improvvisativo che nasce da una stimolante migrazione creativa. La stessa che da anni inspira Krishna attraverso lo studio dei mosaici solistici di Keith Jarrett, dei respiri concettuali di Stefano Battaglia, di quelle note risonanti basse di Pierre Bensunan e di quella mescola etnica che risuona sull’oud di Anouar Brahem. Eppure, in questa arte così aperta e pregnante, e così attenta a compiere la sua piccola rivoluzione, penso si riscopra anche la genialità di Roy Harper. Perché ciò che sembra essere più caro a Biswas non è tanto la musica in sé, ma il suo concepimento. Le geometrie nelle quali si coagula o si scioglie il suono. Le traiettorie che, apparentemente sghembe, rientrano in un ordine dove la p ausa intesa come spazio narrativo (l’attacco di “Resina”) si sposa ad una tonica fisicità allo strumento e a solleticanti detonazioni armoniche». 
Krishna Biswas è nato a Firenze l’8 luglio 1977 da madre americana e padre indiano. Fin dall’infanzia ha sempre amato la musica ed ha iniziato gli studi di pianoforte a cinque anni sotto la guida del M° Gabriella Barsotti del Conservatorio Luigi Cherubini di Firenze. A sette anni ha scoperto la chitarra classica grazie ad un amico di famiglia, il chitarrista compositore M° Ganesh Del Vescovo, con il quale ha studiato otto anni. A quindici anni Krishna è passato alla chitarra elettrica, suonando con vari gruppi, ed una volta conseguito il diploma al Liceo classico Michelangelo a Firenze si dedica a tempo pieno allo studio della musica ed alla ricerca e sviluppo di uno stile suo proprio. Oltre che nell’insegnamento privato è impegnato in diverse scuole attive sul territorio fiorentino e toscano, affiancando all’attività professionale quella di collaborazione con gruppi musicali di vario stile, dal rock al jazz. Dal 2007 Kri shna Biswas ha approfondito una ricerca musicale originale che si è concretizzata con l’incisione di diversi dischi che contengono le registrazioni di sue composizioni per solo chitarra acustica. Dalla fine del 2016 pubblica con l’etichetta RadiciMusic Records, sia i suoi lavori successivi che quelli precedenti a questa data. Affianca all’attività live di concerti per solo chitarra o formazioni dedite prevalentemente alla musica jazz, la collaborazione artistica con il Maestro Jazz M° Franco Santarnecchi. Nel 2020 esce il suo primo disco in solo acustico “Maggese”, seguito nel 2022 da “Piccola impresa irregolare” in duo con il pianista Giovanni Vannoni, entrambi per l’etichetta Dodicilune.

M.E.T.E.

Prodotto dall’etichetta Dodicilune, distribuito in Italia e all’estero da Ird e nei migliori store on line da Believe Digital, martedì 12 settembre esce “Music enlightens the Earth” del trio M.E.T.E. Il progetto nasce nel 2022 dall’incontro tra Riccardo Di Gianni (chitarre, sitar), Elias Farina (batteria, doundoun) e Ludovico d’Apollo (contrabbasso, basso elettrico). Scale indiane, ritmi africani, jazz, funk e prog si fondono in un unico linguaggio sonoro, dove tradizioni musicali antiche si uniscono alla contemporaneità, dando vita ad un raffinato sincretismo stilistico. La loro musica è riflessiva ma allo stesso tempo energica e propulsiva, con ambientazioni sperimentali e suggestive che lasciano ampi spazi all’improvvisazione collettiva. Le sei composizioni originali – “Saraswati in Bamako”, “Almost 9 beats", “At the end of June”, “Charukeshi” e “Shivranjani” firmate da Riccardo Di Gianni e “Scarabeo” di Ludovico d’Apollo - contengono elementi melodici derivanti dai Raga della musica classica indiana. I Raga sono i colori dell'Anima, l'espressione in Suono di un’emozione. Venerdì 16 settembre alle 19 (prenotazioni su EventBrite - urly.it/3x2jv) la presentazione ufficiale al Circolo ARCI Jigeenyi di Torino. 
«La Musica è Arte e come tale offre la possibilità di accedere ad uno spazio immenso nel quale immergersi con i sensi e al di là di essi: i suoni fusi nell’unità dell’opera musicale permettono di abbattere i limiti dell’io, azzerando luoghi e tempo», spiegano i tre musicisti nelle note di copertina. «Perché la Musica è qualcosa di universale e trasversale che trascende le categorie e i generi, supera le barriere e le diversità permettendoci di esistere senza distinzioni. Come artisti abbiamo un compito ben preciso, avere il coraggio di cercare nuove sonorità che espandano l’universo musicale in una sorta di “silenzio liquido” dal quale è possibile percepire un’infinità di suoni».
Riccardo Di Gianni, diplomatosi in chitarra jazz al Conservatorio di Torino, nel 2009 si reca in India dove inizia gli studi di sitar e musica classica indiana. Divenuto allievo di Pt. Amar Nath Mishra (leggenda del sitar di Benares) dedica più di dieci anni a questa tradizione musicale millenaria di cui e attualmente uno dei pochi rappresentanti in Europa. Questo percorso cambia inevitabilmente il suo modo di pensare la chitarra, la musica e il suono. Parallelamente all'attività concertistica lavora per il teatro e la danza contemporanea come compositore e sound designer.
Elias Farina, diplomato in percussioni classiche al Conservatorio di Torino, intraprende nel 2010 un percorso di esplorazione delle poliritmie africane con il maestro Bruno Genero, un simbolo della cultura africana in Europa. Nel 2013 si approccia alla batteria all’Accademia di Musica Moderna di Torino sotto la guida di Furio Chirico. Successivamente avvia lo studio del Sabar, per approfondire il quale nel 2022 si reca in Senegal, seguendo corsi privati con il griot Mbar Ndiaye. Molte sono le collaborazioni musicali e teatrali che lo vedono esibirsi in tutta Italia, Canada, Senegal e Svizzera. Le diverse esperienze formative e artistiche lo porteranno a sviluppare uno stile musicale ed esecutivo innovativo, che unisce sapientemente i diversi linguaggi.
Ludovico d’Apollo, laureato in contrabbasso classico, si dedica inoltre allo studio del jazz e delle tecniche per basso elettrico. Partecipa a diverse masterclass di perfezionamento tra cui Hiroyuki Yamazaki (contrabbasso), Ares Tavolazzi (contrabbasso e basso elettrico), Dario Deidda (basso elettrico), Michael Manring (basso elettrico). E proprio grazie all’esperienza con Manring che il suo stile inizia a prendere forma e presto i diversi linguaggi musicali iniziano a confluire in uno stile personale che spazia dal barocco alla musica contemporanea, portandolo a collaborare con diversi artisti di fama internazionale. Oltre all’attività concertistica svolge da molti anni un'intensa attività didattica.

WIND TALES È IL NUOVO CD DEL PIANISTA, COMPOSITORE E ARRANGIATORE LIGURE FABIO VERNIZZI, APPENA USCITO PER L'ETICHETTA PUGLIESE DODICILUNE.
DOMENICA 12 NOVEMBRE LA PRESENTAZIONE UFFICIALE NELLA SALA MERCATO DEL TEATRO GUSTAVO MODENA – TEATRO NAZIONALE DI GENOVA CON UN CONCERTO NELL’AMBITO DELLA RASSEGNA JAZZ’N’ BREAKFAST.

Prodotto dall’etichetta Dodicilune, distribuito in Italia e all’estero da Ird e nei principali store online da Believe, martedì 7 novembre è uscito Wind tales del pianista, compositore e arrangiatore ligure Fabio Vernizzi. Otto composizioni originali (sette firmate da Vernizzi, una da Riccardo Dapelo) che, come suoni lontani portati dal vento, richiama suggestioni stilistiche intrise del vissuto e dell'esperienza formativa dell’autore. La matrice comune delle composizioni è quella che, nella forma, ricorda la musica colta sebbene l’uso di armonie di derivazione jazzistica, sonorità intense e open improvvisativi, rendano questo lavoro unico nel suo genere per l'originalità del linguaggio, eclettico, moderno e innovativo. Il cd sarà presentato domenica 12 novembre (ore 9:30 - ingresso 8 euro + dp – info biglietti.teatronaz ionalegenova.it) nella Sala Mercato del Teatro Gustavo Modena – Teatro Nazionale di Genova con un concerto nell’ambito della rassegna Jazz’n’ Breakfast.  Nel progetto discografico Fabio Vernizzi (piano) è affiancato da Gina Fontana (flauto), Riccardo Barbera (contrabbasso), Dado Sezzi (marimba), Rodolfo Cervetto (batteria) e in alcuni brani da Giovanni Ricciardi (violoncello solista in Bosch), la String Orchestra formata da Marco Mascia, Roberto Mazzola, Beatrice Puccini (primo violino), Ilaria Bruzzone, Alessandra Dalla Barba, Cristian Budeanu (secondo violino), Roberta Tumminello, Daniele Guerci, Alessandro Sacco (viola) e Arianna Menesini, Maria Laura Zingarelli (violoncello) nei brani Piccola Capitale, Mai Più Tardi – dove hanno inciso anche Stefano Guazzo (sax soprano, clarinetto), Luca Falomi (chitarra), Federico Lagomarsino (percussioni) - e The flight con testo e voce di Claudia Sanguineti. Completano il cd Whitman, ShorTrane, Fancy e la conclusiva Dark wind, composizione firmata da Riccardo Dapelo (electronics). Dopo un diploma in Pianoforte ed uno in Musica jazz ottenuti al Conservatorio Niccolò Paganini di Genova, Fabio Vernizzi ha tenuto concerti a Rio de Janeiro, Tokyo, Parigi, Madrid, Lisbona, Bruxelles, Atene, Colonia, Dakar, Berlino, Mosca, San Pietroburgo, Salvador de Bahia e tante altre capitali suonando in importanti teatri, club e festival. Ha preso parte a numerose produzioni con l’Orchestra Sinfonica di Sanremo, Teatro Carlo Felice, Teatro Stabile di Genova, Teatro della Tosse. Con i suoi lavori ha ottenuto numerosi premi come il Jazzlighthouse con il cd “Maya” (2004), il Concorso Internazionale di composizione Pianistica "Fidelio" (2017), la Targa Tenco e il Premio Loano come miglior disco italiano di folk e word music con "Janua" di Roberta Alloisio del quale è compositore, pianista, arrangiatore e direttore artistico (2011). Ha collaborato con numerosi artisti e formazioni internazionali (Andy Sheppard, Bobby Dhuram, Antonella Ruggiero, Tullio De Piscopo, Tony Esposito, Attilio Zanchi, Chiefteens, Nicola Stilo, Hyperion ensemble, Birkin tree, Maestral  e moltissimi altri). Oltre ai suoi dischi da solista ha registrato una quarantina di dischi con varie formazioni per Sony, Felmay, Splasc(h), Bmg, Cni, Visage Records.

CLAUDIO ANGELERI
CONCERTO FEAT. GIANLUIGI TROVESI

Prodotto dall’etichetta Dodicilune, distribuito in Italia e all’estero da Ird e nei principali store online da Believe, martedì 14 novembre è uscito “Concerto feat. Gianluigi Trovesi”, nuovo cd del pianista e compositore Claudio Angeleri con la partecipazione del celebre clarinettista e di un ensemble formato da Giulio Visibelli al sax soprano e flauto, Gabriele Comeglio al sax alto, Marco Esposito al basso elettrico, Matteo Milesi alla batteria. Paola Milzani è impegnata sia come solista vocale sia come direttrice del coro The Golden Guys nei brani Lacrimosa, Armida e Ritratti che ospita al sax tenore il giovane talento emergente Nicholas Lecchi. Registrato dal vivo nell’Auditorium Modernissimo di Nembro in occasione di Bergamo|Brescia Capitale Italiana della Cultura 2023, il cd è un viaggio ideale tra musica, arte, architettura, letteratura, scienza e storia di alcune figure eccellenti che hanno fatto conoscere Bergamo e Brescia in tutto il mondo veicolando lo spirito creativo, aperto, innovativo dell’Italia e i suoi valori profondi di partecipazione, apertura e progresso nella storia dell’umanità. Michelangelo Merisi Caravaggio, Arturo Benedetti Michelangeli, Giacomo Costantino Beltrami, Niccolò Tartaglia, Giacomo Quarenghi, Torquato Tasso e le donne della resistenza sono i protagonisti dello spettacolo. Unico brano non originale è il Lacrimosa tratto dalla Messa da Requiem op. 73 di Gaetano Donizetti. Si tratta di un progetto multidisciplinare, qui documentato nella parte musicale, nel quale Angeleri mette in campo la sua maturità compositiva offrendo un caleidoscopio che attinge in chiave personale, ora a spunti etnici, ora alla tradizione del jazz (dal gospel al jazz contemporaneo) ora alla musica classica (dalla politonalità al serialismo). L’improvvisazione e l’interplay sono gli elementi che conferiscono coerenza e godibilità all’intero progetto forte del contributo strumentale e creativo dei musicisti coinvolti. Una musica dagli echi mingusiani per la compattezza dei collettivi che decolla tangenzialmente con influssi melodici mediterranei e complessi poliritmi contemporanei. Nella versione live i quadri di Gianni Bergamelli si intrecciano con le composizioni musicali di Claudio Angeleri, i testi narrativi di Maurizio Franco e le animazioni di Adriano Merigo che danzano in tempo reale con le improvvisazioni dei diversi solisti. «È rischioso estrapolare la musica da uno spettacolo multidisciplinare in cui si alternano suoni, parole e immagini. Eppure, la natura della musica intesa come attivatrice di emozioni, quindi soggettive e diverse tra loro, conferisce una autonomia che invita l’ascoltatore ad assumere un ruolo attivo e personale anche nell’intimità dell’ascolto di un disco», sottolinea Claudio Angeleri. «Suggerisco quindi di dedicarsi ad un primo ascolto esclusivamente sonoro senza guardare e leggere il booklet: solo pura suggestione uditiva. Gli ascolti e le letture successive offriranno così la possibilità di cambiare prospettiva e replicare più volte le emozioni. Il disco, in questo modo, assume una dimensione plurale e condivisa che lo rende ancora oggi, nel terzo millennio, un mezzo vivo e stimolante per i musicisti di jazz – uso volutamente un termine così ampio - che si esprimono nel tempo reale e per il pubblico che ne fruisce. Anche per questo motivo è stata scelta una versione live di Concerto per catturare una versione unica e irripetibile». Claudio Angeleri, pianista, compositore e didatta. Ha studiato negli anni con Mark Levine, Cedar Walton, Jaky Byard diplomandosi in pianoforte jazz al London College of Music. Contestualmente si è laureato in Architettura al Politecnico di Milano e ha approfondito gli studi di pedagogia musicale.  Ha realizzato ventitré dischi come leader e una cinquantina come pianista collaborando con Bob Mintzer, Gianluigi Trovesi, Franco Ambrosetti, Charlie Mariano, Gabriele Comeglio, Giulio Visibelli, Gianni Basso, Bobby Watson, Steve Lacy. Ha tenuto concerti in Italia e all’estero – USA, Germania, Spagna, Egitto, Tunisia, Malta e ha suonato nei principali festival jazz internazionali proponendo soprattutto produzioni originali. Nel corso della sua carriera si è dedicato alla didattica del jazz scrivendo due manuali di tecnica pianistica e improvvisazione oltre a diversi saggi per riviste di settore. Attivo nella ricerca multidisciplinare ha curato la direzione artistica di diverse rassegne, tra cui il Festival Notti di Luce per sedici edizioni. Il triangolo di Tartaglia (a Niccolò Tartaglia) - Ispirato al grande matematico bresciano del rinascimento Niccolò Tartaglia trasforma in note un sistema numerico complesso, trasportandolo negli intervalli melodici e nei poliritmi.  “Se il musicista guarda dentro i numeri, è forse vero anche il contrario, cioè che il matematico ricerchi la poesia dentro i suoi calcoli, ma con un linguaggio che noi non conosciamo e solo pochi riescono veramente a penetrare” (dal testo dello spettacolo di Maurizio Franco). Lacrimosa (Gaetano Donizetti, Messa da Requiem, Op.73) - Tratto dalla Messa da Requiem op.73 vede impegnati il quartetto con Angeleri al piano e Trovesi al clarinetto piccolo insieme al coro The Golden Guys diretto da Paola Milzani. È da intendersi in forma di preghiera che sottolinea, nello spettacolo dal vivo, le recenti immagini dei mezzi militari che invece di armi e munizioni trasportavano il dolore della città di Bergamo. Arturo (ad Arturo Benedetti Michelangeli) - La ricerca della perfezione interpretativa di Michelangeli è da intendersi come un’ammissione di grande responsabilità verso l’idea del compositore. È in lui così intima e profonda da assumere dei caratteri autonomi, unici e personali. In tal senso tende ad avvicinarsi allo spirito autografico dei jazzisti pur nella diversità di mondi paralleli che tendono spesso a compenetrarsi attraverso l’improvvisazione e la composizione. Light and dark (a Michelangelo Merisi Caravaggio) - È un brano giocato sulle dinamiche e sui chiaroscuri ricercati dalla vocalità di Paola Milzani e nelle improvvisazioni di Angeleri e Trovesi. Armida (a Torquato Tasso) - È un brano che si sviluppa attraverso temi differenti con echi ora classici ora contemporanei traducendo la personalità multipla di Armida, protagonista della Gerusalemme Liberata di Torquato Ta sso. Le improvvisazioni sono condotte attraverso dei dialoghi a due - Visibelli/Comeglio, Trovesi/Angeleri – su una struttura armonica ancora diversa da quella dei temi precedenti. Ermitage (a Giacomo Quarenghi) -  L’architettura è spesso gioco di volumi, di figure disegnate con chiarezza, di assoluto equilibrio di contorni, interno ed esterno si chiamano e rispondono, paesaggio e costruzione usano un ritmo unico, una pulsazione continua che scatena il dialogo, con molte similitudini somigliando in tutto a quel call and response che dall’Africa è migrato nelle Americhe, dando forma a musiche come il blues, lo spiritual e infine il jazz e il suo interplay. Roots (a Giacomo Costantino Beltrami) - Costantino Beltrami ha percorso a piedi l’intero corso del Mississippi fino a scoprire le sue sorgenti. Ha incontrato nel lungo viaggio i nativi americani e loro tradizioni mentre a New Orleans un melting pot di culture unico e straordina rio creava i presupposti della nuova musica del XX secolo: il jazz.  Ritratti (alle donne della resistenza) - Conclude il disco una composizione corale sia nell’esecuzione sia nello spirito ideativo. Le donne della resistenza rappresentano un elemento imprescindibile della nostra liberazione. Sono un “io” collettivo e disinteressato capace del coraggio di chi è giusto, sono presenza tangibile di un riscatto da cui nasce la donna moderna, pilastro centrale della nostra civiltà.

MELODICO È IL NUOVO PROGETTO DISCOGRAFICO DI ANDREA SABATINO. IL TROMBETTISTA SALENTINO, AFFIANCATO DAL FISARMONICISTA VINCE ABBRACCIANTE, 
PRESENTERÀ I BRANI DEL CD PRODOTTO DA DODICILUNE E FESTINAMENTE AD ARNESANO, ACQUAVIVA DELLE FONTI E BRINDISI.

Prodotto da Maria Agostinacchio per l’associazione Festinamente e da Maurizio Bizzochetti per l'etichetta Dodicilune, distribuito in Italia e all’estero da Ird e nei principali store online da Believe, martedì 19 dicembre esce “Melodico” di Andrea Sabatino. Nel nuovo progetto discografico il jazz creativo e moderno del trombettista salentino si fonde con l’eleganza classica e raffinata del fisarmonicista Vince Abbracciante. Il duo propone la rivisitazione di otto brani che hanno fatto la storia della musica italiana: Cos'hai trovato in lui di Bruno Martino, due grandi successi cantati da Mina come Noi due, firmata da Alberto Testa e Augusto Martelli, e Brava del direttore d'orchestra, compositore, arrangiatore e paroliere Bruno Canfora, La strada di Nino Rota, dalla colonna sonora dell'omonimo film di Federico Fellini, Ho capito che ti amo e Angela di Luigi Tenco, L'ultima occasione di Jimmy Fontana e Un giorno ti dirò di Gorni Kramer, brano portato al successo, tra gli altri, dal crooner Nicola Arigliano. Il disco sarà presentato ufficialmente venerdì 22 dicembre alle 20 nel Palazzo Marchesale di Arnesano, in provincia di Lecce, sabato 23 dicembre alle 22 al Club1799 di Acquaviva delle Fonti, in provincia di Bari, e mercoledì 27 dicembre alle 22 all’Enoteca Fedele di Brindisi.  Prossimi appuntamenti al Duke JazzClub di Bari (13 gennaio), alla Stazione37 di Taranto (22 marzo), al Biella Jazz Club (2 aprile), al Bonaventura Club di Milano (3 aprile), al Neruda Cafè di Torino (4 aprile), al Varese Jazz Club (5 aprile) e al Countbasie JazzClub di Genova (6 aprile). «La musica di questo disco è un fiore raro, nato dalla passione, dalla creatività e dalla cura di Andrea Sabatino e Vince Abbracciante. La scelta dei brani, oculata e molto originale serve da ponte di lancio per una serie di improvvisazioni di altissimo livello», sottolinea Enrico Rava nelle note di copertina. «È un grandissimo piacere constatare il percorso di Andrea che, da quando l'ho conosciuto 10 anni fa, si è trasformato da trombettista emergente molto dotato in un musicista  maturo e molto interessante, con un controllo invidiabile sullo strumento e un senso per la melodia fuori dal comune. Questa è anche l'occasione per me di conoscere un musicista unico e straordinario come Vince Abbracciante. È un viaggio nella grande musica italiana di cui si sentiva il bisogno». Andrea Sabatino inizia lo studio della tromba a cinque anni, a nove intraprende gli studi al Conservatorio di Musica “Tito Schipa” di Lecce, dove nel 1999, appena diciassettenne, consegue il Diploma in tromba con il massimo dei voti. Partecipa a vari concorsi e rassegne nazionali esibendosi come trombettista classico. L’incontro nel 2000 con Fabrizio Bosso, spinge il giovane musicista a intraprendere lo studio del jazz. Partecipa ai seminari estivi di “Umbria Jazz 2001”, dove è premiato come “Miglior talento”, e “Siena Jazz”. Nel 2003 è selezionato per partecipare al “Premio Nazionale Massimo Urbani”, dove si classifica tra i finalisti e vince una borsa di studio per “Nuoro Jazz 2003”. Nel 2004 consegue il Diploma in Jazz sempre al Conservatorio di Lecce e contemporaneamente alterna la sua attività con lavori in Orchestre e in varie trasmissioni televisive Rai. Nel maggio del 2006 arriva “Pure Soul”, de butto discografico prodotto dall’etichetta salentina Dodicilune. Nei brani è affiancato da Vincenzo Presta (sax tenore), Ettore Carucci (piano), Giuseppe Bassi (basso), Mimmo Campanale (batteria) e dall’ospite Fabrizio Bosso. Nel 2015, sempre per la Dodicilune, esce “Bea” con Gaetano Partipilo al sax, Ettore Carucci al piano, Francesco Angiuli al contrabbasso e Giovanni Scasciamacchia alla batteria. Nel corso di questi anni ha collaborato, tra gli altri, con Dee Dee Bridgewater, Sergio Cammariere, Mario Biondi, Mario Rosini, Fabrizio Bosso, Rosario Giuliani, Daniele Scannapieco, Marco Tamburini, Giovanni Amato, Javier Girotto, Roberto Gatto, Fabio Zeppetella, Dario Deidda, Massimo Morricone, Gianni Cazzola, Paolo Di Sabatino, Roberto Ottaviano, Giuseppe Bassi, Alessandro Di Puccio, Stefano “Cocco” Cantini, Salvatore Bonafede, Nico Morelli, Piero Odorici, Arthur Miles, Maurizio Gianmarco solo per menzionarne alcuni. Il suo playing, seppur profondamente rispettoso della t radizione jazzistica, si caratterizza per la ricerca di un suono personale che emana calore, impreziosito da un fraseggio agile, limpido, da una sensibilità comunicativa genuina e generosa. “Chi più mi ha impressionato è un giovane italiano, originario della Puglia: si chiama Vince Abbracciante. In ogni brano mi ha imbarcato in una storia e commosso”, disse di lui Richard Galliano (Jazzman, 2005). Ostunese, classe 1983, Vince Abbracciante a otto anni intraprende gli studi musicali con il padre Franco. Diplomato in musica jazz al Conservatorio “Nino Rota” di Monopoli sotto la guida di Gianni Lenoci e laureato in fisarmonica classica con lode e menzione speciale al Conservatorio Egidio Romualdo Duni di Matera con Gian Vito Tannoia, ha frequentato master class, seminari, corsi. Si è esibito in festival e jazz club in tutto il mondo suonando con numerosi musicisti (Juini Booth, John Medeski, Richard Galliano, Marc Ribot, Javier Girotto, Gabriele Mirabassi, Flavio Boltro, Fabrizio Bosso, Peppe Servillo, Lucio Dalla, Ornella Vanoni, Heidi Vogel). Nel 2006 si avvicina anche alle tastiere vintage. Nel 2009 progetta ins ieme a Carlo Borsini un nuovo sistema per il cambio dei registri della fisarmonica, che permette di ampliare la gamma sonora del suo strumento. Ha scritto colonne sonore per i film del regista Gianni Torres e ha pubblicato vari cd con The Bumps (trio completato da Davide Penta e Antonio Di Lorenzo) e con Paola Arnesano (Tango! - 2012 , MPB - 2017, Opera! - 2022). Dopo “Introducing”, nel quale è affiancato dal leggendario bassista newyorkese Juini Booth (2012, Bumps Records) ha pubblicato per l’etichetta Dodicilune i due cd “Sincretico” (2017) e “Terranima” feat. Gabriele Mirabassi (2019). Nella sua carriera ha conquistato numerosi premi nazionali e internazionali. Dal 2000 è testimonial delle fisarmoniche Borsini di Castelfidardo. Dal 2017 il calco della sua mano destra viene conservato presso il “Museo Internazionale delle Impronte dei Fisarmonicisti” di Recoaro Terme (VI). Nel 2021 (ex aequo con Simone Zanchini) e 2002 (grazie al cd "Santuario", in coppia con J avier Girotto – Dodicilune 2021) ha vinto  l'Orpheus Award nella categoria jazz. Nel 2022 ha firmato gli arrangiamenti del progetto "Io che amo solo te. Le Voci di Genova" di Serena Spedicato (canto, voce recitante) e Osvaldo Piliego (testi originali), prodotto da Dodicilune, Eskape e Coolclub.

EMILIANO BEZ - WORDLESS TALES

Prodotto dall’etichetta Dodicilune, distribuito in Italia e all’estero da Ird e nei principali store online da Believe, "Wordless Tales" è il nuovo progetto discografico di Emiliano Bez. Il giovane chitarrista e compositore veneto propone un concept album che, attraverso la musica, vuole rivelare all’ascoltatore ciò che le parole non possono descrivere. Il cd rappresenta «il viaggio della mia vita fino ad ora», un viaggio tra il mondo esterno e quello interno all’uomo, alla ricerca di se stesso e del suo equilibrio. Affiancato da Francesco Angiuli (contrabbasso), Georgios Tsolis (piano), Mauro Beggio (batteria) e, in quattro brani, Michele Tedesco (tromba e flicorno), Bez propone sette composizioni originali e “Ana Maria” di Wayne Shorter. L'album è diviso in tre sezioni. La prima comprende "Grey Sky Evening", "Last Lights" e "Nocturne", che fanno parte del ciclo del crepuscolo. «Sono tutti e tre ispirati al calare del sole e alla notte, momenti la cui contemplazione permette all'uomo di ritrovare se stesso», racconta il musicista. Nella sezione centrale “Whisper: for Mara”, «una dedica alla mia fidanzata, scritta in un momento di nostalgia». A seguire “Speranza”, una canzone che, come da titolo, vuole essere un augurio positivo verso il futuro. «Abbiamo poi pensato di inserire “Ana Maria”, un tributo al maestro Wayne Shorter, che più di tutti mi ha influenzato nella ricerca armonica e compositiva», precisa. Infine, l'ultima sezione è quella del viaggio interiore e della meditazione, con "Third Eye" e "Om Sphere", «sulle cui note riscopriamo l’esteriore osservato nel ciclo del crepuscolo, e la rinascita nel nostro universo interiore». Il ventiquattrenne bellunese Emiliano Bez inizia a studiare chitarra classica a otto anni. Dai quattordici si dedica allo strumento elettrico, suonando rock e blues prima di approdare al jazz. Studia al Conservatorio Statale di Musica Cesare Pollini di Padova con Daniele Santimone e segue lezioni con altri docenti come Max Ionata, Matteo Sabattini, Marcello Tonolo, Francesco Angiuli e con il pianista e compositore greco Georgios Tsolis. Svolge i primi corsi di specializzazione biennale al Conservatorio di Trieste con Klaus Gesing e Giovanni Maier e partecipa a masterclass e workshop con Andy Sheppard, Dave Liebman, Marc Copland, Renato Chicco, Rick Margitza, John Stowell e molti altri.

ROBERTO OTTAVIANO ETERNAL LOVE - PEOPLE

Martedì 16 gennaio esce People del progetto Roberto Ottaviano Eternal Love: nel cd, registrato durante vari live tra Italia, Svezia, Slovenia, Svizzera e Finlandia, prodotto da Maurizio Bizzochetti per Dodicilune, con il contributo di NuovoImaie, distribuito in Italia e all’estero da Ird e nei principali store online da Believe, il sassofonista barese è affiancato da Marco Colonna (clarinetto basso), Alexander Hawkins (piano), Giovanni Maier (contrabbasso) e Zeno De Rossi (batteria). Con questo progetto discografico prosegue anche nel 2024 la collaborazione tra l'etichetta discografica pugliese e il musicista attivo sulla scena jazzistica internazionale da oltre quarant’anni. Dopo "Un Dio Clandestino" (2008), "Arcthetics. Soffio Primitivo" (2013) , "Forgotten Matches. The Worlds of Steve Lacy" (2014), "Astrolabio" (2015), "Eternal Love" (2018), i due dischi dell’anno per Top Jazz di Musica Jazz, "Sideralis" (2017) e "Resonance & Rhapsodies" (2020), “Charlie’s Blue Skylight” (2022) e i recenti “A che punto è la notte” con il progetto Pinturas (2023) e “Astrolabio mistico” con Michel Godard (2023), arriva dunque People: cinque composizioni originali (Mong's Speakin', Hariprasad, Callas, Niki e Ohnedaruth) e i brani At The Wheel Well di Nikos Kypourgos, Gare Guillemans di Misha Mengelberg e Caminho Das Águas di Rodrigo Manhero. «Molti hanno pensato che la mia idea di Eternal Love sia una sorta di ode all’amore in senso assoluto ed al senso di pace e non violenza, oltre che riconoscenza eterna verso qualcuno e qualcosa. Non è proprio così. Almeno, non solo», racconta Roberto Ottaviano. «Nella vita ci sono cose ineluttabili che incontriamo e che ci costringono ad agire, non solo ad osservare. Rispettare sé stessi, battersi, cercare, ascoltare, disinnescare ma anche denunciare. Ed ecco che bisogna sempre intendersi sulla parola amore, che può anche voler dire non porgere sempre l’altra guancia. L’umanità è un microcosmo nel cosmo ed agisce in modo inaspettato così come prevedibile, con dei voli pindarici di bellezza e continui tuffi negli abissi più orribili, rinnegando sé stessa e quindi trasformandosi in qualcosa di disumano», prosegue il musicista. «Ho voluto raccogliere qui una serie di momenti “live” della band che mi sembra il momento in cui noi tut ti diamo il meglio nella combustione che si crea con il pubblico, e chiamarla People proprio nel tentativo di disegnare dei ritratti di questa umanità fatta di persone incontrate realmente e virtualmente, persone che ci hanno dato qualcosa, i loro luoghi ed i loro respiri». Il cd si apre con At The Wheel Well una composizione di Nikos Kypourgos tratta dal film "The Cistern" di Hristos Dimas che racconta una storia carica di risonanza politica. In superficie il film è un ritratto dell'ultima estate dell'infanzia di un gruppo di ragazzi di undici anni che scherzano, sfidandosi a vicenda a tuffarsi in una cisterna d'acqua di cemento, giocando a calcio e altri passatempi simili. Lo sfondo non dichiarato dell'intero film è il periodo del governo militare in Grecia (1967-74), un periodo in cui il paese entrò in una sorta di strana stasi sociale. Mong's Speakin' è una dedica allo spirito giocoso di un grande indimenticato della musica sud-africana: il trombettista Mongezi Fesa. Hariprasad è un gioco di specchi riflettenti e quasi ipnotici come caratteristica della musica popolare indiana. Solo che il gruppo non si affida alle regole del Raga, bensì alle proprie capacità improvvisative. È dedicato al grande solista di fla uto Hariprasad Chaurasia. Callas è un ritratto della diva intriso di mistero, sofferenza ed elevazione. Niki è una metafora della velocità, dedicato a Niki Lauda. Gare Guillemans di Misha Mengelberg è ispirato ad una vecchia (ora rinnovata) stazione ferroviaria Belga. «Qui abbiamo conservato in parte la vena originale un po' New Orleans funeral, ma secondo gli stilemi dei Dutch Masters, con il mio canto da vecchio ubriacone, e con l'idea che forse a Misha, questo personaggio, sarebbe piaciuto», precisa Ottaviano. Ohnedaruth è il nome sanscrito adottato da Coltrane e significa "compassionevole". «Mi piace pensare che qui abbiamo guardato a Trane attraverso lo spirito del quartetto di Elton Dean con Keith Tippett, Harry Miller e Louis Moholo, la loro forza la loro energia che non mi abbandonerà mai», racconta. Caminho Das Águas è un brano del brasiliano Rodrigo Manhero, ma in fondo il Cammino delle Acque è un leit motif della musica brasiliana, soprattutto quella legata a llo spirito dell'Amazzonia. «Potrebbe sembrare strano che un gruppo come questo, inserisce un brano così dolce e danzante nel suo repertorio, tuttavia io credo fermamente nel fatto che bisogna suonare quel che c'è nel cuore, senza farsi condizionare da luoghi comuni». Attivo sulla scena jazzistica internazionale da oltre quarant’anni, Roberto Ottaviano ha suonato e inciso con alcuni tra i più importanti musicisti americani ed europei a cavallo tra diverse generazioni. A cinque anni prende lezioni di clarinetto al Conservatorio “Niccolò Piccinni” di Bari poi studia sassofono classico a Perugia con Federico Mondelci, armonia e composizione classica con Walter Boncompagni, Giacomo Manzoni e Luigi Nono. Un fortuito incontro con Steve Lacy lo spinge ad approfondire lo studio del sax soprano. In America studia composizione jazz e arrangiamento con Ran Blake, Bill Russo, George Russell collaborando con Buck Clayton, Ernie Wilkins, Benny Bailey, Sal Nistico; poi è membro dell'orchestra di Andrea Centazzo, collabora con Gianluigi Trovesi, Theo Jörgensmann, Franz Koglmann, Carlo Actis Dato, Radu Malfatti, Carlos Zingaro, Franz Koglmann, Georg Gräwe, Ran Blake, Tiziana Ghiglioni. Nel 1983 pubblica i l suo primo album ("Aspects") con Giancarlo Schiaffini, Paolo Fresu, Carlo Actis Dato. Nel 1986 costituisce un quartetto con Arrigo Cappellatti. Nel 1988 fonda l'ensemble di ottoni "Six Mobilies", nel 1988 incide un omaggio a Charles Mingus (Mingus - portraits in six colours ), nel 1990 incide "Items from the old earth". Dal 1979 collabora con numerosi musicisti jazz come Dizzy Gillespie, Art Farmer, Mal Waldron, Albert Mangelsdorff, Chet Baker, Enrico Rava, Barre Phillips, Keith Tippett, Steve Swallow, Irene Schweizer, Kenny Wheeler, Henry Texier, Paul Bley, Aldo Romano, Myra Sant'agnello, Tony Oxley, Misha Mengelberg, Han Bennink, Mario Schiano, Trilok Gurtu, Samulnori, Pierre Favre. Suona in moltissimi jazz festival europei e americani. Si esibisce in Germania, Austria, Svizzera, Belgio, Francia, Danimarca, Norvegia, Inghilterra, Spagna, Portogallo, Jugoslavia, Albania, Romania, Russia, India, Giappone, Messico, Tailandia, Marocco, Algeria, Costa d’Avorio, Senegal, Cameroun, St ati Uniti, Canada, ed ha inciso per Red, Splasc(h), Soul Note, Dodicilune, Hat Art, Intakt, ECM, DIW ed Ogun. Da didatta ha tenuto corsi a Woodstock N.Y., nei conservatori di Città del Messico, Vienna, Groningen, presso le istituzioni culturali di Urbino, Cagliari, Firenze, Roma, Siracusa. Ha fondato il corso Musica Jazz nel Conservatorio Niccolò Piccinni di Bari e di cui è coordinatore da quasi 30 anni. È autore del libro, "Il sax: lo strumento, la storia, le tecniche” (Muzzio editore, 1989). Per Dodicilune ha pubblicato, con varie formazioni, "Un Dio Clandestino" (2008), "Arcthetics. Soffio Primitivo" (2013), "Forgotten Matches. The Worlds of Steve Lacy" (2014), "Astrolabio" (2015), "Eternal Love" (2018), i due dischi dell’anno per Top Jazz (referendum indetto dalla rivista Musica Jazz) "Sideralis" (2017) e "Resonance & Rhapsodies" (2020), “Charlie’s Blue Skylight” (2022) e  “A che punto è la notte” (2023). È stato eletto musicista italiano dell'anno per T op Jazz 2022, referendum annuale indetto dalla storica rivista Musica Jazz.

GIACINTO PIRACCI Septet
Seven Tales of Guilt

Prodotto da Dodicilune, distribuito in Italia e all’estero da Ird e nei principali store online da Believe, martedì 23 aprile esce “Seven Tales of Guilt” di Giacinto Piracci Septet. Il chitarrista napoletano è affiancato da Umberto Muselli (sax tenore), Giulio Martino (sax soprano e tenore), Francesco Desiato (flauto e sax baritono), Ergio Valente (piano), Umberto Lepore (contrabbasso) e Leonardo De Lorenzo (batteria). Il cd propone sei composizioni originali di Piracci (“And darkly bright, are bright in dark directed”, “Minor Figure”, “Haiku in eight bars”, “Finzioni”, “Ospedale delle Bambole” e “Bartleby”) e il brano “Heaven” tratto dal “Second Sacred Concert” di Duke Ellington. «Se è vero che nessun suono è innocente, le immagini sonore evocate dai “Sette racconti di colpevolezza” di Giacinto Piracci realizzano un affresco in cui la musica si fa metafora di un’esistenza che sa cogliere l’istante abbracciando il dialogo, il confronto, la contaminazione: appunto pratiche “colpevoli” di rifuggire dalla purezza intesa come declinazione dell’innocenza», sottolinea il critico musicale Ugo Sbisà nelle note di copertine. «Alla base dei “Seven Tales”, come i bibliofili incalliti potranno facilmente rilevare, ci sono anche delle suggestioni letterarie che rimandano di volta in volta alla letteratura occidentale o alle singolarissime miniature letterarie della cultura giapponese e tuttavia l’aspetto più sorprendente di questo disco è rappresentato dall’approccio compositivo, perché se non fosse lo stesso Piracci a precisarlo, ascoltandolo si avrebbe la sensazione di un lavoro frutto di una scrittura rigor osa. E invece accade esattamente il contrario, i brani, le melodie, sgorgano da bordoni degli strumenti gravi, sono sostenuti da un suono lavico frutto di attenti, efficaci interplay estemporanei, secondo una procedura che potrebbe richiamare alla mente quella seguita da Miles Davis nella realizzazione dell’ormai leggendario “Bitches Brew”», prosegue Sbisà. «Demiurgo del materiale sonoro più che compositore in senso tradizionale, Piracci concepisce i brani con un respiro orchestrale nel quale la chitarra non cede mai alla tentazione di prevalere sugli altri strumenti, ma, pur a fronte di assoli incisivi e ben incardinati nel filone contemporaneo, si pone in una posizione quasi paritaria col resto del gruppo, senza mai perdere una concezione di “assieme” frutto di un linguaggio solido e maturo. Così congegnato, il percorso sembra quasi rappresentare un viaggio iniziatico che parte dalle suggestioni scespiriane di “And Darkly Bright, Are Bright in Dark Direct ed”, il brano più breve e più “scritto” del disco, caratterizzato da un taglio quasi fiabesco; “Minor Figure”, costruito su due accordi minori, si dipana attraverso le serpentine dei sassofoni rievocando vaghe reminiscenze shorteriane; le otto battute di “Haiku in Eight Bars” sono sufficienti per incastonare un bell’intervento del sax tenore seguito da un crescendo espressivo inesorabile; l’omaggio a Borges di “Finzioni”, costruito su un ostinato del basso, consente di apprezzare la maestria chitarristica di Piracci con un assolo dalle fragranze bluesy, mentre “Ospedale delle Bambole” ammalia con la sua dolce vena malinconica; “Bartleby”, il cui titolo deriva dallo scrivano di Herman Melville, è un dinamico jazz waltz che prelude al “ritorno alla luce” rappresentato da “Heaven”, unico brano non originale della scaletta, tratto dal Secondo Concerto Sacro di Duke Ellington». “Seven Tales of Guilt” si apre con “And darkly bright, are bright in dark directed”, un breve brano di introduzione ispirato da un suggestivo e sonoro passaggio del Sonetto 43 di Shakespeare, fatto di luci e di contrasti. “Minor Figure” è un pezzo basato su due soli accordi minori discendenti di tono, con un ostinato di piano e basso e un intricato tema, che nei soli sfocia gradualmente in un’improvvisazione collettiva arrangiata estemporaneamente da tutti, fino ad uno special con protagonista la batteria. “Haiku in eight bars” è un tema di otto battute ispirato dal celebre genere di poesie giapponesi che in poche righe possono descrivere interi cicli naturali. Passa idealmente dalla primavera all’inverno, con il reiterarsi delle ultime quattro battute in ostinato e l’infittirsi degli interventi solistici collettivi. “Finzioni” è un’altra composizione basata su soli due accordi, stavolta maggiori e ascendenti di tono, ispirato alla celebre raccolta di racconti fantastici di Borges. Il tempo è dispari e zoppicante, e ci sono due cellule tematiche ripetute due volte, una solo all’inizio e l’altra a chiusura della sezione soli, dove i background dei fiati sono totalmente estemporanei. Il Baritono esegue un bordone ostinato simile al contrabbasso per tutta la durata del brano. “Ospedale delle Bambole” è un breve e malinconico tema che mi ha ricordato una magica bottega che vedevo da ragazzo nel Decumano inferiore di Napoli. Gli interventi solistici di Piano e Flauto sono sempre accompagnati da tessiture tematiche eseguite all’istante dagli altri strumenti. “Bartleby”, poi, è un Waltz ispirato dal celebre e misterioso racconto di Melville “Bartleby lo scrivano”. Un intro basato sulla sezione finale è eseguito in una sorta di imitazione tra i due sax, seguito dal tema, incompleto e coronato la p rima volta, completo la seconda. Dopo i soli la stessa sezione suonata all’inizio chiude a ripetizione indefinita, con interventi tematici e solistici collettivi. Infine "Heaven" di Duke Ellington, tratto dal Second Sacred Concert, con la sua luce paradisiaca, «mi sembrava la chiusura ideale di un percorso cominciato con le luci soffuse di “Darkly bright”. Ogni chorus è suddiviso in quattro sezioni di otto battute dove tutti gli strumenti improvvisano a turno il loro solo, tranne il flauto, impegnato perpetuamente a cucire un background improvvisato in pianissimo», racconta Giacinto Piracci.

LUCA CRISPINO
DIFFRAZIONI

Prodotto da Dodicilune, distribuito in Italia e all’estero da Ird e nei principali store online da Believe, martedì 28 maggio esce Diffrazioni di Luca Crispino. Nelle nove tracce del progetto discografico - otto brani originali e la rilettura di “Danza del cerchio” del musicista ungherese Béla Bartók - il chitarrista e compositore padovano è affiancato da Federico Zoccatelli (sax soprano/alto), Stefano Benini (flauto, flauto basso, didgeridoo), Riccardo Ferfoglia (basso elettrico), Luigi Sabelli (batteria). Il quintetto usa l’improvvisazione come uno suoi dei grandi fili conduttori. Improvvisazione non solo per i due brani d i pura creatività catturati dal vivo “di getto” durante le sedute di registrazione, ma anche perché ogni composizione scritta da Crispino nasce da idee estemporanee sorte sul momento e poi fissate sul pentagramma. Una pratica, questa, che a molti può far venire in mente il jazz, un linguaggio che effettivamente accomuna in diversa misura tutti i musicisti della formazione. In realtà, però, si rischierebbe di fare un torto a questo lavoro se ci si fermasse qui. A ben ascoltare, la musica non è facilmente catalogabile, anche se i rimandi sono innumerevoli (ognuno ne troverà vari e a piacimento) e forse è anche in questo tentativo di superare il senso del limite, dello steccato, delle definizioni troppo anguste che si può interpretare la forma di suite del disco, in cui ogni brano sfocia o, meglio, cade, in qualche modo e irrimediabilmente, in quello successivo. Quasi un unico corso sonoro all’origine del quale c’è un valore assoluto della musica, concepita come espre ssione intima, nata da ascolti, incontri ed esperienze personali e non come adeguamento a modelli precostituiti, a stilemi e prassi obbligatorie o ai condizionamenti di paradigmi declinati su grammatiche musicali “sacre”.
Chitarrista e compositore padovano, Luca Crispino si avvicina al jazz nel 1997 provenendo da esperienze rock, blues e prog. In questo periodo ha l'opportunità di partecipare ad alcuni interessanti progetti di fusione tra i generi coltivando sempre più la sua attenzione verso lo studio, la pratica e la natura dell'improvvisazione musicale. Dal 2000 esercita la professione artistica esibendosi dal vivo in varie formazioni e partecipando ad importanti rassegne musicali e festival nazionali. Sempre dallo stesso anno inizia a dedicarsi all'insegnamento e allo studio della musica sperimentale. Nel 2013 si trasferisce a Verona dove è tra i creatori del Centro di Formazione Musicale Moderna Artingegno. Collabora attivamente con diversi artisti ed ensemble, operando in produzioni discografiche ed esibizioni live. Ad oggi Luca Crispino alterna la sua attività di musicista, sia sul palco che in studio, alla didattica ed alla ricerca musicale. “Diffrazioni” è la sua quarta partecipazione a un disco pubblicato dalla Dodicilune dopo “Kobayashi” con Roberto Lancia, Fabio Basile e Luigi Sabelli (2023), “Le Quattro Verità” con Danilo Gallo, Luca Pighi e Roberto Zorzi (2022) e “Pequod” con il progetto Terreni Kappa con Francesco Caliari, Fabio Basile e Luca Pighi (2021).
Federico Zoccatelli studia clarinetto con Ezio Resmini nella banda di Dossobuono e sassofono con Beppe Castellani, Francesco Bearzatti, Robert Bonisolo, Mauro Negri. Frequenta i jazz workshop di Barry Harris e vari corsi di musica d’assieme con Renato Chicco, Salvatore Maiore, Oscar Zenari. Partecipa al seminario jazz di Sant’Elpidio a Mare con gli insegnanti della Berklee di Boston e al Jazz workshop a Bassano del Grappa con gli insegnanti della New School di New York. Studia pianoforte classico con il maestro Gianluca Brigo. Suona il sassofono con un suo quartetto, il Federico Zoccatelli 4et, proponendo progetti di musica jazz, in particolare ha prodotto un tributo a Sonny Rollins trasformatosi anche in EP. Partecipa a progetti in diverse formazioni proponendo brani di bossanova e della musica popular brasileria. Ha suonato nei “Sax4sale”, quartetto di sassofoni. Approfondisce le atmosfere orientali e etniche nel gruppo “Lu cyan and the orientations”. Suona nella “Verona Improvisers Jazz Orchestra” che ha pubblicato un cd live sulle composizioni di Carla Bley e Maria Schneider e un cd per Caligola "E se domani fosse jazz. The Carlo Alberto Rossi songbook". La formazione ha partecipato a diversi festival jazz del nord Italia con arrangiamenti originali di brani tratti dai musical di Broadway e con un progetto dedicato alle rivisitazione delle canzoni suonate a Woodstock. Fonda i “Planet Groove”, gruppo funky con un repertorio che spazia da James Brown a John Scofield. Dal 1999 al 2009 ha insegnato sassofono e clarinetto al centro per l’avviamento musicale di S. Giovanni Lupatoto e dal 2003 al 2005 ha insegnato sax presso l’accademia di musica Artes di Verona.Dal 2009 è docente presso la scuola secondaria di primo grado. Suona il sax e coordina gli arrangiamenti per il disco di Marco Giacomozzi "I giorni delle lucciole".
Stefano Benini si è diplomato in flauto al Conservatorio di Torino. Dopo il diploma si è dedicato alla musica jazz e allo studio del flauto al di fuori dei canoni classici. Ha partecipato a numerosi festival e rassegne suonando con alcuni dei più prestigiosi nomi del jazz straniero e italiano come: Sam Most, Lee Konitz, Lawrence"Butch"Morris, Ruud Brink, J.A.Deane, Zeena Parkins, Myra Melford, Bill Horvitz, Nin Le Quan, Larry Nocella, Peter Guidi, Nicola Stilo, Gianni Basso, Paolo Birro, Bruno Marini, Andrea Pozza, Marcello Tonolo, Gianni Coscia, Antonello Salis, Daniele Di Bonaventura, Garrison Fewell, Nino De Rose, Duilio Del Prete, ... e molti altri. Ha ottenuto numerosi riconoscimenti in ambito locale e italiano. TOP JAZZ come miglior flautista jazz Italiano negli anni 2010\2015\2018. Collabora da anni con la rivista specializzata Falaut dove cura una rubrica sul flauto jazz. Ha al suo attivo numerose pubblicazioni. La critica i taliana e straniera si è espressa più volte in modo favorevole. La sua discografia è svariata sia come leader sia come co-leader.
Riccardo Ferfoglia veronese, ha perfezionato gli studi in Filosofia ed Estetica musicale all’Università di Bologna. Ha suonato come bassista e chitarrista in diverse formazioni blues e progressive rock. Da tempo collabora con musicisti in ambito jazzistico, privilegiando situazioni creative e originali.
Luigi Sabelli, veronese classe 1966, ha iniziato a suonare la batteria influenzato dalla passione del padre contrabbassista dilettante, finendo per ascoltare quotidianamente decine di dischi e suonare con varie formazioni jazz e rock sin dall’età adolescenziale. Dalla fine degli anni Settanta ha studiato batteria con vari maestri, tra cui Giorgio Salgarelli, Alberto Olivieri ed Enrico Lucchini nelle stanze sopra il locale “Capolinea” di Milano dal 1986 al 1987.Tra i gruppi a cui ha preso parte negli ultimi trent’anni ha registrato e suonato dal vivo con i Francesco Baracca Pilota, i Kakikiwi di Ottavio Giacopuzzi, i Vigliacchi del jazz, Andrea Dudine Trio, Holy Fathers, Peluqueria Hernandez. Tra gli anni Ottanta e Novanta ha suonato occasionalmente con Mauro Ottolini, Bruno De Filippi, Bruno Marini e Francesco Bearzatti. Appassionato di jazz e di musiche “non conformi”, scrive per Musica Jazz e per All About Jazz, per i qu otidiani L’Arena di Verona e il Nuovo giornale di Bergamo e sporadicamente per World Music Magazine. Nel 2004 e nel 2005 ha condotto due cicli settimanali della trasmissione “Fuochi” su Radio 3.

MATTHIAS HOPF

"Homenagem ao Brasil" feat. Gabriele Mirabassi

Prodotto da Dodicilune, distribuito in Italia e all’estero da IRD e nei principali store online da BELIEVE DIGITAL, da martedì 11 giugno è in distribuzione “Homenagem ao Brasil” del chitarrista, compositore e didatta berlinese – di adozione bolognese – Matthias Hopf con il contrabbassista Andrea Lamacchia e il featuring del celebre clarinettista Gabriele Mirabassi. Quattro brani originali e sei arrangiamenti piuttosto elaborati di autori brasiliani (Guinga, Jean Charnaux, Tom Jobim e Yamandu Costa) in un incontro tra musica brasiliana, jazz e musica classica moderna con un carattere quasi cameristico ed elementi vicini al mondo dei grandi compositori classici (Ravel, Mahler, Debussy, Schoenberg, Chopin). “L’incontro tra Europa e Africa in un continente terzo – forse sta in questo il nucleo del fascino che la musica brasiliana ha sempre avuto su di me e che mi ha portato a scrivere questo “Homenagem ao Brasil”, progetto inconsueto per un compositore di musica classica contemporanea. L’essenza di questo incontro è in gran parte una storia di violenza e ingiustizia – gli africani deportati dagli europei come schiavi per sfruttare le terre rubate alla popolazione indigena del Sudamerica colonizzato. Ma la musica brasiliana è proprio una prova del fatto che anche dalle circostanze peggiori possano nascere espressioni artistiche di grande bellezza. Il suo fascino per me è dovuto alla strana combinazione di melodie e armonie europee dal sapore spesso malinconico con l’elemento ritmico vitale della musica africana, una apparente contraddizione. Il mio è un omaggio molto personale attraverso quattro brani interamente composti da me e sei arrangiamenti piuttosto elaborati di autori brasiliani, in particolare di Guinga, Jean Charnaux, Tom Jobim e Yamandu Costa. Si tratta di un misto di musica brasiliana, jazz e musica classica moderna con un carattere quasi cameristico, con elementi del mio modo di comporre ma anche con piccoli omaggi ad autori a me cari – Ravel, Mahler, Debussy, Schoenberg, Chopin. “Canto esquecido” significa “canto dimenticato” ma anche “angolo dimenticato” ed è dedicato a Guinga, che ho avuto il piacere di conoscere a una masterclass. “Menino sonhador” (il ragazzo sognatore) è interamente basato su un motivo pentatonico tipico del canticchiare dei bambini che pervade tutto il pezzo. “Samba de Orfeo” è un omaggio al nostro duo “Rua Orfeo” (chitarra e contrabbasso) e un’allusione alla strada di Bologna dove abitiamo tutti e due (Via Orfeo). “Valsa melancolica” nasce dalla mia venerazione per Maurice Ravel con un vago riferimento nell’introduzione al quinto movimento del “Quatuor pour la fin du temps” di Olivier Messiaen. Gli arrangiamenti dei brani brasiliani sono sempre preceduti da introduzioni composte da me. Ho avuto la grande fortuna di essere accompagnato in questo progetto da due musicisti eccezionali come Andrea Lamacchia al contrabbasso e Gabriele Mirabassi al clarinetto. Un ringraziamento anche al mio amico e grande esperto di musica brasiliana Luca Lombardi a cui devo la conoscenza della maggior parte dei brani arrangiati.” Matthias Hopf
“O encontro entre Europa e África em um terceiro continente – talvez aí esteja o cerne do fascínio que a música brasileira sempre teve para mim e que me levou a escrever esta “Homenagem ao Brasil”, um projeto incomum para um compositor de música clássica contemporânea. A essência desse encontro é, em grande parte, uma história de violência e injustiça – africanos deportados pelos europeus como escravos para explorar terras roubadas da população indígena da América do Sul colonizada. Mas a música brasileira é justamente a prova de que, mesmo nas piores circunstâncias, podem nascer expressões artísticas de grande beleza. Seu fascínio para mim se deve à estranha combinação de melodias e harmonias europeias de sabor frequentemente melancólico com o elemento rítmico vital da música africana, uma aparente contradição. A minha é uma homenagem muito pessoal por meio de quatro peças compostas inteiramente por mim e seis arranjos bastante elaborados de compositores brasileiros, em especial Guinga, Jean Charnaux, Tom Jobim e Yamandu Costa. É uma mistura de música brasileira, jazz e música clássica moderna com um caráter quase camerístico, com elementos da minha própria maneira de compor, mas também com pequenas homenagens a autores que me são caros – Ravel, Mahler, Debussy, Schoenberg, Chopin. “Canto esquecido” é dedicado a Guinga, que tive o prazer de conhecer em uma masterclass. “Menino sonhador” é inteiramente baseada em um motivo pentatônico típico do cantarolar das crianças que permeia toda a peça. “Samba de Orfeo” é uma homenagem ao nosso duo “Rua Orfeo” (violão e contrabaixo) e uma alusão à rua em Bolonha onde ambos moramos (Via Orfeo). “Valsa melancólica” é fruto de minha veneração por Maurice Ravel, com uma vaga referência na introdução ao quinto movimento do “Quatuor pour la fin du temps” de Olivier Messiaen. Os arranjos das peças brasileiras são sempre precedidos por introduções compostas por mim. Tive a grande sorte de ser acompanhado nesse projeto por dois músicos excepcionais, Andrea Lamacchia no contrabaixo e Gabriele Mirabassi no clarinete. Meus agradecimentos também vão para meu amigo e grande especialista em música brasileira Luca Lombardi, che me apresentou a maioria das peças arranjadas.”

PAOLO PRESTA
"Ibridanze"

Prodotto da Dodicilune, distribuito in Italia e all’estero da IRD e nei principali store online da BELIEVE DIGITAL, martedì 18 giugno esce “Ibridanze”, il nuovo progetto discografico del fisarmonicista e organettista calabrese Paolo Presta. Nei nove brani originali del disco è affiancato, senza mai superare la formazione del duo, da Federica Greco alla voce, Gianluca Bennardo al trombone, Antonio De Paoli al violino, Massimo Garritano alla chitarra elettrica, Dario Della Rossa al pianoforte, Francesco Magarò alle percussioni tradizionali ed etniche. “Questo album è una selezione di alcune idee musicali che nel corso degli ultimi anni ho messo nel cassetto. Un cassetto che di tanto in tanto ho aperto per conservarne delle nuove o per lavorare su quelle che erano già lì ad aspettare impazienti di uscire. Credo sia un’esigenza naturale, spontanea, che fonda le sue radici nei graffiti e nei dipinti rupestri che si perdono nella notte dei tempi: lasciare un segno, una traccia, anzi 9 tracce, nelle quali ho dato libero sfogo alla mia creatività. Facendo un’autoanalisi, all‘ascolto viene fuori una certa irrequietezza data da frequenti cambiamenti improvvisi… navigo in un mare tranquillo, dove un leggero venticello mi rassicura; il cappello di paglia che delicatamente mi protegge dal sole vola via ed ecco che davanti ai miei occhi si palesa una tempesta! La donna che amo, che fino ad un attimo prima era con me sulla barca non c’è più. Sarà caduta in acqua? Starà annegando? Mi tuffo, lotto fino allo sfinimento… mi risveglia lei, con un bacio. Sono in riva al mare, il brutto è passato, é ora di salire su in paese attraverso “valli fiorite, dove all’ulivo si abbraccia la vite”, boschi secolari che nemmeno il vecchio corvo che ormai ha più di mille anni può dominare. Mi perdo nella bellezza. Le ninfe che abitano quei posti mi fanno strada fino ai confini del bosco da dove si intravede il piccolo borgo. La compagnia circense proveniente dai Balcani sta già dando spettacolo, gli amici mi accolgono alla grande tavolata, siamo tutti felici e conflenti ma non è finita, anzi deve ancora incominciare. Si aprono le danze! Le danze, sì, perché non è solo una ma sono tante, sono diverse, si uniscono a formare una sola danza che non è un tango, non è una tarantella, è un ibrido. Ma sono delle danze. Delle Ibridanze.” Paolo Presta

L’etichetta salentina Dodicilune è attiva dal 1996 e riconosciuta dal Jazzit Award tra le prime etichette discografiche italiane (dati 2010/2014). Dispone di un catalogo di oltre 220 produzioni di artisti italiani e stranieri, ed è distribuita in Italia e all'estero da IRD presso 400 punti vendita tra negozi di dischi, Feltrinelli, Fnac, Ricordi, Messaggerie, Melbookstore. I dischi Dodicilune possono essere acquistati anche online (Amazon, Ibs, LaFeltrinelli, Jazzos) o scaricati in formato liquido su 56 tra le maggiori piattaforme del mondo (iTunes, Napster, Fnacmusic, Virginmega, Deezer, eMusic, RossoAlice, LastFm, Amazon, etc).