Carlo Boccadoro, per una musica senza muri a favore di menti libere e curiose

Carlo Boccadoro si è formato a Milano, in anni di sperimentazione e di ricerca a favore di una musica “totale” quale quella, ad esempio, propugnata da Giorgio Gaslini. Nato a Macerata nel 1963, è entrato in Conservatorio nel 1975.  Come musicista si è specializzato, prima, come percussionista, poi come pianista. In seguito, si è dedicato alla composizione e alla direzione d’orchestra. Come divulgatore, negli anni Ottanta, ha operato a “Radio Popolare” e, nel decennio successivo, ha iniziato a scrivere testi musicali, tra cui anche fiabe destinate a un pubblico giovanile. “Musica Coelestis” è (verosimilmente) la sua opera più conosciuta, nella quale ebbe modo di intervistare undici compositori che intendeva far meglio conoscere al pubblico italiano: Giya Kancheli, James Mac Millan, Gavin Bryars, Aaron Jay Kernis, Louis Andriessen, Laurie Anderson, Michael Nyman, Steve Reich John Adams, David Lang, Philip Glass. Nel 1997, con Filippo Del Corno e Angelo Miotto, Boccadoro ha fondato il gruppo “Sentieri Selvaggi”, per promuovere, a vari livelli, la musica contemporanea.  Il compositore vive e lavora a Milano, anche se spesso è obbligato a viaggiare per ottemperare agli impegni professionali. La sua musica è ricca di contaminazioni, un crogiolo nel quale vi è una commistione di linguaggi musicali, che rifiuta distinzioni aprioristiche tra musica “colta” e altri generi sonori. Una significativa influenza nella sua formazione hanno avuto il jazz, il rock e il pop.  

Yoko Ono e John Cage
L’ultima produzione testuale di Carlo Boccadoro è “12. Storie di dischi irripetibili, musica e lampi di vita” (di seguito segnato come “12”), edita dalla SEM nel 2018, nella quale l’Autore ha scelto di scrivere amalgamando esperienze personali con osservazioni in merito a dodici specifiche incisioni discografiche. I contenuti di numerosi paragrafi invitano a riflettere sul ruolo di chi “fa” musica nel mondo contemporaneo, altri contenuti offrono spunti tematici, utili per meglio comprendere composizioni che spesso richiedono di interrogarsi circa il senso della vita. 
Nell’esposizione, l’Autore non sembra voler seguire un filo cronologico, quanto piuttosto stimolare il lettore ad ampliare le proprie conoscenze in ambito musicale, prendendo spunto da opere poco conosciute o, ingiustamente, sottovalutate.  Nella narrazione, momenti di lirismo si associano ad altri in cui subentrano giocosità e ironia. Il tema del dolore lacerante emerge nel capitolo dedicato al disco di Yoko Ono (“Plastic Ono band”), realizzato dopo la perdita del proprio figlio. Stress, rabbia, angoscia trovano sfogo attraverso la voce, dal brano “Why?”, in cui “Yoko pare chiedere all’universo intero il perché di tutto quello che le è accaduto…”. Questo disco venne ai tempi “massacrato” dalla critica, mentre oggi “… viene visto come una creazione visionaria e anticipatrice di molte tendenze musicali dei decenni successivi”. La chiusura di “12” è dedicata a un’opera orchestrale poco conosciuta di John Cage: “101” (del 1988), che è il numero degli esecutori sinfonici, per dirigere i quali il compositore americano richiese la presenza del direttore d’orchestra solo durante le prove. Non esiste la partitura, ma esclusivamente le singole parti scritte per i musicisti, caratterizzate da diversi “time brackets”, rispetto ai quali ogni esecutore ha la possibilità di intervenire con margini di libertà esecutivi. Cage compose “101” prendendo spunto da una frase di H. D. Thoreau, nella quale evidenziava che “la migliore forma di governo è: nessun governo. Questa è la forma di governo che avremo quando saremo pronti per essa”. Boccadoro ha avuto modo di conoscere Cage in quegli anni e lo ricorda “sempre pieno di energia, entusiasmo e voglia di fare…”. “101” è una composizione nella quale è indispensabile porsi “in ascolto con estrema attenzione per avvertirne chiaramente le continue variazioni cromatiche … ogni suono fa parte del tutto e mantiene la propria personalità individuale. Ascoltare questa musica è come guardare il cielo stellato in piena notte: percepiamo la grandezza immensa del tutto e allo stesso tempo possiamo dirigere la nostra attenzione su ogni piccola luce che appare e scompare nell’oscurità”.  

Flash dall’Italia
In “12” Boccadoro scrive spesso di musicisti e compositori italiani e alcune pagine sono dedicate con riconoscenza al suo docente di percussioni, Franco Campioni. Un capitolo è riservato con stima a Luciano Berio, con riferimenti a “Folk songs” e a un’opera commissionata, prendendo spunto da un racconto popolare.   Viene, inoltre, valorizzato l’album che raccoglie tre lavori composti da Berio durante gli anni Ottanta: Voci, Requies, Corale. Rispetto alla “practica” musicale, nel libro si possono leggere varie considerazioni riferite al (delicato e talvolta conflittuale) rapporto tra chi scrive musica e chi dirige. Ha evidenziato lo scrittore che proprio “… grazie a direttori d’orchestra appassionati ho potuto ascoltare quel che avevo scritto eseguito nel migliore dei modi: un privilegio che non bisogna mai dare per scontato nel mestiere di compositore”.  Boccadoro si è spesso contraddistinto per una condotta “militante” nei confronti della musica, iniziata a maturare sin da quando era studente in Conservatorio, luogo del quale racconta diversi aneddoti, sviluppatisi tra concerti, lezioni, incontri, luoghi di riunione e periodi di lotta collettiva, per riuscire a ottenere maggiori spazi di libertà in termini di formazione culturale e di fruizione musicale. Degli anni Settanta, narra il ricordo del concerto degli “Area” tenutosi all’Università Statale di Milano (“Event ’76”) e delle reazioni ambiguamente “calorose” del pubblico. Sempre riferendosi agli anni della contestazione, nel capitolo quinto, l’Autore ha dato risalto al disco di Claudio Lolli (“Disoccupate le strade dei sogni”), in cui parole e musiche sono “… trasmutazione poetica della realtà, in grado di restituire a ogni ascolto le emozioni e i pensieri appartenuti non solo all’autore, ma a tutti quelli che hanno vissuto quei giorni”.

Sperimentazione e ibridazione
Un capitolo è dedicato al suonatore di cornamusa Rufus Hurley (“Courage: the Atlantic Recording”) e ai suoi esperimenti in ambito jazzistico. 
Un altro capitolo è riferito ad “Analog” di Philip Glass, compositore che, nel 2002, Boccadoro andò a trovare nel quartiere di Greenwich Village, dove ebbe anche modo di assistere dal vivo a sedute in sala d’incisione. Del bostoniano Jim Nollman, l’Autore ha valorizzato l’estroso disco pubblicato dalla “Folkways records”, titolato “Playing music with animals”. Nollman è un “musicista-naturalista” che ha saputo far musica con animali di varia specie (tacchini, lupi, scimmie, orche ecc.), perseguendo sempre l’obiettivo di trovare un legame “… tra uomo e Natura, pensata come unità da considerare non solo senziente, ma a suo modo sacra”. Harold Budd è l’autore dell’album “Luxa” (1996), al cui interno sono compresi titoli che danno omaggio ad artisti da lui ammirati. È un compositore che rifiuta di essere etichettato secondo stile, tuttavia viene spesso inglobato tra i pionieri della cosiddetta musica “ambient” e accostato alla musica minimalista.  Boccadoro evidenzia le particolarità di uno stile compositivo difficilmente inquadrabile, in cui trova spazio il gusto per l’improvvisazione. Alle composizioni viene richiesta “…una concentrazione d’ascolto molto focalizzata sui dettagli per essere comprese a fondo…”, dove “… tutto è uguale e allo stesso tempo in trasformazione; dopo pochi minuti ci si accorge di trovarsi in un luogo acustico diverso da quello dove avevamo iniziato l’ascolto, eppure ci sembrava di essere fermi”.

Appunti di ricerca discografica ed esperienze personali
Boccadoro ha una particolare predilezione per la ricerca discografica, maturata sin dagli anni dell’infanzia, inizialmente in un negozio di dischi situato nel quartiere milanese di Città Studi, dove risiedeva con la famiglia. Affettuose sono le parole spese a favore dell’integerrimo e serioso “signor Lele”, proprietario del negozio nel quale il piccolo Carlo a volte s’intratteneva per ore. Proprio in una di queste ricerche ebbe modo di acquistare il disco di Yoko Ono, cui in precedenza si è accennato. Tali ricerche continuarono ad appassionare il giovane Carlo anche durante l’adolescenza, della quale parla nel libro con riferimento a una vacanza passata a Londra. In uno scaffale di dischi usati scovò “Jamming with Edward”, al quale contribuirono Mick Jagger, Ry Cooder, Charlie Watts, Bill Wyman e Nicky Hopkins. Comprò il disco ma, per una serie d’inconvenienti sulla metropolitana, lo perse poco dopo. Ciò non ha tolto all’autore il desiderio di ricordare la storia di questa particolare incisione che, ventidue anni dopo la pubblicazione, venne rimasterizzata su CD. Un disco che, per chi è amante di certo blues “scanzonato”, l’autore ritiene abbia ancora qualcosa da dire dopo oltre quattro decenni dalla sua creazione. In ambito di ricerca, un altro disco cui viene dedicato ampio spazio è “The black album” di Prince, sulla cui curiosa genesi e storia non ci dilungheremo, evidenziando solo un dato riportato dall’Autore in fondo al capitolo. Nel 2016, una copia in tiratura originale è stata venduta a un collezionista per quindicimila dollari.  
Tutto il libro “12” è articolato alternando episodi con contenuti spiccatamente musicali con altri che riguardano esperienze (sempre) musicali vissute in prima persona da Boccadoro. Emergono dai racconti anche situazioni ironiche. Come lo scherzo ricevuto dai compagni di orchestra durante un momento di pausa. Gli cambiarono l’ordine delle barrette metalliche del glockenspiel, con risultati sonori che vi lasciamo immaginare. Grottesca e ilare, invece, l’esecuzione ad Atene, in diretta tv, del 1985, durante la quale, a seguito di robusti colpi dati con la mazza, si sciolsero i lacci del “tam tam” che rotolò clamorosamente, lasciando il percussionista e gli orchestrali disorientati. Affettuose pagine sono state dedicate al padre, il quale un giorno trovò per strada un gattino - Aly - che per dodici anni divenne attento ascoltatore delle esecuzioni musicali casalinghe. Un giorno sparì e mai più fece ritorno a casa. Infine, pare opportuno far menzione del terzo capitolo, in cui si approfondisce la conoscenza di “Musik im Bauch”, per sei percussionisti, di Karlheinz Stockhausen. Un’opera che il compositore riferì di aver scritto di getto una mattina, riportando su carta quanto aveva ascoltato durante il sogno.  Il brano è poco conosciuto, poiché per l’esecuzione sono richieste delle condizioni piuttosto onerose e difficili da soddisfare anche in termini tecnici.

Coda. “12” è un testo ricco di dati e di aneddoti; non ha presentazione e indice. Riteniamo sia stato obiettivo dello scrittore lasciare ampi margini di libertà al lettore, al quale suggeriamo di avvicinarsi al testo con curiosità e mente aperta. Di certo, la conoscenza delle opere e dei compositori citati in “12” merita di essere approfondita, non solo come arricchimento culturale, ma anche a favore di una più ampia riflessione sui “valori” che possono essere acquisiti e trasmessi grazie a un ascolto più consapevole della musica contemporanea. Musica che Carlo Boccadoro è impegnato a vitalizzare come musicista, compositore, direttore d’orchestra e divulgatore, seguendo percorsi artistici che non conoscono “muri” e che, spesso, vengono apprezzati ben oltre i confini musicali nazionali. 

Paolo Mercurio

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