Triapology Saetta-Francesca-Bolognini – Iridescent/Dino Rubino – Gesué/Alessandro Tedesco – Magma/Francesca Gaza Lilac for People – Sfiorire/Ze In Clouds – Oportet 475 (Tǔk Music/Ducale, 2022/2023)

Località situata nelle campagne poco fuori Berchidda, Tucconi è il luogo dove si trova la casa di famiglia di Paolo Fresu, un luogo dell’anima legato profondamente alle sue radici sarde e che ha ispirato nel nome la Tǔk Music, etichetta discografica fondata dal trombettista sardo nel 2010 con l’obiettivo di valorizzare i giovani talenti ed esplorare i territori della ricerca e della sperimentazione sonora. Nell’arco di quasi due lustri di intensa attività, oltre ai diversi progetti realizzati dallo stesso Fresu, abbiamo ascoltato dischi di grande pregio come “Madiba” di Sade Mangiaracina, “popOFF!” con la voce di Cristina Zavalloni, “Anì” di Raffaele Casarano e magnifiche soprese come la serie Air dedicata all’elettronica, al funk e al soul. Nell’ultimo biennio, nonostante la lenta ripresa dopo la pandemia, non sono mancate proposte di grande interesse ed in particolare ci piace soffermarci su cinque tra le produzioni più recenti, cinque album diversi per organico, approccio stilistico e direzione della ricerca, ma accomunati dalla medesima visione del jazz. Il nostro viaggio sonoro prende il via con “Iridescent” secondo album del progetto Triapology, singolare trio composto da Vincenzo Saetta (sax alto ed effetti), Ernesto Bolognini (batteria) e Giovanni Francesca (chitarre ed effetti), quest’ultimo subentrato a Michele Penta. Peculiarità di questa formazione è non solo la mancanza del basso, ma l’approccio sonoro che innesta elementi di live electronics su architetture prettamente acustiche, ad estendere la gamma timbrica degli arrangiamenti. Se rispetto al precedente “Rockinnerage” del 2017 è rimasta invariata la formula che vedeva il trio riscrivere in chiave jazz alcuni classici della musica rock, in questo nuovo album si apprezza un interplay ancor più articolato ed originale, così come più ampio è lo spazio riservato all’improvvisazione. Il sax alto di Saetta espone le melodie, mentre alla chitarra di Francesca spetta il compito di rimescolare le carte, il tutto supportato dall’impeccabile drumming di Bolognini. Durante l’ascolto dei nove brani in scaletta, spiccano certamente l’iniziale “Sign O’ The Times” di Prince, una destrutturata quanto fascinosa “I Still Haven’t Found What I’m Looking For” degli U2, una superba “Old Man” di Neil Young con il sax alto che tesse la trama melodica e quel gioiello che è “Dream Brother” di Jeff Buckley che conserva intatto il lirismo dell’originale. Il vertice del disco arriva, però, verso il finale con la sequenza composta dalla sorprendente “Paranoid Android” dei Radiohead, l’elegante “Eleanor Rigby” dei Beatles e la conclusiva “Fat Bottomed Girl(s)” dei Queen che suggella un disco di grande fascino sia sotto il profilo concettuale che musicale. Da non perdere è anche la versione in digitale con un disco bonus dedicato al progetto “Ubik” di Vincenzo Saetta, originariamente pubblicato nel 2012 e che lo vedeva affiancato da Andrea Rea (pianoforte), Daniele Sorrentino (contrabbasso), Luigi del Prete (batteria) a cui sia aggiungevano un quartetto d’archi e Alessandro Tedesco al trombone, mentre in altre due tracce il sassofonista era accompagnato da una diversa line-up con Antonello Rapuano (piano), Peppe Timbro (contrabbasso), Giampiero Virtuoso (batteria) e Vittorio Silvestri (chitarra). Anche in questo caso le sorprese non mancano con brani come la “Sweet Dreams”, la title-track e “Blues for Tesla”. 
Nei territori del jazz mediterraneo si muove, invece, “Gesuè”, settimo album come leader di Dino Rubino, che giunge ad un anno di distanza da “Time of Silence”. Laddove in quest’ultimo era affiancato da un quartetto classico, in questo nuovo lavoro è accompagnato da tre eccellenti strumentisti come Marco Bardoscia (contrabbasso), Piero Delle Monache (sassofono) e Daniele di Bonaventura (bandoneon), a comporre una originale formazione drumless. Una scelta non casuale dettata dall’esigenza di esaltare le melodie e il lirismo di composizioni molto personali, come sottolinea il pianista siciliano nella presentazione del disco: “Ero a casa e appena finito di scrivere il brano mi è venuto in mente mio padre. La sensazione è stata così forte e così chiara che non ho esitato un attimo nella scelta del nome. Da qui, la voglia di andare in studio e di metter su un progetto”. Accolti dalla bella copertina firmata dall’artista nuorese Vincenzo Pattusi, il disco si apre con l’evocativa melodia di “Pollara”, ispirata alla famosa località omonima dell’isola di Salina, ed entra nel vivo con la riflessiva “Le piccole cose” nella quale spica il dialogo tra pianoforte e contrabbasso suonato con l’archetto. Gli echi di tango di “Diego” in cui spiccano il bandoneon di Di Bonaventura e il sax di Delle Monache ci introduce alle gustose “Kaleidoscopic Moon” e “Far Away” prima che arrivi l’elegante 2/4 della title-track e le suadenti tessiture latin di “Figarò”. Il vertice del disco è la sorprendente “Dr. Jekill and Mr. Hide”, mutevole ed imprevedibile nella costruzione che si dipana da un valzer al be-bop per toccare il blues. La dolce “Forever Ago” e gli scintillanti cromatismi di “Mountain” ci accompagnano al finale con la raffinata rilettura di “Un giorno dopo l’altro” di Luigi Tenco che conclude un disco che, lontano da pretenziosi sperimentalismi, regala un ondata di pura bellezza. 
Una genesi particolare caratterizza anche “Magma” del trombonista Alessandro Tedesco, concepito a margine di un intenso concerto con Dave Douglas e Marco Zurzolo, tenuto nell’estate 2022, sul cono del Vesuvio per Pomigliano Jazz e nel quale il vulcano - evocato nella copertina di Davide Bonazzi - è non solo metafora dell’atto creativo spesso dai risultati imprevedibili, ma anche l’occasione per raccontarsi in musica partendo da quel luogo da sempre al centro della sua vita di uomo e di artista. Complici di questa nuova avventura del musicista e compositore campano sono Federico Luongo (chitarra elettrica), Mario Nappi (tastiere), Angelo Funaro (tuba) e Vittorio Riva (batteria), un organico anche questo insolito ma efficacissimo nel caratterizzare la varietà di suoni, timbri e melodie dei nove brani del disco. Il disco si dipana tra composizioni dalle architetture complesse ed imponenti come l’iniziale “Atrio del Cavallo”, ispirata alla valle situata tra Vesuvio e Monte Somma, e costruzioni ritmiche serrate come “Scappa Via” per giungere all’istantanea di un mercato napoletano di “Mercato” al rap di “Sirena” con testo firmato e interpretato da Anam Hermit. La sinuosa “La Valle del Gigante” e le travolgenti vertigini sonore di “Terremoto” ed “Eruzione” fanno da preludio alla poesia di “Punta del Nasone” e “Il Golfo al Tramonto” che chiudono un album eclettico, denso di suggestioni diverse, un atto d’amore verso la propria terra, fonte inesauribile di ispirazione. 
Per la serie Tǔk Voice dedicata alle voci esce, invece, “Sfiorire” dell’ottetto non convenzionale Lilac for People, guidato dalla cantante e compositrice Francesca Gaza e composto da Jacopo Fagioli (tromba), Francesco Panconesi (sassofono tenore), Federico D’Angelo (sassofono baritono), Luca Sguera (pianoforte), Lorenzo Pellegrini (chitarra), Alessandro Mazzieri (basso elettrico) e Mattia Galeotti (batteria). Si tratta del secondo disco per la cantante e musicista di origine italo-tedesca e segue la pubblicazione dell’opera prima omonima del 2019, proponendo un suono tanto cangiante, quanto sofisticato che abbraccia jazz, folk, art-pop e musica classica. Composto da nove brani il disco, come lascia intendere il titolo, ruota intorno allo sfiorire delle cose, della parola come delle azioni, dell’età come della natura, ma anche il bisogno di superare le perdite attraverso la ricerca della bellezza e la riscoperta dell’innocenza. A catturare il senso profondo del disco è l’opera della grafica e illustratrice israeliana Noam Paul che si ammira in copertina e che riflette la poesia che pervade brani come l’iniziale “Flowers, Eyes, Lips, Tombs”, il jazz-rock di “Being Tall” e la title-track. Composizioni forse di non immediato ascolto ma dalla prepotente ricchezza sonora con aperture orchestrali, fiati e synth a creare affreschi sonori di grande intensità espressiva. Significative in questo senso sono “Introverted Unknown”, “I can’t sing” e la conclusiva “Polsi Fioriti” da cui traspare tutta l’originalità e l’unicità del progetto artistico di Francesca Gaza. 
Ultimo ma non meno fascinoso è “Oportet 475” di Ze in the Clouds, moniker del pianista e produttore lombardo Giuseppe Vitale, album ispirato al quarto movimento dell’Op.135 di Beethoven e frutto di una profonda riflessione sulla musica e sull’esigenza dell’atto creativo come forma espressiva. Dal punto di vista sonoro, il disco rimanda a certe soluzioni già sperimentate in “Magical” ma ne estende la portata verso un vero e proprio cortocircuito spazio-temporale che prende le mosse dalle innovative ricerche armoniche di Gesualdo da Venosa, attraversa l’opera di Bach e il romanticismo e giunge alla musica contemporanea, incrociando e rielaborando il tutto in un ottica futurista in cui il jazz integra elementi di folk, soul e musica elettronica. In questo senso determinate ci sembra il contributo dei diversi strumentisti che collaborano ai tredici brani del disco ovvero la producer LNDFK aka Linda Feki, Edoardo Battaglia (batteria), Gianluca Pellerito (batteria), Francesco Fabiani (chitarra), Paolo Fresu (tromba) e Uri Caine (Fender Rhodes). La natura sfuggente ed imprevedibile del disco si riflette nella copertina firmata dall’architetto e graphic designer napoletano Augusto Fabio Cerqua e si sostanzia in un flusso sonoro in cui immergersi dalla prima all’ultima nota. Difficile non restare spiazzati dall’inziale “Bufferin Proem” con lo zampino di LNDFK con il pianoforte che gioca con il tema sul ritmiche frammentate e increspature elettroniche, o abbandonarsi al fascino degli archi de “La Maison de l'enfant en fleur” o ancora lasciarsi incuriosire da “Pianosolo veloce” che incrocia Bach con il jazz sperimentale. Tra gli episodi da non perdere vanno certamente segnalate la superba “Revenge Bloom”, la ballad “Before the Tulips Die” pervasa dalle fascinazioni del Canterbury, ma soprattutto la futurista “Fame Usque Mortem” nella quale spicca la partecipazione di Paolo Fresu e Uri Caine. Ebbene, la Tǔk Music conferma di essere una fucina sempre viva di talenti e proposte discografiche di alto profilo consegnandoci un altro disco imperdibile per quanti guardano con attenzione alle avanguardie e al jazz più sperimentale. 


Salvatore Esposito

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