Paolo Fresu – P6OLO FR3SU (Tǔk Music/Ducale Music, 2021)

Come per la vita tutte le cose hanno una fine e pertanto, nel chiudere l'elenco dei lemmi, mi sono reso conto con stupore che questi erano esattamente sessanta, come i miei anni di ora”. Laddove il cofanetto “50 Anni Suonati” compendiava antologicamente i diversi ambiti artistici attraversati da Fresu, spaziando dai suoni della Sardegna alla canzone d’autore passando per le varie collaborazioni messe in campo in ambito jazz, questo nuovo album è un itinerario sonoro che si dipana in molteplici direzioni attraverso il suo immaginario musicale fatto di “luoghi del cuore, di valori, di esperienze, di incontri e scontri, successi e fallimenti, vittorie e sconfitte, lacrime e pianti ma, soprattutto, di luce e visione”. Di luce e visioni è inondata la ristampa di “Heartland”, disco pubblicato nel 2001 e a cui il trombettista di Berchidda è particolarmente legato, tanto da averne acquistato i diritti dalla Universal e rieditarlo in digitale. Il nuovo master curato da Stefano Amerio esalta il lirismo e la poesia dei dodici brani in scaletta che sintetizzano le diverse anime del trio completato dai già citati Diederik Wissels e David Linx, a cui per l’occasione si era aggiunto un quartetto d’archi e una straordinaria sezione ritmica composta da Palle Danielsson al contrabbasso e dal compianto Jon Christensen alla batteria. Riscopriamo, così, sotto una nuova luce un disco affascinante dal quale farsi letteralmente rapire. Si parte con la brillante introduzione di “The way forward” con gli archi che fanno da preludio ad una elegante tessitura pianistica su cui giganteggia la tromba di Fresu. Si prosegue con la sontuosa “Heartland” magistralmente interpretata da Linx la cui voce è incorniciata dal pianoforte e dalla tromba sostenute da una struttura ritmica raffinatissima, per giungere alla dolcissima “Sleep (Emma’s lullaby)” e alla ballad “It Was Always You”, un brano che ha la statura dello standard senza tempo. Altre perle sono riservate per il finale con la sinuosa “Rest from the World” da ascoltare in penombra a tarda sera, il climax improvvisativo “Eavesdropping” e quel gioiello che è la rilettura del tradizionale sardo “Ninna Nanna Pitzinnu”, proposta in chiusura. 
Il secondo disco “The Sun On The Sea” è stato registrato a distanza, durante il lockdown di marzo 2020, con Jacques Morelenbaum a Rio De Janeiro e Paolo Fresu e Daniele Di Bonaventura in Italia. La collaborazione tra quest’ultimo e il trombettista sardo è nata nel 2011 e rappresenta una delle più significative degli ultimi anni essendosi evoluta in diversi progetti, mentre quella con il violoncellista brasiliano ha trovato la sua realizzazione in “Alma” e “Eros”, i due fortunatissimi album realizzati con Omar Sosa. Lavorare ad un disco con entrambi ha rappresentato per Paolo Fresu un ulteriore ampliamento del raggio delle sue ricerche sonore, facendo dialogare mondi musicali solo in apparenza distanti. L’album è, infatti, dedicato al mare a quel Mediterraneo da sempre arca feconda di suoni e dialoghi tra culture differenti e che solo lo stretto di Gibilterra lo separa dall’Oceano e dalle rotte verso il Brasile. L’ascolto si snoda tra atmosfere musicali differenti ma non per questo prive di fascino. C’è la musica brasiliana con le sue sonorità calde ed avvolgenti, c’è il jazz più raffinato nelle intersezioni classiche e spaccati in cui a spiccare è il perfetto interplay del trio con la tromba e il flicorno di Fresu a dialogare con il bandoneon di Daniele di Bonaventura e il violoncello di Jaques Morelenbaum. Composto da dieci brani, tra riletture e composizioni originali, il disco prende il largo dal Brasile con la poetica rilettura di “O Que Tinha de Ser” di Antônio Carlos Jobim e Vinícius de Moraes e ci regala uno dei suoi vertici con la riflessiva “I nostri occhi, i nostri pensieri” che ci introduce alla introspettiva “Eg-gua/Laude novella”. C’è l’invito al ballo di “Un valzer a lapedona” guidato dal bandoneon e dalla tromba, le appassionate melodie sudamericane di “Ar livre” di Nelson Faria e “El Ciego” e poi ancora “Samba em Preludio” di Vinícius de Moraes. La toccante versione strumentale di “Preghiera in Gennaio” di Fabrizio De André ci guida verso il finale con “Un vestido y un amor” di Fito Páez e “Te Recuerdo Amanda” dal songbook di Victor Jara. 
A chiudere la trilogia è “Heroes”, un tributo a David Bowie, nato su commissione del comune di Monsummano Terme, dove il cantante inglese si esibì nel 1969, quando ancora era sconosciuto al grande pubblico, e che cinquant’anni dopo nel 2019 lo ha celebrato con un concerto speciale dal titolo “L’uomo che cadde sulla terra”. In quell’occasione, Paolo Fresu propose una selezione di brani dal repertorio di Bowie accompagnato da Petra Magoni (voce), Frida Bollani Magoni (voce), Gianluca Petrella (trombone ed elettronica), Francesco Diodati (chitarra elettrica), Francesco Ponticelli (contrabbasso e basso elettrico), e Christian Meyer (batteria). Questa versione discografica presenta la medesima formazione e un repertorio che passa in rassegna diacronica le diverse fasi artistiche del musicista inglese con i brani declinati in arrangiamenti che mescolano atmosfere jazzy all’elettronica in cui la tromba e il flicorno di Fresu giocano un ruolo centrale insieme alla chitarra di Diodati. Si parte con “Rebel Rebel” da “Diamond Dogs” del 1974 in una originale versione impreziosita dal timbro vocale inconfondibile della Magoni, per passare alla irresistibile “Let’s Dance” dal disco omonimo del 1983 e giungere alla intesa e sofferta “Where Are We Now?” da “Next Day” del 2013. “Little Wonder” da “Earthling” del 1997 ci conduce alla bellezza siderale di “Life on Mars?” da “Hunky Dory” del 1973 e a “Space Oddity” dal disco omonimo del 1969, e qui proposta in mash-up con la versione in italiano “Ragazzo Solo, Ragazza Sola” e dilatata per oltre dieci minuti di grande musica. Completano il disco “Time” da “Aladdin Sane” del 1973, la bella resa di “Heroes” e la ballad mid-tempo “This Is Not America” incisa nel 1984 da David Bowie e Pat Metheny per la colonna sonora del film “Il gioco del Falco”. Ben lungi dall’essere una celebrazione autoreferenziale, “P6OLO FR3SU” è un altro esempio della brillante visione creativa che è alla base dell’approccio alla musica di Paolo Fresu. Imperdibile. 


Salvatore Esposito

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