Paolo Fresu|Dino Rubino|Daniele Di Bonaventura|Marco Bardoscia – Ferlinghetti (Tǔk Music, 2022)

Poeta, pittore e attivista, Laurence Ferlinghetti è stato uno dei punti di riferimento della Beat Generation, non solo per le sue liriche potenti e visionarie, ma soprattutto per aver giocato un ruolo determinate come agitatore culturale. Figlio di un italiano immigrato negli Stati Uniti, morto prima che lui nascesse, e di una franco-portoghese, finita in manicomio quando lui aveva pochi mesi, visse i primi anni di vita a Strasburgo in Francia per poi seguire la zia in California, dove si stabilì definitivamente. Dopo gli studi universitari e l’arruolamento in Marina durante la Seconda Guerra Mondiale si trasferì a San Francisco dove entrò in contatto con la scena culturale cittadina e i fermenti della Beat Generation, per poi fondare nel 1952 la libreria “City Lights”. Successivamente divenne anche editore, dando alle stampe i libri di Jack Kerouac, Gregory Corso e Allen Ginsberg del quale, nel 1956, diede alle stampe “L’urlo” che gli costò l’arresto con l’accusa di oscenità. Quel movimento culturale e letterario scosse con forza tellurica le certezze in cui era chiusa la società americana, sovvertendone i riferimenti e animando i fermenti culturali degli anni successivi. Nel corso degli anni, oltre a scrivere poesie e a gestire la sua attività editoriale, Ferlinghetti si segnalò anche come pittore di opere ispirate ai temi sociali e politici del XX Secolo e al ruolo dell’artista nella società. A raccontare la straordinaria vicenda umana ed artistica di Ferlinghetti è il docu-film “L’ultimo Beat” del regista Ferdinando Vicentini Orgnani, realizzato in occasione dei cento anni del poeta americano, scomparso nel febbraio del 2021 alla vigilia dei suoi 102 anni. Frutto di una lavorazione durata dal 2006 e al 2019 e costituto da materiali inediti, il lungometraggio cattura il senso profondo della rivoluzione culturale della beat generation partita negli anni Cinquanta in California e che, in breve tempo, toccò tutto il mondo. Il regista ha affidato la cura della colonna sonora Paolo Fresu con il quale aveva già collaborato per le musiche di “Ilaria Alpi. Il più crudele dei giorni” e “Vinodentro”, diventato poi un disco nel 2013. Per l’occasione, il trombettista sardo (tromba, flicorno ed elettronica) ha scelto di unire in quartetto, due formazioni con le quali, negli ultimi anni, ha sviluppato un collaudato feeling: il trio con Dino Rubino (pianoforte) e Marco Bardoscia (contrabbasso) con cui ha realizzato lo splendido progetto “Tempo di Chet” nel 2018 e il duo con Daniele di Bonaventura al bandoneon. Tra il 16 e il 19 ottobre 2020 agli OverStudio di Cento (Fe), hanno preso vita tredici brani originali, ispirati dalla poesia “Autobiography” e da altre liriche firmate da Ferlinghetti, e caratterizzati dall’alternarsi di atmosfere crepuscolari dense di lirismo e spaccati ipnotici e visionari in grado di evocare la potenza immaginifica dei versi. L’eloquio avvolgente della tromba, le eleganti trame sonore del piano e il tratto inconfondibile del bandoneon ci restituiscono una narrazione che ora si dipana attraverso riferimenti biografici, ora rimanda ai formidabili anni della beat generation che con la sua portata dirompete rivoluzionò la società americana degli anni Cinquanta. Le musiche de “L’Ultimo Beat” vedono ora la luce nell’album “Ferlinghetti”, pubblicato dalla Tǔk Music nella sezione Tǔk Movie, dedicata alle musiche per il cinema. Accolti dalla splendida copertina realizzata con opere dello stesso artista americano, concesse dal suo stretto collaboratore Mauro Aprile Zanetti, il disco ci consente di penetrare nel profondo la sensibilità creativa di questa eccellente formazione guidata da Fresu, anche al netto delle immagini. Per comprenderlo basta ascoltare le prime battute dell’iniziale “I Was an American Boy” con la sinuosa tessitura ritmica del contrabbasso di Bardoscia su cui si inserisce il pianoforte di Rubino e la tromba di Fresu a disegnare una elegante linea melodica cantabile. Se la title-track spicca per il dialogo tra piano e bandoneon di Di Bonaventura, la successiva “The Macaronis Scene” è una ballata struggente impreziosita da mantici e ance. Si prosegue con le atmosfere notturne di “Hill of poetry” che fa da preludio a quel gioiello che è “Obscene Boundaries” in cui le sperimentazioni con l’elettronica si fanno più intense con il contrabbasso di Bardoscia ad imprimere un ritmo incessante e la tromba di Fresu a volteggiare in una surreale ambientazione elettronica. La scrittura cinematografica del climax di “Endless Life” ci accompagnano alle vertigini cromatiche di “Island of the mind” in cui spicca la scorribanda pianistica di Dino Rubino sui sentieri dell’elettronica prima di incontrare nel finale la tromba di Fresu che cambia totalmente direzione e atmosfera al brano e, poco dopo, ritroviamo protagonista appassionati dialoghi con il pianoforte in “I am a man” e il bandoneon in “Too Young To Die”. Le esplorazioni sonore nei territori del contemporary jazz di “Tyrannus Nix” e l’eterea “Where Books Were Trees” ci conducono al finale con toccanti “Back Roads to Far Places” e “Eponymous Epitaph” che completano un disco di grande spessore che intreccia jazz, musica contemporanea e improvvisazione, consegnandoci un magnifico ritratto in musica di Lawrence Ferlinghetti. 


Salvatore Esposito

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