Andrea Mati, Natura e Musica per il bene individuale e collettivo

Lontano da logiche tecno-traslazionali, valorizzando la coscienza degli esseri umani in chiave ontologico-naturale, ogni giorno, Andrea Mati compie gesti e opere comunitariamente significativi. Di seguito, a nostro modo, spiegheremo il perché. Il contributo bio-musicale a lui dedicato è collegato ad altri in precedenza pubblicati, riferiti al suono, ai legni organologici, al silenzio, all’umanesimo musicale, alla danza. Andrea Mati (Pistoia, 1960) è un architetto-garden designer, vivaista-ortocultore e compositore, impegnato da diversi lustri nel sociale. Tra i suoi principali obiettivi, l’avvicinamento alla natura delle persone in difficoltà, al fine di migliorare le loro condizioni di salute, fisiche, mentali e spirituali. Da genuino biofilo, nutre passione per la vita e la natura anche intesa come “spazio” rigenerante, soprattutto quando si riesce a concretizzare uno scambio collaborativo con l’essere vivente, partendo dal “metro quadrato” che ha intorno a sé. La sua missione è dedita alla salvaguardia e alla valorizzazione della Natura, tenendo conto delle relative benefiche applicazioni in ambito socio-sanitario. Da circa quarant’anni, collabora con diverse comunità di recupero ed è divenuto egli stesso il promotore di due cooperative dedite alla progettazione e alla coltivazione di giardini di vario tipo. Grazie alla sinergia con psicologi, geriatri, psichiatri e di diversi professionisti afferenti a Enti pubblici e privati, sono stati da lui realizzati vari giardini terapeutici, alcuni dei quali progettati con specifici spazi musicali, avendo chiari i benefici che i suoni, i rumori e i silenzi riescono ad avere sugli esseri umani in ambito naturale.  Di recente, è stato nominato docente al primo master italiano in ortocultura, organizzato dall’Università di Bologna. Nel 2022, ha pubblicato “Salvarsi con il verde. La rivoluzione del metro quadro vegetale”, che ha scritto perché desiderava narrare agli altri significative esperienze personali, trasmettendo quanto appreso nel corso della propria esistenza.  Nel testo racconta di toccanti incontri con persone in cura per diverse patologie o che hanno avuto problemi con la giustizia. Persone che ha aiutato, facendole entrare gradualmente in sintonia con i ritmi della natura e con le sue meraviglie estetiche. Punto di partenza dei ragionamenti di Mati è che l’uomo contemporaneo ha progressivamente perso il contatto diretto con la Natura e che i singoli individui, troppo spesso, non operano come potrebbero per salvarla nel concreto. Si limitano, cioè, ai buoni intenti, agli slogan e alle parole generiche. Per Mati, salvare la natura significa salvare noi stessi, questo peraltro e ciò che ha potuto sperimentare, stando a contatto con persone in gravi difficoltà, alcune vicine alla “morte” interiore, intesa come perdita totale del senso della vita. In gioventù, lui stesso ha dovuto risolvere problemi depressivi perciò, in prima persona, ha avuto modo di apprezzare i benefici del contatto diretto con la natura e non solo. In merito ha scritto: “Il mio rapporto con la natura è sempre stato mediato dall’arte, nel senso che l’arte imita la natura e questa ispira l’arte. E per arte intendo anche la musica”. La composizione, la creazione libera è per lui catartica: “… la stessa sensazione che scaturisce dal creare nuova musica, arriva in me quando salvo una pianta condannata a morte sicura perché brutta, danneggiata o commercialmente invendibile. È partecipare a una nuova vita che si unisce al produrre nuove sonorità: sono entrambi atti creativi”


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