Harmonia Naturae: alberi, legni, strumenti e biologia musicale

Il bosco musicale delle dolomiti
Spostiamoci nel Trentino Alto Adige, in area dolomitica. Il luogo della Val di Fiemme dove crescono gli abeti rossi è detto anche “bosco dei violini” o, da taluni, “foresta Stradivari”. Per realizzare i propri manufatti organologici, gli storici liutai cremonesi - Amati, Guarnieri, Stradivari - scelsero legni provenienti dagli “alberi di risonanza” di tale bosco. Sono legni leggeri, contraddistinti da una fibra omogenea e regolare, ottenuta grazie alla sapiente cura con cui gli abeti sono stati fatti crescere per secoli e secoli.  Prima di essere tagliati, gli abeti rossi impiegati per la liuteria raggiungono tra i centocinquanta e i duecentocinquanta anni di età. Tale dettaglio invita alla riflessione e fa comprendere quanto antichi e amorevoli fossero i livelli di conservazione e di manutenzione dei boschi nella Valle in questione. 
Secondo leggenda, pare che Antonio Stradivari si recasse direttamente sul posto per selezionare i legni più idonei alla lavorazione. La leggenda nasce verosimilmente da oggettive ragioni pratiche, poiché solo pochissimi abeti destinati al taglio possono essere utilizzati ai fini della produzione di strumenti ad arco di qualità. In tutta Europa vi sono solo alcune aziende specializzate nella stagionatura di pregiate tavole armoniche di risonanza, ben distinte a seconda del tipo di strumento da realizzare. Dopo il taglio dell’abete rosso, occhi, mani e orecchi di esperti selezionano i legni in base alla fibra , alla struttura omogenea, alla regolarità delle venature e degli anelli di accrescimento. Fonti locali attestano che, mediamente, meno del cinque per mille degli abeti rossi vengono selezionati per la liuteria di qualità, motivo per cui posseggono un valore commerciale ben superiore a quelli della stessa specie.  Una volta tagliato, l’albero viene scortecciato e portato in segheria, poi ritagliato a spicchi, prima di essere adeguatamente accatastato ai fini della stagionatura. I legni per pianoforti, clavicembali e arpe richiedono una stagionatura relativamente breve, di circa un anno. Per gli strumenti ad arco servono, almeno, cinque anni, a seguito dei quali è possibile iniziare la fase di pulitura (nodi, resine, imperfezioni varie ecc). In seguito, verranno ulteriormente selezionati per la vendita ai liutai, i quali, prima di acquistare, devono poter vedere e (quando possibile) toccare i legni di propria mano. Naturalmente vi è differenza da liutaio a liutaio. La qualità dei materiali è indispensabile, ma non sufficiente per realizzare capolavori organologici, come quelli usciti dalle botteghe artigiane degli storici maestri cremonesi.
Scrivere della Val di Fiemme, riporta il pensiero a ricordare il disastro avvenuto tra il 29 e 30 ottobre del 2018. Vento (oltre 200 km orari) e pioggia battente portarono all’abbattimento di quasi il 10% delle foreste locali. In base al rispetto delle norme di tutela del patrimonio ambientale locale, l’abbattimento di nuovi alberi per liuteria non potrà avvenire prima di dieci anni (e forse più), salvo specifico consenso delle autorità forestali.

Stefano Mancuso, neurobiologia vegetale e strumenti musicali
Gli esseri umani primitivi elaborarono complessi sistemi musicali in sintonia con i ritmi della natura. In numerose civiltà antiche, il bosco era ritenuto luogo sacro, meritevole del massimo rispetto. Le piante in talune comunità venivano considerate creature divine. Per loro ogni albero non era solo una pianta a sé, ma un essere biologico vivente, esattamente come lo concepiscono oggi i botanici neurobiologi (pochi in verità). Dopo infiniti scempi compiuti ai danni della Natura (soprattutto) nel corso dell’ultimo secolo, è possibile riscontrare nella popolazione mondiale un aumento della sensibilità civico-ecologica. Sempre più si comprende la sua importanza anche ai fini della sopravvivenza delle specie animali. Stefano Mancuso è il direttore del LINV (Laboratorio Internazionale di Neurobiologia Vegetale, a Firenze) nonché scienziato autenticamente “innamorato” della Natura e, in particolare, degli alberi. Nell’introduzione all’opera “La Pianta del Mondo” (2020), ha precisato: «Noi animali, rappresentiamo lo 0,3% della biomassa, mentre le piante l’ 85%. È ovvio che qualunque storia nel nostro pianeta abbia, in un modo o nell’altro, le piante come protagoniste. Questo pianeta è un mondo verde; è il pianeta delle piante (…). Quando si riesce a guardare il mondo senza vederlo semplicemente come il campo da gioco dell’uomo, non ci si può non accorgere della ubiquità delle piante. Sono dappertutto e le loro avventure s’intrecciano inevitabilmente con le nostre».   Nell’opera citata, un capitolo è denominato “La Pianta della Musica”, nel quale vi sono rimandi a contributi scritti da Gherardo Chirici, Barry Gardiner, Lloyd Burckle, Henry Grissino-Mayer e Peter Ratcliff.   La tesi di base dell’Autore è stata ben sintetizzata parafrasando Edward Elgar: «La mia idea è che ci sia musica nell’aria, musica dappertutto intorno a noi, il mondo ne è pieno e ne puoi prendere ogni volta tutta quella di cui hai bisogno». Scrive Mancuso: «Lo stesso accade per le piante: sono, come la musica per Elgar, letteralmente dappertutto intorno a noi, e per scriverne non si deve far altro che ascoltare le loro storie e raccontarle (…).  Le piante costituiscono la nervatura, la mappa (o pianta) sulla base della quale è costruito il mondo in cui viviamo. Non vedere questa pianta, o ancor peggio ignorarla, credendo di esserci ormai posti al di sopra della natura, è uno dei pericoli più gravi per la sopravvivenza della nostra specie».  
Nel citato capitolo musicale, Mancuso si è soffermato sull’uso dei legni utilizzati dai maestri liutai cremonesi e sulle loro opere organologiche, che ha potuto visionare insieme al suo Gruppo di lavoro. Per alcuni giorni, hanno trasferito le attrezzature di analisi del proprio Laboratorio di ricerca nel “Museo del Violino” di Cremona, dove hanno avuto la possibilità di studiare le caratteristiche del legno degli strumenti ad arco, in funzione del suono prodotto. Dopo aver elogiato il lavoro dei liutai e i preziosi strumenti conservati nella rinomata “Sala 5” (dagli appassionati considerata “sancta sanctorum” della liuteria), ha evidenziato le qualità dell’abete rosso, la cui eccellenza lignea, ai fini della produzione del suono, dipende «dai minuscoli canali resiniferi ottenuti grazie ad adeguata stagionatura, fungendo da micro canne d’organo».  L’Autore non si è soffermato sui dettagli delle analisi svolte dall’equipe di lavoro, ma ha tenuto a precisare che il vero segreto di questi gioielli strumentali risiede nella qualità della materia prima, ossia nella scelta del legno, che richiede esperienza e perizia nella lavorazione. Ha poi ricordato che vi sono stati abeti dai quali vennero ricavati più violini. Nel caso di Andrea Amati, su tredici violini realizzati, cinque erano stati ricavati dallo stesso albero. Inoltre, è stato accertato che dal legno di uno stesso abete rosso furono realizzati da Antonio Stradivari ben quattordici strumenti ad arco. 

Bios: legni, strumenti e “humana corporis musica” 
Non è un mistero che numerosi strumenti musicali siano da mettere storicamente in relazione ad alberi e a vegetali di vario tipo. Nell’orchestra classica, diversi aerofoni appartengono alla sezione dei “legni”, così detti perché, in passato, il loro “corpo” era realizzato con materiali vegetali.  Il legno è beneficamente impiegato per la costruzione di un numero elevato di strumenti popolari, ad alcuni dei quali, anche di recente, abbiamo dedicato attenzione. L’arte della liuteria in Italia non è adeguatamente valorizzata ed è una pecca sulla quale amministratori locali e studiosi di varie discipline dovrebbero adeguatamente riflettere, poiché la nostra Penisola è considerata, nel mondo, patria della Musica, arte sublime e immateriale, che ha potuto raggiungere le più elevate vette compositive, grazie anche all’ingegno di sapienti artigiani i quali, nel corso dei millenni, hanno operato al fine di inventare e perfezionare gli strumenti musicali, che sono anche espressione di alterità e ricchezza culturale. Sono un segno tangibile della diversità tra i popoli, universalmente uniti da fremiti espressivi insiti nell’animo umano. Il corpo degli esseri viventi - composto da decine di migliaia di miliardi di cellule interattive e in continuo movimento - è musica: “humana corporis musica”. Basti pensare alla cardio e alla pneumo musica prodotta dalle pulsazioni ritmiche dei battiti cardiaci, in perenne contrappunto con le vibrazioni, meno movimentate, della respirazione. La bios della Natura e del corpo umano portano gli esseri viventi a manifestare attenzione e interesse verso la musica secondo innumerevoli forme. La musica è βίος: ciò che vive è musica. Come abbiamo avuto modo di rilevare (sebbene succintamente) nel contributo, gli strumenti musicali sono oggetti che evidenziano la stretta relazione tra gli esseri viventi e la natura. Sono testimonianza di una saggezza conoscitiva, con la quale i popoli del mondo hanno saputo dare rilevanza alle culture locali. “Tutto si muove nulla sta fermo”. Nel rispetto del libero confronto e dell’alterità, i nostri viaggi a favore della valorizzazione della musica proseguono, seguendo percorsi di ricerca interdisciplinari e internazionali, indispensabili per dare compiuta visione all’arte dei ritmi, dei suoni e dei silenzi, la cui sinergia con il misterioso “vissuto biologico interiore”, da sempre, produce fascino sull’animo umano, nell’incantevole - perenne e incessante - turbinio dei moti spirituali della Natura.  

Paolo Mercurio



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