Nduduzo Makhathini – In The Spirit Of Ntu (Blue Note Records Africa, 2022)

Nel 1988 Miriam Makeba aveva raccontato con un disco il ruolo e parte del repertorio dei guaritori nella cultura degli xhosa e di altri popoli nguni e aveva intitolato l’album “Sangoma”, il termine xhosa che indica “guaritore” o “guaritrice”, come era la madre della stessa Makeba. “In The Spirit Of Ntu” rimanda a questa tradizione e la collega fortemente al miglior jazz. Il pianista e compositore Nduduzo Makhathini non ha dubbi e, in una recente intervista registrata dalla rete WBGO, raccontava: "Sento che se John Coltrane o McCoy Tyner o Elvin Jones e Jimmy Garrison fossero nati da questa parte del globo, sarebbero sicuramente diventati dei sangoma. Tutto quello che hanno suonato, almeno per me, offre una rivelazione più profonda. E queste rivelazioni si rinnovano ogni volta che incontriamo la loro musica". Senza contare il recente EP “The Blues Of A Zulu Spirit”, Makhathini è al suo decimo album, il secondo per la Blue Note (primo artista sudafricano nel prestigioso catalogo neworkese), dopo l’ottimo “Modes of Communication: Letters from the Underworlds”, in cui le lettere sono una metafora di “suoni” che vengono dalla terra ed in cui è possibile leggere l’ispirazione tratta dal pianismo di McCoy Tyner e Bheki Mseleku in uno stile modale e lirico che offre spazio rilevante alle parti vocali. In quell’album spiccava “Beneath the Earth", invito a cercare e connettersi con la propria dimensione spirituale e ancestrale e a rivolgersi al suolo (il mondo sotterraneo), ambito, per eccellenza, di comunicazione con il divino. Makhathini racconta di essere cresciuto in una famiglia cristiana, con l'idea che Dio sia in cielo e che si debba prestare meno attenzione alle cose che vengono dalla terra, ma già con l’album “Listening to the Ground” (2015) aveva introdotto l’idea di “ascolto come conoscenza". "In the Spirit of Ntu" abita quel paradigma dell’ascolto di ciò che emerge dalla terra. Ntu è un’antica filosofia che ha prodotto l’idea di Ubuntu, ‘io sono attraverso voi’, profondo appello alla dimensione collettiva. È un progetto concepito durante questi tempi duri per il Sudafrica, un’epoca di confusione e conflitti, di massacri e di roghi. La musica che ho composto non vuole essere una colonna sonora di questi roghi: prende distanza, aspetta che smettano di bruciare e cerca di aver cura e ripristinare quel che rimane: una forza creativa che ci spinga a ricordare”. Nell’album questa forza meditativa e propulsiva da voce ad una girandola di emozioni con una sezione ritmica ben amalgamata che comprende Stephen De Souza al basso, Gontse Makchene alle percussioni e Dane Parigi alla batteria, e con sei intense voci: Anna Widauer e Omagugu alle parti vocali, Dylan Tabisher al vibrafono, Robin Fassie Kock alla tromba, il sax alto dello statunitense Jaleel Shaw, e quello tenore o soprano di Linda Sikhakhane, cresciuto nel KwaZulu-Natal, protagonista nel 2022 di un’altra pagina luminosa in studio di registrazione, l’album “Isambulo” pubblicato a giugno. Proprio il suo sax, insieme alla tromba e al piano, danno voce ai “figli del sole”, traduzione del quart’ultimo titolo “Abantwana Belanga”, il momento in cui il percorso musicale sembra lanciarsi a briglia sciolte, per poi trovare una solida ancora nel binomio piano-percussioni, che accosta questo lavoro a quelli di Abdullah Ibrahim, con “Omnyama” che dà modo alle voci e ai fiati di esprimersi a pieno e di chiamare risposte corali, sia a metà brano, sia in chiusura. Siamo al climax: gli ultimi due brani ripartono dal coro e dalla rivisitazione dell’inno anti-apartheid e contro le discriminazioni di genere “Senze’ Nine” (Cosa abbiamo fatto); “Ntu” non sfugge alla zona d’ombra sociale e musicale che aleggia su tutto il lavoro e lascia che, soprattutto il piano, percorra le dissonanze e alle ferite del presente per poi evocare, proprio negli scampoli finali, una zona di calma, di pace. 


Alessio Surian

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