Il Silenzio, Dettaglio |
Il campo d’indagine musicale della “SoundHology” è particolarmente esteso. Nei precedenti contributi abbiamo scritto dell’interazione tra suono/rumore, stati di coscienza e silenzio. Proseguiamo a trattare di quest’ultimo, con osservazioni e riflessioni che, da un lato, evidenziano la sua natura sfaccettata, dall’altro i suoi impieghi ed effetti in ambito comunitario.
Verso un’analisi antropologica del silenzio
Anni di ricerca musicale sul campo ci hanno permesso di affinare le tecniche di osservazione della realtà da diverse angolazioni, imparando ad ascoltare gli altri (anche criticamente e nel rispetto dei ruoli). Come per i suoni, è possibile ricavare antropologicamente una grammatica dei silenzi, facendo uso delle cosiddette “funzioni”, dei loro usi (personale, familiare, pubblico) nelle diverse comunità. Vi sono silenzi che uniscono, altri che allontanano. Silenzi che confortano o feriscono. Silenzi che rendono esplicite le informazioni o le nascondono. Silenzi che stabiliscono accordo o disaccordo. Silenzi che specificano attività (pratiche o mentali) o rimandano al riposo e all’inattività. Paradossalmente il silenzio è base del linguaggio verbale, del suo sviluppo avvenuto nel corso dei millenni, evolutosi grazie alla gestualità, alla capacità di riportare in suono quanto osservato esteriormente o provato interiormente. Nella corso della ricerca glotto-linguistica, antropologica e musicale, balza subito all’occhio l’aspetto dicotomico e duale del silenzio, ma anche quello contrappuntistico, cui sono legati codici e segnali i quali, di volta in volta, permettono di stabilire differenze, interpolazioni, variazioni rispetto alla tradizione. A livello comunitario, ogni individuo sceglie come utilizzare il silenzio, per esprimere emotivamente se stesso o per rafforzare nel gruppo convenzioni comunicative.
A occhi chiusi, murales |
In questo gioco di contrappunto espressivo, svolge ruolo particolare la comunicazione non verbale, dove il corpo esprime senza bisogno della parola. Particolarmente estesa è la polisemia nell’interpretazione dei silenzi in ambito comunitario. Silenzi capaci di esprimere ansia, tensione, rabbia, conflitto, disappunto, stupore, gioia, vitalità, riflessione, solitudine, dolore. Importante è saper osservare e ascoltare il silenzio, ma nella comunicazione risulta determinante la multisensorialità. “Non è forse vero che tutti i momenti più belli ci lasciano senza parole?”- domandava Marcel Marceau. Lui dei silenzi e della gestualità fece espressività artistica e professionale. Pure nel cinema muto, per oltre trent’anni, il silenzio ebbe un ruolo di primo livello. In tali anni si evolvette visivamente il linguaggio comunicativo della settima arte, prima di arricchirsi ulteriormente grazie alla tecnologia sonora. Sia il mimo che la recitazione nel cinema muto invitano a riflettere epistemologicamente su come il silenzio sia in stretto rapporto con la comunicazione multisensoriale. Gli spunti di riflessione potrebbero essere allargati anche a forme espressive tradizionali orientali come, ad esempio, il teatro “Nō”, la musica “gagaku”, la danza dei “dervisci” e altre forme direttamente collegate con la riflessione filosofica e spirituale delle culture mediorientali e asiatiche. Storicamente e localmente, il silenzio è stato normato secondo convenzioni culturali, all’interno di riti, eventi, discorsi pubblici. Solo a titolo di esempio storico, citiamo i “silenziarii”, funzionari che toccavano con bacchette dalla punta dorata chiunque osasse parlare in presenza del “basileus”. Erano individui preposti al mantenimento del silenzio all’interno dei palazzi imperiali bizantini, nel V-VI secolo.
Il silenzio contemplativo |
Luoghi considerati sacrali, nei quali il regnante veniva investito con potere divino, pertanto degno di rispetto e di assoluta devozione, pubblicamente dimostrabile anche attraverso il silenzio, inteso come assenza di distrazione, strumento per stabilire legame con ciò che è (o dovrebbe essere) considerato comunitariamente rilevante. Socrate ai propri allievi insegnava a tacere, condizione indispensabile per sentire il “daimon” e per dare evidenza al pensiero degli uomini liberi, esprimenti idee personali. Godendo del diritto di parola, erano meritevoli di essere ascoltati con silenziosa attenzione. Nella cultura classica, esemplari sono gli spunti di riflessione sul silenzio offerti da Lucio Anneo Seneca nelle “epistulae morales ad Lucilium”, il quale dispensa consigli sull’agire quotidiano in seno alla società. La necessità di normare il silenzio in determinati luoghi pubblici o di incontro è naturalmente presente anche nelle società contemporanee e, in ambito musicale, basterà riflettere sulle modalità di ascolto della musica eseguita nei templi del melodramma o nelle sale da concerto della musica classica e sinfonica.
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