SoundHology, il silenzio tra natura, società, mistica e ricerca interdisciplinare

Silenzio mistico e religioso
Con visione laica, accenniamo a una particolare forma di silenzio, che richiede modalità di raccoglimento isolato, per ricercare dialogo con la divinità, con gli esseri superiori. La mistica conduce alla vasta area dei comportamenti comunitari sacrali, spirituali e religiosi: ambiti privilegiati per l’osservazione delle condotte musicali comunitarie. La comunicazione e l’ascolto del divino coinvolge dimensioni psicologiche, storiche e metafisiche. 
Il silenzio della notte
Nella preghiera o nella meditazione l’individuo proietta il proprio Sé in un’altra dimensione, per entrare nella sfera dell’Altro, per cercare contatto con il divino. Pace, calma, quiete, rilassamento, predisposizione all’ascolto, animo puro sono alcune tra le tante parole chiave che accompagnano gli stati silenziosi, contraddistinti da specifiche pratiche rituali. Nella meditazione mantrica, ad esempio, è determinante il rapporto tra suono non espresso e silenzio interiore, essendo una pratica multisensoriale che coinvolge emotivamente tutto il corpo, cercando ideale collegamento, unione, tra il micro e il macro, tra la terra e il cielo, per usare un’espressione tanto in voga negli ambienti alchemici e spiritualisti. Si tratta di tecniche meditative la cui storia è millenaria. Nella cultura cristiana, possiamo rilevare le modalità d’uso del silenzio tra i cosiddetti “padri del deserto” o nelle strutture monastiche medioevali europee, dove il “silere” era un must del vivere quotidiano in perenne ascolto e comunicazione con il divino.  Sempre a titolo di esempio, diamo risalto al rapporto tra corpo e mente nel monachesimo buddista e, in particolare, nello “shaolin”, in cui sacralità, “religione” e spiritualità si fondono in una conoscenza profondissima del corpo umano, che non ha bisogno di libri e di teorie, ma di continuo “esercizio” fisico, di ascolto silenzioso interiore del corpo, per la strutturazione e il controllo dello stesso. Sono ambiti in cui primeggia la soggettività e non trova spazio la visione materiale della vita. Le parole e la condivisione delle azioni trovano significato per quanti sono disposti a sperimentare, ad aprire le porte all’infinito, a ricercare una visione cosmica. L’azione incarnata lascia da parte il logos.  Negli stati meditativi, il silenzio non è uno stato di quiete, ha una sua dinamica dimensione vibrazionale interiore non espressa. 
Il silenzio artistico
È un legame, è dialogo. Non si ode alcun suono, ma ciò che è percepito dall’esterno viene rielaborato interiormente, facendo interagire e riaffiorare sentimenti, ricordi, pensieri, conflitti, paure, fantasie, da cui il cosiddetto “soul’s noise” con il quale vi è continuo confronto. Negli stati meditativi, il silenzio è anche un modo per distaccarsi dall’ambiente esterno, per meglio ascoltare la “musica” interiore, che necessita di raccoglimento, di attenzione percettiva, che rifugge dal caos e dallo stress della vita quotidiana. Il silenzio uccide il pensiero? Pascal era terrorizzato dal  “silenzio eterno dello spazio infinito”. La maggior parte degli esseri umani, invece, dal “silentium perpetuum”, quasi sempre concepito negativamente, perché in opposizione al concetto di vita. “Bios” e “thanatos”. Cosa c’è prima e oltre la vita? Il silenzio? Gli studiosi di varie discipline hanno indagato intorno ai temi della morte e del post mortem, vero tabù per la maggior parte delle culture. Tabù peraltro ovunque ritualizzati secondo specifiche consuetudini locali. In tale contesto, desideriamo evidenziare il contributo alla ricerca fornito dall’antropologo e storico delle religioni Alfonso Maria di Nola il quale, in Italia, ha saputo cercare pionieristicamente correlazioni multi disciplinari con l’ambito medico.  Una ricerca la sua che, oltre a documentare diacronicamente numerose consuetudini comunitarie, guardava anche al presente, invitando a trovare modalità formative e di riflessione collettiva rispetto al tema della morte. Il “perpetuum silentium” dà valore alla vita. Viene sempre più indagato in ambito scientifico. Sono in molti a ritenere che nelle società contemporanee sarebbe opportuno stimolare la discussione a livello planetario. Riteniamo che tale discussione potrebbe essere maggiormente efficace in termini di cultura di massa, se accompagnata dalla realizzazione di specifiche opere multimediali, cinematografiche, artistiche, musicali e letterarie. Servirebbe la strutturazione di progetti organici internazionali, che prevedano finalità sociali, educative e formative, tali da indurre le differenti popolazioni a una seria riflessione e formazione collettiva rispetto al “perpetuum silentium”, che accomuna tutti gli esseri viventi.   

Silenzio antidoto al frastuono contemporaneo 
Marcel Marceau
Nell’ “Arte dei Rumori” (1913), Luigi Russolo scriveva: «La vita nell’antichità era tutto silenzio. Nel diciannovesimo secolo, con l’invenzione della macchina, nacque il rumore. Oggi esso trionfa e regna supremo sulle sensazioni dell’uomo». I futuristi hanno sdoganato il rumore nelle pratiche compositive, prendendo atto della realtà quotidiana, soprattutto negli ambiti cittadini e industriali, dove predominano suoni tecnologici che, in pochi decenni, hanno sostituito o integrato quelli degli ambienti naturali. Sirene, aerei, treni, automobili, motociclette, elettrodomestici, martelli pneumatici, macchine di fabbriche e cantieri, televisori, radio, cellulari (..). Come difenderci dal “noise pollution” che, peraltro, può provocare una serie di stati patologici e avere riflessi psicologici negativi, come aggressività, indebolimento della concentrazione e della memoria,  ipertensione, stress, disturbi cardiaci, astenia, insonnia, ipocusia (…)?. Il rumore e la frammentazione delle società moderne stanno uccidendo il pensiero? Nella contemporaneità sono in molti a cercare risposte nell’uso del silenzio, valorizzandolo anche con riflessioni critiche. Vi è chi è giunto a elaborare un “Manifesto per il silenzio” (Stuart Sim), considerandolo un bene irrinunciabile per la nostra civiltà, essendo il fiume che trasporta il pensiero umano, il quale rischia di esaurirsi sotto  la pluralità di stimoli assordanti, tipici delle società moderne. “Alzare la voce in difesa del silenzio e contro la politica e la cultura del rumore”, con queste parole potrebbe essere sintetizzato il suo motto.  Pure Marc de Smedt nell’ “Elogio del silenzio” (1992) ha evidenziato come il mondo contemporaneo sia “lacerato dal rumore”. 
Il silenzio cosmico
Vi è tutto un filone di ricerca e di saggistica che si batte contro la “distrazione di massa”, che impedisce di sentire profondamente, aiutando a fuggire dal proprio Io. Rumore per sfuggire alla solitudine, per evitare il senso di vuoto, di paura e di alienazione che contraddistingue l’uomo contemporaneo? A differenti livelli, pure la ricerca medica si è interessata del silenzio, cui sono correlate precise patologie come, ad esempio, mutismo, depressione, stati melanconici, sordità. Stati nei quali l’individuo deve confrontarsi con il silenzio, assumendo di volta in volta atteggiamenti diversi, che possono portare a forme di chiusura verso il mondo. La biografia di Beethoven e di alcune sue monumentali composizioni orchestrali offrono in tal senso numerosi spunti di riflessione, come pure la condizione di tutti coloro che si trovano nell’impossibilità di recepire i suoni o di articolare organicamente sillabe e parole. In ambito musico-terapeutico, sono degne di specifica attenzione tutte le tecniche impiegate a favore di individui patologici, essendo la musica capace mettere in movimento gli strati cerebrali e della coscienza più profondi, come numerose ricerche neuropsichiatriche e biofisiche hanno ampiamente dimostrato. 

Ricerca interdisciplinare e olistica, senza dimenticare i fini sociali 
Consideriamo fecondo e proficuo il campo della ricerca sul silenzio, per il quale è utile tenere in debita considerazione il rispetto e l’interesse verso le diverse culture e la Natura, la scoperta delle cui Leggi ha sempre aiutato gli esseri viventi ad aprire sperimentalmente le porte dello sconosciuto, guardando oltre, verso l’infinito, anziché fermarsi al già noto. 
Il silenzio della natura
Durante le ricerche e gli studi, è stato per noi essenziale riferirci alla Natura come fonte essenziale di vita, le cui innumerevoli opere insegnano e ispirano artisticamente, stimolando i sensi, aiutando a riflettere in termini globali, etici ed estetici, all’interno di un organico sistema sociale e culturale, dove il tutto fenomenologicamente dipende dalle parti e, allo stesso modo, le parti dipendono dal tutto. La visione olistica, facilita il superamento di limitanti derive etno-antropo-centriche riduzioniste, le quali troppo spesso impediscono di indirizzare la ricerca verso dimensioni più universali e di armonizzarla tra vissuti, interconnessioni, azioni e pensieri, assegnando alla musica un ruolo di primaria importanza. Data la vastità degli argomenti, sullo sfondo rimangono numerosi interrogativi. Ludwig Wittgenstein osservava che «su ciò di cui non si può parlare, si deve tacere». Di seguito, poniamo pure una lunga pausa sospensiva e di riflessione, ma  nel “gran diserto” della conoscenza, vi è ancora molto da fare per valorizzare compiutamente la cultura del silenzio e i principi relativi alla sua sintassi sociale. Per diverse ragioni, siamo stimolati a ricercare nuovi e integrati paradigmi intellettuali, non sottovalutando le possibili positive ricadute negli studi interdisciplinari e nella formazione, ideata a beneficio delle nuove generazioni, a cui sarà sempre più funzionale proporre modelli aperti di ricerca “glocale”, favorendo l’incontro tra le culture e sviluppando affezione verso le diverse forme di vita. I nostri studi di “SoundHology” muovono con humanitas e originalità anche in questa direzione, dando impulso allo studio sinergico del suono/rumore e del silenzio, componenti primarie della Musica, da illustri predecessori considerata riflesso delle parti del cosmo. Una Musica madre delle arti, è stato detto: arte senza confini che non ha patria, ma è capace di unire tutti popoli. Una “musica-madre” che è presente sin dal primo battito e prosegue per tutta la vita. Vi sarà modo di scrivere nei decenni a venire sulle numerose questioni della “SoundHology”, incrociando e armonizzando i dati degli studi umanistici, scientifici e tecnologici, che aiuteranno a meglio comprendere la conoscenza integrata degli stati di coscienza. Da parte nostra, l’auspicio che gli studi vengano condotti non sottovalutando i risvolti etici e sociali, affermando il primato della cultura nelle diverse comunità internazionali, ponendo al centro delle proprie attività (sarebbe sempre opportuno) il pieno rispetto dei diritti della Natura (spesso taciuti o neppure considerati), dell’uomo e dello sviluppo della persona.

Paolo Mercurio
Foto e immagini 1-2-4-5-7 ©  Paolo Mercurio
Foto n. 3 ©  Archivio Renato Morelli.

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