Francesco Loccisano e Andrea Piccioni – Upgrade (Visage Music, 2022)

#BF-CHOICE

Guardare alla tradizione come un monolite immutabile nel tempo, significa non averne compreso il senso profondo e la natura intrinseca. Al contrario essa è materia viva, vibrante e in continua trasformazione, e ciò grazie all’opera di chi ne conserva viva la fiamma. Il sodalizio artistico tra due talentuosi strumentisti come Francesco Loccisano (chitarra battente) e Andrea Piccioni (tamburi a cornice) muove da queste basi per dare vita ad un comune percorso che sposta più avanti i confini della ricerca declinando al futuro la tradizione musicale italiana. La musica popolare è, dunque, il porto da cui ha preso vita un viaggio sonoro che li ha condotti a mettere a confronto i rispettivi e ricchissimi background musicali per poi incrociare repertori, esperienze ed esplorazioni, esaltando le potenzialità timbriche, melodiche ed espressive dei rispettivi strumenti. Il risultato è “Upgrade”, disco che nel titolo programmatico racchiude un universo sonoro che ci invitano a scoprire. Abbiamo intervistato il chitarrista calabrese e il percussionista laziale per farci raccontare la genesi di questo nuovo lavoro, non senza soffermarci sulle attività accademiche di entrambi presso il conservatorio Tchaikovsky di Nocera Terinese.

Partiamo da lontano. Ci potete raccontare com'è nata l'idea di dare vita ad un duo per chitarra battente e tamburi a cornice?
Francesco Loccisano - In maniera spontanea, fin dal nostro primo incontro la vicinanza dei nostri mondi musicali, frutto dell’amore viscerale per i nostri strumenti e della curiosità di volersi approcciare alle altre musiche senza disconoscere la nostra identità, ci ha portato ad avere una comunicazione ad un livello che trascende il semplice atto di far musica, sublimando le nostre energie in una comunicazione profonda, a tratti simbiotica e volta all’esplorazione, allo spingerci oltre. 
Una volta che provi questo tipo di emozioni con un altro musicista vuoi capire fino a dove puoi spingerti, e questo è stato il nostro percorso, a tratti intermittente ma mai davvero interrotto, che ci ha portato a sviluppare una nostra idea di suono, un percorso unitario negli arrangiamenti e una fusione energetica nei live che ogni volta ci lascia emozionati e attoniti.

A cristallizzare il percorso di ricerca compiuto insieme è "Upgrade" il cui titolo è una vera e propria dichiarazione di intenti...
Andrea Piccioni - “Upgrade” in inglese vuol dire aggiornamento. Noi abbiamo inteso racchiudere in questa parola il coniugare una tradizione millenaria con l’estetica ed i modi della musica moderna, detto in poche e semplici parole. Questo non vuol dire strizzare l’occhio alla musica pop o mainstream, al contrario noi siamo figli del nostro tempo, quindi immersi nella musica che ascoltiamo e suoniamo nei contesti più disparati, dal jazz alla world alla musica antica alle forme di musica popolare contemporanea, finanche alla musica elettronica… inevitabilmente esse influenzano il nostro modo di suonare e di comporre, i mondi che abbiamo incontrato durante il nostro percorso individuale, i più lontani e disparati, ci hanno portato a guardare i nostri strumenti con un occhio diverso e costretti ad elaborare soluzioni efficaci per essere utilizzati all’interno dei contesti musicali nei quali ci siamo trovati immersi, da qui è nata la capacità di essere flessibili e di adattarci a differenti linguaggi musicali, attitudine che ci ha spinto a superare quelli che potevano essere i nostri limiti individuali e che ci ha donato una immane energia propulsiva volta all’esplorazione di alterità musicali condivise. Questo è il senso di “Upgrade”, una spinta verso l’altro, nella quale gli elementi e le esperienze individuali si intersecano come le linee spiraliformi del DNA e generano qualcosa di nuovo ma
al contempo profondamente radicato nelle radici da cui provengono.

Nel disco sono presenti brani di nuova composizione e riletture dei rispettivi repertori. Come avete selezionato i brani da inserire nel disco?
Francesco Loccisano - Una parte dei brani contenuti nel disco, circa la metà, sono frutto dei tanti concerti fatti assieme nel corso degli anni, durante i quali siamo andati alla ricerca dell’essenza di ogni singolo brano, un lavoro di cesello in cui abbiamo scolpito ogni singolo dettaglio musicale, tecnico ed estetico. Altri brani sono nati da idee individuali condivise nell’atto di pre-produzione del disco e restituite nella forma che potete ascoltare attraverso lo stesso lavoro di cesello, un lavoro paziente e al contempo emozionante, fatto di prove e di ricerca del giusto sound.

Come si è indirizzato il vostro lavoro in fase compositiva?
Andrea Piccioni - Il disco è stato registrato durante l’ultimo periodo di lockdown per il Covid, ma non abbiamo sofferto particolarmente la distanza in quanto il fatto di conoscerci bene sia da un lato umano che artistico ha fatto si che ognuno di noi, nel suo rispettivo studio casalingo che entrambi amiamo, abbia dato il meglio di se in completa fusione spirituale ed artistica con l’altro, era da un certo punto di vista come essere assieme data l’enorme quantità di passione che abbiamo profuso nel progetto, senza l’ansia che si ha normalmente negli studi di registrazione o nelle tipiche produzioni in cui ti trovi a registrare dodici brani in due giorni. Qui abbiamo fatto tutto con i nostri tempi, dandoci la possibilità di ripensare e a volte stravolgere interi brani. Non ultimo il fatto di registrare nel nostro studio, in cui vai e stai quanto vuoi ti dà
la possibilità di lavorare praticamente senza editing e di provare un brano finché l’esecuzione non sia perfetta, questo dona una naturalezza ed una dinamica al suono difficilmente raggiungibile con il classico “taglia, copia e incolla”.

Come si sono evoluti i brani, già editi, negli arrangiamenti per il duo?
Francesco Loccisano - Abbiamo selezionato alcuni brani attingendo alle mie ultime produzioni discografiche come “Mastrìa” da dove arriva “Solstizio”. E’ stata un operazione non solo di arrangiamento, ma soprattutto di rinnovamento ridando ai brani una nuova veste ricoprendo in essi un nuovo respiro. Altri invece li abbiamo composti insieme attingendo alle esperienze concertistiche, respirando i territori e facendo si che il concerto diviene una investigazione di nuovi mondi sonori possibili.

Quali sono state le difficoltà che avete incontrato nel far dialogare i vostri rispettivi strumenti?
Andrea Piccioni - Non parlerei di difficoltà ma di esplorazione, nell’idea di creare un sound nel quale rendere manifesta ogni piccola sfumatura dei nostri strumenti, ove l’uno sostenga l’altro e dall’unione scaturisca un mood ritmico ed un amalgama di frequenze che renda il suono completo, senza che l’uno sovrasti l’altro ma dove dalla fusione scaturisca una energia ed una emozione che brilli di luce propria.

Dal punto di vista degli arrangiamenti, mi ha colpito molto la cura dei timbri. Come avete impostato il lavoro in questo senso?
Francesco Loccisano - Avendo lavorato ognuno nel suo studio le riprese dei singoli strumenti sono state fatte con l’intento di ricreare esattamente il suono che ognuno di noi aveva in mente relativamente al suo strumento rispettandone la natura, abbiamo entrambi le idee molto chiare in tal senso! A seguire sono subentrati due attori straordinari che sono Marcello De Carolis che si è occupato del mix e Alessandro Luvarà (Spainaudio) che ha realizzato il mastering. 
Se il disco suona come suona è perché in primis Marcello e a seguire Alessandro si sono sintonizzati sull’idea di sound che volevamo realizzare e con meticolosa e puntigliosa professionalità ed una buona dose di pazienza hanno composto assieme a noi, pezzo dopo pezzo come le tessere di un mosaico, il disco che oggi potete ascoltare. Non possiamo non menzionare anche la nostra bravissima grafica Pelìn Igdebeli che ha realizzato l’artwork per il disco, un misto di essenzialità e profondità che sposa perfettamente il senso estetico verso il quale ci rivolgiamo.

Sin dai primi ascolti a colpire è anche l'ambientazione sonora in cui sono calati i brani. Quali accorgimenti tecnici avete utilizzato per le registrazioni?
Francesco Loccisano - In realtà non ci sono particolari accorgimenti tecnici se non che, la risultante debba corrispondere al sentire che in questi  non riguarda il senso uditivo ma ha a che fare in pieno con il concetto vibrazionale di ognuno di noi. Riconoscere un vibrazione ed empatizzare con essa, con la vita.

Ad aprire il disco è la nuova versione de "Il volo del calabrese" già ascoltata su "Mastrìa" di Loccisano. Quali elementi avete messo in luce in questa nuova versione?
Francesco Loccisano - Sicuramente la maturità di cui il brano oggi gode. Ci si affeziona alle vecchie versioni, questo è vero, ma nel tempo le cose cambiano, mutano, trovano nuova espressione. Possiamo dire che all’ascolto ci risulta essere un nuovo volo con una diversa destinazione: ecco il nuovo elemento che abbiamo messo in luce.

In "Infantinologia" avete reso omaggio all'indimenticato Antonio Infantino. Quanto è stata importante la sua figura per la vostra formazione?
Andrea Piccioni - Entrambi abbiamo conosciuto Antonio in differenti momenti della nostra carriera, ma entrambi siamo rimasti folgorati dalla dirompente energia sciamanica e dalla profondità artistica e culturale di questa personalità complessa e sfaccettata, in grado di citare i classici greci a menadito e contemporaneamente di far ballare una piazza solo grazie alla forza della sua voce e della sua chitarra. Il brano “Infantinologia” vuol essere un omaggio non tanto all’uomo quanto alla sua “scienza”, in particolare al suo unico e trascendente concetto di trance e di catarsi, ancora ben lungi dall’essere compresa e riconosciuta in toto come merita.

"Ninna Nanna Conflentana" nasce, invece, dall'esperienza di Andrea Piccioni al Festival Felici e Conflenti…
Andrea Piccioni - Mi trovavo lo scorso anno, poco prima dell’inizio della produzione del nostro disco, al Festival da te citato nella bellissima cittadina di Conflenti nel cuore della Calabria per un concerto in solo. A Conflenti ho trovato una tradizione viva e misconosciuta di canti, organetto e zampogna che non ha eguali, dove i giovani sono gli orgogliosi portatori di questa vivissima tradizione. Verso le tre di notte, quando la festa volgeva al termine ma ancora un manipolo di irriducibili continuava a cantare e suonare in piazza, sono stato testimone di un momento magico, per sempre impresso nel mio cuore: il cantore Andrea Bressi, mentre stringeva fra le sue braccia il suo piccolo Gabriele gli cantava una ninna nanna accompagnato alla zampogna dallo straordinario suonatore Giuseppe Muraca, quel momento era così bello
e spontaneo che non ho potuto evitare (cosa che normalmente non faccio) di registrarlo per conservarne memoria. In seguito sull’onda di quest’emozione ho creato un arrangiamento con dei synth moog per ricreare il mood della zampogna e poi ritmico con i tamburi a cornice gravi, a cui poi Francesco ha aggiunto delle bellissime variazioni di battente sulla melodia, così è nato il brano a cui entrambi siamo particolarmente affezionati e che speriamo di suonare e restituire a Conflenti quanto prima. La cosa straordinaria e che oggi sia Andrea Bressi che Giuseppe Muraca sono entrambi studenti al corso di Chitarra Battente presso il Conservatorio P. I. Tchaikovsky di Nocera Terinese sotto la guida di Francesco Loccisano, il cerchio si chiude.

In "Kaos Kalabro" e "Tarantella Calabrese" declinate al futuro la tradizione musicale calabrese…
Andrea Piccioni - La verità è che noi siamo dei veri tradizionalisti, cos’è la tradizione se non il tramandare una serie di codici espressivi? gli stessi codici che sono il lascito dei portatori che ci hanno preceduto e che noi abbiamo il compito di restituire alle future generazioni in una forma che è la sintesi delle nostre esperienze e mondi musicali.

Nel disco spiccano anche le splendide riletture delle due parti di "Solstizio". Francesco, quanto sei legato a questo brano? 
Francesco Loccisano - Questo come altri miei brani a cui sono molto legato fanno parte di un vissuto umano, emotivo ed artistico che si esprime in musica nella sua interezza, cosa che non sarei in grado di
fare con uguale forza con le parole; quindi, attraverso l’ascolto possiamo comunicare ad un livello molto più profondo ed immediato. Le due parti della suite “notte” e “giorno” sono state impreziosite dalla presenza di due ospiti speciali, rispettivamente da Riccardo Tesi all’organetto in “Solstizio - notte” e Mujura al basso elettrico in “Solstizio - giorno”.

In "Antidotum Tarantulae" accanto alla chitarra battente fa capolino il daf. Andrea, da dov'è nata questa scelta?
Andrea Piccioni - Sono contento che hai riconosciuto quello strumento della tradizione persiana a cui sono molto legato. Il brano in realtà è un medley di due brani del XVII sec. di A. Kircher, e G. Sanz. L’arrangiamento del brano creato da Francesco va in una direzione a mio avviso ascrivibile alle grandi tradizione modali dell’Asia Centrale, che ho avuto l’onore di frequentare assiduamente grazie alla mia assidua collaborazione con l’Aga Khan Foundation, mi sembrava quindi giusto restituire quel tipo di sound che a mio avviso non stona in un disco la cui matrice è profondamente Italiana in termini di suoni e timbriche. In effetti il Tamburello è il grande protagonista di questo disco assieme alla chitarra battente, è l’emanazione diretta della mia anima e lo strumento che più mi rappresenta, e qui ho potuto sperimentare in assoluta libertà tante soluzioni timbriche diverse, fino alla contaminazione con l’effettistica e l’elettronica.

Quanto vi ha arricchito questa collaborazione?
Francesco Loccisano - Ad un livello di cui non siamo ancora interamente consapevoli ma che continuiamo a scoprire e ad esplorare concerto dopo concerto, prova dopo prova… Il fatto di lavorare
nello stesso dipartimento di Musiche Tradizionali all’interno del Conservatorio Tchaikovsky ci permette di riversare questa esperienza condivisa e in divenire anche nella didattica e un mondo accresce inevitabilmente l’altro, come suggerisce la copertina del nostro disco. E a proposito del disco e di collaborazioni non possiamo non ringraziare Riccardo Tesi e Claudio Carboni, entrambi al timone dell’etichetta Visage Music che hanno creduto in questo progetto a spada tratta e ci hanno supportato con entusiasmo, professionalità e amicizia.

Concludendo. da qualche anno siete impegnati anche in ambito accademico presso il Conservatorio Tchaikovski. Come giudicate, sin ora, questa esperienza?
Andrea Piccioni - Una esperienza in divenire, finalmente all’interno di un contesto istituzionale che oggi ci da l’occasione di poter formare la generazione degli strumentisti di domani. Il dipartimento di Musiche Tradizionali, sotto la guida del M. Danilo Gatto, è un crogiolo straordinario di talento e professionalità, il lavoro con gli altri docenti, Antonio  Spaccarotella (fisarmonica tradizionale), Riccardo Tesi (organetto diatonico), Danilo Gatto (zampogna ed etnomusicologia) e le new entry Gabriella Aiello (canto popolare) e Francesco Magar  (musica da camera) è volto alla più totale cooperazione rendendo il dipartimento  un luogo non solo di studio e di pratica ma anche di straordinario entusiasmo e confronto.


Salvatore Esposito

Foto di Daniele Butera (1, 2, 4 e 5 ) e Giovanni Ursino (7, 8, 9 e 10) 

Francesco Loccisano e Andrea Piccioni – Upgrade (Visage Music, 2022)
Francesco Loccisano e Andrea Piccioni hanno sempre trovato spazio in queste pagine. Perché le loro produzioni – e i loro “movimenti” – sempre richiamano l’attenzione del mondo della musica (diciamo) popolare. Nella maggior parte dei casi (parlo di entrambi come artisti solisti), i loro album accendono un processo che riconduce alle analisi approfondite. A quelle analisi sostenute da due tipi di entusiasmo: per la novità degli approcci, degli atteggiamenti generali, e per l’accuratezza delle esecuzioni e della scrittura (“Ninna nanna Conflentana”). Un entusiasmo sereno e pieno che, nel catalizzare gli elementi musicali in uno strumento principe (la chitarra battente per l’uno e il tamburo a cornice per l’altro), trasforma l’ascolto in una ricerca (“Il volo del calabrese”). Perché ci si pone con l’attenzione di chi sa di poter scoprire qualcosa di nuovo: di poter essere sorpreso da un passaggio inaspettato, una combinazione di moduli e modulazioni quantomeno personale, un’impronta timbrica modulata attraverso l’attenzione (analitica) che solo gli esecutori raffinati sono capaci di applicare (“Phase #1”). D’altronde, come dice Visage Music, sia l’uno che l’altro segnano una cesura nel mondo musicale di derivazione popolare, attraendo spesso verso questo il polo della ricerca di nuovi linguaggi: Loccisano ha strutturato “un suo personale stile interpretativo ed esecutivo molto apprezzato da un pubblico sempre più vasto” (“Frammento #2”). Piccioni è considerato “uno dei maggiori esponenti mondiali del tamburo a cornice” e “artefice di un profondo rinnovamento tecnico e stilistico del tamburo italiano” (“Phase #2”). Insomma – forse sarà anche il motivo di questo loro incontro discografico – entrambi guardano (soprattutto) avanti e (fortunatamente) dentro. E questo “comportamento musicale” evita a entrambi di trascinare dietro i propri strumenti – come una coperta legata al cappio dell’abitudine – un affaticato patrimonio musicale di tradizione orale (“Kaos Kalabro”). Che, al contrario, viene evidentemente ricomposto (come idea, come evocazione, come matrice, in alcuni casi) in una visione progressiva, snella, libera, leggera: artistica. Dicevo che ogni volta gli album di questi due musicisti sospingono qualche tassello nel nuovo panorama musicale popolare. La convergenza delle due visioni in “Upgrade”, oltre a sancire l’interesse comune per la scrittura innovativa, pensata (credo si possa almeno supporre, data la morfologia dei brani in scaletta) in corrispondenza con il suono, con il processo dell’esecuzione, dimostra l’adesione a principi musicali puri (“Solstizio – La notte”). Ora, anche se l’attenzione alla terminologia ci imporrebbe di uscire da questa retorica, proverei comunque a verificarne l’efficacia: le forme dei brani riconducono primariamente alle forme dei due strumenti (“Solstizio – Il giorno”). L’ascolto dell’album spinge a immaginare proprio quelle curvature, proiettando l’esperienza in una bolla visionaria molto stimolante (“Antidotum – Tarantela”). In questo quadro la confluenza tra corde e pelli non potrebbe generare suoni diversi da quelli che i due musicisti realizzano: la visionarietà dell’esperienza sta tutta qui, nei suoni e nella loro esecuzione (nel tocco?), nell’organicità della scrittura (che è il pensiero musicale, elaborato in una dimensione concreta, in connessione profonda con la corporeità degli strumenti). Tutti i brani rappresentano dei paradigmi di questo approccio. Per questo l’album va interpretato come un insieme, come un coro, o una banda, come una proposta strumentale che non potrebbe essere più multivocale (“Infantinologia”).


Daniele Cestellini

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