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“Mastrìa” è il secondo disco di Francesco Loccisano - virtuoso della chitarra battente, con all’attivo importanti collaborazioni nel panorama musicale e chitarristico internazionale (sul suo sito campeggia il video di una session con il compianto Bob Brozman, al quale ha dedicato il brano di chiusura del disco “Amico Brozmann”) - che fa seguito a Battente Italiana, del 2010, un resoconto puntuale sul suo strumento prediletto. “Il Volo del Calabrese” e “Pastorale” (con Ettore Castagna alla lira), i due brani di apertura del disco, sono gradevolissimi e mi piacerebbe che bastassero a garantire sull’integrità dei contenuti (ordinati, equilibrati, puliti, sognanti) e di tutti gli altri brani di cui è composto. La chitarra battente è centrale anche in “Mastrìa”, ma qui è inserita in un programma articolato secondo riferimenti molto ampi, nel quadro dei quali Loccisano si muove con agilità e in più passi si libra come una farfalla. La metafora non è casuale e, sebbene possa sembrare retorica (e deformi in parte queste righe dentro un codice probabilmente troppo emotivo), non vuole neanche addolcire e far fantasticare troppo sul disco (dal quale emerge sempre lo scivolare concreto delle dita sulla tastiera, dei polpastrelli aggrappati alle corde doppie della chitarra battente), assemblato, nota dopo nota, attraverso una sequenza di canzoni originali, rielaborazioni del repertorio classico per chitarra e citazioni del patrimonio musicale di tradizione orale della Calabria.
Piuttosto vuole aiutare a definire la sensazione (si badi bene, non solo relegata ai primi ascolti) di una musica alleggerita da un’evidente competenza (non solo tecnica) che lascia dei segni ordinatissimi nel flusso dei suoni. E che sospinge l’ascolto su un piano che mi piacerebbe definire più “sonoramente” puro e più percettivo (la sensazione, appunto, il trasporto), svincolandolo in molti passi dall’attenzione alla morfologia del suono, dall’attenzione interpretativa che avrei, invece, il dovere di tenere in primo piano. Chi, come chi scrive, ha poi la passione per i cordofoni e in particolare per la chitarra (qualunque essa sia), apprezzerà non solo la morbidezza e la dolce disinvoltura con cui Loccisano si muove in un panorama sonoro pieno di evocazioni, ma soprattutto la rassicurante struttura di una narrazione musicale pensata e modellata da un chitarrista. In “Mastrìa”, come dicevo, compaiono le tradizioni musicali popolari (riconducibili al modulo della tarantella, come il “Ballo di San Vito” che Loccisano ha suonato accompagnando Capossela in più occasioni) interpretate secondo una visione sicuramente caleidoscopica, i cui esiti si distanziano in modo significativo dalle riproposte di artisti più anziani e più maturi e che, spesso, rappresentano le avanguardie più interessanti nel processo di esplorazione dei repertori tradizionali e di riproposta di questi in nuove forme (“Kaos Kalabro”).

Daniele Cestellini
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Calabria