Francesco Loccisano e Marcello De Carolis – Venti (ItalySona, 2020)

Ci immergiamo con piacere in questo “Venti”, album di chitarre battenti che sta ricevendo ottime critiche e (è bene dirlo) un’importante visibilità nei media musicali. A confermare ciò che potremmo definire come una curiosità crescente nei confronti di questo cordofono straordinario che, per storia, tradizione e caratteristiche organologiche, può meritare di assurgere a rappresentare una parte importante della cultura musicale del nostro paese. Senza esagerare in retorica e riprendendo il comprensibile entusiasmo degli autori Francesco Loccisano e Marcello De Carolis, è doveroso sottolineare che il cordofono ha avuto un’origine e uno sviluppo nel sud Italia. E, per questo, una volta ricondotto alla categoria dell’autoctonia, può godere dell’importanza che gli esperti già gli attribuiscono. Un’importanza che sta crescendo grazie a chi ne sta non soltanto conservando le tecniche di esecuzione, ma soprattutto elaborando nuove funzioni, aprendogli così una prospettiva nella contemporaneità musicale. Ci ricorda infatti Loccisano – il quale ha alle spalle una lunga carriera e una ricca discografia dedicata allo strumento, di cui è unanimemente considerato uno dei migliori interpreti – che il ruolo tradizionale della chitarra battente era l’accompagnamento del canto e che (anche grazie al suo lavoro, che lo ha portato a collaborare con molti artisti, tra cui Vinicio Capossela) la sua attuale dimensione è quella solistica. Una dimensione in cui la battente ha la sua piena voce, anzi le sue piene voci, poggiando organicamente sulle caratteristiche armoniche e, in generale, sonore di strumento completo, ricco di articolazioni e aperto a molte possibilità. Lo scorrere dei dieci brani in scaletta ce lo dimostra con piacevole regolarità, perché irradia uno spettro sonoro multiforme, nonostante le condizioni “ristrette” delle esecuzione siano affidate alle sole due chitarre (“Solè”). Anzi, in ragione proprio di questo, possiamo dire che la ricchezza del suono delle due battenti eguagli le capacità esecutive dei due musicisti (“Battente italiana”), oltre che quelle di scrittura di Loccisano (“Amico Brozman”), autore di tutti i brani, ad eccezione del tradizionale “La tarantella di Zio Nicola”, rivisitato insieme ad Eugenio Bennato. Come sappiamo, è proprio con quest’ultimo che Loccisano ha collaborato a lungo, imponendo la chitarra battente nel panorama delle musiche di ispirazione popolare. Marcello De Carolis – diplomato in chitarra classica e allievo di Loccisano in battente – solca questo campo con produzioni sempre interessanti, tra cui possiamo ricordare il progetto Cordaminazioni con Luca Fabrizio e il Concerto di Matera per chitarra battente e dieci strumenti. L’album, che ha il merito di proporre il panorama sonoro della battente in una formula sostanzialmente nuova (e che alcune letture, a mio avviso ragionevolmente, hanno ricondotto a esperienze artistiche incentrate su strumenti molto caratterizzanti, come la kora o la ghironda, che sono divenuti simbolici di precise aree di produzioni musicali), si può considerare come un punto di svolta verso il futuro: non solo dello strumento, ma anche della nostra percezione dei contesti sonori “tradizionali” (“Via dal tubo”). Nella misura in cui, infatti, “Venti” si propone come uno svolgimento di idee imperniate sulla chitarra battente – della quale riporta possibilità esecutive senza limiti (“Il volo dell’angelo”) – ci ricorda la grazia ipnotica di uno strumento che sembra aspettare una sua piena comprensione: da parte di pubblico e musicisti. Una piena comprensione che vada, ovviamente, oltre lo studio scientifico (nell’ambito del quale gli approfondimenti analitici non sono certo carenti), per approdare a una cultura dello strumento, entro la quale si riesca a percepirne in pieno caratteristiche, suoni, potenzialità: insomma presenza e carattere. In questa direzione sembra davvero spingerci il duo Loccisano-De Carolis. E lì dobbiamo guardare, trasportati “semplicemente” dal timbro, dalla velocità, dalla profondità di suoni che non si ripetono mai, ma che, al contrario, tessono incessantemente la via di una prospettiva aperta (“Il bacio”). 


Daniele Cestellini

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