Il traguardo dei cinquant’anni di attività artistica solitamente si celebra con una antologia magari infarcita di inediti (leggasi scarti e avanzi dai dischi pubblicati in carriera), tuttavia c’è chi come Edoardo De Angelis preferisce andare in direzione ostinata e contraria e festeggiare pubblicando un disco di inediti, a testimoniare una rinnovata vitalità artistica. Negli ultimi anni, infatti, abbiamo assistito alla sua seconda giovinezza con la pubblicazione di lavori di grande spessore a partire da quel gioiellino che era “Non Ammazzate Anna” del 2014 e che ha aperto una stagione fortunata di pubblicazioni di pregio con “Il Cantautore Necessario” del 2016, prodotto da Francesco De Gregori ed inciso in duo con Michele Ascolese alla chitarra e “nuoveCanzoni” del 2018, a cui si aggiunge il libro autobiografico “La gara dei sogni” del 2019. A corollario di questo percorso è arrivato il nuovo album "Io volevo sognare più forte", presentato in anteprima il 18 dicembre 2020 nel corso di un concerto in diretta streaming dall’Auditorium del Maxxi di Roma, e che dal punto di vista ispirativo segue un doppio itinerario concettuale: i sogni e le stelle. Su queste traiettorie ideali si innestano tematiche profonde come la difesa dei diritti, la protezione dei più deboli, il confine tra realtà e sogno, ma anche la consapevolezza del ruolo dell’uomo nella storia. Non manca un sostrato politico con i riferimenti all’esigenza di una Europa veramente unita, libera e accogliente. Abbiamo intervistato il cantautore romano per ripercorrere insieme a lui la sua produzione più recente per soffermarci nell’analizzare le ispirazioni e i temi del nuovo album.
Nel 2016 hai dato alle stampe quel piccolo grande gioiello che è "Il Cantautore Necessario", prodotto da Francesco De Gregori ed inciso in duo con Michele Ascolese alla chitarra. Quel disco ha segnato una nuova fase nella tua carriera artistica nella quale successivamente hai dato vita all'etichetta discografica omonima.
In questa scelta ho letto l'esplicitazione di una tensione costante che ha animato sempre il tuo songwrting ovvero l'esigenza del racconto, il desiderio di cantare la vita e il mondo che ci circonda. In una fase storica in cui si è arrivato persino a negare l'esistenza della canzone d'autore, quanto è necessario che il cantautore dischiuda all'ascoltatore il suo universo narrativo?
Salvatore, questa è una delle domande più intelligenti e gratificanti che io abbia mai ricevuto nella mia non breve storia professionale. Dovrei, in risposta, scrivere un romanzo di formazione, ma non posso qui … e cerco di sintetizzare. Mi accorgo oggi, a cinquant’anni dai primi passi, che molte delle mie canzoni sono state, e sono, “aggiornamenti” a seguire di alcune precedenti dello stesso tipo. Sono oggi consapevole che continuo a elaborare e ad approfondire argomenti paragonabili ad archetipi dell’animo umano. Mi spiego con due esempi: il “pensiero” sulle migrazioni dei popoli, e il rapporto, nell’uomo, tra umano e divino. Sul primo argomento potrei citare Cantare in italiano, 1982 e a seguire Gli sposi di Tirana, 2001, poi Speranza disperata, 2011, Padre nostro, 2018 per arrivare a Lettera dall’inferno, 2021 … che è anche, nel nuovo album, la canzone preferita da un certo Francesco De Gregori. Sul secondo voglio ricordare Rosso, 1984, poi L’uomo col vento nei capelli, 1996, per arrivare, nel nuovo album alle strofe finali de Il dolore del mondo.
Hai inaugurato le pubblicazioni della tua etichetta nel 2018 con "nuoveCanzoni", un disco sul tempo, sul passato e sul futuro, un lavoro profondo e denso di poesia. Un’altra pietra miliare della tua discografia, una sorta di ripartenza con rinnovato slancio creativo. Quanto è stato importante per te questo lavoro?
Quell’album ha avuto per me un’importanza fondamentale. Sembra che tu riesca a porre le domande che avrei voluto ricevere … te ne ringrazio ancora!
Sono sincero: parlando sempre “nel mio piccolo”, non credevo, dopo aver realizzato “nuoveCanzoni” di poter pensare a un album (dal mio modesto punto di osservazione …) migliore, più ricco, più intenso. E invece sono adesso convinto che questo “Io volevo sognare più forte” sia in assoluto il mio lavoro più riuscito di sempre. Come dicevo in risposta alla prima domanda, una summa, una nuova stazione nel viaggio infinito dei pensieri, delle riflessioni, delle raggiunte consapevolezze.
Il nuovo album "Io volevo sognare più forte" si pone sulla medesima scia ispirativa ma volge lo sguardo al mondo che ci circonda. Come nasce questo nuovo disco? Recentemente hai detto che in ogni tuo album cerchi sempre il filo rosso che lega dal punto di vista concettuale i vari brani. Nel caso di questo nuovo lavoro ne hai indicato due i sogni e le stelle. È suggestivo, dunque, sapere quali sono state le ispirazioni alla base di questo nuovo album...
L’album è stato quasi interamente scritto durante i tre mesi di quarantena della primavera 2020. Probabilmente la solitudine, l’isolamento, hanno contribuito ad approfondire i pensieri, a spingerli oltre un confine visibile. In senso generale l’ispirazione è sempre il desiderio di indagare, curiosare, leggere i movimenti dell’uomo (e intendo ovviamente anche donna … dell’essere umano, insomma) nel mondo che lo circonda, nel suo rapporto con gli altri esseri umani, nel suo confine con la conoscenza e la proiezione nei grandi misteri che si celano oltre la fisica …
L'ascolto dei brani in rapporto al titolo del disco sembra celare un velo di rimpianto nel tuo cammino di cantautore...
No, non ci sono rimpianti, in fondo … Solo consapevolezza degli errori, molti, che credo ogni persona possa fare … possibilmente in buona fede. La canzone conclusiva dell’album, una delle mie preferite, parla proprio di questo.
La vita guarda sempre avanti, alla ricerca di nuovi incontri, nuovi pensieri, nuove storie da raccontare.
Rispetto ai tuoi lavori precedenti questo album si apre anche ai suoni world. Dal punto di vista prettamente sonoro come hai approcciato gli arrangiamenti?
Ecco, dal punto di vista tecnico e delle strutture armoniche e musicali in genere, ho fatto con me stesso una scommessa … e l’ho ampiamente vinta! Ho scelto di collaborare con un giovane musicista romano, che avevo appena conosciuto, e apprezzato per la sua intelligente maturità. Alberto Laruccia si è dimostrato risolutivo nel dare al mio lavoro una ventata fresca di novità. L’ho eletto arrangiatore e co-produttore artistico dell’album, e sono soddisfattissimo della scelta fatta. L’altra metà del lavoro, relativa ai suoni, è stata come sempre messa nelle abili mani di Fabio Ferri, l’altro co-produttore, che si è occupato delle registrazioni, dei mix e del mastering.
Quanto è stato determinante il contributo degli strumentisti che hai coinvolto nella definizione del suono?
Molto, come sempre! Tra l’altro, considerata la novità di Alberto Laruccia, studente del Saint Louis Music College, si è creata una piacevole (con)fusione tra vecchia guardia, Marco Siniscalco, Cristiano Micalizzi, Alessandro Gwiss, le giovani e i giovani colleghi di studi di Alberto, Flaminia Lo Bianco, Valeria Piccolo, Francesco Fratini, Alessandro D’Ippolito, i musicisti suggeriti da Fabio Ferri, Kyungmi Li, Kicco Careddu e un vasto stuolo di amici venuti a dare una mano e a lasciare il segno: Michele Ascolese, Giovanni Pelosi, Reno Brandoni, Marco Caronna, Rocco De Rosa, Alessandro D’Alessandro, Massimo Laguardia, sperando di non aver dimenticato altri amici …
Tra i brani che mi hanno più colpito ci sono senza dubbio quelli di stringente attualità l'iniziale "Prima d'essere Europa" e "Le strade d'Europa". Ci puoi raccontare la genesi di queste due emblematiche canzoni?
L’esigenza di esprimere un appassionato atto di fede nel concetto di unione dei popoli. Il mio europeismo è di antichissima data, dai tempi del liceo, forse del ginnasio. Determinante, in questo caso, il confronto continuo e costruttivo con il coautore dei brani, Francesco Giunta, il mio più che fraterno amico di Palermo, che mi è vicino da circa quarant’anni, e che tra l’altro è stato produttore artistico di “Sale di Sicilia”, l’album pubblicato da RaiTrade nel 2011.
Struggenti sono, poi, "Il lupo verrà" e "Lettera dall'inferno" in cui canti delle violazioni dei diritti umani, due canzoni necessarie nel senso stretto del termine...
Ti ringrazio molto per la condivisione di questi pensieri. Sono, queste, due canzoni che mi sono molto care, e che trattano di argomenti che sono sempre due fiamme accese nel mio cuore e nella mia testa. Per amore e per onestà intellettuale devo dire che la prima delle due non esisterebbe se io non fossi innamorato di canzoni precedenti, quali “Due Zingari” di De Gregori e “Khorakhanè” di De Andrè. E non esisterebbe la seconda se non avessi così tanto amato due altre canzoni di Francesco, Il canto delle sirene e L’abbigliamento di un fuochista.
Non manca uno sguardo riflessivo verso i sentimenti con "Cuore selvatico" e "Nel mio cuore". Ci puoi raccontare di questi due brani?
La prima è un minuscolo bilancio sentimentale che credo faccia parte dell’equilibrio affettivo di ogni coppia. Descrive anche quel sentimento di sconforto che, fin dai tempi della scuola, si impadroniva lentamente di me dal pomeriggio della domenica, in crescendo fino al rientro a scuola e al pranzo del lunedì. Poi cominciava l’attesa del venerdì, e, finalmente … del sabato del villaggio… “Nel mio cuore” è il “ripescaggio” di una canzone di inizio terzo millennio, dovuto al meraviglioso arrangiamento regalatomi da Marco Zuin, un pregevole musicista e collega veneto, che si diverte a suonare liuto, arciliuto e tiorba. Un piccolo prezioso gioiello, pieno di buoni sentimenti, nel quale sono i bambini – altro argomento caro – che parlano del loro futuro e delle loro già ferme consapevolezze.
In tre casi fai anche appello alle favole per raccontare la realtà e parlo della ripresa de "L'orso e la stella" dal sempre affascinante "Le allodole di Shakespeare" e "Biancaneve farà un po' tardi", metafore profonde e riflessioni intense...
Il mondo delle favole ha regalato spesso spunti alle canzoni d’autore … La prima è una storia d’amore non solo simbolica. Pensa! Se un orso e una stella, così diversi e lontani, possono condividere un sentimento, perché non potrebbero amarsi due ragazzi di etnie, religioni, paesi e colori diversi. La seconda canzone è una vibrazione del mio cuore. Cerca di descrivere il rapporto tra il mio mestiere e il tempo … la proiezione continua verso il futuro, alla ricerca di nuove storie e nuovi sentimenti da raccontare. E altre persone alle quali raccontare le loro vite nel mondo.
Nel disco c'è anche una dedica a Napoli, una città a cui sei in qualche modo legato...
Una dedica amorevole ai miei nonni materni, Maria, napoletana, e Otto, di Positano. La meraviglia di aver potuto ascoltare sin da piccolo le canzoni napoletane direttamente dalla loro cara voce. Difficilmente riesco ad ascoltare ancor oggi una canzone napoletana della tradizione senza provare commozione. Canzone eseguita in diretta, buona la prima, voce e chitarra insieme al mio carissimo Michele Ascolese. Nessuno come lui sa raccontare i sentimenti attraverso le sei corde della chitarra.
Concludendo, riprendi anche "Lella" in una versione particolarmente sofferta e intrisa anche in questo caso di stringente attualità. In passato ricordo che avevi messo da parte questo brano nel tuo repertorio, salvo riprenderlo e riproporlo in una luce diversa. Da quanto l'hai scritta con Stelio, in fondo, non è cambiato nulla, anzi la crudeltà verso le donne è aumentata...
Questa versione di Lella è, a mio avviso, il 10 e lode in pagella ad Alberto Laruccia. Sai, “Lella” è stata cantata da tutti, nei ristoranti, allo stadio Olimpico prima delle partite della Roma, sulle spiagge, nei pullman delle gite, nei campi degli scout … serviva una versione che la riportasse a casa, tra le pagine consumate di Gadda e Pasolini, nel racconto stretto, essenziale, drammatico, in una parola nel sentimento in cui era nata. Alberto è stato di parola, è riuscito a farlo, e io ho lasciato nel mix la prima voce cantata nel provino, tanto mi sembrava a suo modo perfetta. Speriamo che questa nuova versione possa contribuire, nel suo minimo, a riportare attenzione a questo tragico disagio sociale che continua a essere la violenza di genere. Dobbiamo lavorare su noi stessi, sui nostri pensieri, rimanere sempre vigili, attenti a ogni piccolo segnale, non dare mai per scontato di essere fuori dai confini della tolleranza, del buon senso, del rispetto.
Edoardo De Angelis - Io volevo sognare più forte (Il Cantautore Necessario/Edizioni Musica del Sud, 2021)
Gli album di Edoardo De Angelis nascono sempre seguendo particolari itinerari tematici, poetici ed emozionali, traiettorie ora percepibili in modo chiaro, ora solo evocate tra i versi di una canzone e l’altra. È in questo che va colta l’unicità del suo approccio alla canzone d’autore, anche rispetto ai suoi colleghi che come lui sono sbocciati in quella straordinaria fucina creativa che era il Folkstudio. Nelle canzoni del cantautore romano c’è sempre una consapevolezza di fondo del senso della misura e delle simmetrie sia dal punto di vista lirico che da quello strumentale e lo si nota soprattutto quando gioca tra i contrasti e le antinomie, percorrendo quel sentiero impercettibile che separa bianco e nero, cielo e terra. Nel suo nuovo disco “Io volevo sognare più forte” c’è tutto questo. A riguardo, nelle note di copertina, si legge: “Ogni volta che un nuovo album è sul punto di essere pubblicato, spunta il desiderio di immaginare un filo rosso che leghi e tenga insieme le canzoni, come frutti diversi raccolti nello stesso cesto. Così avviene anche per questo “Io volevo sognare più forte”, che in verità offre molti spunti di riflessione. In un primo momento mi era sembrato che un tratto comune non si potesse scorgere … ma poi mi sono reso conto che i fili sono addirittura due, stelle e sogni, e in qualche modo legati insieme”. Composto da dodici brani, di cui nove inediti e tre riletture, il disco ha preso vita durante i tre mesi di lockdown dello scorso anno che si sono rivelati un momento di riflessione sul mondo che ci circonda, sulla vita e i sentimenti che la caratterizzano. Già nel titolo si coglie lo spirito che i brani permeati dalla volontà di proseguire caparbiamente il proprio cammino sul sentiero, quello dei sogni, rischiarato dalla luce degli astri. Il cantautore romano ci svela la sua visione della vita e le motivazioni che rendono necessaria viverla fino in fondo, sognando più forte. Dal punto di vista musicale, il disco si differenzia dai precedenti per sonorità più ricche e raffinate in cui non mancano aperture verso la world music e i suoni orchestrali. In questo senso, determinante è stato il contributo di Alberto Laruccia (chitarre, pianoforte, voce, elettronica) che ha curato gli arrangiamenti e la produzione artistica con Fabio Ferri ma anche l’apporto fondamentale del ricco cast di strumentisti che si sono avvicendati durante le sessions ovvero Kyungmi Lee (violoncello), Natalia Dudynska (violino), Alessandro Gwis (pianoforte), Marco Siniscalco (contrabbasso), Cristiano Micalizzi (batteria), Valeria Piccolo e Flaminia Lo Bianco (voci), Francesco Fratini (tromba), Andrea D’Apolito (harmonium indiano) e Kicco Careddu (percussioni) a cui si aggiungono gli ospiti Massimo Laguardia (tammorre), Guido Benigni (voce), Alessandro D’Alessandro (organetto), Michele Ascolese, Giovanni Pelosi e Reno Brandoni (chitarre), Marco Zuin (liuto, arciliuto, tiorba), Nhare Testi (violino), Marco Caronna (bouzouki), Rocco De Rosa (melodica) e Alessandro Leita (clavicembalo). Il risultato è un album curato in ogni dettaglio che mette in luce in egual maniera musica e parole con i brani che si lasciano scoprire (o riscoprire nel caso delle riletture) ascolto, dopo ascolto con la voce intensa e profonda di Edoardo De Angelis a farci da guida. Aperto dalla delicata melodia di “Prima d’essere l’Europa”, scritta con Francesco Giunta e incentrata sulla rivoluzionaria portata storica che ha avuto l’Unione Europea nel nostro continente, il disco ci regala un dittico di pura poesia con la ninna nanna “Il lupo non verrà” e la ripresa de “L’orso e la stella”, già ascoltata ne “Le allodole di Shakespeare” e qui proposta in una nuova e più affascinante versione. Se “Il dolore del mondo” è una riflessione sul senso della vita e la necessità di imparare il perdono, la successiva “Ma quanto è bella Napoli” è un acquerello lirico dedicato alla bellezza del capoluogo campano e alla sua storia. Si prosegue con la superba ripresa di “Lella”, in quella che potrebbe essere definita la sua versione definitiva con piano ed archi ad incorniciare il drammatico testo, e la tagliente “L’apertura della caccia” a cui De Angelis affida il suo pensiero sui nuovi fascismi e l’uso/abuso delle armi. La bella sequenza dedicata ai sentimenti con “Lettera dall’infero”, “Nel mio cuore” e “Cuore Selvatico” ci conduce verso il finale in cui ritorna il tema dell’Europa ne “Le Strade d’Europa”, anche questa scritta con Francesco Giunta” e la moderna favola in musica “Biancaneve farà un po’ tardi” che chiude l’album. “Io volevo sognare più forte” è, dunque, un disco da riascoltare più volte, lasciandosi rapire dall’immaginario poetico e dalla scrittura affabulativa di Edoardo De Angelis.
Salvatore Esposito