Fare festa è vitale, appartiene a matrici biologiche e psicologiche ataviche profonde, a esigenze dinamiche primordiali istintive e insopprimibili: è libero arbitrio nonché “movimento” di corpo e mente. Il detto “semel in anno licet insanire” sottintende dare (annualmente) rinnovato significato e senso a riti, luoghi, miti, archetipi, simboli, sfilate, mascherate, musiche, danze, cibi, tradizioni, colori e divertimenti. Il carnevale nelle diverse comunità è sfogo collettivo ed è ricco di eventi variamente studiati in ambito antropologico ed etnomusicologico. In particolare, nelle opere monografiche “Humanitas Musicale Sarda”, con presentazione di Roberto Leydi, e “La Cultura delle launeddas”, con nota introduttiva di Sandra Mantovani, abbiamo avuto modo di approfondire numerose tematiche rituali carnevalesche, soprattutto in relazione agli eventi pasquali, agli strumenti musicali e ai balli popolari della Sardegna. Carnevale è sinonimo di festa gioiosa e di aspre opposizioni che aiutano a far emergere la realtà dell’essere. Gli antichi insegnavano la complessità della pazzia, a volte definendola “follia divina”, come folle è la profondità dell’anima, incomprensibile e inspiegabile con le sole parole, ma pregna di significati. Così sono le feste del profondo, legate alle multiformi trasposizioni elaborate simbolicamente nelle diverse comunità. Carnevale è divertimento ma anche riflessione sulla condizione umana, tenendo presente i cicli naturali, i calendari sacrali e liturgici nonché la capacità di rielaborazione degli esseri viventi, in grado di rendere le feste straordinarie occasioni aggregative e di solidarietà comunitaria.
Come ogni anno, il carnevale è impazzato in ogni angolo della terra. Restando nelle Americhe, dopo aver trattato dei “Garifuna”, ci sposteremo ora in Bolivia, per dare risalto ai principali eventi del carnevale di Oruro, cittadina mineraria, situata a circa tremila e settecento metri di altitudine, capoluogo dell’omonimo “Dipartimento” nazionale, che conta una popolazione di quasi cinquecentomila abitanti. Tra i luoghi di maggior interesse, evidenziamo il “Santuario de la Virgen del Socavón” (coinvolto nel pellegrinaggio carnevalesco), con annesso il “Museo Sacro, Folklórico, Arqueológico y Minero”. Al Santuario è idealmente collegato il “Mirador Virgen del Socavón”, monumento alto circa quarantacinque metri, dal quale è possibile osservare tutta la città. Rispetto alle civiltà precolombiane e alla cultura andina, è da menzionare il “Museo Antropológico Eduardo López Rivas”, ideato alla fine degli anni Cinquanta, per ospitare Raccolte tematiche di archeologia, antropologia, etnologia, etnomusicologia e folclore.
Oruro è nota nel mondo soprattutto per il carnevale, espressione viva e dinamica delle usanze boliviane, sintesi di un sincretismo pagano-religioso che vede concentrare tutte le manifestazioni e gli eventi rituali in pochi giorni festivi, per i quali la città si prepara con mesi di anticipo. Tale carnevale ha origini storiche peculiari, che permettono di far risaltare fenomeni culturali che formano un “unicum”, al quale ha dato attenzione l’UNESCO, a partire dagli inizi del nuovo millennio, fino all’inserimento nella “Lista” dei Patrimoni Orali e Immateriali dell’Umanità (2008). Statisticamente, gli eventi festivi del carnevale di Oruro attraggono nella città circa cinquecentomila turisti, che apportano un considerevole indotto commerciale. L’evento festivo muove interessi finanziari (e non solo), tuttavia a noi preme dare risalto alla straordinaria energia vitale che tale festa permette di sprigionare, grazie alle numerose danze popolari e alla musica, capaci di aggregare persone di tutte le età, all’insegna di una forte devozione e dell’unione di un folto numero di gruppi folclorici e bandistici boliviani, i quali si stima coinvolgano attivamente oltre trentamila danzatrici/danzatori e suonatori.
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