MusicHology: polifonia strumentale e polivocalità tradizionale sarda patrimoni dell’umanità

Per la conferenza inserita nella Rassegna interculturale “Il Lamento del Mediterraneo”, (Orosei, 4-6 ottobre), siamo stati invitati a scrivere un contributo dedicato a “polifonia e polivocalità sarda”, facendo riferimento soprattutto alla tradizione religiosa orale.  Con l’intento di offrire spunti di riflessione, del contributo riporteremo una sintesi, dalla quale emerge che tale polifonia/polivocalità merita di essere valorizzata contestualmente, secondo visione “musicHologica”. A nostro avviso, vi è la necessità di un forte cambiamento, superando la parcellizzazione e la frammentazione musicale, la quale non giova alla promozione dei patrimoni di tradizione orale. Nello specifico, la polifonia strumentale e vocale dell’Isola riteniamo sia un bene unitario dei Sardi e dell’umanità e, come tale, dovrebbe essere promossa “glocalmente”, essendo parte di un organico ambito culturale con alle spalle una storia secolare, se non millenaria, come nel caso delle launeddas. Impariamo dal passato, viviamo nel presente, progettiamo guardando al futuro.La nostra è un’epoca contrastata, dominata da tecnica, multimedialità, digitalizzazione. Come internauti possiamo comunicare e ricevere/elaborare un’infinità di informazioni attraverso milioni di siti, centinaia di canali satellitari e uno strabiliante numero di app. Tutto scorre rapido ed è mutevole.  La musica occupa un posto di rilievo nelle società contemporanee, ma le regole di fruizione dei materiali sonori sono radicalmente mutate nel giro di pochi decenni. Le informazioni si ricavano in buona parte da cellulari, radio, computer e televisioni. Sono in continua evoluzione allettanti novità digitali, comprese quelle di intelligenza artificiale, i cui servizi, sempre più, monitoreranno i nostri movimenti e saranno in grado di interagire simultaneamente, “consigliandoci” nelle scelte quotidiane. La società è “liquida”.  Si parla nella piazza universale per immagini a effetto, con il gusto per il sensazionale, l’esotico spinto, l’estetizzante.  Quiz, test, algoritmi e statistiche fanno il resto (...).  In generale, la musica vive oggi in un apparente caos. Essendo parte del processo produttivo viene giornalmente promossa in modo isterico (tutt’altro che scriteriato) dai media, soprattutto in funzione della sua economia, del consumo immediato, della redditività, dello spettacolo, dello svago (...).  
La musica di tradizione orale non è più ad appannaggio di pochi studiosi ed esecutori. Sempre più spesso viene fatta convivere forzatamente nell’ hotchpotch, nel minestrone sonoro internazionale, nel quale numerosi esecutori sparsi nel mondo tendono a mischiare e a ibridare stili e generi autoctoni. Siamo figli del nostro tempo. Conosciamo la contemporaneità e per molti versi la apprezziamo, ma quando ci interessiamo delle tradizioni orali, dei patrimoni musicali ereditati dai nostri avi, riteniamo sia proficuo impiegare rigorosi e rispettosi criteri di analisi, facendo risaltare i contesti antropologici nei quali una determinata musica si è affermata e diffusa. Sono patrimoni sonori immateriali da non svendere, che meritano il massimo rispetto, adeguata concettualizzazione e una straordinaria sensibilità culturale per valorizzarli in modo adeguato. Il passato musicale non può limitarsi a essere una sintetica compilazione dei “fatti”, poiché richiede la comprensione dello sviluppo della vita in una comunità fino ai giorni nostri. La memoria non può essere rivolta solo al passato, ma dovrebbe aiutarci a far vivere nel presente il ricco bagaglio di conoscenze e di esperienze che ci sono state tramandate, pensando seriamente a quello che in futuro vorremmo lasciare ai posteri. Non possiamo accettare passivamente le logiche mondialiste contemporanee. Bisogna porsi degli interrogativi, evitando di muoverci come automi nel turbinio generale del cambiamento. Per noi l’analisi storico-antropologica e sociale degli eventi musicali tradizionali offre vantaggi, invita a guardare oltre l’effimero e aiuta a distanziarsi criticamente dai ritmi martellanti della comunicazione moderna.

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