John Axelrod, violini immortali tra investimenti finanziari e tradizione organologica

Violini rari, strumenti artistici per investimenti finanziari 
Da diversi secoli, il violino è uno strumento che unifica il mondo musicale avendo trovato e trovando tuttora numerose applicazioni nella musica colta e popolare, come abbiamo avuto modo di mettere in risalto nei contributi riferiti ad Antonio Vivaldi, Janos Hasur, Igor Polesitsky, Secondo Casadei, Nejiko Suwa.
Quali sono i motivi che hanno spinto John Axelrod a scrivere un testo sui violini rari. Per l’autore «il violino, come la musica stessa, esiste fuori dal tempo, in ogni tempo. Il violino, fatto di legno, è mortale. Il suo suono è immortale. Il suo valore inestimabile».  Rispondendo a una giornalista, tra il serio e il divertito, ha risposto che «… in verità ho scritto un libro nel quale ho studiato, ho cercato il motivo del dilagare del mercato degli strumenti musicali rari, degli Stradivari, appunto. Cosa ho scoperto? Che questo mercato è un settore più importante di quello delle criptovalute!». Più di tante generiche parole, nelle analisi di mercato contano i numeri, perciò sin dalle prime pagine del testo sono stati inseriti grafici e dati, facendo comparazioni come, ad esempio, quelle riferite all’apprezzamento dei violini Stradivari e Guarnieri del Gesù, rispetto ai prezzi di oro, argento, platino e ai valori del “DJIA” (“Down Jones Industrial Average”), tra gli anni 1960-2008. Le percentuali d’incremento variano inequivocabilmente a favore dei violini. Si calcola che mediamente siano ancora in circolazione (circa) seicentocinquanta violini (Antonio) Stradivari (dei circa mille costruiti), conservati in vario modo e in diversi luoghi del mondo. Un dato però è certo, il loro valore, negli anni, finora, ha sempre continuato a crescere, pur tenendo conto che ogni violino possiede un valore individuale e una storia a sé. Per dirla con Axelrod: « … i violini rari sono un benchmark di redditività, sono molto costosi, e lo Stradivari è in cima alla classifica per i collezionisti e gli investitori».  Per acquisire valore, i violini devono essere di sicura origine, gli specialisti devono poter certificare il laboratorio di provenienza, lo stato di conservazione e, quando possibile, la data di realizzazione. Per comprendere meglio i dettagli del rapporto qualità-prezzo rispetto ai violini storici, l’autore si è confrontato con importanti esperti del settore, tra cui Florian Leonhard (liutaio), Frank Almond (musicista), Jason Price (Tarisio), Simon Morris (J&A Beare), Ziv Arazi e Bruno Price (Rare Violins/In Consortium), Christopher Marinello (Art Recovery International), inoltre si è confrontato con collezionisti come Jonathan Moulds, Eduard Wulfson e con direttori di Istituti culturali e commerciali (intesi secondo ampia accezione), come Virginia Villa (Museo di Cremona), Suzanne Fushi (Stradivary Society Cicago), Nigel Brown (fondatore dello Stradivari Trust), Tamio Kano (Nippon Music Foundation). Dal proficuo confronto con tali esperti, Axelrod ha potuto tracciare un articolato percorso conoscitivo, teso a mettere in risalto i diversi aspetti della valorizzazione, della conservazione, della tutela e della commercializzazione dei violini. Indispensabile è anche il lavoro degli studiosi e dei musicisti, i quali sono gli unici in grado di certificare importanti dettagli riferiti ai singoli strumenti sul versante storico-musicale, artistico e organologico. In merito invitiamo a leggere il nostro contributo sui boschi musicali del Trentino. Tra le domande base che si è posto l’autore, vi è la ricerca dei motivi di tanto successo commerciale e del perché vi è una corsa per cercare di possedere violini storici e di qualità anche come investimento finanziario, pur tenendo conto dei notevoli problemi che tali strumenti comportano in termini di spesa, conservazione e manutenzione ordinaria.   In una sezione del libro sono stati sinteticamente presi in esame diversi strumenti musicali, riferendosi al valore di commercializzazione. Valore che, come per le opere d’arte, è sempre passibile di fluttuazione, poiché dipende non solo dalla qualità dello strumento ma pure dal valore che ad esso intende dare l’acquirente. Nella valutazione, svolge un ruolo importante anche la successione storica dei proprietari o dei musicisti che hanno suonato o posseduto un certo strumento. Ad esempio, nel 2013, il Guadagnini “Dorothy Delay” venne venduto per un milione di dollari. Il violino ha preso il nome dalla violinista (1917-2002), la quale è stata un’apprezzata insegnante e una nota concertista americana. L’anno prima, era stato venduto, per 1,8 milioni di dollari uno strumento di Giuseppe Antonio Guarnieri, denominato “Folonari”. Gli strumenti di tale liutaio sono assai apprezzati. Si pensi, ad esempio, al “Vieuxtemps”, realizzato nel 1741, che ha un valore stimato intorno ai 16 milioni di dollari. Da alcuni, è stato soprannominato la “Monna Lisa” degli strumenti ad arco.  Il nome “Vieuxtemps” è riferito all’omonimo musicista belga (1820-1881), il quale scrisse importanti composizioni per violino, poi suonate con tale strumento (in seguito utilizzato da musicisti come Yehudi Menuhin, Itzhak Perlman e Pinchas Zukerman). Un Guarnieri era anche lo strumento (denominato “Cannone”) che utilizzava Paganini, il quale lo lasciò in eredità a Genova, sua città natale. Rispetto agli Stradivari presi in considerazione nel libro (chiamati “Strad” tra gli addetti ai lavori), Axelrod ha evidenziato che sono stati venduti con valori compresi orientativamente tra i due e i quindici milioni di dollari. In particolare, ha dato risalto ai modelli detti “Red Mendelssohn” (1,7 milioni di dollari), “Von Der Leyen” (2 milioni), “Molitor” (2,5 milioni). Nel 2011, fece scalpore la vendita per 9,8 milioni di sterline del “Lady Blunt”, violino appartenuto ad Anne Blunt, nipote di Lord Byron. Nel 2022, c’è stata la vendita, per circa 15 milioni di dollari, di uno Stradivari costruito nel 1714 appartenuto, per alcuni decenni, al concertista russo Toscha Seidel (1899-1962), il quale lo suonò anche nella colonna sonora del film “Il mago di Oz” (1939).  Ha scritto l’autore americano che “… uno strumento raro offre all’investitore di fare qualcosa di più che realizzare semplicemente un ritorno su un investimento. Gli dà la possibilità di entrare nella Storia”. Sul tema dell’immortalità, egli ha posto una domanda ai suoi interlocutori in precedenza citati, ricavandone risposte articolate e disomogenee, non sintetizzabili in poche righe. Parallelo alle vendite certificate, vi è anche un mercato dei falsi d’autore oppure delle copie moderne di strumenti originali, realizzate da liutai contemporanei. Inoltre, In “Suono ricco”, sono riportate diverse “storie” di confische, furti e assicurazioni, sempre relative a singoli strumenti rari d’epoca. Alcuni accenni sono riferiti a strumenti rari “missing”, di cui cioè non vi è (al momento) più traccia.  Il lato commerciale è importante, ma culturalmente i violini dei Maestri liutai cremonesi testimoniano soprattutto l’ingegno creativo dei costruttori.  Cultura, musica, tecnica, organologia, arte, finanza e commercio sono aree della conoscenza che, nel saggio di Axelrod, s’intersecano a vari livelli, rendendo la lettura interessante e scorrevole, pur trattando di argomenti specifici. L’opera dei maestri cremonesi, a distanza di secoli, continua a ricevere il plauso creativo, artistico e commerciale internazionale: a loro desideriamo dedicare la “Vision” odierna. In Italia, alcuni violini d’epoca potranno essere ammirati nel “Museo del Violino” di Cremona dove, annualmente, sono programmati cicli di concerti, grazie ai quale, in un contesto istituzionale, viene valorizzata l’opera di compositori e musicisti: a loro il merito di rendere sempre viva ed espressiva l’anima degli strumenti ad arco.

Paolo Mercurio
  

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