Janos Hasur, cuore ungherese con la passione per la musica popolare

Janos Hasur è un maestro violinista ungherese che possiede un’ampia conoscenza della musica popolare dell’Est europeo. Con ostinata e lodevole convinzione, sin dagli anni Settanta, ha fatto conoscere nel mondo la musica folk, con toccanti concerti caratterizzati da intenso lirismo e poesia. Come strumentista si è inizialmente formato in ambito accademico. 

Il violino di “Zsuki” del villaggio Szek 
1972. Un giorno un amico violinista classico gli regalò un nastro di musica popolare registrato nel villaggio Szek della Transilvania. L’ascolto del violinista, soprannominato “Zsuki”, emozionò a tal punto Hasur da convincerlo a dedicare anima e corpo alla musica folclorica. «Ascoltavo e riascoltavo quel nastro. Continuamente mi domandavo come fosse possibile che un semplice contadino potesse suonare così bene senza aver studiato. Suonava con il cuore, mi ha incantato a tal punto che mi sono messo a studiarlo». Nel tempo, Hasur ha conosciuto o ascoltato numerosi personaggi musicali carismatici di rango. «Ci sono molte registrazioni di anziani cantori o di musici popolari che sanno suonare con il cuore, dalla loro voce e dagli strumenti esce una musica limpida, ci possono essere imperfezioni e sbagli durante le loro esecuzioni, ma dietro hanno tutta una tradizione, una forza espressiva inspiegabile con le sole parole. Di conseguenza, tale musica è difficile da “copiare”. Di “Zsuki”, ad esempio, mi aveva colpito la forza espressiva, la capacità istintiva di far parlare e cantare il suo violino». 
L’amico violinista gli donò il nastro nel 1972 e continuò a suonare musica classica, mentre Janos decise di approfondire la musica popolare. «Inizialmente ascoltavo e provavo a intonare sul mio violino, non trascrivevo su carta nessuna di quelle musiche incise nel nastro. Ascoltando e ripetendo ho imparato diversi brani, ma la cosa più buffa è che dopo un po’ di tempo mi sono recato in una libreria musicale e ho trovato un testo nel quale erano state trascritte tutte le parti musicali, comprese quelle dell’accompagnamento. Questo testo l’ho studiato attentamente, nota per nota». La notizia di questa sua nuova passione, intanto, iniziò a diffondersi, tanto che «… un giorno mi vennero a trovare un violista e un contrabbassista. Ci mettemmo a provare … dopo un mese eravamo già in concerto». 

Il folk revival 
Janos Hasur è un personaggio carismatico della musica popolare ungherese e del folk revival, dal 1975 figura di spicco dei “Vizöntö” (significa acquario), con i quali ancora oggi tiene concerti anche se, da alcuni anni, ha parallelamente diversificato l’attività da solista. Dal 1988, collabora anche con il gruppo folk dei “Kolinda”. Il quartetto Vizöntö è composto dai seguenti polistrumentisti: János Hasur (violino, viola, voce); Béla Ágoston (flauti, cornamusa, sax, clarinetto basso, voce); Géza Fábri (voce, chitarra, kobsa, ud, tamboura); Tamás Vályi Nagy (contrabasso, fisarmonica, voce, percussioni). Essendo attivi fin dagli anni Settanta sono da considerare antesignani delle cosiddette “etnomusic” e “worldmusic”. Tuttavia per il loro stile musicale preferiscono la definizione di “folktemporanea”, una musica popolare contemporanea, capace di fondere la musica folk con gli stili della “classica” e del jazz. Anche se osservati in chiave diacronica, i Vízöntö rimangono un “egyuttes” (gruppo musicale) di spicco del folk-revival ungherese, con una decina di pubblicazioni discografiche all’attivo e numerose tournée internazionali. Tra le pubblicazioni “Villanypasztor” (Pastore Elettrico), che è la colonna sonora di un film musicale che in Russia ha vinto un “Gran Prix”. Pur continuando a essere membro portante dei Vízöntö, dal 2000, Husur risiede in Lombardia. Una scelta di vita alla quale è utile riservare alcune righe. Negli anni Settanta, come concertista, si spostava da una città all’altra per far conoscere la musica ungherese. Nel 1977 il suo gruppo e quello di Moni Ovadia sono entrati in contatto e divenuti amici, suonando per qualche tempo insieme durante un ciclo di concerti. 
L’amicizia si è consolidata negli anni e, nel 1996, Ovadia ha proposto ad Hasur di trasferirsi in Italia. «“Janos vieni a suonare con me”, mi disse al telefono, con il suo tipico tono di voce. Ho suonato con lui per dodici anni. Gli devo molto, per il lavoro e per l’arricchimento musicale. Con lui ho potuto approfondire diversi ambiti delle musiche di tradizione e in particolare di quella ebraica e della musica “klezmer”. Tramite Ovadia e altri amici ho potuto anche conoscere la ricerca di Roberto Leydi, che non ho conosciuto direttamente, ma del quale conosco tutto il bene che ha fatto per la musica popolare italiana. Alcuni anni or sono ho partecipato con affetto a un concerto in sua memoria». La discussione con Hasur non è mai monotematica, è erudito e spazia nei diversi campi del sapere musicale. Da Leydi, parlare di Béla Bartók è un attimo. Stravede per il compositore ungherese e naturalmente apprezza molto le sue ricerche come etnomusicologo, ma ciò che l’ha affascinato maggiormente è la sua capacità di saper trasferire il popolare nel colto, un’operazione culturale tentata da parecchi, ma con dubbio successo in termini di credibilità. «Bartók è un faro, senza di lui non c’è Ventesimo secolo, lui è uno dei pochi che è riuscito a fare il salto verso il colto, in alcune composizioni ha tenuto fede alle melodie originali, è fantastico anche nei suoi studi, io conosco bene le sue raccolte, in particolare quella sulla musica Turca». Tornando a parlare di Moni Ovadia, il violinista magiaro ha specificato che «… grazie a lui ho potuto comprendere ed entrare nello spirito delle musiche ebraica e klezmer, così tanto da entrare stabilmente nel mio repertorio da solista, come ad esempio nel mio concerto-spettacolo che sono solito denominare “Memoria musicale”. Dal 2008, mi sono un po’ staccato dai gruppi per esibirmi da solo, senza accompagnamento, una scelta non facile ma che ho voluto sperimentare, differenziando le proposte musicali con concerti tematici». 

La famiglia e la formazione musicale 
Dall’inizio del nuovo millennio, Hasur vive con il figlio a Mandello del Lario. «Insieme siamo uniti. Alcuni anni fa lui ha perso la sua cara mamma, io dopo ventitré anni la mia dolce consorte, con la quale avevo vissuto amorevolmente in piena armonia. Krisztina Simon aveva una voce meravigliosa, cantava e, negli anni Novanta, era divenuta il leader artistico-amministrativo dell’ “Ensemble Kertesz Tancegylet” di Budapest, composto di circa quaranta elementi, con tanto di orchestra popolare specializzata nella danza. È stata una perdita immensa, ma vado avanti portandola nel cuore, pensando a lei e alla nostra Terra». L’argomento così personale ha portato la discussione indietro nel tempo e, in particolare, alla sua infanzia. Nato a Budapest, Janos a quattro anni ha manifestato il desiderio di suonare il violino, strumento che gli è stato regalato dai genitori due anni dopo. 
Ha seguito gli studi di violino presso il Conservatorio “Béla Bartók” di Budapest e, in seguito, all’Accademia della Musica “Liszt Ferenc” di Pécs, dove ha conseguito la laurea nel 1971. Ha successivamente insegnato nelle scuole pubbliche e suonato come primo violino nell’Orchestra Sinfonica di Kaposvàr e in quella del Teatro “Csiky Gergely” della stessa cittadina. Sebbene oggi la musica folclorica rappresenti il fulcro della sua attività concertistica, Hasur non ha mai abbandonato l’amore per la musica classica, soprattutto quella strumentale di Johann Sebastian Bach (la cui famiglia aveva, probabilmente, lontane origini ungheresi). In merito pare opportuno evidenziare lo spettacolo a lui dedicato, titolato “In Fuga con Bach”. Il compositore tedesco scrisse parecchie composizioni per violino ma Hasur ha scelto di suonare in concerto le “Suites per violoncello”, che ritiene restituiscano all’ascoltatore un risultato particolarmente intenso (“si rivelano meravigliose anche quando eseguite per violino”). Tuttavia la sua proposta non si limita alla sola esecuzione musicale in quanto, tra un brano e l’altro, è solito inserire racconti, aneddoti, leggende sulla vita di Bach e del periodo barocco. Hasur è strenuamente convinto della modernità del compositore tedesco, di conseguenza ritiene sia importante utilizzare ogni mezzo per divulgarne la conoscenza, soprattutto tra il pubblico non avvezzo alla cultura classica e tra gli studenti. 

I concerti tra musica e cultura popolare 
Hasur è un eclettico esperto della musica popolare dell’Est europeo. Sia in gruppo sia come solista, il suo repertorio comprende musiche di vari Paesi: Ungheria, Romania (in particolare, Transilvania), Bulgaria. Come concertista ha messo a punto una doppia opzione. Una esclusivamente musicale, l’altra più spettacolare con una parte gradevole da un punto di vista conviviale. Diversi giornali e riviste hanno già scritto in merito al “Gulash Concerto”, un evento in cui la musica popolare è parte di un incontro tra persone che, oltre ad ascoltare, sono disposte ad assaporare i piatti della cucina ungherese. 
Un modo anche per abbattere quell’odiosa distanza che spesso si viene a stabilire tra il palco e il pubblico, condizione sconosciuta nella tradizione popolare, dove la musica trovava funzione all’interno della “festa”, includente anche momenti dedicati alla soddisfazione del palato. Hasur è un buongustaio e un ottimo cuoco e gli ungheresi, come gli italiani, apprezzano la buona tavola da condividere in allegra compagnia. Peraltro, in Italia, i ristoranti ungheresi sono rari. Durante il “gulash-concerto” prepara tutto da solo e per chi desiderasse vederlo all’opera potrà ricercare nella rete, dove in un video mostra la successione delle esatte procedure da seguire per cucinare il “gulasch”, tradizionalmente accompagnato dai “nokedli”, un particolare tipo di gnocchetti di grano. Come sua consuetudine e nello spirito di una serata passata all’insegna della tradizione, in questo tipo di concerto, il musicista è solito alternare le esecuzioni con il racconto di barzellette, aneddoti e storie di vario tipo. Essendo un poliglotta, secondo la nazionalità del pubblico, i testi vengono da Hasur recitati in inglese, italiano, francese, fiammingo, tedesco, o, naturalmente, in ungherese. Lo spettacolo si auto sovvenziona con una spesa contenuta per i partecipanti (mi è sembrato di capire, devono essere almeno una quarantina). Particolarmente interessante è il connubio letteratura-musica nella proposta del concerto-spettacolo denominato “DiVino Violino”, i cui testi sono ripresi da un’opera dell’ungherese Bela Hamvas, in cui sono elogiati i momenti rituali della festa, della gioia e del bere vino a fini poetici: «… e quando sentivo che la Musa stava per lasciarmi, afferravo la caraffa di vino che era ai piedi della sedia e bevevo un gran sorso…». Tale concerto-spettacolo Hasur è solito proporlo in autunno, durante il periodo della vendemmia. Tra le altre proposte strumentali e spettacolari che il musicista ha in repertorio, ricordiamo: “Violino e racconti”, “Violino magico e storielle di Natale”, Una Musica per un Sì” (per gli eventi nuziali, cui viene spesso invitato), “La chiave di Violino” (con alternanza di brani popolari, beat, classici e klezmer). Il violino rimane sempre al centro della ricerca e delle proposte esecutive anche quando Hasur collabora con altri autori, come ad esempio, nell’opera “A Bisanzio - La storia di Anna Comnena, imperatrice dei Romani” (in collaborazione con Lucilla Giagnoni ed Emilio Sioli). In questo periodo è impegnato a chiudere un ciclo di diciotto rielaborazioni per violino solo, su musiche dei Beatles. Si tratta di un’articolata opera musicale alla quale sta lavorando da diverso tempo, volta a trovare equilibrata sintesi tra il popolare e il moderno. Presto sarà possibile ascoltare dal vivo tale proposta compositiva. 
In alcuni concerti, Hasur si esibisce in duo con l’amico ucraino Vladimir Denissenkov, virtuoso di “baiàn” (un tipo di fisarmonica cromatica a bottoni), come di recente abbiamo potuto ascoltare all’interno del Festival internazionale di “MITO, 2014”. Per loro è stato un successone (come sempre, d’altronde). Il pubblico era visibilmente emozionato. Si sono conosciuti negli anni Novanta. Entrambi hanno lavorato nel Gruppo di Moni Ovadia. «Con Vladimir, sin da quando ci siamo incontrati, c’è stata una comprensione musicale perfetta, stesse sensazioni, stessa spinta e slancio musicale. Entrambi siamo dell’Est, per cui abbiamo un retroterra sonoro che ha diversi punti di contatto. Quando capita di suonare in duo per me è sempre un vero piacere, per svariati motivi. Vladimir ha una grande espressività e sa suonare con il cuore e, caso raro, è capace di suonare piano, senza soffocare con il suono il suo interlocutore. Tanti fisarmonicisti non hanno questa sua sensibilità e la sua preparazione. Lui conosce molto bene la “metrica” e, soprattutto, è sempre in ascolto, suona ascoltando cosa esegue l’altro. Inoltre, Vladimir ha una padronanza tecnica assoluta e questo ci permette di suonare con ottimi risultati sonori anche una semplice melodietta». Tornando alla componente strumentale, sono rimasto impressionato dal modo di suonare il violino di Hasur. Ha personalizzato la tecnica esecutiva, conglobando quella “classica” con il modo di fraseggiare “popolare”. Possiede una tecnica invidiabile nel movimento dell’arco ma, a mio avviso, il suo punto di forza risiede nella cantabilità delle frasi musicali, essendo capace di usare note e pause per comunicare con espressività un pensiero, un “mood”, uno stato d’animo continuamente rinnovato, diretto a far vibrare il cuore dell’ascoltatore in empatia con le corde del violino. Strumentalmente egli suona e canta col cuore in tutte le esecuzioni, tuttavia per l’ascoltatore che non ha consuetudine con il suo repertorio è necessario qualche brano di “rodaggio” prima di entrare in sintonia con lo spirito delle musiche proposte. Di quest’ aspetto Hasur ritengo sia consapevole, tanto che, da esperto “lautaro”, è solito suonare i primi brani porgendo una speciale attenzione al pubblico. Se vi capiterà di ascoltarlo dal vivo, fateci caso. 
Gli occhi osservatori del musicista sono spesso protesi a cercare quelli del pubblico, con cui sembra cercare intesa visiva. Nei momenti di maggiore vigore, gli occhi a volte li chiude, lasciandosi trasportare dal lirismo interiore, dal melos dietro al quale risiede l’espressività musicale di un popolo. Il suo sguardo, in altri momenti, si concentra sulle corde del violino, soprattutto quando esegue le parti in discanto o in contrappunto, come se due violini suonassero contemporaneamente. Dice Husur: «Sono cosciente, nei primi due o tre brani è necessario entrare in sintonia con la musica che propongo, poi, se chi ascolta si lascia trasportare, in genere, tutto va da sé, anche se i brani che propongo nel mio repertorio non sono conosciuti. Tuttavia c’è la musica: questa è il mezzo di comunicazione … e la musica funziona, funziona sempre! Se l’ascoltatore si “apre”, la musica arriverà presto al suo cuore ed io ho il compito di suonare con il cuore. Qualche brano che propongo nei concerti è mio, ma la stragrande maggioranza delle musiche proposte sono tradizionali, tuttavia devo chiarire che anche nelle musiche originali io sono sempre partito da una base musicale folclorica tipica dei paesi dell’Est o della musica ebraica». Il dopo concerto è per Hasur un momento d’incontro con gli ascoltatori, sempre prodighi di elogi nei suoi confronti. Per questa ragione, alcuni anni or sono, il musicista ungherese ha deciso di realizzare il “Libro d’oro”, nel quale invita i presenti a scrivere i propri pensieri con riferimento alla musica ascoltata. Ormai sono stati riempiti diversi quaderni. Di tanto in tanto gli piace rileggerli, poiché provocano intensa emozione e lo spingono a continuare con perseveranza nel difficile cammino di violinista. 

“Coda”, con lo sguardo al futuro 
Intraprendente Janos Hasur, grazie alla meritoria e instancabile ricerca, sei capace di fondere con maestria saperi sonori, opposti solo in apparenza. Con la musica doni a chi ti ascolta momenti di ammirevole bellezza. Con i testi e la voce espressiva, induci alla riflessione, al sorriso, al ricordo anche di quei terribili momenti che si vorrebbero poter dimenticare, ma dei quali è fondamentale conservare “Memoria”. Nel dopo concerto, per il tuo “Libro d’oro”, non abbiamo scritto una frase ma il presente contributo, sperando che la tua storia di fiero violinista giunga veritiera a tanti altri appassionati delle tradizioni popolari. Con la consueta determinazione e con amore, prosegui a diffondere e a tenere alta la cultura musicale degli ungheresi e di tanti altri popoli dell’Est europeo. Siamo consapevoli della difficoltà di sopravvivere nel libero mercato proponendo percorsi di ascolto poco commerciali, ma proprio per questo, da appassionati di musica folclorica, ti stimiamo e ci auguriamo che, com’è nelle tue corde, tu possa per mezzo del violino allargare il cuore a un numero sempre crescente di ascoltatori. E saremmo gioiosi se in questo percorso di vita, oltre ai discografici, riuscissero a starti vicino anche qualificati impresari televisivi e radiofonici nonché enti pubblici e privati, scuole e università. La tua partita è seria e ci convince, ben sapendo che non è facile da giocare in una società dove predomina il chiasso e la banalità sonora. Coloro che vorranno approfondire la conoscenza dell’attività culturale e artistica di Janos Hasur potranno consultare il suo sito, i cui “links” rimandano alla visione di numerosi filmati rinvenibili in rete, relativi a performances dal vivo, come solista o in gruppo. 



Paolo Mercurio

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