Mishka Ziganoff (1889-1967) è un fisarmonicista klezmer originario di Odessa (Ucraina), le cui informazioni biografiche sono frammentarie. Emigrando negli Stati Uniti, trovò un personale modo per fondere la tradizione klezmer con quella afro-americana del jazz. In ambito etnomusicologico, il suo nome è stato spesso associato all’arrangiamento della ballata yiddish “Koilen” (1919), il cui incipit melodico è simile a quello di “Bella ciao”. Prendendo spunto dall’originale percorso di ricerca del musicista ucraino, nel 2009, Renato Morelli ha dato vita alla “Ziganoff”, definita band “jazzmer”, in quanto propone un repertorio frutto di ricerca etnomusicale o punto d’incontro tra gli stilemi tipici delle musiche klezmer, jazz e “swing” zingaro-manouche. Al suo progetto, hanno aderito musicisti trentini e sudtirolesi di varia formazione musicale. Nel Magazine, abbiamo diffusamente scritto in merito ad alcune pregevoli attività etnomusicologiche e antropologico-visive di Morelli. Conosciamo la sua attività frenetica che, nell’arco di alcuni decenni, gli ha permesso di maturare significative amicizie anche in ambito strumentale e vocale. Due di queste sono Igor Polesitsky e Kálmán Balogh, artisti di rilevo nel campo della musica klezmer e gipsy. Ha riferito l’etnomusicologo trentino: «Igor e Kálmán sono due professionisti straordinari, è stato un onore e un piacere suonare con loro. Ci hanno insegnato melodie dimenticate del repertorio klezmer russo- ucraino e della tradizione russo ebraico-zingara di Moldavia, Galizia e Transilvania. Per noi suonare è passione e divertimento, suoniamo con gioia (…), e quando i musicisti suonano trasmettendo energie musicali positive, diventano subito coinvolgenti anche nei confronti del pubblico, il quale si diverte insieme a noi. Questo è quello che verifichiamo nei nostri concerti. All’inizio era una scommessa (…). Da giovane (studiando clarinetto) mi ero appassionato alla musica jazz e avevo messo in piedi la prima big band del Trentino. Poi, mi sono dedicato alla musica popolare e, seguendo vari percorsi di ricerca, sono arrivato ad approfondire la conoscenza della musica popolare ungherese e romena; in seguito, in modo più attento quella specificamente klezmer. Nel 2009, mio proposito era quello di far conoscere queste straordinarie musiche in Italia, attraverso l’incontro tra diverse culture, come appunto è il nostro stile “jazzmer”. Il nuovo dvd della Ziganoff, presentato a Pergine Valsugana il 9 settembre, contiene tre concerti registrati dal vivo».
Igor Polesitsky è un musicista di origini ebraiche, nato a Kiev, città nella quale si è diplomato in viola e violino. Nel 2005, ha fondato il gruppo denominato “Klezmerata fiorentina”. Il suo interesse professionale per la musica yiddish risale agli anni Settanta, quando viveva a Filadelfia, città nella quale si era trasferito all’età di diciannove anni per motivi familiari e dove conseguì la laurea presso il “Curtis Institute of Music”. A Filadelfia, alcune sere alla settimana, si esibiva in un ristorante “kasher” con il suo trio (violino, fisarmonica, contrabbasso), proponendo un repertorio eterogeneo, che spaziava tra la musica folk dell’Est europeo, spingendosi fino al jazz e alla musica da film. Dal 1983, è attivo come Prima Viola nell’orchestra del “Maggio Musicale Fiorentino”, ruolo che ha acquisito a seguito di un espresso invito rivoltogli dal Maestro Riccardo Muti. Da allora, risiede in questa città dove, oltre alla musica, ha modo di approfondire il proprio interesse per l’arte medioevale e rinascimentale. Nutrita è la sua attività concertistica, ma altrettanto intensa è la sua ricerca a favore delle musiche popolari dell’Est europeo e, in particolare, della musica yiddish, che ha coltivato sin dall’infanzia, grazie a sua nonna, cantante dalla quale apprese un vasto repertorio di canzoni e melodie ebraiche, secondo il metodo tradizionale klezmer. Da giovane, Igor Polesitsky si è formato seguendo un doppio registro, quello rigoroso e accademico, legato al segno scritto, e quello più popolare, riferito a (quella che ci piace definire) l’ “improvvisazione espressiva”, tipica dei “klezmorim”, suonatori professionisti attivi in cerimonie e riti festivi, secondo specifiche modalità esecutive, in cui il canto e il ballo diventano momenti in cui far convivere gioia e dolore, riso e pianto, secondo una vasta gamma di sfumature interpretative. L’ensemble “Klezmerata Fiorentina” è attualmente composta da Riccardo Donati (contrabasso), Francesco Furlanich (fisarmonica), Riccardo Crocilla (clarinetto), prime parti del “Maggio musicale”.
Tale ensemble si è specializzata nell’esecuzione di musiche tipiche della tradizione ebreo-ucrainica, nella quale un ruolo determinante è giocato dall’improvvisazione, ricercando armonico incontro tra lo stile strumentale “klezmorim” e quello “classico”. L’ensemble si è distinta in numerose performance internazionali, riscuotendo riconoscimenti e apprezzamenti anche dal mondo accademico. Per la “Klezmerata Fiorentina” hanno scritto musica diversi compositori, tra cui Jorge Bosso e Betty Olivero. Morelli per la prima volta ha sentito suonare Polesitsky in un concerto radiofonico. Tramite un amico violinista lo ha contattato e, subito, si sono messi a parlare appassionatamente di letteratura russa (…), poi si sono ritrovati sul campo insieme ai cantori di Premana: « Un’esperienza stupenda quella passata con Igor e i cantori (…). Dopo l’ascolto e i canti comunitari, ricordo che siamo andati in un rifugio sulla Presanella, dove abbiamo suonato, mentre il cantore ospitante mungeva le capre a ritmo di musica. La musica e la cultura uniscono. L’amicizia è cresciuta e, in un concerto a Bolzano, ci onorò della sua presenza, che abbiamo videoregistrato. Come Band Ziganoff siamo debitori a Igor, perché ci ha aperto gli occhi su un repertorio klezmer che non conoscevamo, quello tipicamente russo, diverso da quello più noto del folk revival “americano”. Spero di non risultare didascalico ma, rispetto al klezmer, Polesitsky, per me, rimane il violinista numero uno al mondo».
Kálmán Balogh (Miskolc, 1959) è uno dei più accreditati cimbalonisti ungheresi. Sin da ragazzino, già in ambito familiare, ha avuto modo di approfondire la conoscenza della cultura musicale zingara urbana. Da Elemér Balogh, suo zio, noto cimbalonista, è stato avviato allo studio dello strumento, completando la preparazione presso l’ “Accademia di Musica Franz Listz” di Budapest, sotto la guida di Ferenc Gerencsér. Come appassionato di musica popolare, Kálmán ha approfondito la conoscenza della musica gipsy rurale e, in generale, di quella folclorica dell’Est europeo. L’eterogenea formazione e preparazione ha permesso a Balogh di confrontarsi creativamente con stili musicali differenti, passando agevolmente dalla musica folk al jazz, dalla musica gipsy al genere classico sinfonico: Ha dichiarato in un’intervista: «Quando suoni con musicisti di diversa provenienza, allora non solo la gente, ma anche le culture si incontreranno… ma ciò non sempre è possibile … Senza un passato non avrai un presente o un futuro. La musica del passato è per me molto importante, ma viviamo nel presente, per cui dobbiamo comporre ed eseguire musica anche per la nostra vita attuale». Le collaborazioni di Kálmán Balogh con solisti e gruppi di varia estrazione sono numerose, come pure le incisioni e i riconoscimenti. Di lui, abbiamo brevemente scritto in merito alla sua presenza a Expo 2015. Ci ha sempre affascinato la capacità improvvisativa e la grazia con la quale è solito costruire gli assoli o le “presentazioni” ai concerti, sapendo sapientemente alternare le linee melodiche, con arpeggi di accordi, via via arricchiti di settime, none e passaggi diminuiti, che gli permettono di modulare agevolmente fra le varie tonalità, usando una vasta gamma di scale musicali. Ipnotico, poi, è il suo tocco ritmico, quando dalla calma apparente è solito aumentare il “tactus” per mostrare virtuosismo strumentale, con passaggi talmente rapidi da
non permettere all’occhio dell’osservatore/uditore di distinguere l’apice delle “cimbalomverö”, le bacchette (ne usa diversi tipi) ricoperte di cotone. Tuttavia, il virtuosismo di Balogh non è fine a se stesso, ma trova ispirazione dagli stilemi improvvisativi tipici della musica jazz manouche e della musica folclorica ungherese, spesso in origine concepita di accompagnamento al ballo. Nel 1975, Morelli ha conosciuto Balogh, durante la permanenza in Ungheria per motivi di studio, intento ad approfondire la didattica del “metodo Kodaly” e la musica tradizionale: « Mi ero fermato a Budapest per sei mesi. Periodo di formazione che mi ha segnato profondamente e che mi ha permesso di conoscere i grandi della musica popolare ungherese e non solo. Kálmán non era ancora maggiorenne, ma suonava già benissimo (…). Negli anni, l’ho incontrato durante una registrazione video che curavo per conto della RAI. Alcuni anni fa, sono riuscito a coinvolgerlo in un nostro concerto a Trento, che abbiamo videoregistrato e che ricordo con una certa intensità emotiva e fisica. Era stato tutto programmato all’aperto ma, per via della pioggia, ci avevano richiesto di suonare all’interno della sala della “Filarmonica”… era come suonare in una sauna. Lui è un suonatore portentoso, con un’invidiabile preparazione eterogenea. Passa dall’orchestra sinfonica a qualunque altro stile musicale con grande duttilità, segno di grande apertura mentale e di solida preparazione tecnica».
Band, Collaboratori e Progetti
Nel dvd al quale Morelli ha in precedenza accennato, tra i collaboratori della “Ziganoff”, oltre a Balogh e Polesitsky, sono presenti il chitarrista Manuel Randi e la cantante Claudia Zadra. Il primo ha studiato per diversi anni clarinetto, presso il conservatorio di Bolzano. Da ragazzo ha iniziato a suonare anche la chitarra e ad approfondire la conoscenza della musica etnica. Tale percorso formativo lo ha portato a confrontarsi con diversi stili esecutivi che, di volta in volta, utilizza a seconda delle collaborazioni con solisti e gruppi musicali. Attualmente è componente dell’ “Herbert Pixner Projekt” (ensemble in tour permanente), per cui ha dovuto abbandonare la collaborazione con la “jazzmer Ziganoff”. Ricorda Morelli: «Manuel ha dato un contributo decisivo alla nascita del mio progetto. Io avevo in testa l’idea di “klezmerizzare” il jazz e di “manouchizzare” il klezmer, ma per concretizzarla serviva un chitarrista “speciale”. M’impressionò subito la sua capacità di suonare la chitarra secondo differenti stili, dal manouche al flamenco. Senza un chitarrista come lui, la Ziganoff avrebbe incontrato maggiori difficoltà nel decollare, ha dato un importante contributo alla coesione della Band».
Claudia Zadra è una cantante trentina, la quale alterna l’attività di solista a quella didattica. Ha fatto parte di vari gruppi rock, blues e folk, e ha partecipato a diversi progetti di teatro-musica realizzati da Renato Morelli nonché alle attività del “Cantiere TTT” (Musiche dal Trentino, Tirolo, Transilvania). Con la “Ziganoff”, sebbene appassionata di musica klezmer, Zadra ha dovuto studiare con metodo diversi registri linguistici (yiddish, ebraico, yemenita, russo), approfondendo testi e vocalità di diverse culture, mostrando capacità nell’impiegare tecniche esecutive tra loro non sempre affini.
Oltre a Renato Morelli (fisarmonica e chitarra), gli intrepidi componenti della “Ziganoff” sono Rosanna Caldini (violino), Christian Stanchina (tromba), Fiorenzo Zeni (sax soprano, ma anche compositore e arrangiatore), Gigi Grata (basso tuba e altri ottoni), tutti impegnati anche nella promozione di attività didattiche. Di qualità sono le riprese video dei concerti, con la regia di Sandro Boni e Stefano Menin, impegnati nella produzione anche come operatori di ripresa insieme a Sara Maino e Stefano Pezzato. Il montaggio è stato curato dai due registi mentre la parte audio è stata tecnicamente gestita da Fiorenzo Zeni, virtuoso sassofonista. Il lavoro presentato dalla “Ziganoff & Friends” (questo è il titolo dato al dvd, contenente venticinque brani eseguiti dal vivo) è d’indubbio interesse musicale, come di prestigio sono i musicisti coinvolti. Avremo altre occasioni per entrare nel merito dei dettagli tecnico-musicali e compositivi. In questo contesto, però, riteniamo utile (almeno) accennare ai diversi Progetti in cui la Ziganoff è impegnata: “La Treblinka di Vasilij Grossman”, “MemoRari”, “Est West- Religion Today film festival”, “Mia Memoria”. Sono progetti tra loro interlacciati secondo una ricca trama di percorsi interculturali, che richiedono la collaborazione di numerosi musicisti, attori e intellettuali, gravitanti intorno all’estesa orbita delle ricerche etnomusicali e visive condotte da Renato Morelli. Tra i collaboratori esterni ricordiamo: Gruppo vocale “Feininger”, Gruppo vocale “Cantori da Vermei”, Bice Morelli (violino), Hannes Petermair (sousafono), Stefano Menato (clarinetto), Pepito Ros (sax soprano), Lino Brotto (chitarra), Denis Fontanari (attore), Amedeo Savoia (attore).
In limine, Renato Morelli
A conclusione del contributo, ci sembra utile rilevare come Morelli si configuri sempre più come outsider rispetto al mondo che ruota intorno al mainstream dell’etnomusicologia e dell’antropologia visiva. Ricerca, studia, suona, canta, organizza, partecipa a simposi e scrive saggi e libri. È sempre in giro, per dare valore alla musica popolare. Ha proprie idee sul modo di concepire la ricerca e l’organizzazione dei gruppi di lavoro. Opera con rigore metodologico, ma è libero dagli schemi universitari troppo spesso condizionati dalla iterazione/teorizzazione dei contenuti e dagli scopi (in)formativi tipici della didattica di base.
Le sue produzioni etno-musicali sono distanti dai formali cliché di stampo accademico, e seguono ritmi di lavorazione via via in sintonia con le concrete necessità operative e progettuali, che rifiutano i tempi imposti dalla burocrazia. Altro aspetto rilevante delle produzioni di Morelli è l’impegno sociale, civile e culturale, serio, sincero e disinteressato dal punto di vista dei ritorni finanziari. In questo contesto parliamo soprattutto di musica, ma non possiamo dimenticare la sua attività di regista e il suo nutrito “book” di opere visive. È sognatore e fiero lottatore che, quando necessario (spesso), sa andare “obstinate contra” il pensiero uniformato. I suoi progetti sono audaci, fuori dal coro, richiedono metodo e coraggio, ma partono dal “cuore”. Per questo vengono sempre condotti con passione, cercando, di volta in volta, condivisioni con amici musicisti e intellettuali esperti dei vari settori, ove necessario avventurandosi nella ricerca e nell’approfondimento di mondi sonori poco conosciuti in Italia. Da Pergine e dal Trentino, con consapevolezza, Morelli sta donando un importante modello globale operativo a tutta l’etnomusicologia italiana, diffondendo un originale modo di “fare comunità” tra artisti e ricercatori, seguendo un metodo partecipativo ben calato nella società attuale, costruendo un coeso castello di conoscenze e di emozioni, regolarmente mostrate in pubblico ai numerosi estimatori con la consueta gioia, siano essi uditori di concerti, spettatori cinematografici o lettori di libri. “Adelante Renatus, you are unique, but your way is not isolated”, una strada anche spirituale che, in un altro contributo, percorreremo dialogando e scrivendo in merito alle ricerche relative alla polivocalità dell’arco alpino, in Italia troppo spesso misconosciuta e poco valorizzata. Sempre con l’impegno di approfondire e diffondere “glocalmente” i valori “semplici” e profondi della musica popolare.
Paolo Mercurio
Copyright Foto Archivio Renato Morelli