Viuleta 2025, Viù (To), Novembre - Dicembre 2025

Viuleta è la sezione strumentale della assegna di musica dell’arco alpino con musiche, residenze e momenti condivisi che testimoniano una tradizione vibrante. Lasciamo la parola a Flavio Giacchero, deux ex-machina della manifestazione, che nel suo intervento restituisce il senso profondo della Rassegna. Nella seconda parte la cantante, performer e formatrice Patrizia Rotonda, curatrice di un laboratorio semi residenziale dà conto della sua esperienza a la Viuleta.

Le forze della cultura e della socialità
Franco Castelli titola un suo recente articolo scritto per Blogfoolk con: “C’è speranza se questo accade a Viù?”. In quell’occasione racconta la sua esperienza e le sue riflessioni a caldo, poco dopo aver partecipato alla rassegna Viuleta, nella sezione di settembre dedicata al canto spontaneo di tradizione orale. La Rassegna, infatti, si estende nel tempo con eventi che vanno dall’estate fino a dicembre. Novembre è stata la volta della musica strumentale di tradizione orale dell'arco alpino, inoltre con un ritorno al canto dedicato alla didattica, un laboratorio immersivo di due giorni e tre notti, e ora, a dicembre, ancora canto ma lasciando spazio e piazze a giovani e giovanissimi cantori.
Ma ritorniamo ancora a Castelli e alla “speranza”. Da poco è uscito un documentario, “Nel blu dipinti di rosso”, del regista Stefano Di Polito, in concorso al recente Torino Film Festival, in programma dal 21 al 29 novembre. Proiettato per ben tre giorni durante il festival, con i biglietti sempre esauriti, il docu-film, attento e poetico, narra dello storico collettivo Cantacronache e le conseguenti influenze sul cantautorato italiano. Un attivismo politico e sociale che vede in una prima fase l'utilizzo e l'invenzione di una canzone
critica contro una canzonetta d’evasione per poi trasformarsi in ricerca, in virtù di una acquisita consapevolezza sul fatto che la dimensione dell’oralità, sia urbana che contadina, conservasse memorie etiche ed estetiche. Il documentario sviluppa inoltre alcuni esiti di quell'esperienza e di quelle ricerche che portano alla formazione di fondi e archivi fino ad arrivare al C.R.E.O., Centro Ricerca Etnomusica e Oralità e a progetti di valorizzazione e divulgazione di quel patrimonio. Cosa unisce tutto ciò alla rassegna Viuleta? C’è una traccia sommersa, una sorta di fil rouge, che va da intravedersi non solo nell'interesse per lo studio dell'oralità e di memorie storiche ma evidentemente anche, e forse soprattutto, nell'esigenza di definire e comprendere strutture alla base della collettività, della società. In una realtà violentemente individualista, si conserva o persevera o resiste, in alcuni margini del mondo, una modalità del vivere con e attraverso gli altri per mezzo di una struttura polifonica tramandata da generazioni. Una sorta di resilienza. Una struttura funzionale all'efficacia della buona riuscita di una certa polifonia. Affinché questa musica, che sia canora oppure strumentale, avvenga nel modo ricercato dagli esecutori è necessario il gruppo, l’ascolto, il sentirsi e il risultato non è un insieme di voci individuali ma l'insieme stesso. Siamo in un dominio in cui sono influenti le esperienze emotive, i sentimenti espressi sotto forma di suono: “L’aspetto più importante di una tradizione culturale, in ogni momento della sua storia, è il modo in cui le componenti umane interagiscono fra loro. È nell’ambito di queste relazioni che si manifestano e vengono condivise le esperienze emotive. […] il principale fattore nella formazione dello stile, quando si debbano esprimere dei sentimenti in musica, non può che essere il suo contenuto sociale” (John Blacking, “Come è musicale l’uomo?”, 1973, trad. it. 1986).

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