Molti anni fa, era il 1963 se ben ricordo, usciva un libro delle Edizioni Avanti! intitolato “C’è speranza se questo accade al Vho”. Autore il maestro Mario Lodi di Piàdena, straordinario animatore della creatività infantile, attivo negli stessi anni che vedevano a Barbiana l'esperienza educativa di don Milani. Direte: cosa c'entra questo esordio in riferimento a La Viuleta, rassegna di canto spontaneo e musica dell'arco alpino, giunta quest'anno alla sua sesta edizione?
C’entra, perché – si parva licet... – mentre nel caso di Lodi e don Milani era centrale la parola, la comunicazione dei bambini, svincolata dalle forme rigide della scuola autoritaria e selettiva, nella Viuleta il perno è il canto polivocale “libero”, inteso come canto collettivo senza maestri e senza direttori, un canto liberato dalle pastoie imposte dall'egemonia del “canone alpino”, ossia dallo stile SAT dei “canti della montagna”.
Stiamo parlando di una Rassegna di cori che in Piemonte, da sei anni a questa parte, a settembre, riempie di voci amiche e di suoni antichi le vie e le piazze di Viù, paese delle Valli di Lanzo (Torino), 785 m. di altitudine, 1100 abitanti, a 45 km dal capoluogo torinese.
Gruppi di canto spontaneo polifonico provenienti da varie località del Piemonte e da altre regioni, dopo essersi presentati al centro del paese (se il tempo lo consente, sul sagrato della chiesa che offre una eccezionale vista panoramica sulla valle) e dopo una ricca merenda sinoira a cura della Pro loco, cantano nei locali di Viù , che per una notte diventa la via dei canti e risuona di questa antica tradizione.
I locali pubblici (le vecchie piole diventate bar o trattorie) accolgono e rifocillano adeguatamente i cantori: cantori seduti a un tavolo a cantare sino all'alba, pubblico mobile da una postazione all'altra, da un mondo sonoro all'altro.
Chi ha inventato questa formula è Flavio Giacchero, etnomusicologo e musicista di Viù, con una lunga pratica di lavoro sul canto popolare, avendo per anni schedato inventariato e digitalizzato gli Archivi sonori dei maggiori ricercatori piemontesi (Jona-Liberovici, Beccaria, Adriano, Michele Straniero, Castelli, ecc. ), prima custoditi al CREL (Centro Regionale Etnografico Linguistico) di Torino e poi Rivoli e ora, come CREO (Centro Ricerca Etnomusica e Oralità), a Torino, presso il Polo del 900.
Nelle ultime edizioni la Viuleta aveva messo in programma un premio simbolico a un personaggio che si fosse distinto nella ricerca e nello studio del canto popolare, e quest'anno si era deciso di premiare Emilio
Jona (classe 1927) per la sua incredibile e lunga carriera di studioso, ricercatore delle culture popolari, oltre che scrittore, poeta, librettista, ecc.
Pur non in buone condizioni di salute, Emilio non si smentisce e non intende assolutamente rinunciare a questa speciale edizione della Viuleta. Difficile trattenerlo, giovanilmente entusiasta com’è.
Con il figlio Alberto, regista e cantante, docente al Conservatorio di Cuneo, Natalie Lithwick mezzosoprano, raffinata esecutrice di canti antichi, e Jenaro Meléndrez pittore e fondatore con Cora De Maria di Controluce Teatro d’Ombra, arriviamo nel pomeriggio di sabato 13 a Viù e posteggiamo l'auto nella piazza sotto la chiesa, facendo il dovuto omaggio all'altare delle Matres o Matronae, divinità celtiche della fertilità, che campeggia a bordo piazza.
Per Emilio non è una buona giornata, l'insufficienza respiratoria lo costringe a stare collegato all'ossigeno sul deambulatore, ma ciò nonostante è felice di partecipare all'evento festoso.
Piazza gremita di pubblico e di cantori venuti da tante parti, il tempo incerto non consente di stare sul sagrato della chiesa, ma ci si raduna nel salone polivalente che in breve si riempie sino all'inverosimile.
Dopo il caloroso saluto della sindaca Daniela Majrano, Flavio Giacchero annuncia il premio e mi passa la parola, nella mia qualità di presidente del CREO, il Centro Ricerca Etnomusica e Oralità, fondato grazie a Emilio Jona a Torino nel 2019.
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