L’edizione dell’EFG London Jazz Festival del 2025 si è appena conclusa riversando decine di progetti musicali e migliaia di ascoltatori tra i locali e teatri della capitale inglese. Svoltosi tra il 14 e il 23 Novembre, l’evento ha portato sotto la stessa bandiera numerose tradizioni musicali celebrando musica e comunicazione oltre i confini geografici, uniti da improvvisazione, sperimentazione, e comunicazione sonora. All’interno del festival, alcuni eventi sono stati patrocinati e organizzati dall’Aga Khan Foundation, la ONG fondata dal quarto Imam dell’Islam ismailita Shah Karim Al Hussaini Aga Khan IV. Dal 1967 la fondazione sponsorizza progetti di sviluppo in vari settori, inclusi quello educativo e quello culturale, dall’africa occidentale all’asia meridionale. Il loro lavoro. In ambito musicale la fondazione si sviluppa su più correnti. Tra queste c’è l’ensemble fusion Aga Khan Master Musicians che riunisce maestri di svariate tradizioni musicali, e gli Aga Khan Music Awards, le premiazioni dei quali si sono tenute durante il festival. Il premio celebra artisti e gruppi che sostengono e reimmaginano attivamente i retaggi musicali connessi alla religione musulmana. Quest’anno celebra undici vincitori, Sahba Aminikia (Iran e Stati Uniti), Mariam Bagayoko (Mali), Senny Camara (Senegal), Kamilya Jubran (Palestina e Francia), Farah Kaddour (Libano), Kyriakos Kalaidzitis (Grecia), Hamid El Kasri (Marocco), Derya Türkan (Turchia), Naseer e Nazeer Ahmed Khan Warsi (India), Ustad Naseeruddin Saami (Pakistan), e la Qalali Folk Band (Bahrain).
Master Musicians & Friends: A Celebration of the Music of the Great East, 21 novembre 2025
La premiazione a cui siamo stati invitati si è tenuta nella Royal Festival Hall del Southbank Centre di Londra, ed è stata marcata da squisite performance di alcuni dei musicisti premiati in due set, con due premiazioni pubbliche prima dell’intervallo che li ha separati. Dopo i discorsi introduttivi dal direttore di Aga Khan Music Awards Fairouz Nishanova, del consigliere Sir Jonathan Mills, e del principe Amyn Muhammad Aga Khan, si sono susseguiti sul palco due gruppi qawwali d’eccellenza per celebrare la premiazione dei loro direttori. La musica qawwali è un’antica tradizione di musica devozionale sufi originatasi nell’asia meridionale. La tradizione vede il santo sufi Amir Khusrow come suo fondatore ancestrale, il quale avrebbe combinato stili musicali da tradizioni arabe, turche, persiane, e indiane nel tredicesimo secolo. Nella sua forma attuale, il qawwali raccoglie uomini in gruppi che si aggirano solitamente attorno ai nove musicisti che cantano e suonano disposti su due file. I cantanti principali (di solito due, con altri due solisti) si accompagnano con l’harmonium, con cui sottolineano le loro linee melodiche ed esplorano i raag su versi poetici devozionali. La forma dello stile si incentra su un botta e risposta melodico, in cui i solisti improvvisano linee melismatiche, mostrando il loro stile personale prima di passare le redini ad un altro cantante. Il tutto è accompagnato ritmicamente da uno o più strumenti a percussione (di solito il dholak o le tabla), e dal forte battito di mani del resto del gruppo. La musica è melodicamente animata da una spinta positiva verso l’alto, volta ad esaltare gli spiriti nella celebrazione poetica del divino.
I Warsi Brothers, Naseer e Nazeer Ahmed Khan Warsi, si sono esibiti per primi alla guida del loro ensemble di otto elementi, che include i due fratelli all’armonium e come voci principali, due cantanti solisti, due cantanti aggiuntivi, e due percussionisti, rispettivamente al dholak e alle tabla. L’ensemble ha proposto tre brani, mostrando l’abilità sopraffina dei due leader, cantanti dotati di un incredibile controllo tecnico e vocale, ma anche capaci di coinvolgere il pubblico nei loro concerti. Sotto la guida di loro nonno Padma Shri Aziz Ahmad Khan Warsi nella Delhi gharana, I fratelli preservano uno stile di qawwali particolarmente tradizionale, custodito dalla loro famiglia che reclama discendenza diretta da Amir Khusrow stesso. La loro presenza sul palco e le loro premiazione non celebrano soltanto la loro illustre carriera, ma, simbolicamente, la genealogia del genere stesso attraverso la loro discendenza. Mentre i Warsi brother lasciano il palco, gli annunciatori introducono il secondo gruppo, quello dei Saami Brothers, guidati da loro padre Ustad Naseeruddin Saami. Ormai ultraottantenne, Saami è l’ultimo esperto di una rara forma di Qawwali che sì serve di microtoni. Il suo stile inconfondibile combina il Qawwali con la tradizione indostana del khyal, la seconda forma classica della regione sviluppatasi dopo il dhrupad, e riconoscibile per il virtuosismo e la velocità delle sue improvvisazioni melismatiche. L’ensemble sale sul palco senza il maestro, che lascia i suoi figli a guidare il settetto con la stessa formazione scelta dai Warsi. La differenza stilistica con l’ensemble precedente è lampante, offrendo improvvisazioni più mobili e melismatiche anche se più sedentarie nel range melodico di ogni artista. I due solisti, in particolare, dimostrano la capacità dei loro polmoni
esibendosi in lunghe note tenute di petto, ottenendo applausi dal pubblico. Dopo il secondo pezzo su un ciclo in sette, Ustad Naseeruddin Saami viene accompagnato sul palco e prende posto tra i suoi figli dirigendo il brano in chiusura, cantato con grazia e precisione nonostante l’età e l’esilità della voce che comporta. A concerto concluso, i Warsi e Naseeruddin Saami ricevono il loro premio tra gli applausi del pubblico. Dopo una breve pausa, il palco viene occupato dagli Aga Khan Master Musicians, Wu Man (pipa cinese), Basel Rajoub (sassofoni e duclar), Feras Charestan (qanun), Yurdal Tokcan (oud), e Abbos Kosimov (doira e percussioni), accompagnati dal fisarmonicista jazz Vincent Peirani dalla Francia, e dal bassista americano Michael League, leader del collettivo Snarky Puppy. Stipato nella metà sinistra del palco, il gruppo intona una mandira, un ciclo ritmico a passo veloce in 7/8 di origine turca, guidato dal qanun. Seguono un brano di origine cinese guidato dalla pipa con un incredibile solo di percussioni da parte di Kosimov, un brano più lento in 12/8 guidato da Peirani con un alternarsi di sax e oud nelle sezioni solistiche, e un’altra mandira con un eccellente solo di fisarmonica. Le luci si alzano e salgono sul palco altri sei musicisti. Brandendo il suo guembri, il maestro gnawa e vincitore del premio Hamid El Kasri si posiziona al microfono centrale con i quattro cantanti gnawa Gnawa Kouyous armati di krakeb al suo fianco, e il leggendario batterista algerino Karim Ziad, pioniere del jazz nordafricano. L’atmosfera si scalda portando i poliritmi danzerecci della musica rituale gnawa, portata in nord africa dall’africa occidentale con la tratta degli schiavi, e tuttora preservata con variazioni sotto diversi nomi: gnawa in Marocco, diwan in Algeria, stambeli in Tunisia,
sambani in Libia, e zār in Egitto. Lo stile vede un leader cerimoniale intonare canti responsoriali accompagnandosi col guembri e affiancato dagli altri cantanti che marcano la struttura ritmica con le qraqeb rispondendo in coro alle linee del maestro. Il primo brano vede solo i cinque gnawi, League e Ziad impegnarsi in un brano lento. El Kasri apre il secondo pezzo con una taksim al guembri che lascia spazio ad un mawwal vocale; le due sezioni improvvisate e non-metriche sfociano poi in un brano in 11 con il resto della band. A chiudere il set, l’ensemble suona “Tashkent” dal disco di debutto di Aga Khan Master Musicians, riarrangiato con un’incredibile struttura, supportato dall’eccellente intreccio ritmico di League e Ziad che accennano strutture ritmiche nord africane come il chaabi.
Aga Khan Music Programme Freestage, 22 novembre 2025
La musica continua di sabato in un evento gratuito in tre parti organizzato nella hall (anziché il teatro) della stessa venue. Il primo evento è uno workshop, “Global Hand-Percussion”, con l’uzbeco Abbos Kosimov (doira e tamburi a cornice), il tunisino Ayman Mabrouk (riqq, tamburi a cornice, e darbuka) e l’italiano Andrea Piccioni (tamburello). A seguire i maestri, il secondo evento, “Ismaili Artists Showcase: UK & Beyond”, porta sul palco giovani musicisti della comunità ismailita. L’ensemble suona tre brani con la cantante siriana Rama Alcoutlabi alla sua guida. Accompagnata da due rabab, chitarra, e percussioni, Alcoutlabi mescola stili musicali che vanno dalla musica afghana e persiana, al mondo levantino. Per la chiusura, i musicisti sono affiancati dai maestri di Aga Khan e Piccioni, con cui suonano un brano scambiando intermezzi improvvisatori. A chiudere il pomeriggio ritroviamo sul palco i tre percussionisti protagonisti del seminario affiancati da Karim Ziad per “Rhythms of Afro-Eurasia”. La performance è unica ed eclettica, combinando in maniera quasi contradditoria una chiara preparazione strutturale, e
l’improvvisazione estemporanea. I quattro sanno infatti sempre quale sezione seguirà la corrente, ma dimostrano la comunicazione necessaria nella musica reinventando i propri arrangiamenti al momento, folgorati dall’ispirazione. Molti dei momenti che ne risultano oscillano tra il sorprendente, l’irriverente, e lo spettacolare, dando prova al pubblico che sul palco c’è spazio non solo per il dialogo e il virtuosismo, ma anche per il gioco artistico.
Un evento importante come gli Aga Khan Music Awards attira l’occhio curioso di molti partecipanti, invogliati e ispirati dalla consapevolezza di vedere alcuni dei più grandi maestri della propria arte sul palco. Ciononostante, è piacevole vedere come gli organizzatori abbiano deciso di dare spazio a musicisti emergenti, e visibilità alle attività che la fondazione sponsorizza, mostrando come le loro attività culturali e pedagogiche impattino le future generazioni di musicisti e la vita comunitaria ismailita. In chiusura di questo speciale, vogliamo quindi proporvi una breve intervista con la cantante Rama Alcoutlabi, incuriositi dalla sua prima traccia rilasciata di recente, della sua esperienza sul palco il 22 novembre, e dal suo rapporto con Aga Khan Foundation.
Da dove arriva l’ispirazione per questo progetto musicale e la tua canzone?
È una lunga storia con radici spirituali. L’ispirazione mi è venuta nel giorno in cui il nostro leader religioso principe Karim Aga Khan è venuto a mancare a febbraio. Quella notte mi sono resa conto di
voler fare qualcosa a riguardo, sentendo che era stato un padre spirituale per me e per ogni altro ismailita. Era un uomo estremamente saggio, e credo che, nonostante le complessità della storia degli ismailiti, vivremmo in un mondo migliore se ogni guida spirituale fosse come lui.
Qual è stato il ruolo che la fede ismaelita ha svolto nella tua vita? E come ha contribuito alla tua musica?
È tutto molto speciale perché durante la mia vita non mi sono mai identificata come ismailita, ma quando mi osservo con più attenzione vedo che Karim Aga Khan e l’ambiente culturale e religioso ismailita hanno ricoperto un ruolo importante nel portarmi a chi sono oggi. Sono stati fonti di ispirazione, guida e consiglio, e sono molto riconoscente per questo loro ruole. Per esempio, sono cresciuta vedendo e ascoltando donne che guidano i momenti di preghiera cantando con le loro voci, e il loro esempio mi ha inconsciamente guidata e influenzata come artista.
Nella tua visione personale, cosa rappresenta il supporto offerto da Aga Khan Foundation?
Il fatto che ci sia un’organizzazione dedicata ai musicisti, all’architettura, alla storia, alla filosofia… Questa missione è importante. Se ci pensi è fondamentale prendersi cura della musica o dell’architettura islamica. Non perché è islamica, ma perché è l’accumulazione delle culture e civiltà che hanno popolato queste terre. Questa è la tesi che esploro musicalmente e accademicamente. Non siamo solo musulmani,
rappresentiamo la ricchezza storica di quei territori celebrandone la musica e l’architettura, e quest’idea è fantastica.
Cosa pensi che possiamo imparare da questo progetto musicale, e più in generale dalla missione culturale della Aga Khan Foundation?
Possiamo sicuramente imparare che la musica è sempre esistita nell’islam. Il fatto che islam e musica in certe culture vengano percepiti come mondi contradditori che non si incontrano è sbagliato. L’islam è dinamico, e ciò che vediamo nei media non rappresenta correttamente la religione musulmana. La visione che propongono è pericolosa e non dovremmo darle credito.
Edoardo Marcarini
Tags:
I Luoghi della Musica







