Originario di Kensington, California, Sean O’Brien ha alle spalle una carriera trentennale intrapresa con i Meantime insieme a Russ Tolman a cui seguì l’esperienza con i True West (da riscoprire il loro “Hollywood Holiday Revisited”, ristampato qualche anno fa). Successivamente ha ha guidato i Denim TV e dato vita a progetti come Mistaken e Mariettas, con i quali ottenne un buon successo nel 1999 con l’album d’esordio “12”. Al 2004 risale, invece, l’inizio del suo percorso come solista con “Too Personal”, seguito quattro anni più tardi da “Goodbye Game”, il primo lavoro con gli ormai inseparabili His Dirty Hands. Da allora il cantautore californiano ha dato alle stampe diversi album di ottimo livello come “Risk Profile” (2015), “My Colors Dark” (2019) e “Negative and Clear” (2022) e in parallelo ha dato vita ad una intensa attività di archivio, riportando alla luce album perduti, demo, rarità e registrazioni live di valore storico. A distanza di un anno dalla pubblicazione di “The Program Is Morally Good”, ritroviamo Sean O’Brien con “Last Hello”, dodicesimo album in carriera, che conferma la vitalità di un artista capace di reinventarsi senza mai smarrire il proprio inconfondibile stile. Registrato agli Sharkbite Studios di Oakland e prodotto dallo stesso O’Brien (voce e chitarra) insieme a Matt Boudreau, il disco vede al suo fianco la formazione abituale degli His Dirty Hands – Damon Wood (chitarre), Tom Hofer e Kevin Thomas White (basso), Rick Muñoz (batteria) – con il supporto di ospiti preziosi come Josh Jones (percussioni), Dave Zirbel (pedal e lap steel). Il disco, diviso in due lati come un Lp, raccoglie dodici brani che riflettono la varietà dell’universo musicale del cantautore californiano, spaziando dal rock nervoso dell’iniziale “Using Again” (scritto a quattro mani con Damon Wood), al groove funk di “How Do I Leave?”, fino alla tensione lirica di “The Wreckage”, già usciti come singoli nel 2024. La scrittura di O’Brien si conferma al tempo stesso asciutta e visionaria, capace di evocare atmosfere diverse senza perdere il filo della narrazione. C’è spazio per episodi più muscolari, per deviazioni psichedeliche e per aperture melodiche, ma il vertice del disco va rintracciato nelle tracce con venature più intime: su tutte “Time All The Time” e la ballata conclusiva “When You Dream Of Me”, che chiude il disco con un tocco di disarmante delicatezza. Se “The Program Is Morally Good” rappresentava un compendio di idee e intuizioni fresche, “Last Hello” si spinge oltre, con un sound che gioca su contrasti di luce e ombra, tra nervature rock e una sensibilità cantautorale che si fa sempre più profonda. L’ascolto in versione Spatial Audio con mix ATMOS restituisce in pieno la ricchezza delle tessiture sonore, valorizzando il lavoro di arrangiamento e la perizia dei musicisti coinvolti.
Con “Last Hello”, Sean O’Brien non firma soltanto un altro tassello della sua ormai monumentale discografia, ma consegna uno dei dischi più convincenti della sua carriera recente.
seanobrienandhisdirtyhands.bandcamp.com
Salvatore Esposito
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