Naïssam Jalal – Souffles (Les couleurs du son, 2025)

Naïssam Jalal: il respiro della musica

Crescono paura e distanza nei confronti di un mondo sempre più crudele, eppure le composizioni della flautista e cantante Naïssam Jalal sanno riportare l’ascoltatore al rapporto con il proprio corpo e al dialogo con gli altri. Due anni fa ci aveva consegnato i suoi profondi e vitali attraversamenti dei rituali di guarigione.  Il suo nuovo album è dedicato al soffio, alla dimensione intima implicita nell’atto del cantare o del dare forma sonora al proprio respiro. Dal quartetto dei rituali si passa così al dialogo a due, occasione per dar vita ad un caleidoscopio timbrico che declina in otto modi diversi, tutti profondamente compiuti l’anelito a far sì che le voci si ascoltino. Le abbiamo chiesto di introdurci lei stessa “Souffles” rispondendo a cinque domande.

Hai realizzato dieci album: come descriveresti il tuo percorso musicale (come strumentista e compositrice) dal punto di vista discografico e quali sono stati i momenti decisivi?
“Souffles” è il mio decimo album come leader o co-leader. Compongo musica per esprimere ciò che sto vivendo e che mi attraversa in questa vita. Ogni momento decisivo della mia vita si esprime nella mia musica. I repertori che ho scritto per “Rhythms of Resistance” (3 album), “Noun Ya” e “Al Akhareen” parlano molto del mondo, delle ripercussioni della politica, delle guerre, delle rivoluzioni, del razzismo, della xenofobia sulla mia esistenza. Sono allo stesso tempo politici e intimi. Sono album di resistenza. I repertori che compongono gli album “Quest of the Invisible”, “Om Al Aagayeb”, “Healing Rituals” si rivolgono all'interiorità e alla spiritualità per fungere da rifugio, da luogo di cura. Sono repertori che riparano, album di resilienza. La resistenza e la resilienza sono intimamente legate. Non c'è resistenza senza resilienza, non c'è resilienza senza resistenza. “Liqaa” e “Souffles” sono album di incontri. Sono il frutto di un desiderio, ma non di una necessità.

Il “soffio” è l'anima del flauto e del canto: che rapporto hai con il soffio e come è evoluto nel tempo?
Soffio per produrre musica da quando ero piccola. Tutti i musicisti che soffiano nei loro strumenti accettano di dare accesso all'interno del loro corpo agli ascoltatori. Non ci pensiamo spesso, ma questo implica una messa a nudo ancora più grande rispetto ad altri strumenti.

Quali somiglianze e differenze percepisci rispetto ai musicisti che collaborano con te in questo album? 
Siamo tutti molto diversi. Le somiglianze sono due. Ognuno di noi ha un modo unico di suonare il proprio strumento. Ognuno di noi ha un suono riconoscibile tra mille. Siamo riconoscibili dal nostro suono e dal nostro stile ed è una cosa molto importante per me, la qualità del suono organico.  La seconda somiglianza è che tutti noi accettiamo, a un certo punto, di rinunciare a una certa virtuosità (ognuno di noi è in grado di suonare molte note molto velocemente) per assumere il ruolo di protagonista melodico e incarnare il ruolo del cantante e un certo lirismo.

Come hai coinvolto gli altri musicisti nelle sessioni di registrazione e quale atmosfera e quali relazioni si sono create tra voi?
Abbiamo interpretato la musica che avevo composto per ciascuno di loro, lasciando spazio all'improvvisazione. O improvvisiamo insieme o ci accompagniamo a turno per lasciare che ciascuno improvvisi da solo sull'accompagnamento. Ho apprezzato molto il rispetto reciproco con cui ci siamo trattati.

Come compositrice, quali sono stati gli aspetti più difficili e quelli che ti hanno dato più soddisfazione in questo lavoro?
Sono molto contenta dell'accoglienza che ha ricevuto questo disco perché avrebbe potuto essere noioso o di difficile accesso, dato che siamo solo due musicisti e inoltre suoniamo due strumenti a fiato, quindi con la possibilità di suonare solo una nota alla volta. Ogni duetto è davvero molto essenziale, eppure molte persone mi dicono che sono molto sorprese dal fatto che con solo due strumenti a fiato si possano raccontare storie così varie. Questo mi conferma che la scrittura e il concept dell'album erano giusti, se riescono a raggiungere così tante persone.


Naïssam Jalal – Souffles (Les couleurs du son, 2025)
#CONSIGLIATOBLOGFOOLK

In “The Audible Past”, Jonathan Sterne invita il lettore a soffermarsi su come “l’udito trasforma una determinata gamma di vibrazioni in suoni percettibili”. A sua volta, Pauline Oliveros sollecita un ascolto profondo distinguendo “udire” - il processo fisico che permette la percezione – ed ascoltare: prestare attenzione sia sul piano acustico, sia su quello psicologico a ciò che viene percepito. Con il suo nuovo album, Naïssam Jalal offre all’ascoltatore otto esemplari dialoghi sonori per esplorare la trasformazione dell’udire in ascoltare passando per la dimensione del sentire, inteso anche come processo affettivo. Lo fa accostando al suo flauto traverso, uno alla volta, sette strumenti ad ancia e un ottone. Accostare due strumenti a fiato non è una novità; e per quanto riguarda i flauti traversi il repertorio classico occidentale offre centinaia di esempi, da Georg Philipp Telemann a Saverio Mercadante. Ma c’è una bella differenza fra rafforzare e espandere la percezione uditiva intorno ad uno strumento a fiato. È proprio su questo piano, quello dell’approfondimento dell’ascolto, che le scelte alla base di quest’album si rivelano particolarmente indovinate. Solitario, il flauto di Naïssam Jalal apre la serie dei brani (tutti fra i quattro e i cinque minuti), presto raggiunto dall’onda reiterata del ciclo di un respiro. Insieme scolpiscono uno luogo sonoro avvolgente e coerente, capace di respirare, di lasciar spazio. L’invito viene raccolto dal sassofono alto di Thomas de Pourquery, capace di cesellare timbri e frasi bene distinte che sostengono, si intrecciano, acuiscono l’attenzione per le linee melodiche del flauto. Come accadrà anche altri brani, il diverso attacco dell’ancia rispetto al flauto amplifica la possibilità di distinguerne i timbri e di evidenziarne il dialogo, soprattutto nella parte improvvisata, quando viene lasciata da parte l’idea di una sola voce principale. Altre due voci entrano in gioco nel brano successivo: l’intenso minimalismo del clarinetto di Yom e il canto di Naïssam Jalal, attento ad una dimensione melodica compiuta, scevro da qualsiasi virtuosismo. Con il tenore di Sylvain Rifflet, flauto e sassofono fondono, inizialmente, le due voci per poi lasciarsi reciprocamente spazio e sostenersi a vicenda, con maggiore protagonismo del tenore nella prima parte e del flauto in quella conclusiva. Con Louis Sclavis il dialogo fra il clarinetto basso e il flauto mantiene una rilassata e felice tensione lungo tutto il brano e rimette in gioco un approccio improvvisativo che richiama anche le forme della musica d’arte di matrice araba, pur senza farsi ricondurre ad alcun genere specifico. Poi, dai suoni più bassi, si passa a quelli più acuti offerti dal lirico soprano di Irving Acao, impeccabile anche nelle figure di accompagnamento, sia del flauto, sia del canto, nella parte finale. Nell’unico brano con un ottone, il trombone di Robinson Khoury i due strumenti esordiscono da soli, in successione uno all’altro, per poi disegnare insieme un paesaggio particolarmente profondo e ricco di sfumature. Il secondo sassofono soprano è affidato a Émile Parisien, capace di produrre col flauto una fusione timbrica che da sola vale tutto l’album. La coda si tinge di blues all’insegna del canto di Naïssam Jalal e del sassofono tenore di Archie Shepp, quasi a distillare l’essenza di un coro come quelli che sapeva mettere insieme Mingus, in “Wednesday Night Prayer Meeting” o giù di lì. Come nelle migliori esperienze di ascolto profondo, le otto tappe sembrano trascorse in un attimo, lasciano il senso di un significativo e compiuto ciclo narrativo, con innumerevoli approdi e scoperte sonore lungo il percorso. Coinvolgono in conversazioni sonore profondamente umane in cui ogni voce sa raccontare la sua specificità e, al contempo, fondersi con un’altra voce: abitando, trasformando, curando insieme lo spazio ritmico-armonico.  naissamjalal.bandcamp.com/album/souffles


Alessio Surian

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