Il 2025 sarà ricordato come un anno speciale da chi ha amato ed ama la musica di Pino Daniele, perché ricorrono due anniversari importanti: i dieci anni dalla sua prematura scomparsa e i settant’anni dalla nascita. In questi due lustri, la Fondazione Pino Daniele Ets ha messo in campo diverse iniziative volte a preservare, diffondere e valorizzare il lascito artistico ed umano del cantautore partenopeo, a partire dal disco dal vivo postumo “Nero A Metà Live", i libri “Pino Daniele. Qualcosa arriverà” di Giorgio Verdelli e Alessandro Daniele e “Pino Daniele. «Tutto quello che mi ha dato emozione viene alla luce»”, la mostra permanente “Pino Daniele Alive” ospitata all’interno del Muso Della Pace e poi ancora i cofanetti “Tracce di Libertà”, “Quando” e “Le Corde dell’Anima. Studio & Live” per giungere alle ristampe in versione estesa di album come “Nero a Metà”, “Sciò. Live” e la più recente di “Musicante”. Parallelamente, non sono mancate anche altri omaggi al cantautore napoletano con la pubblicazione di diversi volumi, tra cui meritano una citazione: “Yes I know... Pino Daniele. Tra pazzia e blues: storia di un Masaniello newpolitano” di Carmine Aymone e “Pino Daniele. Access All Areas” di Alessandro Panucci, ma anche il recente docu-film “Pino Daniele. Nero a Metà” di Marco Spagnoli e Stefano Senardi. Per celebrare il doppio anniversario di quest’anno, la Fondazione ha dato vita al progetto “70/10 Anniversary”, non semplicemente un marchio che accompagnerà le diverse attività ed eventi nel corso dell’anno, ma un vero e proprio programma in seno al quale si inserisce la mostra “Pino Daniele. Spiritual” con la curatela di Alessandro Daniele e Alessandro Nicosia, ospitata dalle sale Plebiscito e Belvedere del Palazzo Reale di Napoli, dal 20 marzo al 6 luglio (dalle ore 9.00 alle ore 20.00, escluso il mercoledì). Il concept alla base
della mostra muove dal concetto di musica come espressione di socialità, caro a Pino Daniele, e ripercorre la sua vicenda umana, attraverso la dimensione artistica e quella spirituale, la sua capacità di dare un senso profondo ad ogni sua opera, e le diverse influenze che hanno caratterizzato la sua cifra stilistica dal blues alla tradizione napoletana passando per il pop e la musica world. Tutto questo si rifletteva nelle strutture musicali usate per le sue canzoni e nei testi, ma anche nel suo modo di cantare e nelle improvvisazioni sul palco, dove emergeva a pieno tutta la sua istintività espressiva. Suddivisa in due parti principali e articolata in nove aree tematiche, la mostra raccoglie una selezione di materiali pubblici e privati, oggetti personali e chitarre, ma anche contenuti audiovisivi che conducono il visitatore attraverso un viaggio nel tempo che parte dalla ricostruzione di tre luoghi che ci riportano nel contesto culturale e artistico in cui si è sviluppato il suo talento: il balcone della casa natale, la celebre "Grotta" di tufo, luogo simbolico di sperimentazione musicale, dove provava con il gruppo Batracomiomachia nel quale suonavano Paolo Raffone, Rosario Jermano, Rino Zurzolo, Enzo Avitabile ed Enzo Ciervo, e un locale tipico della Napoli degli anni Settanta. Si ripercorrono, così, gli anni dal 1955 al 1977 dai quali arrivano
diversi documenti di archivio come l’agenda in cui appuntava i primi testi. La seconda parte che copre il periodo dal 1977 al 2014, si snoda attraverso una serie di pannelli cronologici che ripercorrono i momenti chiave della sua carriera, le collaborazioni, la produzione discografica, il tutto intercalato da immagini di archivio familiare. Non mancano, anche in questo caso, testi autografi, bobine con i nastri delle prime registrazioni, locandine, pass dei concerti, le scalette e i documenti relativi alla sua partecipazione al Crossroads Guitar Festival, tra cui la lettera di invito inviatagli da Eric Clapton. Bella e commovente la scelta di concludere il percorso con una sala allestita con un maxischermo in cui vengono proiettate in sequenza le immagini tratte da vari concerti. Sebbene la mostra offra un’esperienza immersiva e suggestiva, la promessa di un racconto inedito su Pino Daniele risulta solo parzialmente mantenuta. La scelta, infatti, di esporre principalmente materiali già noti, con l'eccezione della ricostruzione dello studio personale e di alcune immagini rare, ridimensiona certamente le aspettative degli appassionati per i quali certamente risulterà più esaustiva una visita della mostra permanente al Museo della Pace.
Salvatore Esposito
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