Sono trascorsi dieci anni dalla prematura scomparsa di Pino Daniele e in questi due lustri sono state molteplici le iniziative volte alla valorizzazione del patrimonio artistico del cantautore partenopeo: dai pregevoli cofanetti “Tracce di libertà”, “Quando” e “Le Corde dell’Anima Studio & Live” alle ristampe in versione estesa di album come “Nero a Metà”, “Sciò. Live” e la più recente di “Musicante”, passando per la splendida mostra permanente ospitata dal Museo MAMT di Napoli e le diverse pubblicazioni editoriali, fino al bel docu-film “Il tempo resterà” di Giorgio Verdelli. Un lavoro rigoroso ed appassionato che ha progressivamente illuminato di nuova luce l’opera di Pino Daniele e la portata prorompente che ebbe la sua personale cifra stilistica, quel travolgente intreccio tra blues, jazz, rock e musica popolare napoletana che ha lasciato un solco indelebile nella scena musicale italiana.
In questo filone retrospettivo, si inserisce anche il docu-film “Pino Daniele. Nero a Metà” firmato dal regista Marco Spagnoli e dallo storico produttore Stefano Senardi, già autori del pregevole documentario “Franco Battiato. La Voce del Padrone”, vincitore del Nastro d’Argento nel 2022. Prodotto da Fidelio e Eagle Pictures, il documentario è uscito nelle sale lo scorso 4 gennaio riscuotendo nei tre giorni di programmazione un notevole successo con oltre mezzo milione di incassi e quasi sessantamila spettatori. A riguardo Senardi ha sottolineato: “In poco più di un’ora e mezza, siamo riusciti a trasmettere la bellezza e l’intensità umana e artistica di uno dei più grandi artisti del nostro tempo. Sono felice di aver potuto dare spazio a così tante persone e artisti che sono stati vicini a Pino Daniele e che si sono espressi con grande sincerità regalandoci un contributo unico e originale sulle origini di questo grande artista, cosa che mi pare non era mai stata fatta in precedenza. Sono anche contento di aver dato spazio anche a qualche giovane artista e alla città di Napoli, particolarmente bella illuminata dalla musica di Pino Daniele”. Il docu-film, interamente girato a Napoli, offre una prospettiva inedita sulla prima fase della vicenda umana ed artistica di Pino Daniele, dai primi passi nel mondo della musica con il gruppo Batracomiomachia, insieme a Paolo Raffone, Rosario Jermano, Rino Zurzolo, Enzo Avitabile ed Enzo Ciervo, all’esperienza come bassista in Napoli Centrale, per toccare l’esordio discografico con “Terra Mia” e i primi grandi successi negli anni Ottanta, momento forse più rappresentativo della sua carriera. La regia di Spagnoli è equilibrata ed evocativa con la narrazione affidata agli occhi e alla voce di Stefano Senardi, intercalata da immagini di repertorio, esibizioni dal vivo, interviste d’epoca e contributi di artisti che hanno accompagnato il cantautore napoletano nel corso della sua carriera come Tullio De Piscopo, Gigi De Rienzo, Enzo Avitabile, Tony Esposito, Tony Cercola, James Senese e Teresa De Sio, a cui si aggiungono tanti amici, giornalisti e collaboratori. Si compone, così, un mosaico ricco e dettagliato, fatto di ricordi, aneddoti e riflessioni che rivelano l'intensità e la complessità dell'uomo dietro l'artista, mentre in parallelo si staglia il ritratto della Napoli degli anni Ottanta, una città in cerca di riscatto, fonte primaria di ispirazione di canzoni come “Napule è”, “Quanno chiove” e “'Na tazzulella 'e café”. Ogni nota aveva le radici ben piantate nella terra, mentre le parole raccontavano una città con le sue vite, le sue anime e le sue contraddizioni. Parlando dell’alchimia sonora nata dal lavoro fianco a fianco con i suoi musicisti, Pino Daniele racconta: “Ci siamo messi insieme ed è nato un suono a Sud, non necessariamente napoletano, ma Meridionale, a Sud”. In queste parole c’è il senso profondo di tutta la sua visione musicale, della sua umanità, ma anche del legame indissolubile con la sua città. Tra i momenti più intensi della pellicola c’è sicuramente il racconto del concerto che il cantautore partenopeo tenne il 19 settembre 1981 in piazza Plebiscito a Napoli, accompagnato sul palco da un supergruppo composto da Tullio De Piscopo, Joe Amoruso, Rino Zurzolo, Tony Esposito e James Senese. Quel concerto rappresentava un momento liberatorio per tutta la città, sconvolta dal terremoto del novembre del 1980, ma soprattutto rappresentò la sua consacrazione artistica. James Senese nel ricordare quella serata afferma: “L’emozione è stata talmente forte che eravamo sospesi in aria”. C’è, poi, la sequenza che vede Pino Daniele in una camera d’albergo intento a far ascoltare a Massimo Troisi “Quando” scritta per la colonna sonora del film “Pensavo fosse amore... invece era un calesse” i cui versi “e vivrò, sì vivrò/ tutto il giorno per vederti andar via / fra i ricordi e questa strana pazzia” vennero aggiunti proprio su suggerimento di quest’ultimo. Non mancano anche alcune performance inedite di alcuni giovani talenti come Andrea Radice con Fabrizio Falco, Gabriele Esposito, Chiara Ianniciello con Antonio D’Agata e Giulio Scianatico che rileggono, in alcune location particolari di Napoli, alcuni brani di Pino Daniele, ma impossibile è trattenere la commozione quando Enzo Gragnaniello rilegge magistralmente “Cammina, cammina” o Pietra Montecorvino ci regala una toccante “Terra Mia”, o ancora ascoltare Fausta Vetere che canta “Napulè è”. Insomma, “Pino Daniele. Nero a Metà” è un ritratto nel cuore e nell’anima del cantautore partenopeo, non solo come musicista, ma anche come uomo che, con la sua voce e la sua chitarra, ha declinato al futuro la tradizione musicale napoletana, innovandola, ma soprattutto ha raccontato Napoli con impareggiabile maestria.
Salvatore Esposito
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