L’Università “L’Orientale” di Napoli ha attivato un workshop permanente teorico-pratico sull’orchestra tradizionale giavanese
L’Indonesia, intreccio di popoli e lingue: una diversità che si manifesta evidente nella grande varietà di forme musicali, coreutiche e teatrali praticate nelle migliaia di isole che compongono il più grande arcipelago del mondo.
Tra le espressioni musicali (ma si commette una forzatura nell’isolare la musica, così interrelata ad altre arti) il gamelan ha esercitato un enorme fascino sull’ascoltatore occidentale (da Debussy a Poulenc, da Messiaen a Bartók, da Britten a Cage, da
Reich a Sakamoto fino alla scena musicale pop internazionale nonché alla produzione pop filmica e dei videogiochi nipponici), per la complessità degli ensemble strumentali estremamente diffusi soprattutto nelle isole di Giava, Balì e Sundan con alcune peculiari differenze inerenti ai sistemi intervallari e all’organico. Si tratta di un’orchestra formata da metallofoni (simili al vibrafono occidentale) e da gong intonati che presentano un bulbo centrale. In aggiunta, è possibile la presenza di flauti suling di bambù e xilofoni di legno e talvolta strumenti a corda pizzicata e percossa e ad arco, oltre alle percussioni e alla voce umana, femminile e/o maschile.
“Gamelan” è un termine utilizzato tanto per indicare i musicisti quanto il tipo di musica, suonata sia in contesti rituali sacri sia in occasione profane come nella danza, nel teatro delle ombre, in quello delle marionette o in altre espressioni di spettacolo ed intrattenimento. Non esiste un numero fisso di
musicisti: si parte da almeno cinque strumentisti, ma si può arrivare perfino cento. Oggi gli strumenti del gamelan sono intonati su una delle due scale giavanesi: sléndro, sistema di cinque suoni costituito da intervalli quasi equidistanti, e pélog, un sistema di sette suoni, costituito da intervalli grandi e piccoli. Dal 2021 Il gamelan centro-giavanese fa parte della lista UNESCO dei patrimoni culturali intangibili dell’umanità. In Indonesia nuove generazioni di compositori hanno composto musiche per gamelan innestando anche elementi innovativi: solo per fare qualche nome, pensiamo a K.R.T. Wasitodipuro, K.P.H. Natakusuma, Ki Narto Sabdo, Slamet Abdul Sjukur, I Nyoman Windha, R. Ng. Sarsito Mangunkusumo, Rahayu Supanggah e Made Subandi. Dall’ultrasecolare tradizione del gamelan si sono sviluppati generi diversi come il degung e lo jaipongan, per non dire di più recenti forme di contaminazione e sperimentazione per le quali vi invitiamo a conoscere il catalogo della balinese Insitu Recordings
https://insiturecordings.org/
o ad ascoltare i recenti album della cantante Peni Candra Rini, allieva di Supanggah.
In Italia vedere operativo uno strumentario completo di gamelan non è certo frequente, mentre dallo scorso marzo un’orchestra di quaranta strumenti giavanesi nelle due scale è stata accolta nell’Aula delle Mura Greche di Palazzo Corigliano, uno degli edifici dell’Università “L’Orientale” di Napoli, come mi racconta Antonia Soriente, Professore ordinario di Lingua e letteratura indonesiana nonché Referente Scientifico per le Relazioni Internazionali dello
stesso “L’Orientale”. L’ateneo napoletano è l’unico nel quale si può studiare la lingua indonesiana. “A marzo 2024 – aggiunge Soriente – abbiamo iniziato il laboratorio, dopo che ‘L’Orientale’, a inizio anno accademico, ha ricevuto una prestigiosa donazione da parte di una grande azienda indonesiana, la Pertamina, che è una partecipata dello Stato. Io sono stata soltanto una sorta di intermediatrice. In un’occasione formale la Presidentessa dell’azienda ha voluto farci questo dono degli strumenti: per gli indonesiani è molto importante che la propria cultura sia conosciuta quanto più possibile nel mondo”. Si tratta di un ‘gamelan gedhe’ centro-giavanese, un'orchestra costituita primariamente da idiofoni (metallofoni, membranofoni, xilofoni) che include anche flauti e cordofoni (ad arco e a pizzico) intonati secondo i due sistemi scalari in uso nella musica indonesiana.
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