Alessio Lega – Canzoniere della Rivolta #1. Alessio Lega canta Ivan Della Mea (Materiali Sonori, 2021)

Artista eclettico che assomma in sé l’anima cantautorale, quella da saggista e scrittore e la indomabile natura di anarchico militante, Alessio Lega, sin dal pregevole album di debutto “Resistenza e Amore” del 2004, ha seguito un articolato percorso discografico, costellato da lavori di grande spessore culturale, ma soprattutto si è dedicato con rigore e passione alal conservazione della memoria della canzone politica e sociale. Negli anni, si sono succeduti dischi come “Sotto Il Pavè La Spiaggia”, “E Ti Chiamaron Matta” sulle canzoni di Gianni Nebbiosi, “Mala Testa” e "Mare Nero" per giungere al cd-book “Nella corte dell'Arbat. Le canzoni di Bulat Okudžava”, che gli ha fruttato la Targa Tenco nella sezione “Interpreti”, l’omaggio alle canzoni di Fabrizio De Andrè e alla splendida biografia di Ivan Della Mea, “La Nave Dei Folli”. A due anni di distanza dalla pubblicazione di quest’ultimo arriva il suo compendio musicale “Canzoniere della Rivolta #1. Alessio Lega canta Ivan Della Mea”, album che lo vede affiancato da uno straordinario cast di ospiti e nel quale rende omaggio al repertorio di uno dei massimi cantastorie e poeti del Novecento, mai abbastanza celebrato per la profondità e l’intensità delle sue canzoni. Abbiamo intervistato Alessio Lega per farci raccontare questo nuovo progetto, finanziato da una fortunata campagna di crowdfunding, e nel quale accanto ai brani di Ivan Della Mea sono presenti tre inediti che, nel loro insieme, presentano in una luce nuova tutte le sfaccettature dell’immaginario politico e poetico del cantastorie milanese. 

Hai collaborato con Ivan Della Mea, ne hai studiato l'opera e raccolto testimonianze inedite che hanno costituito l'ossatura de "La Nave dei Folli", il volume biografico che hai pubblicato nel 2019 e nel quale ricostruivi nel dettaglio tutta la vicenda artistica ed umana del cantautore milanese. L'evoluzione discografica di quel lavoro è il progetto "MEA. Alessio Lega canta Ivan Della Mea”.
È vero che ho conosciuto abbastanza bene Ivan, dopo averlo lungamente ammirato e seguito attraverso dischi e spettacoli. Mi è capitato di cantare con lui e di chiacchierarci. Per onestà aggiungo che non sono stato un suo amico stretto. Negli anni successivi alla sua scomparsa però mi sono sempre più avvicinato al suo mondo e direi che è diventato una mia ispirazione profonda, non solo musicale e poetica, ma direi esistenziale e ideale. Ho frequentato molto persone a lui vicine come Paolo Ciarchi e Claudio Cormio. Questo ha creato il retroterra per il libro che mi è parso doveroso scrivere a dieci anni dalla morte. Non so se poi questo Cd, arrivato due anni dopo, sia proprio un’evoluzione del libro, di certo è un’operazione da un lato più arbitraria, dall’altro necessaria a riscoprire quelle canzoni fuori dal loro tempo e staccate dal loro autore.

Al tuo fianco in questa avventura c'è Il Canzoniere della Rivolta, formazione a geometrie variabili che per l'occasione si è arricchita di vari ospiti. Quanto è stato importante il loro contributo?
Forse ti stupirà, ma io non avrei voluto mettere il mio nome in copertina, di questo disco mi considero uno dei registi e uno dei protagonisti, ma non il perno. “Formazione a geometrie variabili” è una definizione
molto giusta per il Canzoniere della Rivolta, che è una sorta di collettivo ispirato a gruppi analoghi del passato, come Cantacronache o il Nuovo Canzoniere. Dunque, sono io che semmai ho collaborato con le tante figure - alcune peraltro molto note, tutte molto stimate - che hanno preso parte a quest’operazione. I produttori (Archivi della Resistenza e Istituto de Martino) e l’etichetta (Materiali Sonori) mi hanno poi convinto che il mio nome sarebbe stato utile al disco, che altrimenti rischiava di sembrare un assemblaggio di materiale eterogenei, quando invece è un disco fortemente coeso non solo perché è interamente dedicato a Della Mea, ma perché ha un suo linguaggio che fa tesoro del nostro essere in bilico fra molti mondi: folk, rock, teatro musicale, canzone d’autore. E anche di essere tutti o quasi militanti di base.

Al disco ha preso parte anche Paolo Pietrangeli con la sua ultima registrazione. Non possiamo esimerci dal chiederti un tuo ricordo...
Di Paolo credo di potermi definire realisticamente un amico, per quanto lo si possa essere con quasi trent’anni di differenza. Oltretutto Rocco Marchi, mio storico produttore artistico, ha suonato parecchio con lui. Per questo, essendo lui morto solo un mese fa, non credo di avere la lucidità giusta per parlarne. Paolo è un autore grandioso e anche un cantante non educato, ma con una voce bellissima… e anche in questo disco, dove i segni della malattia e della fatica erano evidenti, mi sembra che abbia dato un’interpretazione emotivamente folgorante. 
Poi come amico faccio fatica a far la pace con quel brano in particolare, perché è come se lui lo avesse usato per dire addio al suo mondo, e benché questo faccia venire i brividi a chiunque ascolti, a me mette a disagio.

Con quale criterio hai scelto i brani da rileggere?
La scaletta segue press’a poco la cronologia  con dei criteri molto semplici: ci sono le canzoni che non potevano mancare, perché oltre ad essere meravigliose sono quelle che hanno più inciso sul loro tempo ("El me gatt", "O Cara moglie"). Ci sono canzoni rimaste nell’ombra, ma che sono quelle che ci permettono di scoprire un grande autore a tutto tondo, ovvero un grande poeta e anche un grande melodista ("Ho male all’orologio" e "Il capitano"). Infine, c’è qualche inedito che avevo scoperto nel corso delle ricerche per il libro.

Come si è indirizzato il tuo lavoro in fase di arrangiamento dei brani?
Abbiamo un direttore dei lavori (Rocco Marchi) che ha una forte personalità ma anche una predisposizione ad accogliere e indirizzare le proposte e le improvvisazioni degli altri musicisti. Io non ho la capacità di analizzare cosa è successo, spartiti alla mano, ma direi che abbiamo proceduto in lunghe sessioni di caos creativo e jam session in studio, suonando assieme e guardandoci negli occhi. Poi negli ultimi giorni abbiamo distillato le idee più interessanti, privilegiando sempre l’espressività rispetto alla 
pulizia.

Quanto sono attuali le canzoni di Ivan Della Mea e quanto è importante proiettarle verso il futuro?
Ovviamente molte di esse sono di una tragica attualità: quando canto “Io so che un giorno” quelle parole (“viva la vita pagata a rate”) mi pare parlino di oggi più che di quando sono state scritta (nel 1966). Ma non è solo questo: è tutto un atteggiamento nel vivere attraverso la canzone le contraddizioni del proprio tempo, nel mettere sullo stesso piano personale e politico (e davvero nel caso di Ivan non è uno slogan), nel superare il proprio ego, che rende tutte queste canzoni ed il proprio autore necessari più ancora che attuali.

Quali sono i brani a cui sei maggiormente legato?
Sono ovviamente legato a tutti i brani che ho inserito, anzi… ne avrei voluti inserire molti di più. Ce ne sono alcuni che mi pare ci siano riusciti particolarmente bene: La nave dei folli della quale abbiamo interpretato lo spirito libertario e sabbatico attraverso un’improvvisazione prog, “Ho male all’orologio” impreziosita da un assolo di Riccardo Tesi che penso dovrebbe diventare un must dell’organetto mondiale. “A quel omm” stupendamente interpretata da Silvia Malagugini, che aveva fatto parte del cast di due monumenti della cultura musicale quali “Bella Ciao” (1964) e “Ci ragiono e canto” (1966).

Nel disco sono presenti anche tre inediti. Il tuo ritratto “Il Mea”, “Le maledizioni” che hai inciso con Michelangelo Ricci e Davide Giromini e “Resurrezione per rivoluzione” musicata da quest'ultimo. Ci puoi raccontare questi tre brani?
“Il Mea” prova a raccontare il mondo di Ivan e di Paolo Ciarchi, il suo principale collaboratore musicale che è stato un mio fraterno amico e maestro… forse non sta a me dirlo, ma credo di essere riuscito a fare una dedica vitale, senza tristezza. “Le maledizioni” era il più bell’inedito di Ivan, ma musicalmente era appena abbozzato; quindi, ci siamo presi la libertà di farne un brano quasi punk. “Resurrezione per rivoluzione” (testo che lo stesso Ivan aveva consegnato a Davide Giromini) è un brano che mi ha folgorato: Davide ha fatto un lavoro stupendo su una struttura ritmica quasi impossibile, confermandosi (cosa che penso da molti anni) come il talento nascosto più straordinario che abbiamo.

Ci sono alcuni brani che avresti voluto inserire e non hanno trovato posto? 
Un sacco: “Lettera ad Angela” la più bella canzone d’amore di Ivan, “A Costabona” e “El Barbisin” che sono melodie meravigliose ma hanno un testo in un milanese molto arduo… e poi per ovvie ragioni di spazio abbiamo lasciato fuori le cantate lunghe (“Compagno ti conosco”, “La Cantagranda”) e tutti i brani del suo album concept “Sudadio Giudabestia” che è il suo capolavoro, ma che non mi andava di 
spezzettare.

Come si evolverà il disco sul palco?
Essendo un progetto tutt’altro che commerciale siamo pronti a farlo in tutte le formazione possibili, anche se ha un’aspirazione ad una certa ricchezza timbrica che è difficile rispettare in piccoli ensemble. Ciò a cui non vorrei mai rinunciare è il prezioso apporto delle voci delle De’ Soda Sisters, che sono una delle realtà più belle e innovative del canto popolare in circolazione.

Concludendo quali sono i tuoi progetti in cantiere?
Ah… si possono fare ancora progetti fra pandemia, chiusure, distanziamenti? Beh, direi che dopo un po’ di lavori sui repertori più eterogenei - dalle canzoni russe, ad A Sud di Bella ciao, a questo Mea - è venuto il momento di concentrarmi su un disco di canzoni nuove: io ci tengo molto a portare avanti un lavoro di riscoperta e valorizzazione dei repertori del passato, ma non vorrei mai far pensare che il nostro tempo non sia degno di nuovi canti. Ne ho scritte un bel po’’, alcune hanno già trovato la loro collocazione in concerto, è tempo che trovino anche la via di un nuovo disco.

Alessio Lega – Canzoniere della Rivolta #1. Alessio Lega canta Ivan Della Mea (Materiali Sonori, 2021)
Un disco necessario. E’ questo il primo pensiero che si ha ascoltando “Canzoniere della Rivolta #1. Alessio Lega canta Ivan Della Mea”. Necessario perché è il perfetto compendio in musica de “La Nave dei Folli. Vita e opere di Ivan Della Mea”, lucidissima e appassionata biografia che il cantautore salentino ha dedicato al suo maestro ed amico, ma anche per l’intrinseca di proiettare verso il futuro il suo songbook, a dodici anni dalla prematura scomparsa. Cantore degli ultimi, poeta e musicista raffinato, Ivan Della Mea non poteva essere omaggiato in modo migliore che con un album, frutto di un lavoro collettivo, nel quale Alessio Lega è affiancato dalle voci di  Giovanna Marini, Massimo Ferrante, De’ Soda Sisters, Silvia Malagugini, Davide Giromini, Paolo Pietrangeli e dai preziosi apporti strumentali di Sasà Sorace (chitarra classica, acustica, 12 corde, elettrica), Guido Baldoni (fisarmonica, organo e cori), Rocco Marchi (organo, piano elettrico, chitarra classica, percussioni e armonica), Francesca Baccolini (basso elettrico, contrabbasso e cori), Massimilano Furia (batteria e percussioni), Riccardo Tesi (organetto) e Daniele Sepe (sax). Prodotto dall’Istituto Ernesto De Martino e dagli Archivi della Resistenza, il disco raccoglie sedici brani, tra composizioni note, rarità e tre inediti, che, nel loro insieme ci consentono di scoprire sotto una nuova luce e in una nuova veste musicale le diverse sfaccettature che caratterizzavano il songwriting di Ivan Della Mea. Tenendo accanto il volume biografico, e ascoltando il disco si ripercorre idealmente la vicenda umana e musicale del cantastorie milanese, “figlio della guerra” cresciuto in un orfanotrofio, apprezzato da Franco Fortini, Mario Monicelli e Franco Solinas, ma anche dal musicologo Luigi Pestalozza, eppure passato alla storia solo per le sue canzoni politiche da “fedele alla linea”, lasciando all’oblio la complessità del suo immaginario poetico. A riguardo Alessio Lega precisa: “Lo troviamo nei primi anni Sessanta in contatto coi socialisti “eretici” quali Raniero Panzieri, poi nel ’65, iscritto al PCI, ma già a rischio di espulsione perché troppo critico nei confronti dei dirigenti. Nel ‘67 straccia la tessera, nei primi anni Settanta milita in Lotta Continua con qualche mal di pancia, rientra nel Partito ma resta un libero militante fra sinistra rivoluzionaria e istituzionale, capace di dialogare con Primo Moroni e con Nando Dalla Chiesa, che lo propone come possibile assessore. Un vero spirito libero e inquieto dunque: unica cosa certa è che per le sue idee ha pagato molto senza guadagnarci nulla”. (Ri)ascoltando le canzoni di Ivan Della Mea si comprende come a guadagnarci dalle sue canzoni siamo soprattutto noi, perché quel lascito straordinario continua a parlarci, a raccontarci di una società che non è mai mutata, nonostante i tempi, così come a mettere in ginocchio i politici e i potenti. Insomma, Ivan Della Mea è stato un cantautore militante, un compagno innamorato dell’ideale, ma anche un grande artista in grado di scrivere canzoni di rara potenza e dalle melodie bellissime. L’ascolto si apre con “Rosso un fiore”, interpretata con grande intensità da Massimo Ferrante e scritta “il giorno prima che il Partito Comunista si stava sciogliendo” e a cui Della Mea affida ricordi, rimpianti e il suo profondo senso di appartenenza a quell’idea “così rossa e così pazza che ci portava a morire nelle piazze”. Si prosegue con la travolgente ed ironica ballata “La Nave dei Folli”, composta nel 1973 e presentata come documento politico al XX congresso della FGCI. Le De Soda Sisters sono complici di Lega nella bella resa di “El me gatt”, mentre “Ballata per l’Ardizzone” è proposta in una versione trascinante ma che non intacca il racconto affidato al testo in cui viene raccontato in presa diretta il primo assassinio di un militante compiuto dalla polizia durante una manifestazione. Un frammento dal vivo con Giovanna Marini che interpreta “Sent un po’ Gioan te se ricordet?” ci introduce alla emozionante versione corale di “O cara moglie”, registrata a distanza nel corso della pandemia nella quale ritroviamo Giovanna Marini accanto all’indimenticato Paolo Pietrangeli, Franco Fabbri, Sara Scatto, Marino Severini, Davide Riondino, Gualtiero Bertelli e Max Manfredi. Altro vertice del disco è la splendida “A quel omm” cantata da Silvia Malagugini che con Ivan Della Mea aveva cantato in “Bella Ciao” nel 1965 e in “Ci Ragiono e Canto” del 1966. La voce di Giovanna Marini introduce all’ancora attualissima “Io so che un giorno” del 1966 che apre la sequenza in cui fanno capolino “Ho male all’orologio” in cui spicca il solo di organetto di Riccardo Tesi e l’inedito “Le Maledizioni” che avrebbe dovuto uscire sull’ultimo disco di Ivan Della Mea e nella quale si alternano le voci di Michelangelo Ricci, Davide Giromini e le De Soda Sisters. Toccante è la preghiera laica “La pace è un cormorano” interpretata da Massimo Ferrante e che ci introduce a “Resurrezione per rivoluzione”, su testo inedito di Della Mea messo in musica da Davide Giromini e qui impreziosita dalla viola suonata con rara grazia ed eleganza da Michele Gazich. La dedica di Alessio Lega al suo maestro “Il Mea” cantata da Paolo Pietrangeli nella sua ultima registrazione ci guida verso il finale con il breve frammento strumentale di “O cara moglie” nella versione della Fanfara, concepita e suonata da Daniele Sepe che fa da preludio alla struggente “Il Capitano” e al canto di osteria “La cansun del disperàa” in cui ritroviamo l’organetto di Riccardo Tesi. “Canzoniere della Rivolta #1. Alessio Lega canta Ivan Della Mea” è una lezione di storia, memoria e ideali, un baluardo contro il concetto di “liquido” che ha annullato passioni, amore e ideologie politiche.

Salvatore Esposito

Foto Maurizio Barbagallo

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