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Foto di Sara Fantozzi |
#BF-CHOICE
In oltre quindici anni di carriera, il percorso compiuto da Alessio Lega è stato costellato da una ormai corposa produzione artistica, tante collaborazioni e una intensa attività editoriale con contributi giornalistici su diverse testate e la pubblicazione di diversi libri. Un appassionato percorso di ricerca, dunque, volto non solo a mantenere viva con il suo songwriting l’eredità della canzone politica degli anni Sessanta e Settanta di cui può essere considerato uno dei principali eredi, ma anche a disvelare perle dimenticate della canzone d’autore internazionale. E’ il caso dell’articolato progetto dedicato al cantautore Bulat Okudžava che giunge a due anni dalla pubblicazione di “Mare Nero” ed articolato nel cd-book “Nella corte dell'Arbat. Le canzoni di Bulat Okudžava”,che gli ha fruttato la Targa Tenco nella sezione “Interpreti” e volume “Bulat Okudžava. Vita e Destino di un poeta con la chitarra”, curato dalla slavista Giulia De Florio, entrambi editi da SquiLibri. Di tutto questo abbiamo parlato a nostra intervista con il cantautore di origine salentina, non dimenticando il progetto “E ti chiamaron matta” sulle canzoni di Gianni Nebbiosi e la splendida biografia di Ivan Della Mea, “La Nave Dei Folli”.
In oltre quindici anni di carriera, il percorso compiuto da Alessio Lega è stato costellato da una ormai corposa produzione artistica, tante collaborazioni e una intensa attività editoriale con contributi giornalistici su diverse testate e la pubblicazione di diversi libri. Un appassionato percorso di ricerca, dunque, volto non solo a mantenere viva con il suo songwriting l’eredità della canzone politica degli anni Sessanta e Settanta di cui può essere considerato uno dei principali eredi, ma anche a disvelare perle dimenticate della canzone d’autore internazionale. E’ il caso dell’articolato progetto dedicato al cantautore Bulat Okudžava che giunge a due anni dalla pubblicazione di “Mare Nero” ed articolato nel cd-book “Nella corte dell'Arbat. Le canzoni di Bulat Okudžava”,che gli ha fruttato la Targa Tenco nella sezione “Interpreti” e volume “Bulat Okudžava. Vita e Destino di un poeta con la chitarra”, curato dalla slavista Giulia De Florio, entrambi editi da SquiLibri. Di tutto questo abbiamo parlato a nostra intervista con il cantautore di origine salentina, non dimenticando il progetto “E ti chiamaron matta” sulle canzoni di Gianni Nebbiosi e la splendida biografia di Ivan Della Mea, “La Nave Dei Folli”.
L'ultima volta che abbiamo avuto modo di intervistarti è stato nel 2017 in occasione della pubblicazione del pregevole "Mare Nero". In questi due anni hai messo in cantiere e realizzato diversi progetti, hai proseguito la tua attività giornalistica, senza contare la fortunata esperienza con il riallestimento di "Bella Ciao" di Riccardo Tesi. Insomma, il tuo è un cantiere sempre aperto...

Nel 2018 hai ristampato con Nota, "E ti chiamaron matta", disco uscito nel 2008 e nel quale riprendi le composizioni di Gianni Nebbiosi. Com'è nata l'idea di riprorre in una nuova ed arricchita versione questo lavoro?
Beh, innanzi tutto come illustrano le date, era il quarantesimo anniversario della Legge Basaglia (e il decennale del mio disco, ormai esaurito). Quel disco nel 2008 si era intrecciato in modo doloroso alla mia vita, il figlio di quella che all’epoca fu mia moglie aveva sviluppato dei problemi relazionali, mettendo in crisi le mie idee preconcette e determinando di fatto il fallimento sentimentale della mia vita. All’epoca ero molto fiero delle mie convinzioni, oggi ho molti più dubbi. Perciò mi pareva che ci fossero quei motivi interni ed esterni che ti portano a guardare con occhi diversi a quello che hai fatto.
Quanto sono attuali le canzoni di Nebbiosi, a quarant'annni dalla pubblicazione, anche alla luce del modo in cui è stata minata nelle fondamenta la Legge Basaglia?

E ti chiamaron matta" è anche un recital dal vivo che hai portato in scena più volte. Qual è la risposta del pubblico?
La risposta del pubblico a un lavoro così doloroso non può che essere agghiacciata. Ho fatto dei recital con Cipriano e alcuni spettacoli con Celestini. Ho allargato i termini della questione inserendo in questa nuova edizione quella che considero la mia più bella ballata, sulla terribile vicenda di Franco Mastrogiovanni, il maestro di Salerno legato a un letto, torturato e ucciso da medici e infermieri, nell’agosto del 2009. Ho anche scritto nuove canzoni (non inserite nel disco, ma presenti nello spettacolo) basandomi su un libro di Barbara Garlaschelli (per un lavoro teatrale purtroppo non andato in porto). Insomma, anche questo cantiere resta aperto.
Di quest'anno è, invece, "Nella corte dell'Arbat" dedicato al cantautore russo Bulat Okudzava e con il quale ti sei aggiuticato la Targa Tenco. Ci puoi raccontare la genesi di questo progetto?
Una genesi che affonda nella mia adolescenza, ben prima di pensare di fare il musicista. Ho sentito le prime canzoni di Okuždava trent’anni fa, quando abitavo a Lecce: non capivo una sillaba di russo, ma capii subito che quell’uomo diceva cose importanti e parlava della sua vita, per di più su melodie che reputavo sublimi. Poi è stato un lungo lungo inseguimento, a tratti disperato: dove trovare oggi un editore entusiasta di produrre il disco di un poeta russo degli anni sessanta?
Beh, non conoscere la lingua è una difficoltà non da poco: all’inizio ho usato traduzioni in una lingua ponte (il francese) e ho fatto i primi adattamenti cantati... in virtù di questi, nel 2010 fui contattato da una giovane appassionata slavista Giulia de Florio, e con lei iniziammo un lavoro più organico.
Il disco raccoglie venti brani scelti attraverso diversi filoni tematici come Mosca, la Guerra, l'arte. Quali sono stati i criteri di selezione che hai utilizzato?
Okuždava ha avuto una vita lunga, drammatica, in un contesto all’inizio terribile: i suoi genitori furono vittime del terrore staliniano, poi la sua arte fu costantemente osteggiata dal governo sovietico. Dunque la sua poesia è tornata sovente su alcuni nodi tematici: la guerra (che lui aveva fatto a 17 anni), la città di Mosca, il rapporto fra artisti e potere... Nel comporre un disco che doveva essere necessariamente un’antologia, abbiamo tentato di organizzare le canzoni in modo da raccontare la sua vita interiore ed esteriore.
Dal punto di vista prettamente musicale come si è indirizzato il tuo lavoro in fase di arrangiamento dei brani?

In contemporanea con l'uscita del tuo disco, Squilibri ha dato alle stampe anche il volume con due cd allegati "Bulat Okudžava. Vita e destino di un poeta con la chitarra", curato dalla slavista Giulia De Florio. Come si integrano le due opere?
Per la verità avevamo proposto un’unica uscita: un libro e un Cd allegato. Però l’editore Mimmo Ferraro si è dimostrato più artistico degli artisti, non solo ha accettato di supportare un progetto così di nicchia, ma ci ha proposto di raddoppiarlo. Dunque da una parte è uscito il mio disco con un sostanzioso e lussureggiante libretto di testi, foto, disegni, raccontini, dall’altra un libro con un agile saggio bio-letterario, con un percorso fotografico inedito del compianto Roberto Coggiola e con - meraviglia! - gli inediti nastri d’autore registrati al Premio Tenco nel corso del concerto di Okuždava del 1985.

Importante? Semplicemente non sarebbe mai esistito questo progetto senza gli anni di rapporto di simbiosi e scambio con Giulia. Il nostro è una sorta di figlio di carta, musica e inchiostro.
Come si è evoluto dal vivo in progetto "Nella Corte dell'Arbat"?
Quando nel 2004 venni premiato con la prima Targa Tenco mi illudevo che la mia vita sarebbe cambiata, ritenevo immodestamente che il mio lavoro fosse una svolta epocale per la canzone italiana... insomma ero mentalmente molto più giovane dei miei trent’anni e molto velleitario. Oggi so che il mio lavoro è una sorta di apostolato laico fatto di centinaia di piccoli e piccolissimi concerti - a volte solo con la chitarra, se siamo fortunati in duo o in trio - fra gruppetti di appassionati, per strade, piazze, librerie. A maggior ragione per un progetto “difficile” come questo. Però quando mi trovo anche solo due occhi di fronte, beh... allora torno il vecchio sognatore, illuso di cambiare la nostra vita con le canzoni.
Recentissimo è anche "La Nave dei Folli", splendida ed illuminante biografia dedicata a Ivan Della Mea. Ci puoi raccontare com'è nato questo libro?

Nel libro ci sono tante testimonianze inedite di collaboratori e familiari di Della Mea che contribuiscono a far emergere tratti inediti della vita di Della Mea. Cosa troverà il lettore in questo libro?
A tratti un romanzo - degno delle descrizioni parigine di Zola - nella Milano degli anni cinquanta sessanta settanta, a tratti un racconto collettivo della scoperta del folk nel nostro Paese, di sicuro il ritratto di un eroe del nostro tempo.
Quali sono i progetti futuri in cantiere? So che stavi lavorando già da tempo ad un disco dedicato a Franco Fortini...

Salvatore Esposito
Alessio Lega – Nella corte dell'Arbat. Le canzoni di Bulat Okudžava (SquiLibri, 2019)

Ciro De Rosa
Giulia De Florio, Bulat Okudžava. Vita e Destino di un poeta con la chitarra, Squilibri Editore 2019, pp. 125, Euro 22,00 Libro con 2Cd

Ciro De Rosa
Alessio Lega, La nave dei folli, Agenzia X, 2019, pp. 374, Euro 16,00

Salvatore Esposito
Alessio Lega e Rocco Marchi con la partecipazione di Ascanio Celestini – e ti chiamaron matta (Nota, 2018)

Salvatore Esposito