Voce tra le più intense e riconoscibili della scena musicale salentina, Anna Cinzia Villani è anche una apprezzata polistrumentista e agitatrice culturale, animata da un profondo interesse per la musica tradizionale salentina a cui ha dedicato le sue ricerche sul campo a stretto contatto con gli alberi di canto con cui ha affinato le peculiari tecniche di canto e i passi della pizzica pizzica. Dopo aver mosso i suoi primi passi nei primi anni Novanta frequentando i vari gruppi della riproposta, successivamente ha proseguito il suo cammino artistico in storiche formazioni come il Canzoniere Grecanico Salentino e il Ensemble Terra d’Otranto, per dedicarsi poi alla sua attività come solista, volta non solo alla semplice riproposta dei brani tradizionali, ma anche alla salvaguardia delle forme e degli stilemi. Dopo il debutto discografico con il pregevole “Ninnamorella” nel 2008 e il successivo “Fimmana, mare e focu!” del 2012, Anna Cinzia Villani torna con “Ulìa. La pizzica pizzica incontra la capoeira”, album nato dall’incontro con Mestre Canhão e che propone un inedito dialogo tra la musica popolare salentina e quella brasiliana, attraverso dodici brani tra riletture di tradizionali e composizioni autografe. Nella doppia lettura del titolo che in salentino vuol dire “oliva” e “vorrei” è racchiuso il senso di tutto l’album ovvero la necessità di riaffermare il proprio essere artista, in grado di guardare oltre ogni steccato culturale e musicale, in un momento storico in cui a farla da padrone è la superficialità. Abbiamo intervistato Anna Cinzia Villani per farci raccontare la genesi di questo nuovo lavoro. (S.E.)
Un tuo disco mancava dal 2012 quando hai pubblicato "Fimmana, mare e focu" e stavi lavorando da diverso tempo sul suo seguito. Come sei approdata al progetto "ULìA - La pizzica , incontra la Capoeira"?
Si, in effetti era tanto tempo che non pubblicavo un disco. Questo ultimo disco si riallaccia in parte al precedente in quanto racchiude un brano “Marituma è Pecuraru” che, effettivamente, ha la tematica al femminile, e che se lo avessi conosciuto prima, sarebbe di certo entrato a far parte di “Fimmana, mare e focu”. Credo che i brani tradizionali del sud Italia, che raccontano di un femminile consapevole, che si ribella ad un maschile spesso assente o non amorevole vadano sempre messi in risalto. Anche se la donna in questione (bisognerebbe ascoltare “Marituma è Pecuraru” per sapere come finisce questa storia) non ottiene grandi risultati. Il fatto che lei non voglia accettare passivamente di essere trascurata e non valorizzata dal marito pastore, è molto importante. Ci sono altri brani nel Salento, che hanno come protagoniste delle donne che esplicitano desideri sessuali, voglia di essere compiaciute. Conoscere da vicino le donne da cui li ho imparati, stare con loro, e vedere che dopo un primo approccio ‘trattenuto’ si lasciano andare a scherzi, battute a ‘senso unico’ come piace dire a me, è una testimonianza del fatto che possiamo prendere spunto dalla tradizione non solo per gli aspetti musicali, ma anche per altri insegnamenti di vita. In “Ulìa - la pizzica pizzica incontra la capoeira” ci sono i brani a cui mi sono affezionata di più negli ultimi anni, alcuni li eseguivo già dal vivo nel io spettacolo solista “Canti di donne terra e sale”.
Com’è avvenuto l’incontro con Mestre Canhão? Vuoi raccontarci la vostra collaborazione?
Ecco, vi racconto con molto piacere. Voi che un po’ mi conoscete, e anche il pubblico che mi segue da anni, sapete che non ho mai costruito nulla a tavolino, e che se non ho davvero qualcosa da dire non faccio un disco. Diciamo che accolgo quello che mi arriva incontro, e se mi ci sento bene inizio a immaginare uno sviluppo artistico. Non avevo proprio immaginato di inserire la presenza della capoeira e di Mestre Canhão nel disco. Però è successo che Alessandro Lorusso Dub Master con cui avevo già collaborato a partire da “Fimmene in dub”, e successivamente chitarrista (bravissimo ci tengo a dirlo), della mia attuale formazione, regista di incastri ritmici e dinamiche, aveva iniziato a frequentare le lezioni di capoeira di Mestre Canhão. Chiaramente si è interessato anche agli aspetti musicali di questa danza, e ogni tanto veniva alle prove e ci portava gli strumenti che si faceva prestare dal suo Mestre per studiarli. E insieme cercavamo il modo di far interagire questi suoni per divertimento e curiosità. Lo strumento di cui mi sono ‘innamorata a ‘primo ascolto’ è il berimbau. Lo conoscevo già, ma sentirlo dal vivo, sentir vibrare il suono ancestrale di uno strumento ‘povero’ e auto costruito, e che ci potevo cantare sopra, mi ha davvero affascinato. Del resto in “E scusati signori” mi accompagno col ‘llavaturu”, cioè la tavola per lavare i panni suonata con un grande cucchiaio di legno. E nello spettacolo solista sopra menzionato utilizzo un triangolo regalatomi da un meccanico di Maranola, Antonio Guglielmo, che con i pezzi smontati dalle auto costruisce strumenti, battendolo con l’apribottiglie bellissimo, bomboniera del
matrimonio di mio cugino… che dire, il mondo degli strumenti-non-strumenti, e della musica che ha radici semplici mi appassiona.
Da dove è nata la scelta di incrociare il ritmo della pizzica pizzica salentina e la capoeira brasiliana'?
L’esperimento di far dialogare la ‘pizzica scherma’ e la capoeira era stato già fatto, e aveva dato buoni risultati, per cui dal punto di vista coreutico sapevo che negli spettacoli dal vivo si poteva creare lo spazio per la danza (nella presentazione ufficiale del 2017 al Teatro Paisiello a Lecce erano infatti presenti Davide monaco, Alfredo e Salvatore Barone - schermidori salentini - Mestre Canhão e Viviana Sorrento). Ma la strada sonora non credo fosse stata già intrapresa. Dopo aver conosciuto Mestre Canhão che ho amato immediatamente per il suo animo nobile, e per tutti i suoi racconti, gli ho chiesto di cantarmi anche i tappeti vocali che si usano nella roda di capoeira, per capire cosa potesse succedere. Su alcuni di questi ho ‘innestato’ alcuni canti salentini: quello che considero l’esperimento più interessante è “Noite escura” che poi diventa “‘Ntunucciu”. Il Mestre e la capoeira, quindi, sono stati subito i benvenuti, e ho capito che il disco che avevo intenzione di fare da tempo, non si sarebbe chiamato semplicemente “Ulìa” come avevo creduto fino a poco prima.
Cosa aggiunge o muta nel tuo dialogo con la pizzica pizzica?
La convinzione che le musiche del mondo e non solo, possono comunicare tra di loro; per quelle che hanno lo stesso carattere il dialogo ovviamente è più immediato.
Ci puoi raccontare come si sono svolte le sessioni di registrazione? Quando e dove avete registrato i dodici brani per quest’album?
Le sessioni di registrazione sono state diverse. Alessandro Lorusso, oltre ad avere tutte le doti che ho elencato prima, aveva anche un piccolissimo spazio sotto la sua vecchia abitazione nel cuore di Lecce, adibito a studio di incisione ed elaborazione per i suoi lavori di elettronica. La sua attrezzatura è di alta qualità, ed essendo un curioso, addirittura in un periodo ha costruito lui stesso dei microfoni per la ripresa della voce, assemblando pezzi che si è fatto spedire da ogni dove. Diciamo che è uno studioso dei suoni, che si confronta con tutta la musica esistente nel globo e con le tecniche di post-produzione che sono molto importanti. Quindi per la prima volta ho registrato un disco in sessioni separate (gli altri dischi erano tutti in presa diretta), date le dimensioni del luogo: non potevamo essere che massimo tre persone di cui una in piedi lì dentro. Per fortuna la maggior parte del lavoro è stato fatto prima del lockdown di marzo 2020, e quindi il periodo successivo è servito per il missaggio. In estate abbiamo rimesso le mani (e io la voce) su alcune cose di cui non eravamo convinti, e prima di Natale 2020 ho affidato la supervisione a Claudio Cavallo Giagnotti, con cui esistono stima e collaborazione di vecchissima data. Lui è stato molto importante per la fase di mastering di cui si è occupato Alessandro Rizzello dello Studio Essenza di Spongano.
Nice post thank you Nicole
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