Parole, parole, parole. Siamo subissati di parole che hanno riempito per decine di secoli gli ambienti colti. Antropologicamente, Musica e Immagine sono l’essenza primordiale della comunicazione. Da loro discendono il Parlare e lo Scrivere (intesi nella più ampia accezione), che valorizzano in termini espressivi la componente sonora e quella grafico-visiva. Parole affascinanti e istruenti, carburante del pensiero umano. Apriamo libri e, da sempre, siamo abituati a leggere parole, parole, parole: con queste arricchiamo la nostra conoscenza. Altresì, da alcuni decenni, siamo inondati da immagini statiche e in movimento. Con la rivoluzione del digitale, tutti hanno la possibilità di fotografare, si riprende di tutto. Vi è il desiderio di scoprire, emozionare, catturare, scovare nel dettaglio, inventare. Con la fotografia ognuno di noi cerca di comunicare qualcosa, fermando l’attimo, cogliendo l’istante, “bloccando” visivamente il tempo. Con la fotografia vi è il desiderio istintivo di tramandare attimi della vita, porzioni di mondo visti attraverso i nostri occhi. La tecnologia fotografica oggi è poco costosa, a portata di tutti. Molti si sentono fotografi, un po’ artisti, ma non basta saper fare click sull’obiettivo per divenire professionisti. La macchina fotografica è solo un mezzo, più o meno potente. La fotografia è un linguaggio, è poesia, è composizione, è pensiero, è arte, oggi non facilmente vendibile come in passato.
Immaginare la musica
Nel bollore della calura estiva, per staccarci dalla comunicazione con le parole e per riprendere un discorso aperto durante una mostra dedicata ad Arrigo Polillo, dalla pigna di libri intonsi, abbiamo estratto “Immaginare la musica”, catalogo fotografico di una mostra tenutasi nel 2017 a Perugia. Essendo interamente dedicato a musicisti e compositori merita di essere apprezzato. In copertina vi è Anupriya intenta a suonare il proprio strumento ad arco. Le foto sono espressive in sé.
Abbiamo sfogliato il Catalogo e riteniamo sarebbe banale scrivere una recensione, poiché è un testo che ognuno dovrebbe poter scorrere liberamente, “viaggiando mentalmente verso i propri lidi”. In altre parole, ognuno dovrebbe trovare il modo di recensirlo autonomamente, senza suggerimenti esterni, perché - come ripeteva J. W. Goethe - “l’occhio vede ciò che la mente conosce”. Nell’osservazione di una fotografia, alla fine quello che prevale è il “mood”, ciò che si riesce a trasmettere, in diretta sintonia con il nostro sentire, con il nostro modo di essere … lontani dalle parole. Nella fotografia la luce, le forme, i colori, i soggetti e numerosi altri dettagli compositivi trasmettono messaggi, liberando il nostro pensiero creativo. La fotografia lascia spazio all’immaginazione, la quale è incontro tra il vissuto presente e le esperienze del passato, un modo istintivo per rielaborare qualcosa già conosciuto. In coerenza con quanto testé affermato e senza avere nessuna pretesa di oggettività, di seguito, rispetto al catalogo fotografico abbiamo riportato solo alcuni appunti personali, con l’intento di rilevare come anche le sole immagini siano in grado di stimolare l’intelletto dell’osservatore, facendo riaffiorare eventi sepolti nella memoria. Scorrendo il Catalogo, a zapping, abbiamo annotato pensieri in libertà, lasciandoci condurre dall’immagine e dal suono non percepito insito in essa, che ha attivato fisicamente meccanismi emotivi ed evocativi. L’immagine è capace di smuovere passaggi mnestici che portano a far rivivere nel corpo sensazioni già conosciute.
La componente visiva comunica e aiuta a far viaggiare la mente, facendo riaffiorare suoni e ricordi. I musicisti e i compositori raffigurati nel Catalogo fotografico sono in massima parte a noi noti. Sfogliandolo, ci siamo soffermati dapprima su volti conosciuti, come quello di Patty Smith, incontrata casualmente alcuni decenni or sono dentro una chiesa fiorentina. Scambiammo solo alcune battute sull’arte italiana. Era di corsa perché doveva raggiungere il luogo del concerto serale. In un’altra pagina del catalogo, in bianco e nero, vi è raffigurata la band di Fabrizio De André ai tempi di “Anime salve”. Il pensiero ci ha rimandato a quanto scritto di recente in sua memoria. Subito dopo è scattata l’associazione con Vladimir Denissenkov che in quel disco collaborò. Durante un nostro dialogo ci parlò di quell’esperienza, ponendo l’accento sulla libertà che De Andrè gli lasciò in termini creativi. Si apre il cuore nel vedere in una foto Michel Petrucciani di spalle al piano, il cui volto si vede riflesso nel lucido del legno. È fermo, con le mani ancora lontane dalla tastiera. Resterà nella storia come simbolo di grande forza interiore, capace di superare ostacoli fisici in apparenza insormontabili, raggiungendo vette espressive di altissimo livello. Con le mani intente a percuotere i tasti, invece, troviamo rappresentata Carla Bley, maestra del libero movimento in termini improvvisativi. Sempre al piano, un compositore di temperamento assai diverso, il riflessivo Arvo Pärt, i cui dischi pubblicati per la “Ecm” segnarono parte della nostra giovinezza, riuscendo a costituire un ponte tra la musica d’avanguardia e quella sinfonica.
Qualche pagina più in là l’eterno “ragazzo”, Daniel Harding concentrato nell’atto di dirigere. Alla mente sono riaffiorate le sue parole sulla coesione orchestrale, sentite dal vivo e poi sintetizzate in un contributo riferito a MITO 2015. Ancora risuonano nelle nostre orecchie le sonorità del trombone di Roswell Rudd, nella foto ripreso mentre accorcia la coulisse, avendo al suo fianco una serie di “sordine”, ognuna delle quali garantisce allo strumento timbriche differenti. Rudd ha operato anche come etnomusicologo, collaborando per alcuni decenni con Alan Lomax. Storica è rimasta la sua incisione in duo con Giorgio Gaslini. Il tema della musica popolare ha portato a centrare l’attenzione sull’immagine di Ernst Reijseger, violoncellista olandese, conosciuto in una piazza sarda negli anni Novanta, mentre stava provando sullo strumento, prima di iniziare a suonare insieme a un gruppo di cantori oroseini. Al concerto assistettero diversi anziani, i quali all’ascolto iniziarono a storcere il naso e a commentare sagacemente. A loro la parola “world” in abbinamento alla musica popolare diceva ben poco. Alcuni si allontanarono stizziti, altri incuriositi rimasero ad ascoltare e alla fine applaudirono con entusiasmo. I musicisti sanno quanto sia importante osservarsi nell’atto del suonare. Esemplare è l’immagine che ritrae Bruno Canino rivolto con sguardo stralunato verso il violinista Uto Ughi, assorto in un’esecuzione a occhi chiusi. In quella diversa posizione delle palpebre vi è contenuto in concetto della “visualizzazione” del suono, una sorta di pensiero magico che ogni interprete può scoprire, entrando in profondità nel vivo della musica.
Tale pensiero è per noi inesprimibile con le sole parole. Magnetico è, invece, lo sguardo del batterista Gunter Sommer, che impugna con sicurezza le bacchette, sudato e assorto nel “dialogare” con piatti e tom tom. Espressivo è il primissimo piano del trombonista Giancarlo Schiaffini, con il bocchino incollato alle labbra, gli occhi chiusi dietro una montatura rotondeggiante degli occhiali, le cui curve contrastano con le multilinee della pelle, che si contrappuntano in direzione contraria ai peli dei baffi. Tutti dettagli che danno forza all’immagine rappresentante l’estroverso musicista romano. Che dire delle foto riferite alle attese e alle preparazioni dei concerti, cariche di emotività, poiché nel live gli imprevisti sono sempre dietro l’angolo? Sono momenti in cui il musicista deve riuscire a riappropriarsi dell’unità corpo-mente-spirito prima di incontrarsi col pubblico. Così osserviamo, ad esempio, la foto del Caspar Brötzmann Trio intento a preparare lo strumentario; Egberto Gismonti, durante una pausa (indispettito di essere fotografato?), mentre impugna la chitarra verticalmente; Ornette Coleman e la sua band liberamente seduti o distesi sul palco durante le prove; Aki Takase che evidenzia con il dito un passaggio importante segnato sullo spartito. Solo una foto di commiato nel Catalogo, quella di Grigory Sokolov che (un po’ curvo) si allontana lentamente dal piano. Un’immagine resa interessante dal movimento e dall’uso dello sfocato. In un testo dedicato ai musicisti non poteva mancare un pizzico d’ironia, come nel caso di Enrico Rava al piano e Stefano Bollani alla tromba; una sorridente Cristina Zavalloni durante una performance; uno scattante Ludovico Einaudi, innanzi a uno spumeggiante fondale artistico. Inoltre, nel Catalogo vi sono raffigurati numerosi gesti tipici dell’esecuzione musicale. Ritroviamo un contrito Salvatore Sciarrino, nell’atto di dirigere senza bacchetta l’orchestra di Padova e del Veneto. In altri scatti, vi sono Lawrence D. Morris con le mani sospese in aria, pronto a dare un attacco; Ilia Kim della quale si evidenzia la leggerezza del braccio e della mano durante l’esecuzione: Paolo Fresu con l’aerofono proteso verso l’alto; Dhafer Youssef che ha assunto una posizione di eccitazione espressiva;
David Douglas con la bocca spalancata e la tromba a riposo. Foto a effetto è quella dedicata a Markus Stockhausen, figlio del noto compositore tedesco, immortalato in silhouette su uno sfondo a sfumature arancioni mentre suona al Teatro Comunale di Pordenone. Alla base dell’immagine diversi ottoni appoggiati al suolo, a testimonianza del suo virtuosismo esecutivo. Come riferito, i nostri sono solo fugaci appunti. Le fotografie inserite nel catalogo sono naturalmente ben più di quelle segnalate. Tra i tanti musicisti ritratti e non citati, evidenziamo in ordine sparso Lucio Dalla, Viktoria Mullova, Alexander Romanovsky, Cameron Carpenter, Yuja Wang, Ute Lemper, Evan Parker, David Byrne. Dopo aver scorso attentamente il Catalogo, abbiamo sentito l’esigenza di andare ad ascoltare numerosi brani dei musicisti fotografati. Lo stesso impulso sentito alcune settimane or sono dopo aver letto “12” di Carlo Boccadoro. Ci è sembrato che tra gli obiettivi non manifesti del Catalogo vi sia proprio quello di stimolare l’osservatore all’ascolto, oltre che mostrare un book d’immagini suggestive, scattate dalle mani valenti di Luca Alfonso D’Agostino e di Luciano Rossetti, attivi professionalmente presso la “Phocus Agency”. Occhi esperti avranno modo di guardare il Catalogo apprezzando i numerosi dettagli tecnici delle singole fotografie, valutando di volta in volta gli aspetti espositivi, i punti di vista, gli sfondi, i colori, l’uso della luce, i dettagli compositivi, i piani, le linee di forza, le simmetrie, le tonalità, gli ambienti naturali, i simbolismi, le inquadrature, le scelte dei soggetti e il cosiddetto “punctum” di barthesiana memoria, insieme a molti altri preziosismi fotografici. Tutti dati intorno ai quali bisognerebbe scrivere uno specifico contributo. Grazie al Catalogo abbiamo vissuto attimi densi di poesia. Nella calura estiva possiamo tornare ai suoni, alle immagini in movimento e agli scritti, per mezzo dei quali siamo soliti comunicare con i nostri simili, mandando messaggi, fornendo informazioni, esprimendo opinioni, sempre a favore della Musica, vero Patrimonio dell’Umanità dalle infinite potenzialità. Una musica con solide radici e senza confini, spesso capace di esprimere senza bisogno di superflue “parole, parole, parole”.
Paolo Mercurio
Foto di Luca Alfonso D’Agostino e Luciano Rossetti tratte dal catalogo della mostra "Immaginare la musica".
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