La propensione ai colpi di scena che spiazzano l’ascoltatore è nel codice compositivo e performativo dei quattro vercellesi: i due fratelli Carlone, Gian Luigi (voce, sax soprano, flauto, composizione) e Roberto, Sandro Berti (trombone) e Giancarlo Macrì (basso tuba, testi). Pressappoco a quarant’anni dalla nascita, la Banda Osiris sceglie di dare fiato a un progetto discografico di repertori da banda che, paradossalmente, non aveva mai inciso prima. Giusto, pertanto, omaggiare la tradizione nazional-popolare degli ensemble civici a cui sono state demandate enormi funzioni sociali, che hanno inciso sulla coesione culturale nella Penisola, e che con il loro suono animano ancora i nostri territori nelle occasioni celebrative. È un linguaggio musicale su cui i dissacranti professori d’orchestra della Osiris si sono formati. Oltre all’abilità nel destreggiarsi con gli strumenti, teatralità e divertimento sono da sempre parte del bagaglio degli inimitabile quartetto, qualità che ritroverete tutte in questo disco “on the road”, confezionato in diciotto composizioni, registrate assieme alla lucana Riunita Banda di Filiano, con cui si predilige la pronuncia melodica e lirica eppure fresca e diretta, e alle brianzole Banda di Cavenago e di Agrate, che affiancano il quartetto nella sezione, per così dire, canora del repertorio. In più, suonano Daniele D’Alessandro (clarinetto solista), Antonio Pace (bombardino), Raffaele Kohler (tromba solista) e Luciano Macchia (fisarmonica). Nel nutrito programma scorrono marce, valzer e sirtaki in salsa italica, sequenze potenti e furibonde accanto ad altre composte e accorate, canzoni ambientaliste che strappano sorrisi (“Acquedotto Oleodotto”) e che a colpi di fiati e yodel denunciano la sorte tragica delle canzoni di serie B, quelle scartate e abbandonate (“Noi siamo le canzoni”). Immancabile, “Caterpillar”, con l’intervento del quartetto d’archi Euphoria, storico brano conduttore dell’omonima trasmissione radiofonica, che in anticipo sui tempi faceva reagire riff techno, passaggi bandistici e stilemi balcanici. Ancora, c’è “Oggi, un giorno del ’44”, strumentale che reinventa “Bella Ciao”. Un concentrato di sostanza sonora potente ed ironica.
Ciro De Rosa
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