Jean-Claude Le Ruyet | Sferenn – Inizi ar Mor-bihan (Autoprodotto, 2024)

Sferenn (Sfera) arriva al termine del 2024 ma in realtà pare giungere da una Bretagna d’altri tempi, collettivo e sincero come un manufatto artigianale è composto da filastrocche contemporanee, canzoni bretonanti (come accadeva durante gli anni '70), sonorità acustiche e atmosfere folk-cantautorali d’antan. Le combinazioni musicali variano di brano in brano e così le voci. La desinenza bretone rimane il collante culturale, testuale e ritmico del progetto che si avvale dell’apporto di una nutrita lista di collaboratori. Il suo titolo “Inizi ar Mor-Bihan” (traducibile come “Isole del Golfo”, che in bretone è appunto “ar mor bihan” e dona nome all’intero dipartimento regionale) potrebbe trarre in inganno poiché l’anima di questi canti non allude a passaggi fisici quanto piuttosto a tragitti concettuali. È un viaggio che attraversa isole di pensiero, penisole linguistiche, anfratti di memorie, scogliere di riflessioni e lo fa dentro luoghi precari, lungo linee di confine sottili, con itinerari senza valigie poiché il cuore nelle valigie non è mai entrato. In effetti di sentimento, se ne trova parecchio in questo disco tra cicatrici e meraviglie, pagine di bordo testimoni di come si possa raccontare contemporaneamente del canto dei vivi e della voce dei morti. Occorre visionarietà per narrare l’aggravio di drammi umani con leggerezza infantile, scoprire con la mente quel che non si vede con gli occhi, immaginare cammini di luce in un mondo di ombre e magari adoprarsi per costruirlo. Gli adulti, nella maggior parte dei casi rinunciano, i bambini no! Lo esortava anche Einstein: “…la curiosità esiste per ragioni proprie, si può fare a meno di provare riverenza quando si osservano i misteri dell'eternità, della vita, la meravigliosa struttura della realtà ma…non perdere mai una sacra curiosità”. Jean-Claude Le Ruyet compone testi e musica di 10 brani, ne interpreta 8 da solo e 5 assieme ad altre voci maschili, le voci femminili sono protagoniste in solitaria su una composizione originale e 4 adattamenti tradizionali. Uliss Jego infine canta la nostalgica “Ar lagouter”, mentre a Henriette Julé, recentemente scomparsa e madre dell’autore, si devono le parole delle canzoni 1, 4 e 9, provenienti dalla zona di Langedig (Languidic). 

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