Si è spento a Napoli, all'età di ottant’anni, James Senese, sassofonista, compositore e cantante che ha impresso un’impronta indelebile nella musica partenopea fondendola con la black music, il jazz e il rock. La sua scomparsa, avvenuta il 29 ottobre 2025 dopo un mese di ricovero in rianimazione presso l’ospedale Cardarelli per gravi complicazioni dovute a una polmonite, ha lasciato un vuoto incolmabile in quella che per l’amico e produttore Rocco Pasquariello era la figura del “più grande musicista che abbia espresso Napoli: era uno dei più importanti simboli della musica napoletana, un monumento vivente”. Pur debilitato e sottoposto periodicamente a sedute di dialisi, James non aveva mai smesso di lottare: ad aprile aveva commentato un intervento d’urgenza, affermando con la sua proverbiale schiettezza: “Qua abbiamo ottant’anni e il corpo fa quello che vuole”, mentre si preparava a presentare il nuovo disco, “Chesta nun è ‘a terra mia”. Nato il 6 gennaio 1945, Gaetano, questo il suo nome di battesimo, era figlio di Anna Senese, una ragazza napoletana, e di James Smith, un soldato afroamericano del 92esimo reggimento fanteria, che abbandonò la famiglia due anni dopo la sua nascita per tornare negli Stati Uniti. Cresciuto a Miano, tra Capodimonte e Secondigliano, quel “figlio della guerra” sotto l’ala del nonno Gaetano, nonostante l’abbandono paterno, plasmò pian piano la sua identità musicale, affascinato dal blues, dal funk e dal jazz, in particolare da John Coltrane. Fu la madre,
intuendone il talento, a regalargli il primo sassofono a soli dodici anni. Rocco Pasquariello ricorda che, già ai tempi in cui frequentava l’Accademia delle Belle Arti, era già un personaggio iconico: “Vedevo sempre questo personaggio che camminava in via San Sebastiano vestito come Jimi Hendrix — pantaloni di pelle, cinturoni, giacche colorate… Mi chiedevo: ‘Ma chi cazzo è questo?’ Poi scoprii che era il sassofonista degli Showmen. Io frequentavo l’Accademia con Lino Vairetti degli Osanna, quindi conoscevo un po’ l’ambiente. Ero davvero affascinato dal suo personaggio”. Senese è stato un anello di congiunzione cruciale, l’indiscusso caposcuola, tra la tradizione napoletana e la sperimentazione, avendo contribuito a dar vita il Neapolitan Power già negli anni Sessanta, quando, con i primi successi degli Showmen di Mario Musella – artefici di brani come la hit “Un’ora sola ti vorrei” – inventò la via italiana al rhythm & blues e al soul. Secondo il sassofonista Daniele Sepe, la sua importanza fu formativa: “La prima volta l’ho visto suonare nel 1975 alla Galleria Umberto con gli Showmen ed è stato allora che ho capito di voler suonare il sassofono, perché all’epoca suonavo il flauto con il Gruppo Operaio ‘E Zezi”. Ricordando i giorni gloriosi dei Napoli Centrale, Rocco Pasquariello racconta: “Quando uscì il primo disco dei Napoli Centrale, quello
dove c’è ‘Campagna’, organizzai un piccolo festival blues ad Accadia e lì ci incontrammo per la prima volta. Era il 10 agosto 1977, ricordo che ci fumammo qualche sigaretta insieme, ma poi ci perdemmo di vista, ma quel suo concerto mi aveva scioccato”. Pasquariello prosegue: “Anni dopo cominciai a lavorare stabilmente nel mondo del jazz, e un giorno mi chiamò Willy David chiedendomi di lavorare con James. Ci incontrammo a Piazza Dante ed ero emozionatissimo, e lui — con i capelli lunghi, un po’ strano — mi chiese subito: ‘Ma tu con chi hai faticato?’. Io gli dissi: ‘Ho lavorato nel mondo del jazz… con i Jazz Messengers, con il Tullio De Piscopo Jazz Quartet…’. E lui: ‘Ah, veramente?’. Da lì diventammo amici, e per quindici anni non ci siamo più lasciati”.
Il nome “Napoli Centrale” indicava simbolicamente la stazione ferroviaria, un luogo di costante incontro tra culture, tema centrale della loro musica. Con questa formazione, James Senese e Franco Del Prete rivoluzionarono il panorama unendo le complesse sonorità del jazz-rock/fusion (influenzate da Miles Davis e Weather Report) con testi di denuncia sociale, crudi e poetici, in dialetto napoletano. Ulteriore snodo decisivo del suo percorso artistico fu l'incontro con Pino Daniele. Senese, intuendone il talento, lo ingaggiò come bassista nei Napoli Centrale, acquistandogli personalmente lo strumento. Come raccontò James: “Lui ci
aveva capiti... in una cosa eravamo uguali: la ricerca, la sperimentazione”. Dopo questa esperienza formativa, Senese divenne il sassofonista, il complice preferito, e il suono distintivo del "supergruppo" di Daniele, con cui conquistò Piazza del Plebiscito nello storico concerto del 19 settembre 1981 e collaborò in album storici, cementando il suono distintivo del Neapolitan Power. Pasquariello, che fu amico di entrambi, ricorda un momento toccante: “Un giorno mi chiamò Pino Daniele e mi disse: ‘Sto andando a Roma, vorrei che mi facessi incontrare di nuovo con James’. Si erano persi da un po’ di anni, non che avessero litigato ed io ero amico di entrambi, a prescindere dal lavoro. Chiamai James e gli dissi che dovevamo andare a Roma per incontrare Pino. Il giorno dopo eravamo a Roma: abbracci, risate, paci… una felicità enorme. Si chiamavano ‘compagno bello’. Pino mi disse che aveva un’idea, e in un’ora scrisse ‘Cammenanne’. I cori li fece lui stesso, e il brano fu arrangiato insieme a James. Il pezzo poi uscì nel 2008, nel disco di Napoli Centrale, prodotto da me, con brani curati da me, da James e da Pino. È stato un momento sconvolgente: quell’incontro a Roma, quell’armonia. C’era un pianoforte verticale, Pino si mise a suonare e in un ora scrisse il testo di ‘Cammenanne’. Se lo ascolti, è un pezzo di una bellezza unica”. Nell’arco di oltre cinquant’anni di carriera, Senese ha saputo alternare la leadership dei
Napoli Centrale con una intensa attività solista, collaborando con giganti internazionali come Gil Evans e Don Moye”. La sua arte, ricca di una “inconfondibile vocalità aspra e un fraseggio che passa da sequenze furiose e palpitanti ad altre più intimiste e concilianti”, è riassunta in un passaggio illuminante della sua biografia, “Je sto ccà” (Guida editore) di Carmine Aymone: “Io sono nato nero e sono nato a Miano, suono il sax tenore e soprano, lo suono a metà strada tra Napoli e il Bronx, studio John Coltrane dalla mattina alla sera, sono innamorato di Miles Davis, dei Weather Report e in più io ho sempre creato istintivamente, cercando di trovare un mio personale linguaggio, non copiando mai da nessuno…il mio sax porta le cicatrici della gioia e del dolore della vita”. La sua coerenza artistica è un punto fermo per tutti i colleghi. Daniele Sepe lo definisce “il musicista napoletano più coerente, più onesto intellettualmente, uno che non si è mai fatto abbagliare dal mercato. Era ancora quello di ‘Campagna’ del 1975: non si è mai venduto. Al di là della tecnica, del sassofono, faceva cantare il suo strumento. Quando faceva un solo, non c’era mai una nota messa lì per accontentare il pubblico: era tutto istinto, anima, energia". Questa sua profonda autenticità si rifletteva anche nella sua generosità e nella sua conoscenza delle radici. Sepe ricorda: “Era una persona generosa: mi ricordo, ad esempio, quando ci fu
la mobilitazione alla Fiat di Pomigliano D’Arco contro Marchionne, lui – senza esitare – venne a suonare davanti alla fabbrica”. Pasquariello aggiunge che la sua arte era totale, legata alla tradizione più alta: "Lui amava Roberto De Simone, la Nuova Compagnia di Canto Popolare, Viviani, la musica classica napoletana. Aveva una conoscenza profonda delle radici. Amava anche Sergio Bruni. Insieme a Roberto De Simone incise un brano magnifico per il requiem in memoria di Pasolini, e partecipò all’Opera Buffa del Giovedì Santo”. La sua coerenza è testimoniata anche dalle sue ultime interviste: “Quello che il sistema della musica chiede oggi a me non interessa proprio. Mezzo secolo a costruirmi come artista e adesso dovrei fare quello che chiedono? Mai, nun se ne parla proprio”. Negli ultimi anni, aveva ricevuto importanti riconoscimenti, tra cui la Targa Tenco 2016 per l’album “’O Sanghe”. James Senese è stato ricordato con grande affetto sui social da amici come Enzo Avitabile (“Grazie per il tuo talento, la dedizione, la passione, la ricerca. Sei stato un esempio di musica e di vita. Un amico per fratello, un fratello per amico. Per sempre”) e da artisti come Raiz e Clementino. Il vuoto lasciato da James Senese è certamente incolmabile, ma la sua voce e il suo sax audace, viscerale e sempre proiettato nel futuro resteranno un pilastro della storia della musica napoletana.
Salvatore Esposito
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