Da trent’anni a questa parte, il Festival Ethnos offre sentieri di conoscenza attraverso l’illustrazione di un vasto bacino stilistico di musiche del mondo, sotto la direzione artistica di Gigi Di Luca, regista teatrale e operatore culturale di lungo corso.
Quest’anno talk, film, stage di danza e itinerari naturalistici hanno integrato la rassegna musicale proposta nella manifestazione itinerante che ha fatto tappa su palcoscenici fissati in luoghi di storia e d’arte di San Giorgio a Cremano (Villa Bruno e Villa Vannucchi), Portici (Galoppatoio della Reggia), Ercolano (Parco Villa Favorita), Torre del Greco (Palazzo Baronale), Boscoreale (Museo del Parco del Vesuvio), Boscotrecase (Auditorium Scuola I. De Risi), Castellamare di Stabia (Chiesa del Purgatorio) e Napoli (Auditorium e Chiesa di SS. Maria Donnalbina).
Il resoconto della kermesse, che si è snodata per circa un mese di intensi fine settimana, parte anzitutto dagli artisti italiani. Ambrogio Sparagna & Orchestra Popolare Italiana in “Corpo d’Amore” fanno incontrare canti paraliturgici e coreografie del Mvula Sungami Physical Dance (Ercolano, 13 settembre), mentre in “Mediterranima” Stefano Saletti & Banda Ikona (Boscotrecase, 27 settembre) veleggiano sulle rotte di antiche confluenze culturali, tra storia, immaginario e resistenza politica.
In formazione di trio i Trillanti (voci, fisarmonica, chitarra e percussioni), vincitori del “Premio Cesa” nel 2024 all’interno di Folkest (festival partner di Ethnos), portano all’attenzione – con un’elaborazione che privilegia l’essenzialità – i repertori contadini del frusinate (Galoppatoio Reggia, Portici, 18 settembre). Invece, la messinese-marsigliese Luisa Briguglio, già vincitrice del contest “Ethnos Generazioni” lo scorso anno, fresca della pubblicazione del suo esordio discografico, “Truvatura”, va in scena in compagnia di Ernesto Nobili a chitarra e bouzouki, Sergio di Leo al basso e Matteo Nocera alla batteria (Torre del Greco, 14 settembre), portando sul palco una sicilianità poetica emozionale con piglio da cantautrice che non si fa mancare una vena rockeggiante ma pure si produce in incursioni nei ritmi latinoamericani, nella chanson e nel nu folk di taglio minimale. Lascia senz’altro il segno il polistrumentista calabrese Davide Ambrogio per il suo coraggioso approccio innovativo e visionario, fuori da schemi folk-revivalistici d’annata, con cui trasfigura le musiche del Sud Italia, sacre e profane, di cui è prova potente il suo album “Mater Nullius”, appena pubblicato e presentato in anteprima proprio a Festival Ethnos (San Giorgio, Villa Bruno, 12 settembre) con un set coinvolgente.
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