Richard Thompson, Teatro Corso, Mestre (Ve), 1 settembre 2025

“Amore e Crudeltà” 

Le prime parole di Thompson sono in italiano: “Sfortunatamente mi sono rotto alcune costole, per questo motivo suono da seduto”. Detto ciò, attacca con decisione inesorabile il riff di “Gethsemane”, brano di apertura anche di uno dei suoi album più carichi di significato degli anni 2000 ovvero “The Old Kit Bag” (2003), prodotto da John Chelew. L’album era sottotitolato “Unguents, Fig Leaves and Tourniquets for the Soul”, cioè “Unguenti, foglie di fico e lacci per l’anima” (il “torniquet” è per l’esattezza il laccio emostatico, n.d.a), parole che descrivono il trattamento intenso a cui Richard Thompson avrebbe sottoposto le nostre anime, e contemporaneamente anche la sua, nel corso di un concerto che è stato qualcosa di più di un concerto. “Getsemani” in ebraico significa “frantoio”: secondo la tradizione è il luogo dove il Cristo si recò a pregare sentendo che stava per giungere la sua Passione. La canzone di Thompson fa di “Getsemani” una metafora del nostro mondo contemporaneo, un luogo da cui contemplare l’umanità che sprofonda nell’odio e nella violenza. Il brano d’apertura è, ahimè, perfetto per i tempi che stiamo vivendo. Immediatamente nel secondo brano Richard si libera dell’eredità dei “Fairport Convention”, il leggendario gruppo all’interno del quale Thompson negli anni Sessanta, in sostanza, inventò il folk rock inglese: esegue una maestosa “Genesis Hall” dalla sublime melodia (apriva l’album “Unhalfbricking” del 1969) e poi basta. Non ci saranno altri brani da quel glorioso momento della sua
carriera. Nessuna nostalgia. Richard liquida l’eredità Fairport con una battuta in reazione allo scrosciante applauso quando, annunciando la canzone accenna ai Fairport Convention: “Ah, conoscete i Fairport Convention? Allora dovete essere molto vecchi!” E poi sputa con enfasi sinistra e velenosa, proiettandoli sul suo pubblico ma anche su sé stesso (alla luce dei suoi 76 anni) i versi: “The gypsy who begged for your presents / He will laugh in your face when you're old” (il vagabondo che ti implorava per avere dei regali / ti riderà in faccia quando sarai vecchio). Inarrestabile, potente, furiosamente creativo negli assoli di chitarra segue il Rock’n”Roll di “Valerie” (da “Daring Adventures”, 1986, primo della serie di album prodotti artisticamente da Mitchell Froom). Thompson diventa tre, anzi quattro persone nell’eseguire questa canzone: cantante, chitarra solista, chitarra ritmica, basso. Sul palco è sempre lui da solo con la sua chitarra, ma la sua chitarra diventa tre strumenti! Già: la chitarra di Richard Thompson… Nessuno la suona come lui, nessuno attraversa tanti stili con efficacia, nessuno esibisce un virtuosismo tanto trascendentale rimanendo sempre sé stesso, sempre riconoscibile nel suono e nel tocco! Eccellenza senza retorica e carisma assoluto: occupa il palco in maniera regale, senza nessuna posa, solo grande maestria sulla chitarra, ma anche nell’uso della voce. Si dice sempre troppo poco della voce di Thompson, alla luce del valore indiscutibile del suo chitarrismo: in fondo nacque come chitarrista e si decise a cantare progressivamente e senza troppa fretta. 

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