Massimo Donno – La spada e l’incanto (SquiLibri, 2025)

Il percorso artistico compiuto da Massimo Donno a partire da “Amore e Marchette”, il suo esordio come solista del 2013, è stato tutto in crescendo con dischi che hanno messo sempre più a fuoco la sua capacità di coniugare la tradizione cantautorale italiana con una spiccata sensibilità verso la musica popolare e la world music. Abbiamo ascoltato, così, il raffinato “Partenze” del 2015 prodotto da Riccardo Tesi, l’esperienza collettiva del gustoso “Viva il Re!” del 2017 insieme a La Banda de Lu Mbroia, fino ad arrivare a “Lontano” del 2022, album diversi sotto il profilo concettuale ma nei quali il cantautore salentino ha affinato una cifra stilistica personale, capace di intrecciare scrittura, ricerca sonora e impegno civile. Parallelamente si è distinto per l’intensa attività dal vivo e per il ruolo di agitatore culturale con “Lu Mbroia”, divenuto negli anni non solo un punto di riferimento della scena musicale salentina, ma anche un vero laboratorio di idee, produzioni originali e incontri artistici. Ritroviamo Massimo Donno con “La spada e l’incanto”, album nel quale ha raccolto nove brani più un remix, ispirati al “Cantico delle Creature” di San Francesco d’Assisi. Donno canta di lavoro e di guerra, ma anche di solitudine e pace, e di quella necessità di conforto che si trova nella contemplazione della bellezza del creato, un universo sempre sul punto di sprofondare nell’inferno dove gli uomini “prima lanciano le bombe e poi fan parchi alla memoria” e dove “beatificano il santo dopo averlo messo in croce”. Il disco rinnova la collaborazione con Riccardo Tesi e si arricchisce di ospiti come Maria Mazzotta, Rachele Andrioli, Redi Hasa e Cesare Dell’Anna, che contribuiscono a dare vita ad un’architettura sonora in cui la canzone d’autore dialoga con i suoni del Mediterraneo. 
Abbiamo intervistato il cantautore salentino per farci raccontare questo la genesi di questo nuovo lavoro, approfondirne le tematiche e soffermarci sull’impatto dal vivo.

Il disco è dichiaratamente ispirato al “Cantico delle Creature” di San Francesco: qual è stato il punto di contatto che ti ha spinto a misurarti con un testo così antico e allo stesso tempo attuale?
Sono da sempre affezionato, a livello letterario, al Cantico delle Creature. È grazie a questo meraviglioso ed attualissimo testo che mi sono avvicinato alla figura di San Francesco. Credo che nel Cantico ci sia l’intero orizzonte spirituale di Francesco che si traduce in un manifesto culturale, ambientale, antropologico che non ha età e che dovrebbe portarci ad una consapevolezza nuova relativamente al nostro stare nel mondo. Sono da sempre sensibile alle tematiche ambientali e climatiche ed il Cantico è, probabilmente, il testo poetico che meglio sintetizza l’approccio che dovremmo avere nei confronti del circostante, che siano gli uomini o che siano le piante o l’aria che respiriamo, il mare, ecc.

Nel titolo, “La spada e l’incanto”, c’è un contrasto netto tra durezza e meraviglia: che significato racchiude e come si riflette nelle canzoni?
Sono le due anime più importanti, non le sole, che caratterizzano Francesco. Il giullare di Assisi ci ha parlato, con giubilo, degli elementi, ma ci ha anche fatto vedere con carattere quelli che sono i limiti del nostro approccio al mondo; ci ha fatto vedere come non siamo padroni della terra ma, semmai, è la terra a
governare noi: questa è la rivoluzione francescana, il senso di tutto il discorso e di tutto il disco. Francesco ha alternato la dolcezza, l’umiltà e la poesia alla determinazione, al coraggio, alla forza che lo ha spinto in giro per il mondo a portare il suo messaggio di pace. Le canzoni raccontano questi aspetti, la luce e le ombre, la sua gioia ma anche la sua sofferenza, la sua dolcezza ma anche la sua determinazione.

Hai dichiarato di voler evitare un’interpretazione anacronistica di San Francesco, spesso ridotto a icona ecologista: qual è, secondo te, l’attualità autentica del suo messaggio?
Per me l’attualità del messaggio di Francesco risiede proprio nel mettere nuovamente, e con vigore, al centro delle riflessioni politiche e culturali il concetto di cui parlavo poc’anzi: la rivoluzione francescana. Dobbiamo abbandonare l’idea di essere i padroni della terra e vivere nel principio che sia la terra a governarci, a prendersi cura di noi. Francesco chiamò, per questa ragione, la terra Madre. Abitare il mondo secondo questo principio potrebbe portare una consapevolezza nuova, nella relazione con l’ambiente, nel rapporto con i nostri simili, nelle nostre abitudini di consumo, nella gestione delle risorse naturali, energetiche, ecc. Non si tratta solo di ecologia: il tutto va inserito in un’ottica sistemica in cui c’è l’uomo e la sua natura, la sua propensione, le sue tendenze, l’epoca contemporanea e le relative attitudini allo spreco, allo sfruttamento delle risorse umane, fisiche, cognitive, alla (sub) cultura del fugace, dell’usa e getta. 

“La spada e l’incanto” rinnova la collaborazione con Riccardo Tesi che ha prodotto il disco, già al tuo fianco in “Partenze”. Rispetto a quest’ultimo presenta un suono dal tratto più marcatamente Mediterraneo con strumenti provenienti da diverse tradizioni e culture: come avete costruito questa architettura sonora intorno alle canzoni?
Ho chiesto la collaborazione di Riccardo Tesi, con il quale avevo già lavorato dieci anni fa al mio secondo album. Ho visto in Riccardo la figura giusta per dare una specifica veste ai brani ed è stato bello lavorare con lui alla “regia”. Il resto della band è composto da musicisti con cui lavoro da anni e che sanno ascoltare quello che ho da dire e sanno restituirlo con il loro linguaggio. Musicalmente il disco si affaccia al Mediterraneo pur mantenendo armonie non particolarmente definibili o riconducibili ad un’area in particolare. Abbiamo lavorato, più che altro, sull’utilizzo di strumenti tradizionali come l’organetto, le percussioni etniche, l’utilizzo del canto corale, ecc. fondendoli con le chitarre elettriche, l’elettronica ed altri linguaggi più moderni. Non ci sono state decisioni aprioristiche sulla tipologia di veste sonora da dare ai brani ma abbiamo lavorato sulla sensazione che il brano ci stava dando durante la lavorazione stessa. 

Quali sono le differenze sostanziali tra “La spada e l’incanto” e i tuoi dischi precedenti?
 “La spada e l’incanto” per me rappresenta il terzo tassello di una trilogia iniziata con “Partenze” del 2015, proseguito con “Lontano” del 2022. Con il disco del 2015 inizio una riflessione sul concetto di viaggio. In quell’album si parla di viaggio e di migrazioni, di lavoro, di territori abbandonati e di nuovi approdi. Nel
secondo della trilogia, Lontano, racconto la fine del viaggio, quando la distanza da sé, dagli altri e dai territori di partenza è ormai nitida, evidente, definita e definitiva: si parla, quindi, di distacco, di solitudine, isolamento, marginalità. E anche del vano tentativo di trovare strade di integrazione in nuovi territori. “La spada e l’incanto” parla del viaggiatore per antonomasia, di un uomo che ha vissuto il distacco, la guerra con la propria memoria e le proprie radici. È un album nel quale, con la lente del Cantico, racconto la nostra epoca: si parla di Mediterraneo e dei conflitti che lacerano chi spesso tenta di attraversalo con la bandiera sbagliata. Si parla di clima ed ambiente, di rapporti fragili e superficiali, di illusioni e di politica. Il filo rosso fra i tre album è proprio in questi temi. 

Come è cambiato nel corso degli anni il tuo approccio alla canzone d’autore?
Rileggendo quello che ho scritto nel corso di questi dieci anni credo che non sia cambiato tanto il mio approccio alla canzone d’autore. Semmai resto sempre più convinto di pochissime cose. Ad esempio, sempre di più, mi piace sottrarre, alleggerire, andare all’essenza delle cose. Questo è un approccio in divenire, un obiettivo che mi sto ponendo, sempre di più. Resto dell’avviso che sia importante scrivere se si ha qualcosa da dire e, spesso, mi affascina di più il “racconto” rispetto al “linguaggio”. La veste di un discorso è importante, ci mancherebbe, ma il messaggio è quello che poi sedimenta, quello che porta alla riflessione, alle risa o al pianto, ad un’emozione, in fin dei conti. 

Oltre a Riccardo Tesi, ci sono tanti ospiti come Maria Mazzotta, Rachele Andrioli, Redi Hasa, e Cesare Dell’Anna che arricchiscono il disco di voci e colori diversi. Quanto è stato importante il loro contributo?
È stato il contributo di amiche ed amici e questo è fondamentale. È importante, per me, circondarmi di persone che conoscano il senso di quest’operazione, che abbiano a cuore la voglia di parlare di pace, di accoglienza, di mani tese e braccia aperte. Ed è una fortuna vivere in un territorio, come il Salento, che è ricco di artisti meravigliosi, sia da un punto di vista artistico, tecnico, ecc. che da un punto di vista umano. Sono tutti artisti che hanno contribuito in maniera determinante alla coloritura dei brani, al trovare insieme una veste per ogni singolo brano. Ci sono artisti che hanno strutturato con me, passo per passo, ogni canzone come Vito De Lorenzi alle percussioni e Matteo Resta al basso. Altri artisti che hanno contribuito su singoli brani, in maniera altrettanto determinante: Redi Hasa, Morris Pellizzari, Rachele Andrioli e Coro a Coro, Maria Mazzotta, Emanuele Coluccia, Cesare Dell’Anna, Ettore Bonafè, ecc.

Nei brani affronti temi universali come la guerra, la solitudine, il lavoro, ma anche la bellezza e la pace: in che modo hai intrecciato il tuo vissuto personale con l’eredità francescana?
Ho iniziato a lavorare all’album andando nella direzione di voler raccontare il Cantico. Facendo un passo indietro, allargando la lente, il Cantico è diventato un pretesto per raccontare Francesco, la sua rivoluzione, la sua esistenza. Inevitabilmente, ed anche inaspettatamente, ho iniziato a raccontare la vita di
Francesco guardando la mia quotidianità, raccontando la mia epoca. C’è sicuramente il mio vissuto personale ma è sempre calato all’interno di un contesto politico e sociale ben specifico e ciò è inevitabile. Questi aspetti mi hanno portato, ulteriormente, a considerare il messaggio di Francesco come attuale e necessario. Io non credo che esista una sola modalità di interpretare Francesco ma quello che ho appreso da lui e dal suo messaggio mi ha portato ad avere la necessità di raccontare sia la bellezza del creato che le brutture che viviamo, quotidianamente e su più piani. 

C’è un brano a cui sei particolarmente legato?
Ce ne sono diversi. Sicuramente “Sorella morte” è il brano che, in fase di scrittura, mi ha emozionato di più. Ho pensato a Francesco come un ragazzo di poco più di quarant’anni che è stato rivoluzionario (certamente il primo a chiamare la morte sorella), fondatore di un ordine dal quale, sostanzialmente, è stato estromesso. Un ragazzo che lascia i sogni cavallereschi, la famiglia ricca, l’ambiente sociale protetto e sicuro e si instrada verso un ignoto fatto di rischi, di dolore, di precarietà e tutto nel nome di un ideale, che era quello di pace, di semplicità, di umiltà. In questo brano ripercorro la sua vita, in breve, all’ombra del padre e della madre, nella relazione con i suoi compagni di viaggio, nei ricordi di gioventù fatti di musica e danze, come in una sorta di flashback che termina con un dubbio: sarò stato un santo, un impostore o solo un figlio?

Il disco alterna momenti intimi ad altri più corali e travolgenti: come sei riuscito a mantenere coerenza e tensione narrativa tra le diverse atmosfere?
È un’anima del disco che si è autogenerata: credo che il racconto della vita di Francesco contenga questi aspetti, questi chiaroscuri, queste diverse tensioni, ed è stato naturale, a livello narrativo, riportare le relative dinamiche. La musica e le vesti sonore delle canzoni hanno fatto il resto. Abbiamo cercato di mantenere una coerenza negli arrangiamenti che hanno seguito la linea del racconto. 

Anche l’aspetto visivo è centrale: il libretto ospita i dipinti di Beppe Stasi. Come dialogano le immagini con la tua musica e con i testi ispirati al Cantico?
Il lavoro di Beppe Stasi l’ho trovato intenso ed emozionante e lo considero parte determinante del mio album. L’idea di coinvolgere Beppe è stata del mio editore, Domenico Ferraro (SquiLibri Editore). Conoscevo già diversi lavori di Beppe e quando Domenico mi ha proposto di lavorare con lui per me è stato un grande piacere. Più che altro è stato Beppe che ha avuto la maestria e la sensibilità di tradurre, in maniera tutt’altro che didascalica, le canzoni in immagini. Quando ho visto i suoi dipinti ho percepito la profondità del suo ascolto, l’attenzione che ha posto nell’accogliere e fare sue le storie che racconto in ogni brano. 

Concludendo, stai presentando il disco in tour tra Italia ed estero. Come si evolve il disco sul palco? Com’è stato recepito dal pubblico?
Al momento il bilancio è molto positivo, dopo circa una cinquantina di concerti tra Italia ed estero, dall’uscita del disco, a maggio scorso. Percepisco dagli altri una sorta di curiosità nel sapere che qualcuno ha destrutturato il Cantico per ricomporlo con parole nuove, per parlare di attualità. Quello che mi colpisce di più è che molte persone sfidano la propria resistenza ad argomenti che reputano di esclusivo dominio religioso per poi scoprire che non è così. La richiesta dei live arriva da circuiti anche molto distanti tra loro, sintomo che Francesco accomuna tante anime diverse. Nel live racconto aneddoti su Francesco, anche molto divertenti e la gente si appassiona ed è molto bello per me.  Racconto un Francesco umano, le sue bravate, le sue pulsioni, la sua giovinezza. Francesco ci parla ancora attraverso un’opera d’arte che quest’anno compie ottocento anni: se dovessi credere ai miracoli questo sarebbe il mio preferito! 


Massimo Donno – La spada e l’incanto (SquiLibri, 2025)
La vita e le opere di San Francesco d’Assisi hanno ispirato nei secoli musicisti e compositori di ogni ambito, dalla musica colta alle tradizioni popolari fino alla canzone d’autore, basti pensare ad Angelo Branduardi. Con La spada e l’incanto Massimo Donno si inserisce in questa lunga scia, ma sceglie un approccio differente: ispirandosi liberamente al Cantico delle Creature, non ne enfatizza il carattere devozionale, bensì ne coglie il messaggio laico e universale, trasformandolo in nove canzoni originali che parlano al presente ed esaltano la potente attualità del messaggio francescano. San Francesco d’Assisi, infatti, colse nel profondo ogni aspetto del creato quale riflesso del “Altissimo, Onnipotente Buon Signore”, un lascito da custodire come un bene prezioso che appartiene a tutti e da conservare per le generazioni a venire. Brano dopo brano, si staglia sempre più nitidamente il punto di vista personale di Donno nell’affrontare temi attuali come la guerra e il lavoro, ma anche la solitudine, l’introspezione e la ricerca di pace, una prospettiva permeata dal suo vissuto e dalle sue esperienze ma che assume una rilevanza comune a tutti noi. Se dal punto di vista del songwriting, Donno si è tenuto ben lontano da ridondanze anacronistiche, anche da quello musicale si coglie la grande cura riposta negli arrangiamenti, firmati insieme a Riccardo Tesi, e che si caratterizzano per le sonorità mediterranee dalla grande forza evocativa. In questo senso, è significativo l’utilizzo di strumenti provenienti da diverse tradizioni (tabla, kalimba, bongos e altri ancora) combinati con l’utilizzo dell’elettronica e di strumenti elettrici. Oltre al già citato Riccardo Tesi (organetto e synth) ad affiancare Massimo Donno (voce e chitarra) in questa nuova avventura musicale troviamo: Vito De Lorenzi (batteria, percussioni, elettronica e scacciapensieri), Matteo Resta (basso), Redi Hasa (violoncello), Eleonora Pascarelli (cori), Morris Pellizzari (chitarra elettrica) e Emanuele Coluccia (fiati) a cui si aggiungono gli ospiti Cesare Dell’Anna (tromba), Ettore Bonafè (vibrafono), Ashéblasta aka Roberto Chiga (remix di “Terra) e le voci di Talla Ndiaye, Maria Mazzotta, Rachele Andrioli e Coro a coro (Silvia Perfetto, Giulia Piccinni, Adele Benlahouar). Accolti dalla bella copertina firmata da Beppe Stasi, i cui dipinti intercalano anche le pagine del booklet, il disco si apre con “Terra (Amo te)”, già premiato con riconoscimenti prestigiosi come il Premio George Brassens, il Premio Lunezia per le canzoni sostenibili, e il Premio Botteghe d’autore come miglior testo, è giocata sul dialogo tra l’organetto di Tesi e le percussioni di De Lorenzi a sostenere la voce intensa di Donno che rivolge alla terra un canto d’amore sospeso tra denuncia e poesia. Si prosegue con la toccante ballad “Lode all’Onnipotente”, cantata a due voci con Maria Mazzotta, sorretta da un costrutto sonoro minimale ma di grande eleganza. “Fuoco” con la partecipazione alla voce di Talla Ndiaye e di Cesare Dell’Anna alla Tromba, è evocativa e drammatica nel descrivere la dualità delle fiamme “paradosso di bellezza e distruzione” e simbolo di calore e conforto, ma anche di tragedia (“Bombe, sulle quattro assi a galleggiare in mare/Fumo, della nave bianca sulla rossa fronte”). Se “Vento, aria, cielo” è eterea nel suo climax con le voci di Rachele Andrioli e Coro a coro, la successiva “La luna e le stelle” è una folk ballad densa di lirismo, impreziosita dalle trame della chitarra acustica. Il vertice del disco arriva con la superba “Fratello Sole, la luce” impreziosita dal violoncello di Redi Hasa e con la drammatica “Acqua” con l’organetto di Riccardo Tesi ad avvolgere un testo in cui Donno canta dei migranti che, alla ricerca di un futuro migliore, trovano la morte negli abissi del Mediterraneo. Il violoncello di Redi Hasa lo ritroviamo in “Perdono e sopportazione” nella quale il cantautore salentino riflette sull’ipocrisia che pervade la nostra società nell’accettazione del diverso. Chiudono il disco l’introspettiva “Sorella morte” e il bel remix corale di “Terra” firmato da Ashéblasta aka Roberto Chiga con la complicità delle voci di Ninfa Giannuzzi, Emanuele Licci, Giancarlo Paglialunga, Miro Durante, Claudio Prima, Alessio Lega, Mino De Santis, Rachele Andrioli e Coro a coro, Eleonora Pascarelli. “La spada e l’incanto” è, dunque, un disco di rara intensità poetica nel quale Massimo Donno declina al presente e al futuro l’insegnamento di San Francesco d’Assisi, con una sensibilità che intreccia tradizione e contemporaneità, radici e futuro, Mediterraneo e mondo. Un album coniuga ricerca musicale, scrittura poetica e impegno civile senza mai perdere leggerezza, un raggio di luce che dal cielo attraversa le nubi che ogni giorno, sempre di più, si addensano sui nostri tempi.


Salvatore Esposito

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