A due anni di distanza dall’apprezzato disco di debutto “Amore e Marchette”, Massimo Donno ha dato alle stampe recentemente il suo secondo album “Partenze”, nel quale ha raccolto dodici brani nati dalla collaborazione con Riccardo Tesi, che ne ha curato la produzione. Si tratta di un disco nel quale l’originale approccio al songwriting del cantautore salentino si sposa perfettamente con gli arrangiamenti e i colori sonori dell’organettista toscano, dando vita ad una raccolta di brani densa di grande fascino e poesia. Abbiamo intervistato Massimo Donno per farci raccontare dalla sua viva voce le fasi realizzative del disco, approfondirne le ispirazioni e le tematiche, per soffermarci in fine sui suoi progetti futuri.
Come nasce il tuo nuovo album “Partenze”? Quali sono le principali ispirazioni alla base di questo tuo secondo disco?
Partenze nasce dal mio vissuto degli ultimi due anni. Naturalmente, la mia storia personale è influenzata da vicende storiche, sociali, politiche, che confluiscono, insieme alla mia vita vissuta, a disegnare questa nuova esperienza discografica. Fondamentale lo spostamento da Bologna a Corigliano d’Otranto sia in termini di storie raccontante che di influenze musicali. Il viaggio ci mette nelle condizioni di doverci fermare, paradossalmente, e ragionare, riflettere. Il tempo del viaggio, che è già viaggio al pari dei preparativi, ci aiuta a leggere il continuum temporale passato-presente-futuro, qualora esistesse. Proprio su questo “tempo di viaggio” credo di aver costruito “Partenze”.
Come si è evoluto il tuo approccio al songwriting rispetto al tuo disco di esordio “Marchette”?
Rispetto ad “Amore e Marchette” credo che ci sia la scoperta personale di nuove prospettive di lettura del circostante. Chiaramente questo si traduce in una forma per me nuova e sperimentale di leggere la realtà e tradurla in strofe. Quindi, dei nuovi filtri di lettura e scrittura. Di base c’è la ricerca, o il venire fuori spontaneo, di una nuova forma di sensibilità con cui ho ridisegnato, e sto ridimensionando, la mia vita. Credo che ci sia, dunque, una continuità tra questo aspetto, il modo di scrivere e la scelta di cosa raccontare.
Questo nuovo album nasce dalla collaborazione e con la produzione di Riccardo Tesi. Quanto è stato importante il suo contributo per la realizzazione di questo disco?
Partenze si può quasi considerare un disco a quattro mani con Riccardo Tesi. Abbiamo strutturato tre dei dodici brani in fase di pre-produzione lavorando su forme embrionali e sviluppando insieme struttura, armonia ecc. Sul resto dei brani, Riccardo è stato fondamentale nella scelta degli strumenti, nell’individuare gli arrangiamenti ed i musicisti che esprimessero al meglio, attraverso la musica, ciò che io esprimo con le parole. Credo che per tutti noi sia stata una grande occasione di crescita e di apprendimento di modalità operative per noi nuove ma decisamente efficaci.
A mio avviso, ciò che orienta l’arrangiamento di un brano è l’atmosfera testuale che questo stesso può suscitare e credo che in questo Riccardo sia stato eccellente. L’album ha varie anime a livello strumentale e molteplici influenze proprio come i personaggi di questa macro-storia. Tuttavia, i suoni delle diverse sponde del mediterraneo rappresentano il filo rosso che tiene unite queste 12 tracce: Sud Italia, Nord Africa, Balcani, trovano spazio e dialogo.
Il disco è stato finanziato con una campagna di crowdfunding. Com’è andata questa esperienza? Quali sono stati i risultati?
L’esperienza del crowdfunding è stata decisamente positiva e non solo per aver raggiunto e superato abbondantemente l’obiettivo economico che mi ero prefissato. Il risvolto più interessante è stato il vedere quanto attaccamento c’è stato da parte di tanta gente, anche da parte di chi non mi conosceva: molte di queste persone sono state raggiunte dal messaggio che abbiamo diffuso con Riccardo Tesi, grazie al video promozionale girato dal nostro caro amico regista Gianni de Blasi. Il senso di questa operazione è stato il ridare centralità alla musica, aldilà dei mezzi di produzione, promozione, delle possibilità economiche, ecc. Vedo il significato più profondo in ogni donazione: ogni singolo sostenitore è protagonista di un progetto discografico, parte di un disegno comune al nostro. Oltre 140 persone hanno prodotto “Partenze”, credo che sia questo il vero traguardo.
Ci puoi raccontare come si sono svolte le session?
Faccio un piccolo passo indietro. Io, Riccardo e Stefano Rielli, grande amico e grande contrabbassista, abbiamo realizzato un live nell’estate del 2014. Da quel live si è affacciata l’idea di iniziare a collaborare in maniera più stabile per la realizzazione di quello che sarebbe stato il mio successivo album. Avevamo, quindi, iniziato già a lavorare su diversi brani già dalla scorsa estate. A settembre Riccardo mi ha aperto le porte del suo studio e di casa sua a Pistoia per una prima full immersion nel corso della quale abbiamo deciso su quali brani mettere le mani, considerando che ne avevamo in lavorazione circa 18! Da lì sono iniziate delle session intense, tra Pistoia e Lecce, in cui abbiamo dapprima deciso su che brani lavorare. Successivamente abbiamo iniziato a provare i brani con il resto della band. A dicembre, nello studio di Riccardo a Pistoia abbiamo iniziato le registrazioni della chitarra acustica e a fine mese buona parte del resto a Monteroni di Lecce, nello studio Chora, dell’amico Valerio Daniele. A seguire, a gennaio abbiamo terminato le registrazioni dell’album ed è iniziata la fase di editing, missaggio, ecc. ecc. ecc.!
Ci puoi presentare i musicisti che hanno collaborato alle registrazioni? Quanto è stato importante il loro apporto per la definizione del sound?
Il cuore del disco, per quel che riguarda i musicisti, è rappresentato da Stefano Rielli al contrabbasso, Marco Rollo al pianoforte e piano elettrico, Francesco Pellizzari, batteria e percussioni, Roberto Chiga, percussioni. Il loro apporto è stato fondamentale: con ognuno di loro ho un percorso artistico che dura da anni ed ognuno di loro proviene da scenari musicali differenti. Naturalmente questo porta alla costruzione di un sound personale, intimo e costruito ad hoc sul progetto in questione. L’apporto decisivo è rappresentato anche dalle tante special guest presenti nel disco: Redi Hasa al violoncello, Vincenzo Maggiore, Alessia Tondo e Carla Petrachi ai cori, Emanuele Coluccia e Andrea Doremi ai fiati, Giulio Bianco del Canzoniere Grecanico Salentino alla zampogna, Valerio Daniele alla chitarra elettrica, Katerina Polemi solo per citarne alcuni. Altrettanto onorato, infine, di aver avuto il contributo speciale di musicisti come Vincenzo Zitello all’arpa, Michele Marini al clarinetto, Gigi Biolcati e Mattia Scarpettini alle percussioni, Stefano Saletti all’oud e chitarra elettrica. Il loro contributo non si può spiegare: ascoltate il disco “Partenze”! Menzione speciale merita il fotografo Daniele Coricciati che, a livello visuale e grafico, ha tradotto le storie che ho raccontato. Il layout del disco vede la sua firma e questo mi rende davvero felice, anche perché è stata presenza costante e gradita durante tutte le registrazioni.
Passando ai brani mi ha colpito molto l’iniziale “Vento e Polvere” come nasce questo brano?
Di “Vento e Polvere” potrei parlartene su due piani. Prima di tutto la musica è stata scritta a quattro mani con Riccardo Tesi, su una struttura armonica che è completamente sua (e si sente!). Difficilmente mi era capitato di scrivere su strutture non mie e devo dire che è stato molto interessante sperimentarmi cercando di utilizzare una metrica molto fitta, dando ritmo al testo attraverso l’uso di alcuni espedienti lessicali e grammaticali, lavorando sul suono delle parole. Passando ad un piano più legato ai significati ti posso dire che è uno dei brani a cui sono maggiormente legato. Si parla di Sud, di quel Sud che si somiglia, anche a distanza di latitudini estreme. Il Sud dell’Africa, dell’America, il sud Italia, li sento legati da trame forti e fitte che hanno come punte di diamante la cultura, il lavoro, la classe politica, ecc. Due principi cerco di sottolineare: intanto la percezione che l’occidente ha di questi sud e, prioritariamente, cerco di sottolineare che il sud, qualsiasi esso sia, non è un conglomerato di esseri senza volto e storia, tutt’altro. Credo che dovremmo cominciare a pensare alle singole persone e non ai numeri che cumulano storie, disagi, disastri sotto un dato freddo, razionale e numerico.
Altro brano di grande spessore è “Tienimi la Mano”. Cosa ti ha ispirato questo brano?
“Tienimi la mano” nasce dalla costatazione di come, da qualche anno, accanto all’operaio sotto - proletario (ho usato volutamente un termine desueto!) ha avuto rilevanza mediatica tutta una serie di personaggi che hanno intavolato un discorso politico fondato sul contrarsi delle varie posizioni di potere economico/politico guadagnato per successione e mai per merito. Il brano, in parole povere, potrebbe rappresentare un dialogo tra un imprenditore in declino, ad esempio, ed un motivatore o psicologo che tenta di aiutarlo a non mollare. Lungi dal prendermi gioco di una classe economica o politica, ovviamente. Il brano vuole solo dare rilievo al fatto che, la successione di uno status non implica necessariamente grandezza di spirito per gestire lo status stesso.
“La Grande Abbuffata”, ispirata all’omonimo film di Ferreri nasce da un tuo spettacolo che ha portato in giro a lungo. Ci puoi parlare di questo brano?
I due brani che raccontano “La Grande Abbuffata” nascono da una vera e propria folgorazione. Marco Ferreri ci racconta il declino di quattro poteri che, deliberatamente, collassano, implodono, si accasciano su sé stessi. Naturalmente il potere, e la gestione di esso, diventa malattia, negazione di sé, degenerazione dell’io ed annullamento dell’altro. I due brani diventano un espediente per parlare, sì di potere, ma anche di sesso, amore, cibo e della grande signora: la solitudine.
Ci puoi raccontare com’è nata “Il Mio Matrimonio”. E’ forse il seguito ideale de “Il Mio Compleanno”?
Hai proprio centrato. “Il mio matrimonio” rappresenta un ritorno a Sud, quel sud che si intravede appena ne “Il mio compleanno”, in cui parlavo di mandarini, di vicoli, di erba tagliata, di sugo e mare. Quest’ultimo brano, invece, pur ripartendo da lì, diventa il mezzo per parlare non di un matrimonio reale, ma di un attaccamento sistemico al circostante, alla terra. Questa diventa leva da cui saltare, ripartire ed immaginare un nuovo Sud, fatto di legami reali, di aperture verso il mondo, di ottimizzazione dei propri mezzi e strumenti. Un Sud in cui le risorse siano prima di tutto le persone che da qui traggono beneficio ed alle quali “rubare” idee per immaginarci in un’unica grande rete, virtuosa e produttiva, in termini culturali e di pensiero.
Come saranno i concerti di “Partenze”? So che dal vivo ci sarà anche Riccardo Tesi con te…
Il live di “Partenze” è sempre una sorpresa, un po’ come lo era per “Amore e Marchette”. Le suggestioni cambiano perché spesso cambiano i contesti, i musicisti, ed il mio modo di approcciarmi alla platea. A me spesso piace rileggere i brani del disco con musicisti sempre diversi, considerando tuttavia alla base fissa gli strumentisti di cui parlavo prima. Con Riccardo, ad esempio, il live è diverso che con la band al completo: questo si arricchisce delle sue composizioni che rappresentano la storia del suo percorso e con i quali io sono cresciuto. Con la band invece il live è spesso centrato su spazi di improvvisazione, di sperimentazione quasi estemporanea, pur rimanendo legati alla struttura canzone.
Quali sono i tuoi progetti per il prossimo futuro?
Il disco è uscito da quasi due mesi e l’idea è quella di fare live, tanti live! Lavorare su un album è bello, impegnativo ma bello. Tuttavia credo che fare concerti sia poi lo scopo di molti autori, musicisti, cantanti, ecc. E lo è anche per me. Costruire sempre una relazione con il pubblico, arricchirsi di quello scambio che si genera con una platea, sono tutti aspetti che io cerco di coltivare e stimolare: credo che l’attenzione che qualcuno pone nei confronti di chi racconta qualcosa vada coltivata, arricchita, sostenuta. La vera ricchezza è questa, ascoltare e rubare storie: è come viaggiare da fermi, è come vivere tante vite in una sola!
Massimo Donno - Partenze (Visage Music/Materiali Sonori, 2014)
CONSIGLIATO BLOGFOOLK!!!
Quando alla fine del 2012, Massimo Donno diede debuttò con l’ottimo “Amore e Marchette” a colpirci fu la sua capacità di sapersi destreggiare tra la migliore tradizione cantautorale italiana e un originale approccio stilistico tanto a livello sonoro quanto nella scrittura dei brani. A distanza di quasi tre anni lo ritroviamo con “Partenze”, disco finanziato attraverso una fortunata campagna di crowdfunding su internet, e nel quale ha raccolto dodici brani, prodotti da Riccardo Tesi, che nel loro insieme compongono una sorta di concept album, ispirato al ritorno nella sua terra, il Salento, dopo diversi anni vissuti a Bologna. Il cantautore salentino ci racconta così il suo viaggio di ritorno verso il sud, terra di approdo ma anche di partenze, facendo emergere l’importanza del percorso da compiere, e quella della scelta di lasciarsi tutto alle spalle, di incamminarsi, ma anche di sapersi fermare. Dal punto di vista prettamente sonoro Riccardo Tesi è riuscito a cogliere magistralmente tutto questo, caratterizzando i brani con colori world, ma allo stesso tempo esaltando la poesia dei testi di Massimo Donno. In questo senso determinante è stato anche l’apporto del folto gruppo di strumentisti composto Emanuele Coluccia (sax alto, soprano, tenore, tromba, clarinetto), Andrea Doremi (trombone, susafono), Redi Hasa (violoncello), Valerio Daniele (chitarra elettrica), Giulio Bianco (zampogna), Marco Rollo (pianoforte, Fender Rhodes), Stefano Rielli (contrabbasso), Francesco Pellizzari (batteria, percussioni), Roberto Chiga (percussioni), Carla Petrachi, Alessia Tondo, Katerina Polemi, Vincenzo Maggiore (cori), e qualche ospite d’eccezione come Michele Marini (clarinetto), Maurizio Geri (chitarra acustica e chitarra battente), Vincenzo Zitello (arpa), Stefano Saletti (chitarra elettrica, oud), e Gigi Biolcati (percussioni, batteria). Sin dalle prime note dell’iniziale “Vento e Polvere” con la sua riflessione profonda ed attualissima sul tema dell’emigrazione, si percepisce chiaramente come Massimo Donno in questi anni abbia raggiunto la piena consapevolezza del proprio talento compositivo e con essa la piena maturità artistica. Si prosegue prima con la poetica ed intensa title-track, in cui spiccano l’organetto di Riccardo Tesi e la zampogna di Giulio Bianco, e poi con la trascinante “Tienimi La Mano”, il cui testo tagliente mette alla berlina “chi vende idee in un mercato di marionette”. Le voci di Ugo Tognazzi e Phillip Noiret aprono la strada alla prima parte de “La Grande Abbuffata” ispirata al film omonimo di Marco Ferreri ed impreziosita dal sax di Emanuele Coluccia. Se l’introspettiva “Attimi” è una dedica a chi sente d’essere “l’esatto opposto, una stagione buia, uno spirito scomposto”, la successiva “Orazione” è il brano che forse fotografa meglio l’alchimia perfetta nata dalla collaborazione tra Massimo Donno e Riccardo Tesi, infatti laddove il cantautore salentino sfoggia un testo metricamente molto originale, l’organettista toscano confeziona un brillante arrangiamento in cui spicca l’oud di Stefano Saletti e l’arpa di Vincenzo Zitello. La seconda parte del disco si apre con quel gioiellino che è “Passi” in cui ritroviamo certe atmosfere di Banditaliana con Maurizio Geri alla chitarra a dialogare con l’organetto di Riccardo Tesi, ma il vertice del disco arriva con “Il Mio Matrimonio (l’Amore ai tempi del mutuo)”, nella quale Massimo Donno racconta le incertezze che caratterizzano il futuro delle giovani coppie. L’istantanea della campagna salentina di “Fontane di Suoni” ci introduce al finale in cui incontriamo “La Salita”, in cui scintilla la linea melodica tracciata dall’organetto di Tesi su cui si innestano le percussioni di Biolcati, il secondo atto de “La Grande Abbuffata” e “Binario”, un invito a riprendere il viaggio con un nuova partenza per chi “risale sul treno e la vita riparte dalla linea gialla”. “Partenze” è, dunque, una delle sorprese più belle di quest’anno nell’ambito della scena cantautorale italiana, un disco da valutare con attenzione anche in prospettiva “Premio Tenco”.
Quando alla fine del 2012, Massimo Donno diede debuttò con l’ottimo “Amore e Marchette” a colpirci fu la sua capacità di sapersi destreggiare tra la migliore tradizione cantautorale italiana e un originale approccio stilistico tanto a livello sonoro quanto nella scrittura dei brani. A distanza di quasi tre anni lo ritroviamo con “Partenze”, disco finanziato attraverso una fortunata campagna di crowdfunding su internet, e nel quale ha raccolto dodici brani, prodotti da Riccardo Tesi, che nel loro insieme compongono una sorta di concept album, ispirato al ritorno nella sua terra, il Salento, dopo diversi anni vissuti a Bologna. Il cantautore salentino ci racconta così il suo viaggio di ritorno verso il sud, terra di approdo ma anche di partenze, facendo emergere l’importanza del percorso da compiere, e quella della scelta di lasciarsi tutto alle spalle, di incamminarsi, ma anche di sapersi fermare. Dal punto di vista prettamente sonoro Riccardo Tesi è riuscito a cogliere magistralmente tutto questo, caratterizzando i brani con colori world, ma allo stesso tempo esaltando la poesia dei testi di Massimo Donno. In questo senso determinante è stato anche l’apporto del folto gruppo di strumentisti composto Emanuele Coluccia (sax alto, soprano, tenore, tromba, clarinetto), Andrea Doremi (trombone, susafono), Redi Hasa (violoncello), Valerio Daniele (chitarra elettrica), Giulio Bianco (zampogna), Marco Rollo (pianoforte, Fender Rhodes), Stefano Rielli (contrabbasso), Francesco Pellizzari (batteria, percussioni), Roberto Chiga (percussioni), Carla Petrachi, Alessia Tondo, Katerina Polemi, Vincenzo Maggiore (cori), e qualche ospite d’eccezione come Michele Marini (clarinetto), Maurizio Geri (chitarra acustica e chitarra battente), Vincenzo Zitello (arpa), Stefano Saletti (chitarra elettrica, oud), e Gigi Biolcati (percussioni, batteria). Sin dalle prime note dell’iniziale “Vento e Polvere” con la sua riflessione profonda ed attualissima sul tema dell’emigrazione, si percepisce chiaramente come Massimo Donno in questi anni abbia raggiunto la piena consapevolezza del proprio talento compositivo e con essa la piena maturità artistica. Si prosegue prima con la poetica ed intensa title-track, in cui spiccano l’organetto di Riccardo Tesi e la zampogna di Giulio Bianco, e poi con la trascinante “Tienimi La Mano”, il cui testo tagliente mette alla berlina “chi vende idee in un mercato di marionette”. Le voci di Ugo Tognazzi e Phillip Noiret aprono la strada alla prima parte de “La Grande Abbuffata” ispirata al film omonimo di Marco Ferreri ed impreziosita dal sax di Emanuele Coluccia. Se l’introspettiva “Attimi” è una dedica a chi sente d’essere “l’esatto opposto, una stagione buia, uno spirito scomposto”, la successiva “Orazione” è il brano che forse fotografa meglio l’alchimia perfetta nata dalla collaborazione tra Massimo Donno e Riccardo Tesi, infatti laddove il cantautore salentino sfoggia un testo metricamente molto originale, l’organettista toscano confeziona un brillante arrangiamento in cui spicca l’oud di Stefano Saletti e l’arpa di Vincenzo Zitello. La seconda parte del disco si apre con quel gioiellino che è “Passi” in cui ritroviamo certe atmosfere di Banditaliana con Maurizio Geri alla chitarra a dialogare con l’organetto di Riccardo Tesi, ma il vertice del disco arriva con “Il Mio Matrimonio (l’Amore ai tempi del mutuo)”, nella quale Massimo Donno racconta le incertezze che caratterizzano il futuro delle giovani coppie. L’istantanea della campagna salentina di “Fontane di Suoni” ci introduce al finale in cui incontriamo “La Salita”, in cui scintilla la linea melodica tracciata dall’organetto di Tesi su cui si innestano le percussioni di Biolcati, il secondo atto de “La Grande Abbuffata” e “Binario”, un invito a riprendere il viaggio con un nuova partenza per chi “risale sul treno e la vita riparte dalla linea gialla”. “Partenze” è, dunque, una delle sorprese più belle di quest’anno nell’ambito della scena cantautorale italiana, un disco da valutare con attenzione anche in prospettiva “Premio Tenco”.
Salvatore Esposito
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