Altın Gün, Hangar, Luka, Belgrado, 30 maggio 2025

Un anno fa Merve Daşdemir diceva addio agli Altın Gün dopo cinque album e otto anni come cantante e protagonista dei concerti del gruppo. Che fare quando un gruppo “perde” la sua voce? Va detto che questo non è stato il primo cambio di formazione per gli Altın Gün. Alla chitarra Thijs Elzinga ha già sostituito Ben Rider; Chris Bruining ha preso il posto di Gino Groenveld alle percussioni. Tuttavia, la caratteristica vocalità di Merve Daşdemir aveva contribuito a definire il sound e la presenza scenica del gruppo, grazie anche alla sua capacità di rievocare la potenza sonora del folk psichedelico di Neşe Karaböcek. La risposta degli Altın Gün è ascoltabile in queste settimane: la band olandese-turca è di nuovo in giro per l’Europa. Per l’Italia bisognerà aspettare l’11 settembre (al Parco Naturale del Doss in Trentino) e il 12 e 13 settembre a La Nuvola (Roma). Nel frattempo, fra fine maggio e inizio giugno hanno percorso i Balcani per suonare poi a Istanbul. La decisione su chi puntare per la nuova formazione è stata: la musica. Il sestetto è diventato un quintetto e il messaggio è almeno duplice: da un lato, Merve Daşdemir è insostituibile; dall’altro, le melodie e gli impasti sonori degli Altın Gün sono specifici ed è meglio dedicarsi a farli risaltare al meglio
in cinque, piuttosto che negoziare nuovi contributi artistici. A Belgrado gli Altın Gün sono approdati il 30 maggio, proprio nel giorno in cui una manifestazione organizzata dagli studenti ha portato decine di migliaia di persone in piazza per ribadire la richiesta di elezioni democratiche in un clima animato da ottimi sound system. Le note in piazza si sono spente proprio in prossimità dell’inizio del concerto degli Altın Gün nel Hangar, uno degli ampi spazi all’aperto che caratterizzano Luka, il porto al centro di Belgrado che progressivamente sta gentrificando le sponde del Danubio nei dintorni del ponte Pančevo. Sul palco, il bassista e fondatore del gruppo, Jasper Verhulst è il primo a sinistra; al suo fianco, poco più indietro stanno batteria e percussioni e, davanti a loro, le tastiere, saz e bağlama di Erdinç Ecevit Yıldız. È a lui, ora, che sono affidate tutte le parti vocali dei brani. Dall’altra parte del palco naviga la chitarra elettrica di Thijs Elzinga. Il basso di Jasper Verhulst, la batteria di Daniel Smienk e le percussioni (soprattutto conga e bongo) di Chris Bruining si muovono in modo compatto e contundente, un unico motore propulsiva della scansione di fondo improntata alla disco e alla festa collettiva. Su questa base si inseriscono chitarre e
tastiere per dare ali e trame diverse a ciascun brano, opportunamente pescati da tutti e cinque gli album del gruppo e, in particolare, dal recente “Aşk”. Ma le tastiere sono solo un terzo del lavoro di Erdinç Ecevit: a lui è ora affidata l’ancora melodica del gruppo che interpreta con la consueta intensità e compostezza quando canta da dietro le tre tastiere e rende ancora più dinamica imbracciando gli strumenti a corde con cui incontra e dialoga con Thijs Elzinga. A quest’ultimo è affidata la vena più corposamente psichedelica del gruppo, con riff e invenzioni adatte a slabbrare e dare liricità ad ogni singolo brano. Un’ora e mezza di musica che ha coinvolto e fatto cantare, in turco, buona parte del pubblico, soprattutto rivisitando classici come “Vay Dünya” e “Leyla” (dall’album “Gece”) e la tradizionale “Yali Yali”.
 
 

Alessio Surian

Foto e video di Alessio Surian

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