Altin Gün – Aşk (Glitterbeat, 2023)

Quinto album per un cammino musicale iniziato nel 2015 dal bassista olandese Jasper Verhulst: un concerto a Istanbul gli fece conoscere la musica rock anatolica degli anni Settanta: Selda Bağcan, Barış Manço ed Erkin Koray ed altro ancora. Altın Gün nacque dal desiderio di riproporre l’incontro fra musica tradizionale turca e rock psichedelico. Seminando avvisi nei negozi turchi di Amsterdam si unirono a lui le voci e le tastiere di Merve Daşdemir e Erdin Ecevit, e poi Daniel Smienk e Chris Bruining alla batteria e percussioni e Thijs Elzinga alla chitarra. Il primo album arriva nel 2018. Si intitola semplicemente “On”, cioè “Dieci” e, infatti, raccoglie dieci brani, fra cui si distinguono canzoni che lasciano il segno, come “Tatlı Dile Güler Yüze”, “Goca Dünya”, “Halkalı Şeker”. A un anno di distanza, il secondo album, “Gece”, rende omaggio a grandi artisti della musica folk turca come Aşık Veysel e Neşet Ertaş interpretando canzoni come “Yolcu”, “Anlatmam Derdimi”, “Süpürgesi Yoncadan”.  Poi arriva la sindemia e, per un gruppo abituato a provare e suonare dal vivo, la musica cambia, ma non si ferma, optando per arrangiamenti che ricorrono ad abbondante uso di elettronica e synth pop. Nel 2021, arrivano così, a distanza di sei mesi due album: “Yol” (a febbraio, con brani come “Bulunur Mu”, “Kara Toprak”, “Kesik Çayır”) e “Âlem” (a luglio, con sonorità sulla scia del precedente e brani di spicco dal rock anatolico di “Malatya”, al dub di “Yali Yali” e al saz di “Oğlan”, fino alla collaborazione con gli Asa Moto per “Üzüm Üzüme Baka Baka”. Ora, con Aşk, che significa “amore”, il sestetto di Amsterdam si allontana dal suono elettronico e dai synth dei due album del 2021, omaggi al pop elettronico degli anni '80 e dei primi anni '90: si torna al suono folk-rock anatolico degli anni Settanta, in continuità con i primi due album e con le sonorità che il gruppo esprime dal vivo. “È sicuramente più legato al suono live, quasi un album dal vivo”, spiega Jasper Verhulst. “Siamo tornati insieme in sala prove, a creare musica insieme, invece di fare demo a casa”. Aggiunge Merve Daşdemir: “Siamo tornati a registrare dal vivo e su nastro”. Non a caso l’album si apre con le bacchette della batteria che battono una sull’altra a staccare il tempo proprio come all’inizio di un concerto. “Badi Sabah Olmadan” apre le danze a ritmo sostenuto e sembra strizzare l’occhio a “Âlem” perché il brano era presente anche nel penultimo album; ma qui si volta pagina rispetto all’abito elettronico del 2021: in “Aşk” sono in primo piano la voce e il saz di Erdinç Ecevit e poi la chitarra slide di Thijs Elzinga: ampi spazi nella traccia più estesa, quasi cinque minuti. Con “Su Sızıyor” arrivano la voce di Merve Daşdemir, un tempo medio, un groove potente. “Leylim Ley” e “Dere Geliyor” mettono ulteriormente in luce l’ampio ventaglio di arrangiamenti a disposizione del gruppo che può scegliere una direzione rock, così come assecondare la vocalità di Merve Daşdemir nell’esplorare in modalità chill-out vari cambi di tonalità. Le successive “Çıt Çıt Çedene” e “Rakıya Su Katamam” mettono ulteriormente in luce la capacità di voltare pagina da una canzone all’altra e il caleidoscopio di sonorità cui gli Altin Gün sanno ispirarsi partendo da elementi semplici e incisivi, come i riff iniziali di “Rakıya Su Katamam” che poi, da metà canzone in poi, fanno spiccare il volo agli assoli elettrici di Thijs Elzinga, mentre “Güzelliğin On Para Etmez” è un’adorazione dei Pink Floyd lunga quattro minuti. “Leylim Ley” si spinge in una direzione soft-focus yacht rocking, mentre “Dere Geliyor” si apre con un'atmosfera notturna, quasi sinistra, prima di passare attraverso tre o quattro distinti cambi di tonalità. La natura varia e caleidoscopica del lavoro della band non è mai stata così evidente come in queste due canzoni. "Canim Oy" è una ventata di energia, una cartolina dal quartiere Kadiköy di Istanbul prima di ancorare la successiva “Güzelliğin On Para Etmez” a passi danzante in salsa acid-folk. Al penultimo brano fa capolino “Güzelliğin On Para Etmez”, versi scritti dal poeta Âşık Veysel, occasione per riascoltare come solista la voce di Ecevit, un’oasi sognante prima di chiudere con l’incalzante e ossessiva “Doktor Civanım”. 


Alessio Surian

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