Alam Khan | Arjun K. Verma | Del Sol Quartet – The Resonance Between (AMMP, 2023)

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Il padre di Alam Khan è il maestro Ali Akbar Khan; suo nonno, Allauddin Khan, aveva insegnato a Ravi Shankar. Non sorprende, dunque, che Alam Khan abbia avuto un ruolo importante negli ultimi anni nel far conoscere il suo strumento, il sarod, e la musica dell’India settentrionale nel mondo: “Fare questa musica è stato il mio modo di onorare e allo stesso tempo cercare di portare avanti le innovazioni fatte da mio nonno e da mio padre. Incorporare la mia sfera di influenze musicali e concettuali mi ha permesso di esprimere un mondo tra i mondi. Sono un musicista multidisciplinare e creare da questo mondo tra i mondi è il mio modo di condividere la mia identità e la mia educazione unica, sia musicalmente che culturalmente. Per me è della massima importanza riuscire a veicolare questo attraverso le mie opere contemporanee". “The Resonance Between” ha cominciato a prendere forma dall’incontro fra Alam Khan e Arjun K. Verma (sitar), entrambi capaci di attraversare sia repertori indiani, sia euroamericani. Anche Arjun K. Verma proviene dalla musica classica indiana, il repertorio di suo padre, il famoso sitarista Roop Verma, da cui ha cominciato a cinque anni ad apprendere a suonare il sitar. Il giovane Verma ha poi proseguito gli studi con il maestro Ali Akbar Khan e ha riscosso ampi successi con concerti per la televisione indiana, le Nazioni Unite, la London Symphony Orchestra. Per il nuovo album hanno fatto appello alla familiarità di Jack Perla con le composizioni musicali a carattere interculturale e, insieme, hanno scritto brani che partono dalle qualità sonore dei raga
della musica classica indiana per metterle in dialogo con la sensibilità occidentale quando si tratta di struttura e di flusso. Una cornice musicale cui non poteva sottrarsi il Quartetto Del Sol, ensemble di musica da camera fuori dagli schemi, guidato dal violista Charlton Lee, uno che quando non suona scrive e finisce per pubblicare in riviste scientifiche apparentemente lontane fra loro come “Physics Review Letters” e “Strings Magazine”; un quartetto d'archi che rispetta la formazione di matrice europea, ma senza aderirne alla tradizione, alla ricerca di confini da attraversare e di un suono distintivo tutto suo. Completano l’organico tre percussionisti che sanno offrire il meglio quando si tratta di tabla: Ojas Adhiya, Ishaan Ghosh e Nilan Chaudhuri. Anche grazie a loro, il punto di partenza è la musica indostana e, quindi, il riferimento implicito è la bellezza della voce umana verso la quale tutti gli altri strumenti sono invitati a tendere, con il risultato che Khan, Verma e il Quartetto Del Sol si trovano a muoversi e a fondersi quasi fossero un coro polifonico di archi. Ognuno dei dieci brani offre la sua gamma di spunti per canoni, stratificazioni melodiche e per interazioni contrappuntistiche. Chiamate e risposte sono in evidenza nella breve
composizione che apre l’album “Awaken”. La successiva e più estesa “Embark” fa apprezzare i diversi colori percussivi a disposizione e, al centro del brano, lascia che sia il violoncello di Kathryn Bates a fornire un solido e scuro basso di riferimento che permette al resto degli archi di esprimere la propria fluidità e rimane in evidenza nella successiva “Soliloquy" che, con “Messenger” e “Ascent” offre brevi e luminose transizioni minimaliste. "The Passage" più spiccatamente narrativa e riprende la capacità di far ascoltare più piani sonori contemporaneamente, caratteristica che rende davvero affascinanti i due brani più estesi (oltre i sette minuti) “Open Eyes” – che gioca con alcuni registri noti della musica da camera europea (come fa anche “Two Worlds”) e “The Moon and the Mountain” che esprimono appieno la chimica creativa del gruppo. Per Verma: “Non avevamo molti esempi precedenti da seguire. Comporre per quartetto d'archi insieme a strumenti indiani ci ha aperto molte possibilità in termini di armonia e nuove scelte timbriche e, allo stesso tempo, ci ha posto una sfida: capire come far brillare ogni strumento di sua propria luce, senza venir messo in ombra dagli altri. In definitiva, sento che abbiamo scoperto nuovi territori musicali e sono entusiasta di poterli condividerli con il mondo”. 
 

Alessio Surian

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