Eliza Carthy & Jon Boden – Glad Christmas Comes (Hudson Records, 2023)

I due nomi in copertina occupano l’olimpo del folk britannico: Eliza Carthy (voce, violino, melodeon e percussioni) e Jon Boden (voce, violino, concertina, chitarre e percussioni). Il resto della combriccola radunata per questa gioiosa delizia natalizia non è certo da meno: Emily Portman (voce), Tim van Eyken (voce) con Ewam Wardrop (morris dancing) e i fiati degli Yorkshire’s Backstage Brass (corno, tromba, trombone, euphonium e tuba). Sedici canzoni che offrono un’ampia rassegna dello spirito natalizio nei secoli, ad iniziare dall’augurale composizione seicentesca “Ashen Bowl”, misurata nell’arrangiamento di concertina e violino che fanno da cornice alle voci brillanti di Eliza e Jon. Nella title track, Carthy ha musicato una lirica ottocentesca di John Clare, il cui verso iniziale tratto da “December”, contenuta nella raccolta “The Shepherd’s Calender”, è il titolo dell’intero lavoro. Tocca le corde emozionali “Beautiful Star”, in cui la concertina fa da sfondo alla voce di Eliza, accompagnata da quelle di Boden e Portman. Si tratta di una carol in cui ci si affida alla luminosa stella di Betlemme e che fu scritta in tempi bui e orrendi (era il 1940), da Adger M Pace e Robert Fisher Boyce, resa popolare nei Sixties dagli Stanley Brothers, e molto cara all’immensa folk singer Norma Waterson, madre di Eliza. Quest’ultima è autrice della danzante “Kings of the Birds”, sempre in tema di narrazione teatrale popolare, ecco farsi avanti baldanzosa “The Good Doctor”, scritta da Boden, in cui prevalgono ottoni e archi. I fiati accompagnano con solennità il magnifico canto di Eliza Carthy in “In the Bleak Midwinter”, poesia di Christina Rossetti (1872) musicata da Gustav Holst (1906). Con un salto di tre secoli si ascolta “Remember Oh Thou Man”, cantata a cappella con il coinvolgimento di tutte le voci. Superlative le interpretazioni delle carol di Sheffield, la settecentesca “Mount Zion (While Shepherds)” e l’ottocentesca ‘The Holly and the Ivy”. Si cambia registro e secolo con “I Want A Hippopotamus For Christmas”, scritta da John Rox nel 1953, commento alla commercializzazione del Natale, resa con una riuscita combinazione di mantice e trombone, prima che lo spiegamento di ottoni ci porti direttamente a New Orleans. Coppia di voci solitarie nella successiva “Winter Grace” (musica e testo della folksinger statunitense Jean Ritchie). Seguono altri due capisaldi della tradizione natalizia, “I Saw Three Ships Come Sailing In” e “Shepherds Arise”, la prima con passaggi orchestrali dei fiati e la seconda, proveniente dalla versione della Copper family, con il duo accompagnato da violino e concertina. I due si consentono un’interpretazione di “Jingle Bells”, canzone che incarna il meglio e il peggio del tempo del Natale, ma subito dopo, a fare da contraltare e a chiudere il programma (anche se a dirla tutta, offrono ancora una reprise di “Glad Christmas Comes”) mettono una versione a tempo di morris di “Fairytale of New York”, che parte con un’intro di violino e concertina e precede con l’ingresso delle voci di Eliza e Jon, i quali cantano con toccante trasporto l’indimenticabile canzone di Shane McGowan, scomparso, come è noto, poche settimane dopo la pubblicazione di questa imperdibile strenna natalizia folk. 


Ciro De Rosa

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