
Il pomeriggio del venerdì ha anche ospitato un convegno con quattro interventi sull’importanza del canto di tradizione. Gian Paolo Borghi, del Centro Etnografico di Ferrara, ha offerto un’accurata mappatura con particolare attenzione ai cori delle mondine ed ha sottolineato le trasformazioni e il valore odierno di queste attività collettive a cavallo fra memoria e progetti che si inseriscono nell’attualità. Hanna M. Civico ha descritto la propria ricerca e pratica corale come un filo che connette ad un mondo contadino antico, ormai scomparso, anche se con questo filo è possibile continuare a tessere canti. Il suo intervento ha dialogato con gli scritti dello storico dell’agricoltura Emilio Sereni, la poetessa Joyce Lusso, la sociologa Silvia Federici, la tealoga ed ecofemminista statunitense Starhawk (Miriam Simos). Al cuore di questa riflessione sta l’ethos e il senso sociale del cantare nei luoghi inteso come “fare radici”. In questa dimensione si è sapientemente inserita Gabriella Aiello che ha dialogato con le ricerche di Giovanna Marini e Alfred Tomatis (“l’orecchio struttura la voce in base a quello che sente”) narrando
incontri e ricerche in diversi paesi dell’Italia centrale e meridionale, dando immediatamente voce a canti – per esempio durante le processione a Vallepietra - che rendono emotivamente percepibile l’importanza della relazione con il singolo territorio a partire dal corpo e dal passo individuale e collettivo: “canto è vita e, nella tradizione, è sempre rito”. Questo aspetto rituale ha preso magicamente forma con la voce di Susanna Buffa che, dal lato del pubblico, ha unito la sua voce a quella di Gabriella Aiello nella parte finale dell’intervento, rendendo palpabile cosa significhi un canto che privilegia la dimensione sociale e le intenzioni di chi gli da corpo. In chiusura, Gualtiero Bertelli ha portato l’attenzione sulle questioni aperte che riguardano la ri-produzione dei repertori popolari, il loro adattamento (o meno) a contesti rurali, urbani, colti, anticipando, anche in chiave biografica, temi salienti del suo concerto sul palco del Factory Grisù il giorno dopo. Prima di cena, con “Storie In-cantate”, Gabriella Aiello e Peter Rabanser hanno offerto un con concerto, intimo e poderoso allo stesso tempo, che ha percorso tutta la penisola e le sue diverse lingue, sconfinando volentieri in ambito francofono,
germanofono, balcanico, intrecciando le loro voci ai rispettivi strumenti a corde, percussioni e tamburi a cornice e ai diversi fiati suonati da Rabanser, raggiunti nel finale da Susanna Buffa. La cena è stata anche l’occasione per visitare la mostra “Io non prendo medicine, canto in un coro”, allestita nello spazio Factory Grisù ispirata al ventennale delle Mondine di Porporana con foto, oggetti e attrezzi significativi, quadri di Ermanna Chiozzi, staffetta partigiana e mondina, la litografia di Guttuso con l’uccisione di Maria Margotti a Marmorta di Argenta. Alle 21.30, guidate da Morena Gavioli e sostenute dalla chitarra di è cominciato il recital del Coro delle Mondine di Porporana, “non professioniste che con passione cercano di raccontare la memoria, da metà Ottocento fino ai giorni nostri”, facendo volentieri ricorso alla “formula del potpourri”, inanellando strofe da diverse cante del repertorio delle mondine, coerentemente con il contesto del lavoro in risaia e delle lotte per l’emancipazione femminile e contro il padrone e come ponte verso strofe di matrice anarchica che esprimono le vicissitudini dei migranti e i valori della fratellanza fra i popoli e della pace, compreso “Il disertore” (Boris Vian). Per quest’occasione,
il coro ha collaborato con Francesca Caselli che ha introdotto nel concerto elementi di danza ed espressione corporea che hanno reso vivi ed efficaci i gesti del lavoro e delle lotte collettive. Nel finale, il coro ha coinvolto anche la decana Iole, la zia di Ornella, che volentieri si è unita alle compagne nelle ultime cante. Sul palco ha raggiunto Dana e Nini, 95 anni, uno meno di lei. Sabato 3 maggio la giornata è cominciata con una colazione offerta presso Sala della Musica (Ex Refettorio) in Via Boccaleone. Nel chiostro, Hanna M. Civico ha riunito i due gruppi di cantanti con cui da anni lavora in Umbria e a Venezia: Daniela Adami, Ambra Battistelli, Alessio Bettoli, Cecilia Bima, Ilaria Bruno, Beatrice Buttari, Francesca Caselli, Ilenia Cipiccia, Hanna M. Civico, Paola Coccia, Beatrice Di Fonzo, Tommaso Girardi, Carla Marazzato, Nicoletta Marchiori, Alessandra Mei, Giovanni Paladini, Isabella Palumbo, Anna Romeo, Roberta Ruggiero, Raffaele Silvestri, Barbara Spagnolo, Teresa Torti, Patrizia Veclani. Insieme, hanno percorso due lati del chiostro intonando due canti veneziani, entrando poi nella sala dove hanno intonato, senza ricorrere a microfoni, il canto dei batipali e “Santo Michele”,
disposti in due file ai lati della sala. In formazioni ogni volta diverse, hanno poi visitato i repertori della Val Resia, dell’Umbria e del Lazio, della Puglia, delle Calabrie, della Sardegna, per chiudere con tre emozionanti brani di Giovanna Marini: “Le trombe”, “All’arie all’arie”, “Terremoto contadino”. Il coro ha attinge dai repertori polifonici e monodici dei corsi Canto arcaico del Mediterraneo e Khora che Hanna M. Civico cura al Centro Teatrale di Ricerca di Venezia, protagonisti di un concerto alla Giudecca il successivo 11 maggio. La giornata è proseguita negli spazi Factory Grisù con il “pranzo cantato” che le organizzatrici hanno proposto come cuore della manifestazione grazie ai pasti principalmente vegani offerti dai volontari del CPS La Resistenza, del Centro sociale Il Barco e dai partecipanti. E’ stata un’occasione per condividere lungo tutto il pomeriggio cibi, bevande e musica e per cantare insieme a tavola coinvolgendo cantanti e cori che da anni collaborano con il Coro delle Mondine di Porporana e che hanno poi presentato alcuni brani dal palco: il Coro delle Mondine di Bentivoglio da cui inizialmente hanno ricevuto indicazioni e cante e che successivamente ha interpretato brani composti a
Porporana, Roberta Pestalozza, il Coro dell’Imoletta, il Coro del carcere, il Coro per caso e il Coro Romolo Balzani di Roma guidato dall’instancabile Susanna Buffa che ha presentato anche brani dal suo recente, emozionante lavoro “Quando l’Anarchia verrà. 11 canti d’amore e libertà”. È poi salito sul palco Gualtiero Bertelli che con fisarmonica e chitarra è ripartito dagli anni Sessanta e dal ruolo della canzone politica, alternando racconti autobiografici a canti vecchi e nuovi, compresa la canzone pacifista “Ninna nanna dei fabbricanti” e “È un amore impossibile” in cui i versi di Properzio dell’età augustea diventano una ballata folk. “Nina” ha potuto contare con la partecipazione di tutto il pubblico e avrebbe chiuso in bellezza il concerto, se non fosse stato per una richiesta, direttamente dalla Giudecca, di cantare anche “Primo d'agosto Mestre '68”: “Non la canto da decenni…”, la risposta di Bertelli. Ma dal tono di felice sorpresa e disponibilità già si intuiva che sarebbe stata la canzone più bella e riuscita della serata: “A casa senza voce, e con le mani sporche dei sassi raccolti sui binari; per una volta ancora, dopo tanto, mi son sentito armato e non inerme”. Gli ultimi due atti del festival hanno visto protagoniste
Rachele Andrioli e le sue cinque compagne del Coro a Coro. Domenica mattina hanno chiuso le danze con un laboratorio di tre ore molto partecipato ed apprezzato. La notte di sabato hanno ripreso le vibrazioni polifoniche seminate nella Sala della Musica da Hanna M. Civico e, sempre in assenza di amplificazione, in una sala appena illuminata da un piccolo cerchio di luci sul palco, hanno tenuto sapientemente in tensione la condivisione dei canti con la costruzione di un rituale collettivo che di volta in volta lasciava spazio alla danza, alla voce del violino, al coinvolgimento del pubblico, soprattutto quando si è trattato di portare l’attenzione sul genocidio di Gaza, e, soprattutto, sull’intrecciarsi delle voci, sulla loro capacità di sostenersi a vicenda mentre ascoltano e mettono in vibrazione la materia di cui siamo impastati.
Alessio Surian
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