Cinquant’anni di Club Tenco e quarantasette di Rassegna della canzone d’autore: questo il “marchio” dell’ottobrata sanremese anno 2024, teatro Ariston e non solo. Scrivere della tre giorni e raccontarne fatti e misfatti è sempre assai complesso per chi, come chi scrive, la frequenta e la vive da oltre due decenni, la osserva da molti punti di vista, ne respira e ne descrive atmosfere, emozioni, stimoli e contraddizioni. Ci diamo un ordine, dunque, provando a distinguere due piani: quello strettamente artistico e quello per così dire accademico e intellettuale, per quanto il senso di tutto sia infine proprio la compenetrazione tra i due.
Sul piano artistico, il livello della Rassegna raramente delude, o se lo fa è per brevi tratti, di cui comunque parleremo. Desidero però accendere subito le luci su tutto il bello che c’è stato e che va onorato.
I Premi Tenco, come prima cosa, assegnati dal Direttivo del Club quest’anno, per la musica italiana, a Edoardo Bennato, a Mimmo Locasciulli e a Samuele Bersani. Il primo, sfavillante di luci colorate e di pura energia rock, ironia e rabbia, chitarre elettriche e quartetto d’archi, è un uragano di ritmo e parole forti accuratamente scelte per non far finta di nulla rispetto a ciò che accade intorno: citiamo “A cosa seve la guerra”, “Abbi dubbi”, “Dotti, medici e sapienti”; la coerenza di questo grande artista non cede il passo agli anni né alla paura di alcuno, incarnando il potere della canzone come strumento di lotta non violenta: un Premio Tenco degno e meritato. Il secondo, maestro nell’arte della canzone cui la nostra storia musicale deve tanto – cuore creativo e generativo del Folkstudio romano, idee e suoni depositati non solo nelle sue composizioni, ma riconoscibili ovunque in tutto ciò che è venuto insieme a lui e dopo di lui, da Francesco De Gregori a Vinicio Capossela – si impone in dolcezza; la sua è una riflessione cantata e suonata intima, raffinata, sempre ispiratissima dai fatti del mondo, compreso il
dolore profondo che lo porta a scegliere di cantare sul palco accompagnato, otre che dal contrabasso di suo figlio Matteo, dal Quartetto Pessoa che imbraccia strumenti musicali costruiti con il legno dei relitti delle barche naufragate al largo di Lampedusa: da “Idra a Benvenuta”, come solo pochi riescono a fare, ogni sua emozione passa, intatta, da sé al pubblico. Il terzo Premio è per Bersani, artista scoperto da Lucio Dalla e accolto nel Club Tenco che era un ragazzino proprio dal suo fondatore Amilcare Rambaldi, il quale già aveva visto in lui la strada brillante che avrebbe percorso: tra timidezza e voglia di raccontare, emozione vera e l’umiltà dei migliori, il pubblico lo abbraccia di applausi lunghi e forti; canta per i cori “Giudizi universali”, ma anche “En e Xanax” e la più storica “Barcarola albanese”, rifugge l’incalzante richiesta di un bis per poi cedere e cantare da solo, al piano, “Il mostro”.
Dal panorama internazionale, è una figura di grandissimo spessore a ricevere il Premio Tenco: la cantautrice, poetessa, interprete ma pure attivista e politica argentina Teresa Parodi. La sua voce imperiosa si alza dal palco con piglio deciso, e si addolcisce nelle armonie create con Tosca, già sua compagna di musica in America Latina. Tosca, da parte sua, ha un paio di riconoscimenti del 2020 ancora da recuperare causa Covid, per l’album “Morabeza” e per la canzone “Ho amato tutto”, che regala al pubblico accompagnata al piano dal suo autore Pietro Cantarelli, e poi con i suoi musicisti Giovanna Famulari al contrabbasso e Massimo De Lorenzi alla chitarra duetta con la Parodi con “Como la cigarra” di Maria Elena Walsh, propone quel gioiello di Sergio Endrigo che è “Io che ho amo solo te”, alternandosi ciascuna nella propria lingua, per sfociare assieme in una sontuosa “Gracias a la vida”.
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