“Zouzou” è l’ultimo album della cantante ivoriana, percussionista, danzatrice e autrice Dobet Gnahoré. Un sound estremamente grintoso ed energetico fonde felicemente pop e tradizioni africane, conosciute profondamente grazie alla formazione ricevuta in famiglia (il padre Boni era percussionista e fondatore dell’organizzazione culturale ivoriana Ki-Yi M’Bock dove Dobet ha appreso le tradizioni musicali africane, di danza e teatro). Nei suoi tour internazionali, con voce potente e sicura, tiene il palco anche grazie alla sua notevole presenza scenica accompagnata dalla danza e dalla padronanza di diversi strumenti della tradizione africana.
Dedicato all’infanzia, “Zouzou”, che in francese significa angelo, è il settimo album di Dobet, uscito a tre anni dal precedente “Couleur” e a sei da “Miziki” e lancia un nuovo progetto di realizzazione di un orfanotrofio in Costa d’Avorio affermando il suo impegno a favore delle generazioni future. Questo progetto traspare già dalle numerose immagini del booklet che, in una curata veste grafica, ritraggono l’artista tra bambini in bicicletta, che giocano o che sono seduti per terra accanto a lei. Dopo aver trascorso molti anni in Francia a causa della guerra civile, da diverso tempo Dobet Gnahoré è tornata in patria ad Abidjan, importante polo di produzione dell’industria musicale, in cerca di ispirazione coinvolgendo Dr. Wang, produttore di talenti internazionali.
“Zouzou” raccoglie undici brani veloci, ritmati, espressivi, portatori di importanti messaggi di impegno ambientale e sociale valorizzati da un’orchestrazione afropop. La sua musica è un vibrante connubio cantato in diverse lingue africane, ma soprattutto in Betè, una delle tante lingue della Costa d’Avorio. L’album si apre con “Nan Plu Dan”, dolente canzone ispirata alla storia di due amiche, due sorelle quasi gemelle, resa leggera dai cori e un lieve pianoforte nel finale. Mentre la title track spalanca le porte al pop con synth e sottofondo di voci celestiali, e canta la fiducia nel suo angelo custode che l’ha sostenuta nelle sfide dell’esistenza, in “Ayoka” (Grazie) Dobet esprime gratitudine per il mondo della natura: il vento che tiene viva ogni cosa intorno, la vita con il passato e il presente, il dolore e la gioia. Il brano energetico e ritmato è la rivisitazione di una delle prime canzoni scritte da Dobet, introdotto da toccanti arpeggi e sottolineato da cori africani di voci femminili. La quinta traccia “Espoir” (Speranza) è un bel brano dai ritmi sostenuti e dalle melodie africane che invita ad offrire supporto alle persone che più ne hanno bisogno. Nella settima traccia “Dobet”, l’artista racconta un pezzetto di sé, rivendica di essere quella ragazza ingenua che detesta le ingiustizie e non tollera che nel mondo ci siano guerre e bambini senza famiglia.
Il travolgente, potente “Gni” (Il fiume) canta del potere dell’acqua e del fiume ed ha ispirato un video per la regia dell’innovativo Jyphael Tayorault, girato nella laguna Aguien, un lago nei dintorni di Abidjan, in cui la musicista in veste di dea del fiume nuota in un lago di cioccolata mentre le coriste cantano nelle acque color arancio e uomini mascherati di bianco danzano in acque rosate. “Non ringraziamo abbastanza l’universo, non ringraziamo abbastanza gli alberi per averci pulito l'aria, non ringraziamo abbastanza l'acqua per averci dissetato, per averci lavato, per averci guarito. Non ringraziamo abbastanza l'aria per averci purificato, quindi per me è importante parlare della natura, parlare di ciò che ci dà, di ciò che ci offre come dono, in effetti. E per me l'acqua è essenziale. Siamo fatti di acqua, l'acqua nutre la nostra terra. Quindi per me era importante avere una canzone che parlasse di natura” sono le parole di Dobet nelle note di copertina che accompagnano i testi tradotti in francese e in inglese. In chiusura “Srikpi Ah Blilè” (Le foglie cadono) ispirata alla sua famiglia, una canzone di accettazione del ciclo della vita e del destino.
Tutti i brani sono composti da Dobet Gnahoré e Ismael Cissoko. I musicisti che la accompagnano sono Julien Pestre, Colin Laroche de Féline, Boti-Bi Elisée e Ogomo Dieudonne Landry alla chitarra, Bodjo Dibo alla batteria, Louis Haessler al basso, Sery Akouba Emmanuelle ai cori, Ediamed N’Cho Achango alla tromba, Mac Donald al sassofono, Momo Wang alla programmazione e alle tastiere, Idan Raichel e Ariel Sheney al piano.
Nei testi semplici e diretti che parlano di resilienza e sostegno e riconoscono il valore del mondo naturale, nella musica coinvolgente che guarda alla contemporaneità e allo stesso tempo affonda le radici nel continente africano, Dobet Gnahoré supporta il continente africano e le sue cause attraverso un linguaggio musicale universale che riesce a parlare alle orecchie e al cuore di tutti.
Carla Visca
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