La vicenda artistica di Tim Grimm è una di quelle che meritano attenzione, non solo per la passione che lo ha animato sin dagli esordi, ma per l’integrità e l’onestà che ne hanno caratterizzato e ne caratterizzano la produzione musicale le cui radici ispirative vanno ritracciate nell’opera di Woody Guthrie e Ramblin’ Jack Elliott come di Bob Dylan, John Prine e Townes Van Zandt. Partendo da queste ben precise coordinate ispirative, il cantautore americano ha dato vita ad una cifra stilistica personale in cui un brillante storytelling si accompagna a temi sociali, riflessioni personali e storie familiari, il tutto permeato da un forte senso di appartenenza ai luoghi e alla comunità. A distanza di due anni da “Gone”, Grimm torna con “The Little In-Between”, album che a differenza del precedente lo vede mettere momentaneamente da parte la sua Family Band per focalizzarsi sulla forma canzone nella sua essenza. Si tratta di nove brani originali, registrati nel febbraio 2023 nell’arco di una giornata di sessions in Oklahoma, su cui successivamente la musicista scozzese Alice Allen ha sovrainciso il suo violoncello, per poi essere completati in studio in New Mexico da Jono Manson che vi aggiunto la sezione ritmica e le chitarre. Sostanziali differenze si colgono anche nelle tematiche con riflessioni velate di tristezza che partono dalla quotidianità per volgere lo sguardo verso l’interiorità. Non è un caso, infatti, che l’intreccio narrativo dei brani sia in prima persona, quasi Grimm sentisse l’esigenza di stabilire un contatto diretto con l’ascoltatore in una dimensione intima e confessionale per cantare ora del bisogno di pace dopo abbandonare le colline dell’Indiana alla volta dell’Oklahoma, ora raccontare la perdita di una persona cara, ora ancora la speranza in un futuro migliore e in un amore nuovo. Tutto ciò si riflette dal punto di vista musicale in ballate country venate ora di rock, ora di folk con la voce e la chitarra di Grimm in primo piano, impreziosita dagli interventi della chitarra elettrica o della pedal steel di Sergio Webb. Ad aprire il disco è la sofferta ballata acustica “The Leaving” a cui segue “The Lonseome All The Time” in cui spicca la pedal steel di Webb e la sprinsteeninana “I Don't Know This World” per giungere al roots rock della intensa “Stirrin’ Up Trouble”. La ballad “The Breath Of Burnin’” con il violoncello di Alice Allen in evidenza ci introduce prima alla toccante title-track in cui vengono evocati i genitori e poi alla bella sequenza con “New Boots” e “Twenty Years of Shadows”, i due vertici del disco, nei quali spicca il dialogo tra violoncello e chitarra elettrica. La ballata “Bigger Than the Sky” chiude un album di grande spessore che mette al centro il songwriting di Tim Grimm facendone risaltare l’intensità e il lirismo dei testi.
Salvatore Esposito
Tags:
Nord America