Tim Grimm – Gone (Appaloosa Records/IRD, 2021)

Nato in Ohio ma cresciuto in Indiana, dove è tornato negli ultimi anni, Tim Grimm appartiene a quella schiera di storyteller, forse poco noti al pubblico italiano, ma in grado di raccontare con affabulativo lirismo l’essenza profonda della provincia americana. Dopo aver conseguito un Master in Fine Arts in performance teatrale, ha lavorato a lungo per il teatro e, in parallelo, ha coltivato la sua passione per la musica folk dando vita alla sua prima band con cui ha realizzato due album. È seguito un lungo periodo vissuto a Los Angeles dove si era trasferito per dedicarsi alla sua attività di attore per il cinema e la televisione per la quale ha preso parte anche a diverse serie tv. Dopo aver fatto ritorno in Indiana è tornato alla sua passione per la musica, pubblicando nel 2000 la sua opera prima come solista a cui sono seguiti vent’anni di intensa attività discografica e concertistica costellata da quattordici album. Negli ultimi anni è tornato anche a fare l’attore, ma è con “Gone” il nuovo album che il suo cammino artistico sembra aver raggiunto il suo vertice. Registrato nella sua casa in campagna durante la pandemia, il disco vede la partecipazione dei due figli Connor (basso) e Jackson (banjo), la moglie Jan Lucas-Grimm (cori e armonica) e tre ottimi strumentisti come Jason Wilber (chitarra elettrica), Don Ledge (piano) e Drederk von Wassenaer (violino) e spica per la vibrante ispirazione che attraversa i nove brani in scaletta. Come lascia intendere il titolo, il disco ruota intorno al tema della perdita, storie di vita intrise di malinconia, dolore e sofferenza, ma permeate da una profonda speranza in un futuro migliore. In questo senso encomiabile è la scelta della benemerita Appaloosa Records di arricchire il booklet con le traduzioni di tutti i testi. Ad aprire il disco è “A dream” con il piano di Ledge in grade evidenza e a cui Grimm affida il ritratto di una famiglia felice per la nascita di una bambina, sul cui sfondo aleggia un senso di inquietudine per l’incapacità di vivere a pieno quel momento. Si prosegue con la ballad “Carry us way” nella quale Grimm racconta del bisogno di evadere dalla quotidianità bevendo, una fuga senza ritorno, una storia comune a tanti americani. Si prosegue con il country folk “Cadillac Hearse” spicca per l’ironia del suo testo, la successiva “25 Trees” è il vertice poetico e musicale del disco, incrociando citazioni letterarie e una brillante struttura musicale. La gustosa “Laurel Pearl” tocca il cuore per la sua dolcezza e fa da preludio a “Joseph Cross”, altra perla del disco che arriva dritto dal songbook di Eric Taylor, songwriter tra i più influenti della scena americana. Nella versione di Grimm emerge tutto il suo amore per l’opera del compianto cantautore scomparso a marzo 2020 e spicca per la partecipazione di Marco Fecchio alla chitarra. La title-track è un omaggio a coloro che sono scomparsi per il virus Covid-19 nelle cui sfumature si coglie il riferimento a John Prine anche lui venuto a mancare prematuramente due anni fa. Eric Taylor, insieme agli amici Michael Smith e David Olney è ricordato anche nella commovente “Dreaming of King Lear” che chiude un disco intriso di lirismo, malinconia e speranza. /www.timgrimm.com - www.appaloosarecords.it


Salvatore Esposito

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