Andrea Andrillo – Bella cantendi (RadiciMusic Records, 2023)

A tre anni di distanza da quel “Prolagus (Canzoni e parole per resistere, per non morire)”, che aveva già trovato ampio spazio fra queste pagine,  torna la voce inconfondibile di Andrea Andrillo. Lo fa con un lavoro, “Bella cantendi”, altrettanto carico di impegno civile e di storie da raccontare: da Cloe Bianco a Pippa Bacca, siamo di fronte a un disco che parla di liberazioni e di lotte. Otto brani (con la produzione di Michele Palmas e Carmelo Pipitone), fra cover, brani “prestati” e riproposizioni di passaggi del proprio canzoniere, a tratteggiare un necessario e ruvido percorso di resistenza comune e necessaria. Ad aprire il lavoro arrivano gli arpeggi immaginifici di “Sa noti de is animas”, contrappuntati dagli interventi paludosi dell’elettronica ed ispessita dalle armonizzazioni della voce. La title-track scorre, anche in questo caso, lungo trame bronzee e acustiche, screziate dagli squarci fotografici dei synth. Il terzo brano si presenta con la potenza di un treno preso in piena faccia: la Brigata Stirner riprende, infatti, la sua “Parlami d'amore” (la trovate su YouTube, con tanto di sarcastico video dell’Istituto Luce a corollario), in un tripudio di fuzz, bassi saturi ed elettricità muscolare. A seguire arriva, quasi a sorpresa, una riproposizione di “My body is a Cage” degli Arcade Fire, featuring Carmelo Pipitone, animata da sintetizzatori lisergici, pitturati di elettricità dalla chitarra di Pipitone e scarnificati dai densi arpeggi acustici. “Forse sognare” si srotola lungo l’intrecciarsi volteggiante del basso cavernoso di Silvano Lobina e di una chitarra acustica cristallina. “Morning” (tratta da una poesia di William Blake) gioca sull'arioso incastro fra la solita chitarra arpeggiante e le incursioni della fisarmonica di Pier Paolo Liori. “Tutto tramonta” poggia su un intenso strumming acustico, ben scortato dall'arpeggiare malinconico del pianoforte. A chiudere il lavoro è “Canto per te che vai”, che scorre lungo gli arpeggi cristallini della chitarra acustica. In conclusione, il ritorno di Andrillo coincide con un disco elegante e ruvido al tempo stesso, un lavoro imprescindibilmente militante, in cui si dimostra di aver appreso alla perfezione la più pura delle lezioni cantautorali: conta, sempre e comunque, la storia che racconti e la necessità che hai di farlo. 


Giuseppe Provenzano

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