Canti del Vietnam, coralità sociale e dignità umana

Sulle strade del Vietnam
Ma torniamo al nostro disco. Un po’ per tutto il Novecento, il Vietnam ha vissuto in stato di perenne angoscia, a causa di conflitti e dominazioni. Dopo la liberazione dal potere cinese, sono arrivati i Francesi, poi si è accesa l’aspra rivalità tra Nord e Sud della nazione, con l’intervento in guerra degli “imperialisti americani”. Successivamente, si sono intensificati i conflitti con la Cambogia. Il film “Apocalypse now” rievoca i drammatici eventi della guerra americana. A quel contesto storico (a vario titolo), sono riferibili diverse canzoni, tra le quali, in Italia, ricordiamo “C’era un ragazzo che come me …”. Sarzi Amadé effettuò le registrazioni principalmente ad Hanoi, Quang Binh e Nam Ha, nel 1970, durante un viaggio professionale nel Vietnam del Nord, in particolare nella Provincia del Quang Binh, verosimilmente la più bombardata di tutta la nazione. Il solo villaggio di An Thuy che, all’epoca, contava una popolazione di circa settemila abitanti, fino al 1968, aveva subito oltre tremila attacchi navali e aerei. Circa il 98% delle abitazioni era stato distrutto. Negli stessi anni, la comunità locale aveva dovuto subire periodi di siccità e altri d’inondazioni. Pur in condizioni disagiate, la resistenza interiore e la coralità sociale diedero i loro risultati. Le popolazioni locali reagirono con forza e dignità, rimboccandosi le maniche, lavorando incessantemente, vivendo drammaticamente, ma pensando positivamente al futuro. Non c’era tempo per i piagnistei, era indispensabile dare valore alla resistenza, innalzando i valori umani. Bisognava organizzarsi coralmente e produrre per la sopravvivenza delle comunità, per l’assistenza ai malati, per costruire rifugi ovunque, muovendosi velocemente rispetto ai repentini scombussolamenti sociali. In tale contesto storico sono state registrate le sedici contadine che, con senso d’onore, intonarono le proprie canzoni tradizionali lungo il fiume Kien Giang. Stesso discorso, per le trentasette combattenti (artigliere) del villaggio di Ngo Thuy, completamente distrutto dai bombardamenti aerei, nel 1968. Nel primo caso, le esecutrici erano donne che, come mezzo di trasporto, usavano il “sampan”, tipica imbarcazione locale. Nella “canzone della sampiera”, il tema principale è la “separazione”, nonostante il fiume Ben Hai unisse le popolazioni locali in una stessa patria naturale, in difesa della quale combatterono. Toccante è il “Canto dei bambini orfani di An Thuy”, accolti in un capannone, con giacigli di stuoie e bambù. Bimbi che lavoravano senza risparmio, nelle risaie, come aiutanti nei campi o come pastorelli con gli animali al pascolo. Il loro canto si chiude con un incitamento contro lo straniero: “Avanti! La vittoria sarà sicuramente nostra”. Altri testi della raccolta mettono in evidenza la situazione sociale compromessa e il rapporto con la natura, da un lato cantando a sfavore del nemico, dall’altro affermando la necessità di «difendere tutto il patrimonio che la natura ha dato e che l’uomo ha valorizzato con il lavoro».  Nei canti non mancano i temi amorosi, spesso intonati con testi improvvisati, su melodie-tipo. Ne “Il trapianto del riso” è possibile rilevare come le canzoni assolvessero pure a funzioni informative, con testi semplici che avevano il compito di sintetizzare i dettami ideologici del tempo, propugnati da combattenti come Ho Chi Minh. Alcuni canti del disco sono riferibili alle associazioni locali, comprendenti musicisti, danzatori e artisti. Altre melodie sono “arie” tratte dal repertorio del cosiddetto “Hat Cheo”, teatro popolare all’aperto, nel quale originariamente i contadini si ribellavano al potere feudale locale. Il canto di chiusura è eseguito dai cantori della Provincia di Nghe An. Il titolo è eloquente: “Quando guardiamo gli alberi pensiamo a lui”. Lui, ancora una volta, è lo “Zio Ho (Chi Minh)”, il quale si era battuto per la salvaguardia dei boschi e del patrimonio naturale: «Tutta la vita per le montagne e le acque… lo Zio è sempre là, come è sempre là quel verde perenne, con l’abbraccio di montagne e colline, nello stormire delle foreste». Il tema della valorizzazione dell’ambiente è presente anche nel canto “Hai Tinh, il mio villaggio”, situato nella Provincia di Nam Ha. La sorpresa finale è l’esecuzione del canto “Bella ciao”, solo qualche anno prima valorizzato, in Italia, da Roberto Leydi e dal “Canzoniere Italiano”. In questo caso non c’entrano gli eventi guerreschi, bensì un incontro acculturante, avvenuto durante il viaggio in Italia di un Gruppo musicale della RDV vietnamita. Un componente del Gruppo imparò a memoria “Bella ciao”, che venne poi registrato dall’Autore del disco ad Hanoi, nel corso di una serata dedicata a una (non meglio precisata) “delegazione italiana”. Emilio Sarzi Amadé era nato a Curtatone, fu partigiano e, nel dopoguerra, si distinse come giornalista de “L’Unità”. Fu un profondo conoscitore di tutta la realtà asiatica ed estremo orientale, in particolare cinese e indocinese. Tra le sue opere, ricordiamo Rapporto dal Vietnam (1966), Le due vie dell'economia cinese (1971), Vietnam, il dopoguerra difficile (1978), L’Indocina rimeditata (1983). 
La musica del Vietnam è estremamente varia, grazie alle numerose tradizioni territoriali e di confine. Torneremo presto a scrivere di questo Stato, al quale abbiamo accennato strumentalmente in uno dei nostri contributi dedicati a EXPO 2015, ponendo attenzione ad alcuni rituali locali, tra cui il cosiddetto “Hau Dong”, durante il quale si producono offerte di cibo, chiedendo di portare felicità e ricchezza nelle comunità. Cibo e musica sono intesi come “nutrimento dell’anima”. Sotteso al rito il buon auspicio, in vietnamita sintetizzato col detto “chuc may man”, che ci auguriamo riescano a far proprio i contemporanei, trovando credibili e duraturi accordi di pace e armonia, nel rispetto dei popoli, nel segno della conoscenza e delle differenze culturali e artistiche: un atto di amore e di libertà a favore dell’intera umanità.

Paolo Mercurio 

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